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Autore: Ya_mi    27/01/2015    1 recensioni
Dal capitolo 1:
-[...] Il fatto di non avere nessuno, di non avere radici mi rende diversa dagli altri. E questo è uno di quei posti dove la diversità viene odiata sopra ogni cosa.-
L’espressione in quegli occhi azzurri era forte, a dispetto della timidezza che aveva ostentato prima.
Lavi l’aveva ascoltata con attenzione e aveva sentito qualcosa scattare dentro di lui.
Quella ragazza non aveva origine, non sapeva da dove veniva. Era un’emarginata, era... diversa.
Come lui.
Dal capitolo 15:
Non avrebbero dovuto fargli effetto le piaghe sparse sul corpo di quella ragazza, né l’espressione triste sul suo viso. [...] Si stava dimostrando debole, aveva abbassato le sue difese e ora stava accadendo l’inevitabile.
Lui, che era il solo tra i più soli, lui che aveva fatto voto di una vita dedita alla pura conoscenza e all’assenza di ogni tipo di legame, proprio lui... stava facendo andare in malora tutto quanto per una ragazzina.
Genere: Avventura, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Rabi/Lavi
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Lavi: ... e quindi questa era la situazione economica di Ceylon dopo la conquista dei britannici. Fin qui è tutto chiaro, miss Yami?
Yami: quindi tu mi stai dicendo che gli inglesi hanno conquistato l’India e dintorni e hanno fatto tutto questo casino solo per qualche foglia di tè?!
Lavi: *sospira* no, miss Yami. Le ho appena spiegato che il tè è arrivato molto dopo, prima si coltivava il caffè...
Yami: peggio ancora! Ore e ore passate a studiare storia dell’Asia per colpa di un manipolo di maledetti inglesi che voleva solo prendersi un caffè!
Kanda: senti un po’ imperatrice degli idioti, ma non c'è proprio niente che tu riesca a prendere seriamente?
Yami: *colpisce Kanda con il quaderno* zitto, sto studiando! E con un insegnante come te studiare è davvero un piacere! *fa l’occhiolino a Lavi*
Lavi: sì, ehm... anche per me è un piacere aiutarla, miss Yami... basta che tenga le manine a posto, però, eh...
Angelica: ma cosa sta succedendo, qui? Andiamo, siamo in ritardo! Dobbiamo presentare il capitolo!
Kanda: datevi una mossa, branco di storditi. Prima iniziamo prima ce ne andiamo!
Yami: cielo, il capitolo! Ero così presa dallo studio che me ne stavo dimenticando!
Angelica: dallo studio, eh? *fissa Lavi*
Lavi: ti giuro che io non c'entro niente! È lei che si distrae!
Yami: ma rieccoci qui, cari lettori! Sorpresi? Vi aspettavate di non rivedermi per almeno un altro mesetto abbondante? E invece eccomi qui, sono già tornata con un nuovo capitolo!
Kanda: che gioia...
Yami: non che scriverlo sia stato semplice, anzi... devo ammettere che mi sento un pochino in colpa...
Kanda: ti senti in colpa? Certo che ce ne hai messo di tempo a capire che tormento sia sopportarti continuamen...
Angelica: non si sente in colpa per questo, cretino! Si sente in colpa per quello che ha scritto nel capitolo!
Kanda: tsk, chissà cosa ci avrà piazzato di così tremendo...
Yami: lo scoprirete molto presto... *sogghigna*
Lavi: per questo vi lasceremo alla lettura del capitolo non appena avremo ringraziato MuSiCaNdArTs95, FeatherWolf_9, Mitsuki no Kaze e Likeapanda per le loro recensioni al capitolo scorso. Miss Yami non è ancora riuscita a rispondere ma vi possiamo assicurare che le ha viste e apprezzate.
Angelica: speriamo che questo insperato aggiornamento anticipato vi abbia resi felici e vi lasciamo alla lettura!
Yami: certo che...
Lavi: sì, miss Yami?
Yami: “imperatrice degli idioti” non suona per niente male...
Lavi, Angelica e Kanda: ...

CAPITOLO 23 – Perché ci sta succedendo questo?

Angelica si svegliò lentamente dopo quelle che a lei parvero ore e ore di sonno, ma si accorse quasi subito che c'era qualcosa di strano.
La luce che filtrava dalle finestre lasciava intuire che non era notte né le prime ore del mattino, bensì pomeriggio inoltrato, e anche il letto sul quale era sdraiata non era il suo.
Il soffitto bianco e altissimo e il leggero odore di disinfettante le suggerirono che si trovava in infermeria.
 
