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Autore: SylPms    25/01/2015    1 recensioni
Kaya è una normale diciassettenne di un normale, fin troppo, paesino dell'Inghilterra del Nord. Vivere senza i genitori è ben altro che una favola per lei, costantemente tormentata dal pensiero di essere una delusione per loro e per se stessa. Tutto però sta per cambiare e ogni sua certezza, perfino ciò che pensava di sapere su se stessa verrà messo in discussione. Sarà l'incontro-scontro con il tenebroso Demian Sinclair ad illuminare il passato oscuro che ignorava di avere e che sembra riemergere giorno dopo giorno, portando con sé orribili verità. Kaya è una Guardiana e questo comporterà dei sacrifici dolorosi che la metteranno a dura prova. A complicare il tutto, il ricordo di un amore millenario macchiato di sangue torna a tormentarla, sotto forma di un bellissimo viso angelico dall'anima nera.
Genere: Fantasy, Romantico, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo VII
 
I morbidi capelli biondi, dorati alla luce del sole, gli ricadevano passivamente sulle spalle per via della testa gettata all’indietro, come a voler racimolare un po’ di sole in quel giorno mogio. Il viso era completamente glabro e ora che anche i ciuffi ribelli lo avevano abbandonato, poteva vederlo nella sua interezza. La pelle era pallida e rosata e sembrava abbastanza sottile da poter vedere lo scheletro della faccia in contro luce. La curva che si formava dalla fronte al mento aveva qualcosa di perfetto, sebbene il naso fosse leggermente pronunciato, come le sue labbra, che protrudevano come due boccioli di rosa baciati dalla rugiada.
Deglutì e quasi le sembrò di averlo fatto troppo rumorosamente. Trattenne il fiato, per paura che l’avesse sentita, ma qualcosa le diceva che lui era  a conoscenza della sua presenza già da molto. Lo confermò, quando inclinò appena il capo nella sua direzione, privo di sorpresa in volto.
“Kaya” Il suo tono era ovattato e delicato, ma riuscì a sentirlo come un rombo nelle orecchie. “Non ero certo che saresti venuta” proferì con calma disarmante, senza perdere la posizione rilassata con cui l’aveva trovato.
Tergiversò, spostando il peso da una gamba all’altra, e poi si convinse a muovere qualche passo nella sua direzione. “Che vuoi dire?” balbettò appena.
“Il sogno” disse semplicemente “Lo hai fatto anche tu, non è così?”
Annuì semplicemente e lo guardò mentre si torceva le braccia, cercando di risvegliare i muscoli intorpiditi.
“Com’è possibile?” gli chiese “Com’è possibile fare questi sogni sincronizzati? Mi sembra assurdo…” mormorò, mordendosi il labbro. Ma chi era lei, in fondo, per parlare di assurdità? Con tutto quello che le era successo, questa era forse la cosa più normale che poteva aspettarsi.
“Non per quelli come noi” e nel dirlo la sua voce si indurì, così come il suo sguardo, dritto negli occhi di Kaya.
Quasi le morirono tutte le parole in gola, tutte quelle che conosceva. In effetti avrebbe potuto immaginare che non si trattava di una persona normale ma voleva sperare fino all’ultimo momento di sbagliarsi.
“Sei anche tu un… guardiano?” Pronunciare quella parola la fece sentire stupida, come se fosse consapevole di dire cose fuori dal mondo.
Si avvicinò pericolosamente a gradi falcate, che minimizzarono subito la distanza che c’era fra loro. “Non esattamente” fece ancora un altro passo “Non devi avere paura di me, Kaya”
Inaspettatamente le afferrò entrambi gli avambracci, applicando una leggera pressione con le dita. Venne invasa da una strana sensazione di calore che la fece sentire protetta e allo stesso tempo incredibilmente forte. Lo sentiva. C’era qualcosa in lui che non la portava a scappare o a chiedere l’aiuto di Demian. Quando interruppe il contatto, fu come tornare bruscamente alla realtà, sparita per qualche secondo.
“E allora cosa sei?” farfugliò, tenendosi la fronte con una mano “E perché ti sogno?” disse quasi tra i denti, credeva di impazzire.
