Serie TV > Betty la fea
Segui la storia  |       
Autore: Butterfly8    22/01/2015    5 recensioni
Questa storia è il seguito de "I quarant'anni di Betty". In questa storia avranno un ruolo più attivo tutti i protagonisti "secondari". Armando e Betty sono uniti più che mai e saranno i punti di riferimento per tutti gli altri. Buona lettura e aspetto i vostri commenti e recensioni.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

La mia vita è iniziata per sbaglio e tutti gli avvenimenti più importanti sono avvenuti per sbaglio. Sono nato per sbaglio, infatti, i miei genitori non avevano programmato di avermi, sono capitato, sono l’ultimo di tre fratelli, tutti maschi. Per sbaglio ho incontrato Camila, perché quel giorno al Club non avrei dovuto lavorare, ma poi un mio collega mi chiese di sostituirlo e sempre per sbaglio ho scoperto che mia moglie mi tradisce col migliore amico di mio cognato, in casa del quale sto vivendo.
Insomma, sembrerebbe che niente di quello che avevo programmato nella mia vita possa realizzarsi, anche se a dire il vero alcune cose le ho fatte, le ho portate a compimento.
In effetti, il fatto di essere nato per sbaglio, ha reso la mia vita, un percorso di correzione all’errore. Non che i miei genitori non mi avessero voluto, però quando sono nato, la loro attività di ristoratori aveva appena iniziato ad ingranare, mia madre aveva già due figli ed occuparsi di me non era facile.
Quindi io già dalla mia prima infanzia ho imparato a dare meno disturbo possibile.
A quindici anni, lavoravo nel ristorante dei miei come cameriere, a venti ero un cuoco provetto. Ma siccome, io ero nato per sbaglio, il ristorante non sarebbe stata la mia eredità, i miei genitori avevano già deciso che sarebbe rimasto ai miei fratelli e non a me, perché avevo manifestato delle idee di innovazione che non erano a loro molto gradite.
Io volevo studiare, ma le nostre finanze non me lo permettevano. Così ho preso la decisione di andare a lavorare in città nella speranza di racimolare il denaro necessario.
Quando sono arrivato in città, non è stato per niente facile, neanche trovare un lavoro. Io sapevo o cucinare o fare il cameriere, ma nessuno proprietario mi voleva in cucina perché con la mia bellezza distraevo il personale. Finalmente dopo tanto cercare ho trovato lavoro al Club, dove invece con la mia bellezza compiacevo le clienti più esigenti, anche se non ho mi voluto andare oltre il mio lavoro, anche se le avances che ricevevo non erano poche. Stavo per poter iscrivermi all’università, pur avendo ventinove anni suonati e per sbaglio ho incontrato Camila. La donna della mia vita, ho sempre creduto.
All’inizio della nostra storia, io sapevo benissimo chi fosse lei e capivo, che fosse capitata per sbaglio nella mia vita, perché in fin dei conti, lei era la principessa della città. Una delle donne più ambite e fidanzata con Daniele Valencia, il miglior rampollo che ci fosse in circolazione.
Io, non avevo nulla da offrirle, quindi a parte la grande attrazione che c’era tra noi, che sapevo sarebbe sfumata prima o poi, cosa poteva legarci? Sapevo che dovevo farmi da parte, ritornare nel mio solito angolino, quello in cui non davo fastidio e non creavo problemi a nessuno. C’era un però… Camila non era del mio stesso avviso. Non saprei dire se all’inizio tra di noi fosse amore o puntiglio, però con lei mi sentivo come mai ero stato nella mia vita. In quel momento lei rendeva possibile qualsiasi cosa volessi fare. Non mi scoraggiava mai, non ero mai uno sbaglio con lei.
Ed io mi sentivo la persona che volevo essere.  Dinamica, attiva, che non aveva paura di affrontare i suoi più profondi desideri. Se non ci fosse stata Camila, forse non avrei realizzato nemmeno la metà delle cose che ho realizzato.
Quando la sua famiglia ci ha ostacolati e mandati in esilio, io ero pronto a farmi da parte, ma lei è stata chiara nel dirmi che non sarebbe mai tornata con Daniele Valencia. Ricordo ancora le sue parole.
“Se tu non mi vuoi, dillo chiaramente, non dare la colpa al mio fidanzamento con Daniele Valencia.”
Era la prima volta nella mia vita che qualcuno mi diceva di volermi, per scelta, tra i piedi. Io, mi sono innamorato praticamente subito della sua vitalità, della sua forza trascinante, del suo entusiasmo per la vita.
Quando siamo arrivati in Svizzera avevamo l’acqua alla gola. Eravamo squattrinati. E’ vero che lei lavorava per la sua azienda, potendo sfruttare i suoi studi in management, ma io non volevo essere un peso e volevo iscrivermi all’università. Abbiamo passato cinque anni di ordinaria follia. Ci siamo sposati, io mi sono laureato, ho aperto una società, abbiamo avuto due figli e tutto questo perché io non volevo che lei pensasse di aver sposato lo sfigato di turno. L’avevo già tolta dal suo stile di vita di benessere totale. Non volevo che pensasse che potevo garantirle solo l’indigenza e poi avevo i miei sogni da realizzare.
Ho dato per scontato che lei mi amasse. Sono certo che lei mi amasse, perché non saremmo mai riusciti a stare insieme se non fosse stato così per tutto questo tempo,ma ho sempre avuto il sospetto di non essere davvero il suo uomo ideale. Io sono sempre stato molto ligio al dovere. Tutto casa e lavoro. Quando capitava di uscire, succedeva perché lei lo voleva, non io. A me bastava stare a casa con la mia famiglia. Allora lei, per convincermi, diceva sempre “Senti, io ho un marito strafigo e intelligentissimo, fammi vantare un po’ con le mie amiche ti pare??”
Io, non ho mai fatto caso alla mia bellezza. Camila diceva che avrei potuto lavorare come modello, faticando la metà e guadagnando il doppio ma io non mi sono mai visto in quei panni.
E in quanto alla bellezza anche lei non era da meno. Strepitosa con quei capelli castano chiaro e i suoi occhi nocciola, ereditati dalla madre. Mi faceva perdere la testa. Lei è sempre stata per me l’amore della mia vita. Per questo adesso non la riconosco più. Non so più chi ho sposato. Forse sempre quella ragazza un po’ folle che ho conosciuto, ma quella ragazza lì era incapace di fare del male consapevolmente.