-Angi, finalmente ti sei svegliata!-
Una voce femminile giunse dalla sua destra e la giovane girò pigramente la testa per guardare la persona alla quale apparteneva.
-Lena...-
L’amica era seduta su uno sgabello posto a fianco del suo letto di ospedale e la osservava preoccupata.
-Meno male, ero in pensiero!-
-Ma cos'è successo? Perché sono qui?-
La ragazza chiuse gli occhi cercando di ricordare qualcosa ma non le riuscì.
-Ci stavamo allenando insieme e all’improvviso ti sei sentita male e sei svenuta. Sapessi che spavento mi hai fatto prendere!-
-Mi... mi dispiace...-
Lenalee sorrise.
-L’importante è che adesso tu stia bene. Come ti senti?-
-Bene... credo...-
L’altra ragazza annuì, anche se sembrava poco convinta.
-Senti Angi... mentre eri svenuta il medico ti ha visitata e mi ha chiesto se sapevo come ti sentissi negli ultimi tempi...-
Angelica la guardò, non capendo dove volesse andare a parare.
-Giusto stamattina mi hai detto che da qualche giorno non ti senti molto bene, che vomiti spesso e sei sempre molto stanca, giusto?-
-Io... sì, l’ho detto...-
-E io l'ho detto al dottore, che ha fatto un’ipotesi su cosa possa aver causato quel collasso improvviso, oltre ai malesseri dei giorni scorsi.-
-Ma si è trattato di un calo di pressione, giusto? Non sarà niente di grave, no?-
La giovane bionda tentò di sorridere per nascondere il fatto che stava iniziando ad agitarsi.
-Beh, non proprio, almeno secondo il medico. Per accertarmene però devo chiederti una cosa. E ti prego di rispondere sinceramente perché è molto importante.-
Angelica deglutì, attendendo con le farfalle nello stomaco la domanda che l’amica stava per porle.
-È possibile... che tra te e Lavi sia successo qualcosa? Ho pensato a lui perché so cosa provi per lui e mi sembra la scelta più probabile.-
Seguì un silenzio pesante, pieno di timore.
-Angi, è possibile?-
la incalzò Lenalee.
-Sì...-
sospirò alla fine la ragazza bionda, notando come l’amica si fosse irrigidita in seguito alla sua risposta.
-Da quanto tempo?-
-Saranno più o meno quattro mesi, credo...-
Si affrettò ad aggiungere:
-Lena mi dispiace non avertelo detto, volevo farlo ma non potevamo rischiare che qualcuno lo venisse a sapere e...-
-Il problema non è questo, Angi, magari fosse solo questo!-
-E allora di cosa si tratta?-
Anche se lo aveva chiesto non era del tutto sicura di voler conoscere la risposta.
-Il medico... Angi, il medico pensa che tu possa essere incinta!-
Angelica spalancò gli occhi e mormorò con un filo di voce:
-Cosa...?-
-Anch'io non lo credevo possibile, ma adesso che mi hai detto che tu e Lavi avete...-
-Ma non è possibile!-
La ragazza bionda da sdraiata che era aveva fatto uno scatto improvviso, ritrovandosi seduta.
-Noi... io... non... non è possibile. Non può... è successo solo... solo poche volte... non può... non è vero, non può essere... non può, vero?-
Si coprì il viso con le mani e iniziò a piangere. Lenalee si alzò e le si avvicinò per abbracciarla.
-Angi...-
-Cosa faccio, adesso? Che cosa faccio?-
-Prima di tutto devi cercare di calmarti.-
-Non posso... non ci riesco...-
Aveva cominciato a tremare e la voce era rotta a causa dei singhiozzi e degli spasmi causati dall’ansia.
-È... è terribile... cosa posso fare? Io non... non posso. Cosa mi faranno, adesso? Mi... mi puniranno, vero? E Lavi? Adesso... adesso Bookman scoprirà tutto e... e dovranno andare via...-
Afferrò un braccio di Lenalee, gli occhi spalancati per la paura e la voce tremante.
-Non voglio che vada via... io non... cosa faccio? Cosa faccio se deve andare via? Lena io non posso perderlo, non posso...-
-Angi! Angi, ti prego, calmati!-
La povera ragazza strinse a sé l’amica cercando di tranquillizzarla.
-Se lui se ne va io... io non voglio, non posso sopportare che lui se ne vada! Se... se non si può fare altrimenti io... noi smetteremo di stare insieme. Giuro... giuro che non staremo più insieme... ma non voglio che lui vada via, non voglio...!-
-Angi!-
Lenalee la prese per le spalle e la scosse per cercare di zittirla e di farsi ascoltare.
-Angi, adesso prendi un bel respiro e ascoltami.-
-Ma... ma lui...-
-No, calma e ascolta me. Lavi non andrà via, nessuno saprà niente.-
-Ma come...?-
-Non lo so ma dovremmo avere ancora qualche mese prima che si inizi a vedere la pancia e prima di allora troveremo una soluzione. Parleremo con mio fratello, lui ti aiuterà. Andrà tutto bene, te lo prometto.-
Angelica annuì debolmente e si accasciò tra le braccia dell’amica.
-In ogni caso, qualunque cosa succeda, io non ti abbandonerò, farò tutto quel che posso per aiutarti.-
-Grazie Lena. Grazie... grazie...-
La ragazza cinese sorrise.
-È quello che fanno le amiche, giusto?-
-E adesso... come faccio a dirlo a Lavi?-
-Perché ti preoccupi? Io credo che lui sarà contento. Certo, un po’ sorpreso all’inizio, ma un bambino è sempre una cosa bella. Vedrai, ne sarà felice.-
La bionda abbassò lo sguardo, stringendosi nell’abbraccio di Lenalee.
-Non lo so... ho la sensazione che invece non sarà affatto così...-
-Cerca di non pensarci troppo, per ora. Al momento Lavi comunque è in missione e non potrai dirglielo prima di qualche giorno, quando tornerà. Hai un po’ di tempo per pensare a cosa dire.-
 