“Io ti ho conosciuta, molto tempo fa” la fissò intensamente e quasi faticò a capire le sue parole, quando improvvisamente ricollegò tutto.
“Hai conosciuto la mia antenata” le tremò la voce. Era stremata da quella vicenda. Scoprire pezzo dopo pezzo che qualsiasi cosa nella sua vita era collegata a quell’antenata, la faceva sentire persa e senza certezze.
“Ho conosciuto te” le prese le mani e sussultò, pensò che non si sarebbe mai abituata a quella sensazione.
“No, io non ricordo niente di te e… e di noi” si imbarazzò per quell’ultima parte “Non hai conosciuto me, stanne certo”
“Cosa pensi che siano i sogni che fai? I tuoi ricordi stanno riaffiorando”
“E perché dovresti averli anche tu? Non hai problemi di memoria a quanto pare”
“Beh su questo hai ragione” sorrise di un sorriso sghembo che gli fece increspare gli angoli della bocca “Ma tra noi c’è una connessione, Kaya, ancora non hai capito?”
“Chi sei tu?” lasciò scivolare le mani dalle sue, anche perché aveva allentato la presa. Un pesante groppo in gola le suggeriva che non le sarebbe piaciuto quello che stava per sentire.
“Un demone” proferì laconico, guardandola in modo secco. “Quando la tua natura di guardiana è venuta fuori, anche io ho cominciato a risvegliarmi, ma non potevo farlo completamente finché tu non l’avessi voluto”
Il suo sguardo le bruciava sulla pelle, così come gli angoli degli occhi, che ormai teneva sbarrati, per paura che potesse succedere qualcosa nell’infinitesimo di secondo in cui avrebbe abbassato le palpebre. Quello che stava dicendo, non poteva essere vero. Aveva pensato più volte a come sarebbe stato. Demian le aveva parlato a lungo dei demoni e l’odio con cui aveva descritto quel demone in particolare, le avevano conferito un’idea tale da non poter coincidere con quello che aveva davanti e con quello che sentiva. Ma non c’era altra spiegazione…
“Sei il demone della cripta” disse con voce strozzata, lasciando che le parole si dissolvessero nell’aria. L’ossigeno sembrava essere diminuito drasticamente. Ricordava bene cosa era successo in quella cripta e l’effetto che quei demoni avevano avuto su di lei. Il cervello era completamente fuori uso e in quel momento nessuna possibile idea di fuga le veniva in mente.
“Non voglio farti del male” lo disse con voce sottile e persuasiva.
Alzò lo sguardo di scatto, vergognandosi del velo opaco che ormai copriva i suoi occhi annacquati. “Demian sentirà che sono in pericolo, arriverà presto” disse tra i denti.
“Invece non arriverà” le prese i polsi ed ebbe paura che glieli avrebbe rotti “Perché tu non vuoi”.
Quello che diceva era vero. Poteva sentirlo, in fondo. Se avesse voluto ucciderla, l’avrebbe fatto, si disse. O forse era uno di quei killer brutali che attuano un piano contorto per rendere più interessante la morte della vittima. Stava per scoppiare. Il sangue le ribolliva nelle vene ed era stanca delle bugie e delle complicazioni. Avrebbe solo voluto una vita normale, vivere di nuovo con i suoi genitori e continuare ad essere la ragazza non troppo speciale che era sempre stata. I respiri si fecero sempre più corti e un forte impulso nervoso le arrivò violentemente alla testa, facendole stringere gli occhi fino a sentir male.
In quello stesso momento le mani di Enoch si staccarono da lei, come se avesse appena preso la scossa e si chiese se fosse stata lei.
“Non devi fare così” disse, mentre fissava i polpastrelli arrossati, tornare al loro colore naturale. “Voglio solo aiutarti. Ti dirò tutto quello che vuoi sapere, non ti terrò nascosto nulla”
Demian aveva sempre evitato di stimolarle i ricordi raccontandole qualcosa, diceva che doveva farlo da sola ma le era sempre sembrava un’assurdità. L’idea di poter finalmente sapere tutto, non poteva che elettrizzarla. Ma non poteva fidarsi. Sebbene l’intesa che sentisse nei suoi confronti era molto forte, rimaneva sempre un demone. Un demone rinchiuso in una cripta per chissà quanti secoli, un demone pericoloso.