 
Mi ha tradito per farmi del male, per farmi un dispetto, per una supposta telefonata in cui io parlavo di un ipotetico tradimento per il quale volevo lasciarla. Ma io stavo parlando con il mio avvocato della mia uscita dalla stessa società che ho fondato, perché avrei dovuto vivere in Svizzera per gestirla, mentre lei era voluta tornare in Colombia con tutta la famiglia e io non me la sono sentita di dirle di no. In fondo, lei ha pagato l’aver scelto me, con l’esilio, io l’ho assecondata volentieri con la sua idea di tornare perché in Colombia c’è anche la mia famiglia. Anche se ci sono capitato per sbaglio, sono la mia famiglia. Affettivamente parlando, non mi hanno mai abbandonato.
Il giorno in cui ho scoperto il tradimento, sono entrato con mio figlio Dodo nel suo ufficio e l’abbiamo trovata con i vestiti in disordine, praticamente mezza nuda, sdraiata sulla scrivania con Mario Calderon! Non ci ho visto più e l’ho preso a pugni. Mi hanno fermato, perché l’avrei ammazzato a suon di pugni, e dire che io non sono mai stato aggressivo!
La cosa che mi ha fatto più male, è stato non aver impedito a mio figlio di entrare per primo. Probabilmente resterà scioccato a vita. Avrei dovuto proteggerlo ma, già, non avrei mai pensato che sua madre potesse essere impegnata in giochi sessuali acrobatici con un uomo che non ero io.
Ho accompagnato subito mio figlio a casa di Armando, sapevo che lui non c’era ma non potevo tollerare che mio figlio vedesse me e Camila litigare. In effetti dopo tra di noi, c’è stata una lite furiosa, direi furibonda, in cui le mi diceva che sapeva del mio tradimento, anche se io non l’ho mai tradita, perché la amo.
Dopo, sono tornato da mio figlio, che ancora oggi a distanza di due mesi non vuole parlare con sua madre e per questo vive dai suoi zii, tra l’altro adesso ci abito anche io.
Ciò che mi fa più male, è stato ed è, vedere negli occhi di mio figlio il disprezzo, o la pena, non so, che sembra provare nei miei confronti per essere stato quello che si è fatto tradire.
So che lui è troppo giovane per capire, ma vorrei gridargli che anche io provo i suoi stessi sentimenti nei confronti di me stesso e NON SO quando sua madre ha iniziato ad allontanarsi da me. Non capisco cosa ho fatto per provocare questo terremoto. Non so se invece dipende da qualcosa che non ho fatto.