Ma per Angelica non si trattava affatto di tempo che poteva utilizzare per pensare, bensì di una lunga e snervante attesa che non faceva altro che rimandare quell’evento imminente e inevitabile.
Due giorni dopo, come previsto, Lavi varcò i cancelli dell’Ordine Oscuro con un gran sorriso in volto.
Era allegro perché la missione era andata piuttosto bene e perché sapeva che ad aspettare il suo ritorno c'era Angelica. E lui non vedeva l’ora di andare da lei per farle sapere che non doveva più attendere.
Per fare prima aveva scritto il rapporto in treno, così che una volta arrivato liquidò con poche frasi il suo vecchio maestro, passò a consegnare il suo lavoro a Komui e corse a cercare la persona che tanto gli premeva rivedere.
Vagò nei corridoi per un po’, guardando nei posti dove era più probabile che fosse finché non la adocchiò mentre si chiudeva la porta della sua camera alle spalle.
Sorrise tra sé mentre raggiungeva a sua volta l’ingresso della stanza e batteva due colpi sul legno dell’uscio.
Quando Angelica andò ad aprire e se lo trovò davanti le si mozzò il respiro.
 
-Lavi...-
La sua reazione sorprese il ragazzo, che si aspettava di essere abbracciato o per lo meno salutato con un po’ più di entusiasmo, ma non ci fece troppo caso.
-Ehi Ann. Sono tornato.-
Visto che non lo faceva lei fu lui a prendere l’iniziativa, facendo un passo avanti e prendendola tra le braccia, gesto al quale la ragazza rispose abbastanza passivamente, lasciandosi abbracciare e stringendosi timidamente a lui.
-Mi sei mancata...-
Di nuovo disse una frase che, seppur vera, si aspettava di sentirsi dire prima da lei, avendo visto nei mesi precedenti con quale trepidazione aspettasse il suo ritorno.
-Anche... anche tu mi sei mancato...-
Il giovane si separò da lei e la guardò in viso.
-Ann, va tutto bene?-
Angelica sospirò nervosa, facendolo entrare nella sua stanza e chiudendo la porta.
-Sì... cioè... c'è... c'è una cosa che devo dirti...-
Aveva distolto lo sguardo e la sua voce era talmente bassa che si faceva fatica a sentirla.
-Certo, lo sai che mi puoi dire tutto.-
Lavi le sollevò il viso perché lo guardasse, sorridendo.
-Avanti, dimmi cos'è successo.-
La ragazza esitò prima di balbettare:
-Io... ecco... non è niente di male... solo che... non... non ce lo aspettavamo, ecco...-
Prese un profondo respiro e cercò di accennare un sorrisino forzato.
-Lavi, io... io credo di aspettare un bambino.-
Ci fu un attimo di silenzio, durante il quale l’occhio del giovane si illuminò di una strana luce.
-Ed è... mio?-
Lei si sforzò di sorridere.
-Sì, certo! Di chi dovrebbe essere?-
 
All’improvviso la mano che le teneva sollevato il mento si ritrasse e sul viso di lui apparve un’espressione fredda, quasi scocciata.
Angelica ebbe la sgradevole impressione di non trovarsi più davanti Lavi.
In quel momento aveva smesso di essere l’uomo ed era tornato ad essere il Bookman.
Spaventata da quella sensazione la ragazza si affrettò a dire qualcosa.
 
-Ora... abbiamo ancora un po’ di tempo per pensare a cosa fare... voglio dire, per i primi mesi potremo nasconderlo abbastanza facilmente ma poi...-
Lavi la interruppe bruscamente, facendola sobbalzare.
-Vuoi tenerlo?!-
Lei rispose con un filo di voce.
-Io... sì, certo... certo che voglio tenerlo... perché mi chiedi...-
Una fredda consapevolezza le attraversò la mente.
-Tu non lo vuoi.-
Lui mantenne il suo cipiglio inespressivo.
-No, non lo voglio...-
Angelica in quell’istante avrebbe voluto morire. Sentiva le lacrime bruciarle dietro gli occhi ma cercò di ricacciarle indietro.
-Io credevo... credevo che saresti stato felice...-
Alla fine se ne era inconsciamente convinta. E a quanto pareva aveva sbagliato.
-Ma non è così. Non lo abbiamo cercato, è stato... un incidente.-
Lei si sentì avvampare.
-Un incidente?-
-Proprio così. I figli non fanno parte delle priorità di un Bookman.-
A quel punto la ragazza perse le staffe.
-Priorità?! Non mi sembra ti sia fatto tanti problemi di “priorità” quando si è trattato di andare a letto con me! E tutte quelle cose che mi hai detto...-
La voce le si ruppe e calde lacrime iniziarono a solcarle il viso. Si voltò, dandogli le spalle perché non la vedesse piangere.
-Perché mi hai fatto questo...? Credevo che tu mi amassi... tu dicevi di amarmi! Quindi perché? PERCHE’?!-
 
E scoppiò in singhiozzi.
Ma Lavi non restò con lei a consolarla.
Le sfiorò una spalla, in modo quasi impercettibile, e se ne andò, chiudendosi la porta alle spalle.
Quando Angelica sentì lo scatto della maniglia si buttò sul letto e affondò il viso nel cuscino, piangendo disperata.
Si sentiva così tradita, non poteva credere che Lavi avesse potuto farle una cosa simile!
Si diede della stupida per aver creduto alle sue parole dolci e ai suoi gesti delicati.
Pianse finché non ebbe più di che piangere e quando si alzò ciò che restava di lei era una figura stremata e vuota.
 