“Perché non me l’hai detto subito, quando sei venuto a casa mia?” lo guardò di sottecchi, cauta.
“Dovevo essere certo di non sbagliarmi, ma d’altronde la tua aura si espande sempre di più, è impossibile non percepirla” la guardò a testa inclinata, quasi con tenerezza.  “Puoi fidarti di me” la sua voce parve più suadente del solito e le fu impossibile distogliere lo sguardo dal suo.
Fu come se per un secondo l’aria intorno a lei fosse più densa, fino a bloccarle la testa e permetterle di abbandonarsi senza cadere. La sentiva penetrarle il cervello e insinuarsi dentro di lei, dandole un senso di pace.
Sì, poteva fidarsi di lui, lo sentiva. Non sapeva perché ma sentiva di non poter fare altro.
 
Non si sarebbe mai aspettata di intrattenere una conversazione amichevole con un presunto demone davanti ad un milk-shake al caramello. Quando aveva accettato di ascoltare quello che Enoch aveva da dirle, aveva pensato più ad un luogo mistico, umido e senza luci, mai l’Arnold Coffee sulla decima strada.
Non sapeva come comportarsi. Aveva come l’impressione che, una volta entrati, tutti gli avrebbero puntato gli occhi addosso. Era in compagnia di un demone, una creatura diabolica capace di chissà quale atrocità. Eppure nessuno li degnò di uno sguardo – anche se poté giurare di vedere alcune ragazzine ridacchiare civettuole nel notare i begli occhi azzurri di Enoch. La verità, però, era che aveva tutta l’aria di essere un ragazzo normale e questo non faceva altro che confonderla.
“Stare rinchiuso per tutti questi anni mi ha fatto perdere molte cose fantastiche” lo guardò a corto di parole mentre succhiava avidamente il contenuto del suo bicchiere di plastica trasparente “Questo milk-shake è qualcosa di afrodisiaco, perfino più buono dell’Ambrosia, forse” sbuffò sorridendo e si sforzò di sorridere di riflesso, senza sapere a cosa alludesse.
“Perché siamo qui?” sospirò pesantemente. Quell’attesa la stava uccidendo, ma per qualche motivo non riusciva ad essere alterata, per quanto lo volesse. Era come se tutti i suoi impulsi fossero stati soppressi e non potesse far altro che starsene lì ad aspettare. Il fatto che non si sentisse in pericolo o vagamente minacciata la lasciò perplessa ma allo stesso tempo consapevole che era la cosa giusta da fare.
“Cosa ti ha raccontato Demian?” la guardò dal basso, con la cannuccia intrappolata tra i denti.
“Non molto” scrollò le spalle, il suo frullato ancora pieno. Gli raccontò praticamente tutto quello che sapeva, che era una guardiana e del potere perduto che nessuno sapeva dove avesse messo. La cosa che più le premeva sapere, però, erano le dinamiche della sua morte e quello strano legame che sembrava avere con lui. “Perché mi sono uccisa?” lo disse con un tono così piatto da spaventarsi.
Fu certa di vedere un bagliore attraversare gli occhi di Enoch per un secondo. Il labbro si sollevò appena e la sua espressione cambiò. Era come se fosse improvvisamente diventato inquieto e rabbioso allo stesso tempo.
“Probabilmente non ne potevi più di smembrare demoni come lavoro a tempo pieno”
Il tono con cui lo disse le fece pensare che non fosse la verità. “Probabilmente?”
“Quando ti sei tolta la vita ero già fuori gioco” scrollò le spalle.
Ovviamente, pensò. Se era stata davvero lei a rinchiuderlo, era una spiegazione plausibile.
“Perché ti avevo già… ?” si lasciò morire le parole in gola, non sapendo bene come affrontare la situazione.
“Cosa intendi?” le sopracciglia di Enoch si corrugarono un po’ per la sorpresa di quell’affermazione, un po’ per il rumore della cannuccia che annunciava la fine del suo milk-shake.