 
Ripenso alla nostra ultima furiosa litigata, quella in seguito a cui me ne sono andato di casa. Devo dire che in questi due mesi non ero andato via, perché volevo provare a dare la possibilità a Camila di capire che la sua storia con Calderon fosse un fuoco di paglia, qualcosa che non aveva nessuna importanza. Mi sono illuso che comportandomi così lei sarebbe tornata da me, perché avrebbe capito di amare me, ma non è stato affatto così.
Durante il nostro ultimo litigio, in buona sostanza lei mi ha detto che non vuole più stare con me, perché io sono un morto vivo, è stanca di trascinarmi dove io voglio andare, sarebbe stata felice se l’avessi tradita, perché almeno avrebbe significato che avevo fatto qualcosa di vitale. A questa affermazione ho capito che lei non mi amava più. Non so, a questo punto se lei mi abbia mai amato. Se la nostra famiglia abbia contato qualcosa per lei, o se invece io non fossi stato solo la ripicca, che lei ha voluto fare nei confronti dei suoi genitori e di cui ora si è stufata. Insomma non so se per l’ennesima volta, io sia lo sbaglio nella vita di qualcuno.

 

***

 

Sto da Betty e Armando da ormai due settimane. Mi piace stare con loro e sono felice che siano gli zii dei miei figli. Sono una famiglia felice e praticamente perfetta. Anche se l’anno scorso sono stati anche loro sull’orlo del divorzio, perché si sono separati, hanno trovato dentro la loro coppia e il grande amore che li lega, la forza per superare tutti i loro con problemi. Non senza grandi difficoltà. Ne sono stato testimone diretto. Hanno tre figli e la più piccola, Aurora ha poco più di un anno. E’ davvero un amore. Mi ricordo quando nostro figlio Juan era appena nato, penso che l’ultimo momento di felicità pura che io e Camila abbiamo provato assieme sia stato quello.
Adesso, io vivo momentaneamente qui, ma presto mi troverò una casa dove abitare. Non so se mio figlio Dodo vorrà stare con me, oppure vorrà restare qui. Di sicuro non vorrà stare con Camila. Ho provato tate volte a dirgli che deve parlare con sua madre ma lui ha ereditato l’ostinazione dei Mendoza e non vuole parlarle.
Una cosa positiva è che, Abi, Abigail Bennet, il mio avvocato, la donna con la quale Camila pensava la tradissi mi ha detto che quantificando la mia uscita dalla mia stessa società, considerando gli enormi investimenti fatti in questi anni con rande successo, in cambio del mio trentacinque percento di quote, uscendo da tutte le partecipazioni, avrò in termini di denaro venti milioni di dollari!
Non avrei mai pensato di avere tutto questo denaro un giorno in banca. Mi sembra un’autentica follia. In poche parole mi ritrovo ad essere, adesso, più ricco di Armando Mendoza!! Dovrò decidere cosa fare con questa montagna di denaro, che non basterebbe una vita per spenderlo tutto. Forse mi converrebbe parlarne con Nicolas Mora.

 
Sono le otto di sera, io sono già a casa da oggi pomeriggio, non sono affatto uscito. Betty sta entrando in casa quando le suona il cellulare.
“Cosa???” urla. “E in quale ospedale è? Come sta?”
Io mi allarmo subito. Quando chiude il telefono mi dice che Armando ha avuto un incidente con la macchina e che adesso è in ospedale. Mi offro di andare con lei, tanto c’è Gina con i ragazzi.
 “Betty, sai da sola che non saresti nelle condizioni di guidare! Vengo con te così facciamo prima!”
Betty prende un cambio per Armando. “Al telefono mi hanno detto che ha un leggero trauma cranico e un braccio rotto, per fortuna una frattura composta. Per capirci qualcosa di più devo andare in ospedale” mi dice.
In un battibaleno siamo arrivati al Pronto Soccorso. Betty è in stato confusionale, ma io le faccio coraggio e le dico di stare tranquilla. Per fortuna troviamo subito Armando, in un open space della sala di prima assistenza.
“Armando” gli dice Betty “come stai?”
Lui è piuttosto dolorante ma reagisce bene. “Mi … sono venuti addosso…. Un ragazzo… mi ha soccorso…”
Ha un taglio sul sopracciglio destro.
Parliamo con il medico che ci dice che Armando è stato molto fortunato. Ha un leggero trauma cranico ma la tac non ha evidenziato traumi cerebrali, e un braccio rotto. Il medico ci dice che lo terranno sotto controllo tutta la notte e che se non ci saranno peggioramenti significativi, e non se ne aspettano, domani o al massimo due giorni dopo potrà andare a casa.
Betty, più rassicurata tira un sospiro di sollievo. Ci viene incontro un ragazzo. “Piacere signora Mendoza, sono il ragazzo che ha investito suo marito” dice a Betty.
“Come può pensare che sia un piacere per me conoscere il ragazzo che tra poco mi lasciava vedova!!”gli risponde lei.
“Lo so” ribatte il ragazzo “ma l’ho soccorso e mi sono anche terrorizzato. Passerò un casino per questo incidente. Mi chiamo Jeremy Sanders, voglio che sappia che sono un bravo ragazzo, non l’ho fatto apposta. Ero solo un po’ alterato e avevo leggermente bevuto perché avevo litigato con la mia ragazza” aggiunge.
“Non mi interessa niente dei suoi problemi, signor Sanders. Mio marito ha tre figli, la più piccola di un anno appena che stasera hanno rischiato di restare senza padre!” urla Betty.
“Senti Jeremy” intervengo io “non è il caso di parlare con Betty stasera, magari domani. È molto scossa, puoi biasimarla?”
“No, ha ragione signor…”” dice il giovane.
“Alberto Montero … sono il cognato di Armando Mendoza.” Gli lascio un mio biglietto da visita. “Ci contatti domani” gli dico. “E grazie per non essere scappato”.
Finalmente portano Armando in una stanza, Betty non vuole assolutamente lasciarlo, ma il medico è categorico. Non potrà passare la notte con lui che deve stare ad assoluto riposo. Per me, non è facile convincerla a tornare a casa per poi ritornare in ospedale domani mattina presto, ma ci riesco. Anche Armando le dice di pensare ai bambini, ma Betty fa fatica a lasciarlo. Penso che non potrebbe mai vivere senza di lui.