* * *
 
Per i tre giorni successivi i due giovani non si videro quasi mai, eccezion fatta per alcuni sporadici incontri nei corridoi, cosa che entrambi cercarono di evitare il più possibile.
Il quarto giorno Lavi la incrociò all’entrata della Sezione Scientifica con una valigia in mano e, immaginando che stesse partendo per una missione, si informò distrattamente sui dettagli.
Lei gli rispose altrettanto seccamente che sarebbe andata alla sede Asia con un Gate dell’Arca, per poi spostarsi nella vicina Nanchino per una missione che secondo le previsioni sarebbe durata un paio di giorni. Commentarono frettolosamente la comodità derivante dall’uso dei Gate, poi lei lo superò senza salutarlo e lui la guardò a lungo mentre si allontanava come se niente fosse.
Non voleva ammetterlo, ma quella specie di gioco consistente nell’evitarsi e rivolgersi occhiatine glaciali iniziava a farlo stare male.
Era arrabbiata? Beh, anche lui lo era! Ritrovarsi un casino simile tra capo e collo non era di certo piacevole!
Certo, nemmeno per lei doveva essere facile...
Si era così risentita quando le aveva detto che non aveva interesse a tenere quel bambino... ma dove aveva la testa?! Lui era un Bookman, come poteva pensare che potesse volere un figlio?
Certo, era anche colpa sua se si ritrovavano a questo punto...
Aveva anche messo in dubbio il fatto che lui la amasse, come se ciò che provava per lei avesse qualcosa a che spartire con la sua reazione a quel disastro nel quale si trovavano.
Certo, per come si era comportato con lei non poteva biasimarla per aver reagito così...
La verità era che avrebbe voluto trovare qualcosa a cui attaccarsi per continuare a convincersi di avere ragione ma ovviamente non gli riuscì.
Era colpa sua, da qualunque parte si girasse il problema.
Ripensava al modo sgradevole con cui le si era rivolto, alla maniera con cui l’aveva lasciata da sola pensando che la cosa non lo riguardasse.
Lei, lei aveva tutto il diritto di essere triste. E delusa. E arrabbiata!
Non ci si era messa da sola in quella situazione, aveva cercato il suo aiuto perché credeva di poter contare su di lui e invece era stata respinta.
Tirò un pugno al muro del corridoio, la collera e il rimorso stringevano ogni fibra, ogni muscolo del suo corpo mentre ripensava alla stupida giustificazione che le aveva dato.
“I figli non fanno parte delle priorità di un Bookman.” Ma come gli era venuto in mente?!
Avrebbe dovuto pensarci prima, maledizione! Quello che stava succedendo non era un problema solo di Angelica, ma anche e soprattutto suo.
Si era spinto troppo in là nel concedersi quei suoi strappi alla regola, aveva agito da sconsiderato senza pensare che avrebbero potuto esserci delle conseguenze anche irreparabili, e ora il danno era fatto.
Ma si sarebbe preso le sue responsabilità, doveva farlo.
Non poteva permettere ad Angelica di tenere il bambino, non sarebbe stato possibile in ogni caso, anche se lui avesse voluto.
Sapeva che non sarebbe stato facile convincerla, che avrebbe fatto di tutto per fare a modo suo e non uccidere quella piccola vita che portava in grembo.
Sorrise al pensiero di quanta forza potesse mostrare quando serviva, sarebbe sicuramente stata disposta anche a fare tutto da sola pur di non rinunciare.
Comunque aveva ancora un paio di giorni per pensare a cosa dirle per farla ragionare.
Sì, aveva deciso: non appena Angelica fosse tornata dalla missione sarebbe andato da lei e le avrebbe parlato, l’avrebbe pregata di perdonarlo per essersi comportato come un vero idiota, le avrebbe detto che non l’avrebbe più lasciata sola.
Ne sarebbero usciti insieme nel migliore dei modi, ne era sicuro.
 
* * *
 
Due giorni dopo Lavi era chiuso nella sua stanza, penna alla mano e una montagna di libri e fogli scarabocchiati ad ingombrare la scrivania alla quale era seduto.
Bookman gli aveva assegnato del lavoro da fare e aveva bisogno di concentrarsi, di isolarsi dal rumore del resto dell’Ordine Oscuro.
Rumore che quel giorno sembrava essere improvvisamente aumentato. C'era movimento nei corridoi, passi concitati e frasi che non riusciva a cogliere.
Concluse mentalmente che qualcuno alla Sezione Scientifica dovesse averne combinata una delle sue e cercò di non farci caso e di concentrarsi sul suo lavoro.
Ma era difficile.
Invece di riflettere sui termini tecnici da usare per la registrazione si ritrovò a meditare sulle parole giuste per il discorso che avrebbe fatto ad Angelica al suo ritorno.
Niente da fare: quel caos infernale non gli permetteva di concentrarsi a dovere. Decise di andare a vedere cosa diavolo stesse succedendo, ormai era definitivamente incapace di focalizzarsi su qualunque pensiero.
Scoprì che il chiacchiericcio e il rumore provenivano proprio dalla Sezione Scientifica. Ci si diresse subito e vi trovò una gran folla di gente che andava di qua e di là senza posa in preda a quella che sembrava frenetica preoccupazione. Ma c'era talmente tanta confusione che non riuscì a capire il motivo di tutto quel chiasso.
In quel momento vide Reever venire dalla sua parte e ne approfittò per fermarlo e chiedergli spiegazioni.
 