“Sono stata io a rinchiuderti” si morse il labbro, quasi come se lo stesse confessando.
“Davvero pensi questo?” poggiò gli avambracci sul tavolo sovrapponendoli “Non ti ho vista morire perché io stesso mi stavo spegnendo, nello stesso momento”
Kaya lo guardò confusa. Quello che le stava dicendo non corrispondeva affatto con la versione che le aveva dato Demian.
“Com’è possibile?” balbettò nervosamente.
Lo vide appoggiarsi allo schienale rosso del divanetto su cui era seduto, stendendo le gambe abbastanza da infilarle sotto il suo. “Quella stessa mattina ero andato a sterminare un gruppo di demoni Larsik nel distretto di Calsay e temevi per la mia incolumità” le puntò gli occhi dritti in volto “Così avevi fatto un incantesimo protettivo su di me. Avevo riportato ferite gravi, letali per un demone, e avevo fallito. I demoni Larsik credevano di avermi ucciso ed effettivamente lo ero, ma grazie alla tua protezione, sarei tornato in vita. Quello che è successo, la tua morte, ha spezzato l’incantesimo e privo di protezione, sono stato ucciso dalle ferite”
“Questo non spiega come hai fatto a conservarti per così tanto tempo”
Kaya aveva iniziato a graffiare debolmente il legno del tavolo, con gli occhi fissi su un punto imprecisato. Non sapeva cosa pensare e la testa le scoppiava a tal punto da desiderare di spegnersi in quel momento.
“Era un incantesimo molto potente, che mi legava alla tua stessa vita e così… quando sei ritornata te stessa, al momento del passaggio effettivo del tuo spirito in questo nuovo corpo” la indicò “hai potuto vedermi, perché con te, ero tornato anche io”
Kaya sollevò lo sguardo, con il presagio di una amara deduzione in testa. Non poteva credere a quelle parole, troppe cose non avrebbero avuto senso. Ma in fondo, chi le assicurava che quello che le aveva detto Demian fosse la verità? Era pur vero che aveva fatto di tutto per proteggerla e l’aveva sostenuta per tutta la fase dell’accettazione, ma in fondo non aveva idea di chi fosse davvero.
“C’era un legame tra di noi” la mano di Enoch la sfiorò inaspettatamente “So che lo senti anche ora che non ricordi niente”
Non poteva dargli torto. Si sentiva attratta come da una fune invisibile che la teneva ancorata in quel posto, con lui, avvolta dalla piacevole sensazione che fosse tutto al proprio posto.
“Perché dovrei crederti?” scostò a fatica la mano e piegò il volto verso la parete a vetri che filtrava il sole verso il loro tavolo “Sei un demone, dopotutto”
“Combattevamo fianco a fianco. Quando sono morto ero andando in missione contro dei demoni, per te”
Le dita sottili di Kaya le entrarono nei capelli scuri sottili mentre un sospiro di disperazione lasciava le sue labbra. Si sentiva impotente come non mai, con i suoi ricordi fuori uso e la consapevolezza di essere totalmente inerme. Anche se si fosse opposta, avrebbe potuto incorrere in una morte piuttosto veloce, considerato quello che probabilmente era in grado di fare.
“Perché Demian avrebbe dovuto mentirmi?” la testa le penzolava tra le mani e forse era l’unico modo per far seccare le lacrime che avevano iniziato a formarsi sugli angoli.
“Perfino l’uomo più umile, con un grande potere a disposizione, sarebbe attratto dal lato oscuro” serrò la mascella. “Lascia che io ti provi che non mento”
Quando alzò lo sguardo, Enoch aveva le mani tese verso di lei, a palmi aperti.
“Il tuo potere è ancora assopito, ma è dentro di te” iniziò “Attingi al mio e cerca di ricordare”
Titubante, Kaya decise che non aveva niente da perdere. Perfino l’idea di morire iniziava a spaventarla sempre meno, dal momento che la vita aveva raggiunto un grado di sofferenza tale da non essere migliore. Inspirò profondamente e lo imitò, stendendo entrambi i palmi sui suoi. Il leggero brivido che le percorse il braccio le fece storcere il naso, iniziando a considerare insopportabile quell’effetto magnetico che la sua pelle aveva su di lei.