Quando siamo all’uscita dell’ospedale, Betty nota una donna ferma davanti una macchinetta che piange disperata. Mi fa cenno di fermarmi. Le sembra di conoscerla. Ed in effetti la conosco anche io. È Marcela Valencia.
“Marcela” la chiama piano Betty, quasi a volersi assicurare che sia lei “cosa ci fa qui?”
Marcela, improvvisamente scoppia a piangere ancora più forte abbracciando Betty.
“Forse…. Mio figlio” dice singhiozzando lei “forse … Julian … ha la meningite.”
“Oddio mi dispiace tantissimo” le dice Betty.
So molto poco dei rapporti intercorsi tra di loro. Ma da quello che mi ha sempre detto Camila, Marcela era veramente innamorata di Armando, al punto di lasciarlo a Betty, perché lui non la amava.
Betty mi chiede se per me è un problema stare lì altri dieci minuti per cercare di far calmare Marcela.
“Marcela” le dico “ si ricorda di mio cognato Alberto, il marito di Camila” le dice indicandomi.
“Certo, l’ho visto poche volte, ma mi ricordo benissimo di lui” le risponde lei.
“Noi siamo qui perché Armando ha avuto un incidente con la macchina e lo tengono in osservazione per un giorno o due, per fortuna niente di grave, ma ha un braccio rotto.”
“Povera Betty, non la invidio affatto, Armando con un braccio rotto sarà più intrattabile del solito” le dice Marcela.
“Ci dica del suo bambino” intervengo io. “Sa sono padre e preoccuparmi mi viene naturale!”
“Il mio bambino ha una strana infezione e i medici temono si tratti di meningite. Alla sua età non è inusuale.”
“Ma non lo sa con certezza no?” le chiede Betty. Penso che morirebbe se dovesse succedere qualcosa ad Aurora.
“No, stanno ancora facendo gli esami! Un bambino così piccolo! Mio figlio ha solo diciassette mesi! Adesso lo tengono in isolamento, non me lo fanno neanche vedere, ma io non posso lasciarlo qui.”
“Certo che no” dico io. “Mi scusi ma non c’è nessuno che può stare con lei? Il padre del bambino?”
“Il padre del bambino è a Los Angeles. Io sono tornata a Bogotà da due mesi, ma non l’ho detto praticamente a nessuno. Solo mio fratello Daniele lo sa, ma lui vive in Germania adesso” dice guardando Betty negli occhi. Oddio la storia di Daniele la conosco pure io.
“Senta Marcela, non è il caso che resti qui sola. Vada a casa, tanto per suo figlio in questo momento non può fare niente” le dice Betty.
“Ma io non posso lasciarlo solo” le risponde lei.
“Ma se non glielo fanno vedere, non ha senso stare qui” le dice dolcemente Betty.  “Si sfinisce e basta. Adesso facciamo così, andiamo tutti a casa e domani mattina presto torniamo tutti qui. Sono certa che riceveremo tutti buone notizie” aggiunge cercando di farsi e di farle coraggio.
“Devo chiamare un taxi” dice Marcela.
“Neanche per idea!” intervengo io. “Betty per te non è un problema se accompagniamo Marcela a casa sua vero?” le chiedo io.
“Assolutamente no” mi risponde Betty.
“Grazie” ci dice Marcela “siete davvero molto gentili.”
Qualcosa mi colpisce di questa donna, forse il suo sguardo sconfitto, la sua profonda solitudine. Sento che qualcosa la accomuna a me, ma non so ancora cosa.

   
 
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Betty la fea / Vai alla pagina dell'autore: Butterfly8