-Ehi Reever, si può sapere cosa sta succedendo qui?-
Lo scienziato, quando vide chi gli aveva rivolto la parola, spalancò gli occhi.
-Lavi! Ma dov’eri? Abbiamo provato a chiamarti non so quante volte!-
Già, se ne era quasi dimenticato.
-Scusa, avevo da lavorare e per non essere disturbato ho scollegato il mio golem. Ma perché? Cosa succede?-
Reever esitò un momento, come se stesse scegliendo con cura le parole da usare.
-Si tratta... di Angelica. L’abbiamo mandata in missione un paio di giorni fa e secondo le nostre previsioni sarebbe dovuta tornare oggi. Ma... sembra che le cose si siano complicate.-
Appena aveva sentito il nome di Angelica, Lavi si era irrigidito. Quella frasi vaghe stavano iniziando ad innervosirlo.
-Che cosa vuoi dire? Spiegati!-
L’altro sospirò.
-A quanto pare le informazioni che ci sono state comunicate erano errate. L’abbiamo mandata da sola, sicuri che potesse cavarsela. Però circa mezz'ora fa il Finder che la accompagna ci ha contattati dicendo che c'erano troppi akuma per essere gestiti da un solo esorcista.-
-E quindi? Cosa avete fatto?-
lo incalzò il rosso.
-Dopo aver provato a chiamare te abbiamo mandato Kanda ad aiutarla. Ma ovviamente ha impiegato un po’ di tempo per arrivare e secondo quanto detto dal Finder Angelica era già messa piuttosto male...-
Fece una pausa.
-Lavi... io non so se ce la farà...-
-Caposezione Reever! Com'è la situazione?-
La voce di Komui li interruppe quando quest’ultimo fece il suo ingresso nella Sezione.
-Supervisore! Ancora niente, stiamo aspettando che Kanda ci comunichi qualcosa.-
 
Si allontanarono entrambi lasciando Lavi dov’era, incapace di muoversi e di parlare.
Quelle ultime parole gli rimbombavano nella testa come un’eco infinita.
Non so se ce la farà...
Non riusciva a togliersi dalla mente l’immagine di Angelica vestita di bianco e sdraiata in una bara.
No. Doveva reagire! Doveva credere che sarebbe andato tutto bene!
 
-Caposezione! Kanda ci ha contattati!-
Si riscosse quando sentì quella notizia e si spostò verso il punto dal quale era arrivata.
-Che cosa dice?-
chiese Komui, che si trovava già al fianco dello scienziato che si stava occupando delle comunicazioni.
-Ha detto che ha eliminato tutti gli akuma ma che sia lui che l’altra esorcista sono gravemente feriti. Si sta recando alla sede Asia per trovare rifugio.-
Il supervisore annuì.
-Bene. Avverti Bak del loro ritorno, dì loro di tenersi pronti ad accogliere due feriti e di tenerci informati sulle loro condizioni. E dì a Kanda di non fare lo stupido e di farsi visitare, anche lui avrà bisogno di aiuto!-
Mentre lo scienziato eseguiva quanto gli era stato detto di fare, Lavi si avvicinò a Reever e gli disse:
-Reever, fammi andare alla sede Asia!-
L’altro lo guardò sorpreso.
-E che cosa ci vorresti fare?-
-Io... devo andare da Angelica, devo assicurarmi che stia bene.-
-Lavi, non ti posso mandare lì senza un motivo valido. Comunque appena Angelica starà meglio la trasferiranno qui e allora potrai vederla...-
Il ragazzo lo prese per le spalle.
-Io non posso aspettare, Reever! Devo andare da lei adesso!-
Di fianco al suo sottoposto, Komui osservava le azioni del giovane dai capelli rossi. Lavi lasciò perdere il povero Reever e si rivolse a lui.
-Komui... ti prego...-
-Perché tutta questa urgenza? Che cosa devi fare di così importante da non poter aspettare?-
Il rosso abbassò lo sguardo.
-Mi... mi sono comportato malissimo con lei e non posso lasciare le cose come stanno. Devo andare da lei e assicurarmi di riuscire a chiederle perdono. Ti prego, Komui, se è vero che potrebbe non farcela non voglio che muoia prima che io abbia avuto la possibilità di scusarmi con lei.-
Lo scienziato cinese sospirò, chiudendo gli occhi e sistemandosi gli occhiali sul naso, come se fosse immerso in una profonda riflessione.
-Komui, te lo chiedo in ginocchio. Ti prego, fammi andare da Angelica.-
-Va bene.-
Dei due che partecipavano a quella conversazione il più sorpreso fu Reever.
-Supervisore, è sicuro che...-
-Grazie, Komui. Grazie!-
-Vai, Lavi. Farò avvisare Bak del tuo arrivo.-
Lavi lo prese da parte e gli sussurrò.
-Avrei bisogno anche di un altro favore...-
L’altro gli riservò un’occhiata che gli fece capire che stava ascoltando con attenzione.
-Potresti coprirmi con Bookman? Non fargli sapere che sono andato di mia spontanea volontà per vedere Angelica...-
Komui annuì.
-Vedrò cosa posso fare. Adesso vai, prima che cambi idea.-
-Sì. Grazie.-
 
Lavi corse verso il Gate, salì la scaletta che lo collegava a terra facendo i gradini due a due e vi entrò senza esitazioni, percorrendo a grandi passi le vie all’interno dell’Arca e dirigendosi in fretta verso la porta che sapeva condurre al distaccamento asiatico dell’Ordine Oscuro.
Quando la varcò si ritrovò istantaneamente sul posto e vide che Bak Chan, il direttore di quella sede, lo stava già attendendo.
Il giovane lo raggiunse di corsa e senza neanche salutarlo gli chiese:
 