“Rilassati” sussurrò appena e la invitò a chiudere gli occhi.
Quando l’oscurità la travolse, iniziò a sentire il cuore battere più velocemente per via del brivido di paura che aveva iniziato ad animarla. Sparì subito, però. L’oscurità iniziò a farsi più fitta, come se non fosse più ad occhi chiusi, ma senza più occhi. Era sempre più densa e riusciva a percepirla mentre la risucchiava e rendeva oscura anche lei. Per un momento pensò di mollare, perché l’oscurità non sarebbe dovuta essere così allettante, ma senti le mani di Enoch fare più pressione sulle sue ed ecco che un fascio di luce la inghiottì o si fusero.
L’immagine sfocata iniziò a prendere forma e con essa, anche lei sentiva di riprendere forma, dalle gambe fino agli occhi, era reale.
Non si trovava più alla caffetteria, era persa.
Un’immensa distesa dorata, di fili di grano agitati dal vento, la circondava da ogni lato e lei non appariva che come un piccolo foro all’interno di quel tappeto.
Si guardò intorno spaesata, come bloccata in un labirinto.
“E-noch? Dove sei? Non è divertente”
Era stata lei a parlare, ma era sicura di non aver emesso un fiato. Immediatamente il rumore del vento che scuoteva con più insistenza le punte arrotondate delle gemme di grano la travolse e per un momento gli alti steli davanti a lei si piegarono. Si voltò verso la fonte del rumore e sussultò quando si ritrovò con il volto di Enoch a pochi millimetri dal suo.
“Ti ho spaventata?”
Lo guardò stranita, ma non era lei. Era qualcuno identico a lei, come guardarsi in uno specchio. Portava una lunga tunica bianca, allacciata sul petto, con dei piccoli bordi ricamati sulle maniche, proprio come quella che aveva trovato nell’armadio qualche giorno prima. I capelli erano raccolti in una treccia disordinata che partiva dalla nuca e terminava all’altezza del seno, sempre più stretta. Era certa che non potessero vederla e che non fosse realmente lì, in quel momento. Era un ricordo.
“O forse non sopportavi di stare senza di me” la guardò con aria di sfida, la stessa che gli aveva visto in faccia la prima volta che lo aveva visto.
Lei, dal canto suo, inclinò la testa scuotendo la testa, lasciando che una piccola fossetta si formasse alla base della guancia.
“Ero preoccupata che ti fossi cacciato nei guai” il sorriso sulle sue labbra cresceva ad ogni parola “Non posso lasciarti solo nemmeno per un secondo”
“Non farlo” sussurrò lui e in un momento non fu più lì. Sollevò una nuova folata di vento che trasportò, insieme al grano, anche la risata di lei, fragorosa e felice.
Sbatté le palpebre, con uno strano peso sul petto, e la scena cambiò. Non era più nel campo di grano, ma in una piccola casa buia, illuminata solo da un debole braciere al centro della stanza.
Non riuscì a capire subito cosa stesse succedendo, ma quando lo fece, trasalì. Era seduta sul bordo di un sottile letto ricavato dalla sovrapposizione di vari strati di pelli e tessuti, i capelli sciolti e la faccia stremata. Stava per mettersi a dormire, con la tunica slacciata e molle lungo il corpo. Una manica le scivolò via dalla spalla e pensò di bruciare per il rossore che l’aveva avvolta, quando notò le mani di qualcun altro compiere quell’operazione. E poi le labbra di Enoch furono subito su quello squarcio di pelle appena scoperta.
Non fu sicura di come ci riuscì, ma ritrasse all’istante le sue mani da quelle del demone e le immagini scomparirono dalla sua mente con un battito di ciglio e fu di nuovo nella caffetteria. Si prese qualche secondo prima di riaprire gli occhi, sentiva ancora il cuore martellarle nel petto.
“Allora, cos’hai visto?” la voce di Enoch la riportò alla realtà, ma non fece altro che aumentare la sua tachicardia.
