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Autore: didylanda01    23/01/2015    1 recensioni
Due ragazzine.
Due normali ragazzine
Due sacchi a pelo
Basterà però solo un campeggio a farle svegliare nell'era glaciale. Ce la faranno a non interferire rischiando di cambiare il futuro? Ce la faranno a risolvere il guaio che hanno combinato? Ce la faranno a salvare le epoche successive da un ignoto viaggiatore? Ma soprattutto, ce la faranno a tornare a casa?
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Visto che di solito la mia amica Safira è puntuale come un orologio svizzero, quando mi svegliai in seguito a un debole scossone pensai che fosse già mezzanotte. Brontolai seccata:
-Lasciami dormire ancora un po'...- ero stupita che fosse già scaduto il tempo, infatti avevo la convinzione di aver dormito soltanto pochi minuti. Alla mia richiesta assonnata rispose un lamento. Aprii sorpresa gli occhi, ma di fronte a me non c'era Safira, bensì mia sorella che piangeva. Il suo magro faccino bagnato era poggiato svogliatamente sulla mia spalla e da esso cadevano ritmicamente grossi lucciconi.    Mi drizzai a sedere preoccupata e, stupita della mia preoccupazione per la bambina, che era per me sentimento mai provato, le chiesi premurosa:
-Che cosa è successo Costanza?- sussultando lei mi rispose con gli occhi arrossati e con la voce rotta dai singhiozzi.
- ho avuto un incubo ho tanta paura.- io mi guardai intorno stranita, non mi ero mai trovata in quella situazione e non sapendo cosa fare mi schiarii la gola e le accarezzai i lunghi e serici capelli biondi:
-Che cosa hai sognato di tanto brutto?- ammetto che questa domanda gliela feci più per volpina curiosità che per altre motivazioni più nobili. Cochi prese fiato e mi spiegò:
-C’erano dei mostri che uccidevano papà!- io ebbi uno scatto fulmineo e premetti la mia mano con forza sulla bocca di mia sorella, ma era troppo tardi! Il velo di tristezza era di nuovo calato su Safira drasticamente… Puntai, come con una torcetta laser, il mio sguardo di fuoco puro su Costanza che intimidita scoppiò nuovamente in lacrime. Avevo l’impulso di consolarla, di abbracciarla… questo impulso mi consumava e mi mangiava, ma non potevo. Non potevo e basta. Mi dovevo fare logorare da quel desiderio: avevo da pochissimo “riscoperto” il mio affetto per Cochi, non potevo correre troppo! Intimai alle mie gambe di uscire dalla calda tenda, e, nuotando come nella gelatina, mi trovai fuori. Davanti all’entrata c’era la calma Safira seduta, mi dava le spalle. I suoi lunghissimi e lisci capelli neri le cadevano morbidamente, a filo a piombo, sulla schiena eretta. La maglietta appositamente troppo corta lasciava qualche centimetro di spaziatura con i blu jeans, le piccole orecchie a punta le bucavano con veemenza il petrolio dei capelli, dando alla figura della mia amica un che di raffinato e saggio. Un silenzio assordante avvolgeva la notte e il profilo di Safira si ergeva nel semibuio come se fosse la regina delle tenebre. Mi sembrava peccato interrompere il corso di quei pacifici e regali eventi, ma nell’inesorabile scorrere di essi mi sentivo sola… Picchiettai con dito sulla spalla di Safira. Sobbalzò.
-Finalmente…- sbottò. I suoi occhi verde smeraldo si incatenarono nei miei e io, con la voce tremante le chiesi timorosa:
-Sei arrabbiata?- lei alzò gli occhi al cielo piantò le lunghe unghia viola nella terra del soffice prato e parlò seria, senza alcuna convinzione:
- Tua sorella piange ancora.- io non  volevo ammettere il cambiamento, così, come solevo fare prima, le dissi arrabbiata e incavolata:
-Mia sorella… può morire!- il cuore mi si aprì e venne trafitto da mille frecce avvelenate nel dire quella cosa, per poco non persi l’equilibrio e la vista mi si annebbiò. Dopo che avevo affermato quella cattiveria su Costanza un pezzo di cuore mi si era scurito e io non mi sentivo la stessa. Con gli occhi pieni di lacrime riprovai:
-Sei arrabbiata?- lei non mi rispose e si rigirò con fare impetuoso e solenne, dandomi le spalle: era arrabbiata. Mi misi prepotente di fronte a lei e potei con soddisfazione notare che gli angoli della sua bocca erano impercettibilmente e maliziosamente increspati, con lo scorrere dei secondi l’increspatura mutò in un ghigno e le mani cominciarono a tremarle. Capii tutto. Safira non sa fingere e io non ci sarei cascata. Per avere la mia vendetta dovevo attendere poco, veramente poco. Così fu, dopo pochi istanti la mia migliore amica non riuscì più a trattenersi e scoppiò a ridere. In mi buttai in ginocchio sull’erba, con orrore notai che delle chiazze verdi stavano colorando con l’ausilio del marroncino della terra i miei jeans, ma non me ne curai. Con uno scatto alla Usain Bolt infilai le mie dita slanciate sotto le ascelle di Safira, proprio dove il sudore le aveva coperto la maglietta di macchioline, ma nemmeno di questo mi curai. Cominciai a farle il solletico e lei, sofferente peri il fastidio ma divertita per lo scherzo cominciò a ridere a crepapelle più forte di prima. Ci misi un po’ troppo di violenza e lei sbilanciata mise male il piede e annaspando con le braccia per recuperare l’equilibrio cadde all’indietro.
-Ahi!-
-Stai bene Sasy?-
-Si Diamante… cioè, mi sono fatta un po’ male… Ma sai Didì? Ho sbattuto su qualcosa di duro. Cosa può essere? Abbiamo perlustrato un po’ tutto! Non dovrebbe esserci niente!- mi spiegò e dolorante  e stranita tenendosi la mano sulla testa ferita. Cercai, al buio, l’oggetto sul quale era finita la mia amica e, tastando, riuscii ad afferrare qualcosa. Accesi la piccola torcia metallica tascabile che porto sempre con me, e fissai il freddo aggetto che avevo tra le mani. Vidi….
 
 
 
 
 
 
   
 
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