-Sono arrivati?-
Bak non fece caso alla sua scortesia dettata dall’impazienza e si limitò a negare con il capo.
-Non ancora, li stiamo aspettando.-
 
Aveva appena finito di pronunciare quella frase quando l’immenso portale che dava accesso alla struttura della sede si spalancò e ciò che si presentò loro davanti agli occhi fece gelare a Lavi il sangue nelle vene.
Kanda aveva appena fatto il suo ingresso, la vistosa ferita che gli sfregiava la fronte fece cadere alcune gocce di sangue sul pavimento e dopo averlo osservato si poteva notare che zoppicava impercettibilmente.
Tra le braccia portava la figura inerme di Angelica. Era coperta di sangue, presentava tagli e abrasioni su tutto il corpo e aveva un grottesco squarcio su una coscia, talmente profondo da lasciare intravedere l’osso in mezzo a quell’ammasso sanguinolento che era la sua gamba.
Era uno spettacolo surreale, talmente surreale che Lavi si sentì la testa improvvisamente leggera quando lo vide.
Cercò di riprendersi dai capogiri scuotendo la testa. Poi, quasi senza pensare, corse incontro a Kanda.
 
-Yuu!-
L’altro lo squadrò con fare sprezzante, prima di passargli oltre per andare a parlare con Bak, che gli chiese:
-Come state?-
-Io sto bene, è solo un graffio. Lei ha preso un sacco di botte e credo che abbia perso parecchio sangue. Dove la devo portare?-
-Da questa parte, vieni con me.-
Il direttore asiatico non perse tempo e si avviò lungo uno dei corridoi mostrando all’esorcista dove dovesse andare. Lavi, nonostante il compagno lo avesse praticamente ignorato, non si perse d’animo e li seguì tentando di nuovo di parlare con Kanda.
-Yuu! Come sta? Che cosa le è successo?-
Ma l’altro sembrava restio a rispondere e continuò a procedere senza prestargli attenzione.
-È molto grave? Perché ha la gamba in quello stato? Aspetta, lasciala, la porto io!-
Allungò le braccia per prendere il corpo della ragazza ma l’esorcista giapponese si voltò verso di lui con un gesto di stizza.
-Ma la vuoi piantare, razza di idiota?! Se non te ne fossi ancora accorto sto cercando di portarla in infermeria! Non so come sta, non so se è molto grave, non so niente di niente! Se mi lasciassi fare la porterei da un dottore, perché non le chiedi a lui tutte queste cose?!-
 
Lo superò senza lasciargli il tempo di proferire parola. Nonostante questo Lavi continuò a seguirlo con il cuore in gola.
Una volta raggiunta l’infermeria Bak indicò al giovane un lettino su cui adagiare il corpo immobile di Angelica e gli raccomandò di restare nei paraggi perché un medico potesse esaminare anche le sue ferite.
Lavi si diresse a sua volta da quella parte ma Wong, l’assistente di Bak, gli si parò davanti scuotendo la testa.
 
-Signor esorcista, la prego di lasciare questa stanza. Non può stare qui.-
-Cosa significa che non posso restare qui?! Io devo stare con lei, devo...-
Anche il direttore intervenì e insieme ad un infermiere si applicarono per spingerlo verso l’esterno dell’infermeria.
-Lavi, calmati! Se resti potresti ostacolare i medici e complicare le condizioni di Angelica, lo capisci?-
-No, per favore! Starò in disparte, non toccherò niente, ve lo giuro! Fatemi restare con lei, vi prego!-
Alla fine l’unica soluzione che venne giudicata efficace fu serrare la porta e chiuderlo fuori. Lavi, dopo aver tentato di aprire i battenti a forza, iniziò a prenderli a pugni, urlando esasperato.
-Vi prego! Devo stare con lei, ha bisogno di me! Ann! Ann, ti supplico, non morire! Ann!-
 
Ma non gli giunse alcuna risposta.
Dopo un po’ si sedette sul freddo pavimento di pietra e, appoggiando la schiena al muro, rimase così, impassibile, a guardare il vuoto.
Non pensava a niente, non pronunciò una parola.
Il silenzio fu il suo unico compagno durante quella penosa attesa.
 
* * *
 
Dopo un tempo che a Lavi parve interminabile la porta dell’infermeria finalmente si aprì e ne uscì un medico in camice bianco.
Il ragazzo si alzò di scatto e gli andò incontro.
 
-Dottore! Come sta?-
-È viva, si riprenderà.-
A Lavi sembrò che a quelle parole tutti i muscoli del suo corpo si fossero improvvisamente rilassati dopo una lunga tensione e non poté fare a meno di tirare un sospiro di sollievo.
-Però...-
 
Eccola di nuovo. Quella sgradevole sensazione di vuoto.
C'era ancora qualcosa, sarebbe stato troppo bello se tutto fosse andato bene, vero?
Il medico proseguì nella spiegazione.
 
-Anche se il peggio è passato e i suoi organi interni non hanno subito danni permanenti, c'è qualcosa che purtroppo non siamo riusciti ad evitare.-
Pausa. Lavi tratteneva il fiato.
-Tu sapevi... che lei era...-
Il ragazzo tagliò corto, capendo al volo dove volesse andare a parare.
-Sì, lo sapevo.-
 
Se sapeva? Certo che sapeva!
Altrimenti non avrebbero passato giorni interi senza degnarsi di uno sguardo!
Se sapeva che se si trovavano a quel punto era anche colpa sua? Lo sapeva.
Ci fu un lungo silenzio prima che il suo interlocutore si decidesse a continuare.
 