Quando lo guardò, però, riconobbe sul suo volto una strana espressione. La mascella era serrata e contratta, tanto da indurire ancora di più l’angolo affilato che dal lobo dell’orecchio arrivava al mento. Gli occhi erano fissi verso di lei, ma non su di lei e le mani strette in pugni sul tavolo. Che avesse visto anche lui?
“Che ricordi hai evocato? Sono quelli che meglio si sono radicati nella tua memoria” sollevò sfacciatamente un angolo della bocca.
Se erano quelli i ricordi ai quali teneva di più, quelli che prima avevano deciso di emergere, significava che il suo rapporto con Enoch doveva contare davvero molto nella sua vita.
Deglutì la saliva che si era stagnata in bocca per tutto quel tempo e quasi le venne voglia di dare un sorso al suo milk-shake, ma non lo fece.
“Eravamo amici a quanto pare” tentennò, optando per una mezza verità. “Ma chi mi dice che tu non abbia alterato la mia memoria? Demian ne è capace” balbettò.
Enoch distese la fronte e si lasciò andare mollemente contro lo schienale. “Magari ne era in grado all’inizio, ma ora stai di nuovo canalizzando il tuo potere ed è sempre più difficile entrarti dentro” fece un cenno “Potrei averlo fatto, ma solo parzialmente e tra qualche tempo sarà impossibile”
Kaya scosse la testa. Quelle assunzioni astrette sul presunto potere che possedeva la stavano stancando, oltre che facendo sentire sempre più inutile. Detestava essere sottovalutata ma anche deludere le aspettative non era il massimo.
“Credo che stiate sbagliando a confidare in me così tanto” sbuffò, prendendo a mordicchiarsi nervosamente l’unghia del suo indice.
Vide Enoch sogghignare appena e si chiese cosa lo divertisse tanto. “Io non credo. Ho sentito quanto sei forte, quando mi hai preso le mani” la guardò serio.
“Beh, non dovrei essere in grado di fare qualcosa almeno?”
“Il tuo potere prende energia dalla natura, qualsiasi cosa che ti circonda può alimentarlo. Anche gli oggetti inanimati” fece avanzare il suo bicchiere ancora pieno verso di lei “Ogni cosa” scandì bene le parole.
Kaya lo guardò scettica e fissò il bicchiere senza sapere cosa fare “Demian preferisce farmi meditare” fece spallucce.
Enoch si lasciò sfuggire una risata divertente “Si impara sul campo” spinse ancora di più il bicchiere “Prova! Plagia la materia come più preferisci”
Si guardò velocemente intorno, anche se era certa che non sarebbe successo un bel niente. Cos’avrebbe dovuto fare? Fissava il liquido dorato del suo milk-shake e pensava a come avrebbe potuto plagiarlo. Improvvisamente pensò alla secca dei fiumi durante i periodi di siccità a come il caldo riuscisse a far evaporare ogni goccia d’acqua. Appoggiò entrambe le mani sul tavolo e chiuse gli occhi, concentrandosi su quell’immagine. Sentì come una piccola scossa che la risucchiava e teneva in bilico per una frazione di secondo, ma nient’altro. Sospirò prima di aprire gli occhi e prendere atto della sua disfatta.
Ciò che si trovò davanti però fu l’espressione soddisfatta ed eccitata di Enoch, che si teneva il viso tra le mani, con i gomiti appoggiati sul tavolo, in attesa che si risvegliasse da quella finta trance.
“Hai visto? Non è successo niente”
Ma quella strana espressione era ancora lì e stava iniziando a farle salire i nervi. “Che hai da gongolare?”
Lo sguardo di Enoch indicò placidamente il suo bicchiere e Kaya boccheggiò quando si rese conto cos’era successo. L’intero contenuto era magicamente evaporato e non era rimasta nemmeno una goccia.
“M-ma… smettila di prenderti gioco di me” tentennò “L’hai bevuto tu!” lo accusò, con sguardo vagamente offeso.
Il demone rise e si prese la briga di dimostrarle il contrario. Sollevò il bicchiere di plastica e rivolse la base verso di lei. “E come avrei fatto questo?”
Ci mise un po’ per staccarsi dal legno. La plastica si era completamente sciolta e filava come zucchero cristallizzato mentre allontanava il bicchiere dalla superficie.
Kaya sgranò gli occhi e per un momento venne avvolta da un brivido di eccitazione. Sentiva un grosso sorriso allargarsi sulle sue labbra ma al contempo la paura che tutto quello che le era successo finora, era solo l’inizio.
“E’ solo un giochetto” Enoch ripose il bicchiere al suo posto e si mise a fissarla con un’espressione divertita.
“Che c’è?” sbuffò Kaya, cercando di distogliere lo sguardo.
“Niente. Sono solo passati un paio di secoli dall’ultima volta che ti ho visto, scusami se mi prendo la briga di godermi il momento”
Un rossore pallido ma persistente si fece spazio sulle gote di lei seguito dall’irremovibile sorriso inebetito e imbarazzato che non faceva altro che imbarazzarla di più.
“La somma Guardiana non arrossisce” la apostrofò Enoch e lei, per tutta risposta, scosse la testa scoppiando a ridere.
Era da tanto che non rideva in quel modo. Non sapeva bene perché lo facesse. Era un misto di emozioni talmente forti e tutte insieme da non sapere come reagire. L’eccitazione per quel potere che le scorreva tra le vene e che finalmente si era manifestato ( per sua volontà ), i ricordi che a poco a poco iniziavano a riaffiorare e Enoch. La sua presenza le provocava quel piacevole formicolio tipico del torpore mattutino perché era proprio così che si sentiva, come risvegliata da un coma, come se con lui si fosse svegliata anche lei.
Quell’idilliaco momento che si espandeva gioioso nella sua testa venne bruscamente interrotto da quel tipico fulmine lancinante che la colpiva ogni volta che Demian si metteva in contatto con lei.
Questa volta era più volte del solito e cominciò a stringersi le tempie sperando di scacciarlo.
“E’ Demian” borbottò, dolorante anche nel parlare.
“Presto smetterà” la rassicurò “Quando sarai abbastanza forte, sarai impenetrabile”
“Un momento” quasi impallidì “Pensi che sappia che sono con te?” si morse il labbro, improvvisamente colpevole.
Enoch scosse la testa. “La mia aurea interferisce con il suo potere, a quest’ora sarebbe già qui per strapparmi la milza”
Kaya aggrottò le sopracciglia “Perché ce l’ha così tanto con te?”
“Forse per lo stesso motivo per cui ti mente, non credi?” fece schioccare la lingua e improvvisamente parve stizzito.
“Ora però è meglio che vada, o inizierà a sospettare qualcosa” sospirò mettendosi la borsa sulle spalle “Come devo comportarmi?”
“Non dirgli niente, cercherebbe di plagiarti, ancora” le prese una mano “Se dovesse provare a fare qualcosa, ti troverò”
Kaya sorrise, abbassando appena lo sguardo già impaziente per il loro prossimo incontro. “Fidati di me, ti terrò al sicuro”
Quella stessa sensazione che aveva avuto al lago, si presentò di nuovo. Una massa densa d’aria si era disposta intorno alla sua testa, come se fosse momentaneamente assopita da qualche droga e tutto ciò che poté percepire fu esattamente quello che le aveva detto di fare.
“O magari potrei trovarti io” fece scivolare la mano da sotto la sua e si alzò.
“Potrei essere al Moonlight domani sera” sorrise sfacciato, decisamente ammiccante verso di lei. “Suona una cover band dei Joy Division” scrollò le spalle con disinvoltura.
“Per essere un demone vecchio chissà quanti anni che ha passato gran parte della sua vita in una bara, sei piuttosto ferrato in fatto di musica”
Fece spallucce “Ho perso davvero troppo” la fissò profondamente “E non vedo l’ora di recuperare”
Sollevò la mano all’altezza del viso e gli rivolse un ultimo sorriso prima di uscire dal bar. Cercò di reprimere le farfalle che continuavano a sbattere le ali contro la parete del suo stomaco ma più ci provava e più veniva sopraffatta dall’immagine del sorriso magnetico di Enoch. Avrebbe dovuto metterlo momentaneamente da parte, per forza di cose. Il pensiero di tornare nella casa dove si trovava Demian la terrorizzata, ma ora sapeva cosa fare.
  
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