-Anche se la ragazza se l’è cavata solo con qualche abrasione... nonostante i nostri tentativi l’embrione non ha retto e c'è stato un aborto spontaneo...-
-Mi sta dicendo che lo ha perso?-
Lavi era talmente in ansia che quasi faticava a capire cosa gli stesse dicendo quell’uomo.
-Sì, è così... mi dispiace...-
Si voltò e fece per rientrare in infermeria.
-Puoi vederla, se vuoi. Ma non disturbarla: deve riposare.-
 
Il rosso non se lo fece ripetere, infilò la porta e corse verso il lettino occupato da Angelica.
Mentre la osservava si lasciò cadere su una sedia che qualcuno aveva messo lì di fianco, prima di collassare a terra.
Era una scena davvero triste: la ragazza giaceva ancora priva di sensi con le braccia abbandonate lungo il corpo e un lenzuolo a coprirla dalla vita in giù. Aveva un enorme cerotto a occultarle interamente una guancia e bende e medicazioni sparse su tutte le parti visibili del suo corpo.
Lavi la guardò per un po’ prima di prendersi la testa tra le mani.
Se prima pensava che avere un bambino fosse un problema, adesso si rendeva conto che non averlo più era anche peggio.
Con quale coraggio lo avrebbe detto ad Angelica?
Lei era così emotiva, così fragile... come l’avrebbe presa?
Il giovane si accorse di avere paura. Non avrebbe voluto dirglielo ma una volta sveglia sarebbe stata la prima cosa che avrebbe chiesto e lui non poteva inventarsi storie.
 
-Ma perché sta succedendo tutto questo?-
 
si ritrovò a chiedere a se stesso.
Gli rispose solo il rimbombo della sua voce.
 
* * *
 
Passarono diverse ore prima che Angelica si destasse.
Lavi si era allontanato per qualche minuto e quando tornò la trovò con gli occhi spalancati a guardarsi intorno disorientata.
Andò subito da lei e la aiutò a mettersi seduta. Le spiegò dove si trovassero mentre la abbracciava delicatamente, cercando di tranquillizzarla abbastanza per poter parlare dell’accaduto.
 
-Che cosa è successo? Reever ha detto che le informazioni contenute nel file della missione erano sbagliate.-
-Era una trappola. Il Finder... è riuscito a rilevare la presenza di un certo un numero di akuma... ma quando sono arrivata io... sono usciti allo scoperto tutti quelli... che c'erano in realtà sul posto.-
Parlava lentamente e faceva molte pause, come se ricordare le costasse fatica.
-Non so cosa sarebbe successo... se non fosse arrivato Kanda... quegli akuma erano tantissimi... avevo così paura... e sentivo così male... che dopo poco facevo già fatica a muovermi...-
Lavi le mise una mano sul braccio, sorridendole dolcemente.
-Va tutto bene, adesso stai bene e sei al sicuro. È finita.-
Ebbe paura delle lievi sfumature di significato che poteva prendere la sua frase. Lei annuì debolmente.
-Che conseguenze ci sono state? Ho ferite gravi? E Kanda sta bene?-
-Oh, Yuu è coriaceo, dovresti saperlo! Ha solo qualche graffio, niente di più. Tu non hai niente di grave, per fortuna. Il medico ha detto che hai diverse ferite su tutto il corpo, in particolare una piuttosto brutta su una gamba che per un po’ non ti permetterà di camminare. Oltre al fatto che hai perso molto sangue e quindi sei un po’ anemica. Ma ti riprenderai, questo è sicuro, e sembra anche che non avrai danni permanenti.-
Lei sospirò chiudendo gli occhi, visibilmente più tranquilla. Poi li riaprì di colpo: le era venuto in mente un dettaglio fondamentale e, istintivamente, si portò una mano in grembo.
-E il bambino? Come sta il bambino?-
Ecco, alla fine ci erano arrivati. E il ragazzo non sapeva ancora come dirle che...
-Lavi? Perché non rispondi?-
 
Il suo silenzio l’aveva resa di nuovo preoccupata e l’espressione rilassata era sparita dal suo viso.
A questo punto non poteva più tirarla in lungo. Quale che sarebbe stata la sua reazione doveva sapere.
Così le tolse la mano dal ventre e la strinse tra le sue.
 
-Ann... tu sei stata forte e sei riuscita a sopravvivere... hai fatto tutto il possibile ma purtroppo non è bastato per salvare entrambi... e il bambino non ce l’ha fatta.-
Angelica lo guardò come se non riuscisse a capire ciò che le aveva appena detto. Poi sgranò gli occhi e sul viso le apparve una smorfia di puro dolore.
-L’ho perso...?-
 
Pronunciò quella domanda con un filo di voce, come se l’aria le si fosse bloccata in gola.
Lavi strinse la presa sulla sua mano e abbassò la testa. Non riusciva nemmeno a guardarla in faccia.
Non le servì una risposta, le azioni del rosso furono più che sufficienti a darle la conferma.
Sprofondò ancora di più nel cuscino e pianse silenziosamente, mentre Lavi, incapace di dire o fare qualunque cosa, continuava a tenerle la mano, ripetendo a bassa voce e senza guardarla sempre le stesse due parole:
 
-Mi dispiace... mi dispiace...-
 
* * *
 
La situazione nei giorni successivi invece di semplificarsi si complicò ancora di più.
Nonostante le insistenze di medici, infermieri e di chiunque le stesse intorno, Angelica si rifiutava di mangiare. E anche di parlare.
Se ne stava seduta a letto guardando nel vuoto con gli occhi semiaperti e rimaneva così per delle ore. Provare a rivolgerle la parola era inutile, tanto non avrebbe risposto.
Per lo meno dormiva, anche se forse sarebbe stato meglio se non avesse fatto nemmeno quello.
Le sue notti erano popolate da incubi terrificanti e le sue urla disperate riecheggiavano per tutta quell’ala della sede asiatica.
Una sera Lavi chiese il permesso di poter dormire nel letto di fianco a quello della ragazza, sperando che la sua presenza la calmasse almeno un po’.
Niente da fare: il giovane si destò nel cuore della notte a causa delle grida di Angelica.
Si alzò di scatto e cercò di svegliarla scuotendola per le spalle.
Quando finalmente lei aprì gli occhi scoppiò in lacrime e gli gettò le braccia al collo.
Lui, preso alla sprovvista, la abbracciò e fece del suo meglio per tranquillizzarla, accarezzandole dolcemente la schiena e stringendola a sé.
 
-Va tutto bene, è tutto finito. Era un sogno... solo un brutto sogno.-
Lei singhiozzò più forte e parlò a fatica tra i singulti del pianto.
-No...! Non è finito... lo vedo... continuo a vederlo... lo vedo ogni notte... è dappertutto!-
Lavi la prese per le spalle e se la staccò di dosso per guardarla in viso.
-Che cosa è dappertutto?-
La ragazza riprese fiato.
-Come fai a non vederlo? È... è ovunque! Sui muri, sulle lenzuola... guardami, ce l'ho anche addosso!-
Enfatizzò ciò che stava dicendo mostrandogli i palmi delle mani.
-Ma non c'è niente, Ann!-
Lei alzò la voce disperata.
-Sì che c'è! Perché tu non lo vedi?!-
-Che cosa?! Che cosa dovrei vedere?!-
-Il sangue!-
Il giovane ammutolì.
-Sangue? Ann, non c'è sangue né sulle pareti né addosso a te...-
-Ma c'è, guarda! È tutto pieno di sangue! Guarda!-
 
E ricominciò a singhiozzare senza controllo. Lavi era senza parole e non sapeva cosa fare.
Non mangiava, non parlava... adesso aveva anche le allucinazioni?!
La attirò bruscamente a sé e la strinse forte.
 
-Ma Ann... non c'è niente... non c'è niente...-
 
Lei affondò il viso nella sua spalla e pianse senza riuscire a dire altro.
Passarono il resto della notte abbracciati e immersi in un sonno agitato, arrivando al mattino più stanchi di quanto non fossero la sera prima.
Angelica si immerse di nuovo nel suo stato di catalessi per tutta la durata del giorno mentre Lavi se ne stette chiuso nella stanza che era stata approntata per lui lì alla sede Asia, troppo distratto e immerso nei suoi pensieri per allenarsi o lavorare e troppo demoralizzato per continuare a guardare Angelica che versava in quello stato.
Rientrare al Quartier Generale era fuori discussione. Farsi vedere così gli avrebbe senz'altro procurato delle grane e c'era la possibilità che non lo avrebbero fatto tornare, dovendo così stare lontano dalla ragazza.
Per quanto stare con lei lo stesse esaurendo sia fisicamente che mentalmente sapeva che non avrebbe potuto lasciarla. Aveva bisogno di lui e lui a sua volta aveva bisogno di non perderla di vista, sperando di riuscire a farla tornare la solita Angelica.
Andò da lei che era sera tardi e la trovò già profondamente addormentata.
Le posò un leggero bacio sulla fronte, facendo attenzione a non svegliarla, e si coricò nel letto di fianco al suo, cedendo subito al sonno.
La notte precedente era stata micidiale e sperava che quella che lo aspettava sarebbe stata più tranquilla.
Dopo qualche ora si svegliò. Gli era sembrato di sentire Angelica che si lamentava, ma forse aveva solo sognato.
Si voltò per controllare che stesse bene e vide che il suo letto era vuoto.
Scattò come una molla e si mise seduto, il cuore che gli batteva all’impazzata. Tirò un sospiro di sollievo quando vide una sottile linea di luce penetrare dalla porta socchiusa del bagno.
Si passò una mano sulla fronte imperlata di sudore e tra i capelli umidicci.
Doveva stare calmo, dannazione! Doveva mantenere i nervi saldi e cercare di aiutare Angelica.
Approposito... non era via da troppo tempo? Quando si era destato lei era già in quella stanza ed erano passati diversi minuti.
Iniziava a diventare nervoso.
Che diavolo stava combinando? Forse si era sentita male ed era svenuta?
Il cuore aveva ricominciato a battere forte e nel silenzio dell’infermeria sembrava riecheggiava prepotentemente contro i muri spogli.
Doveva controllare o non avrebbe avuto pace.
Si alzò lentamente e si avvicinò al bagno, appoggiando l’orecchio al legno dell’uscio per provare a sentire se stesse succedendo qualcosa.
Sgranò l’occhio quando udì la voce di Angelica che gemeva convulsamente, come se stesse soffrendo.
Spalancò la porta senza curarsi di bussare o di rendere nota la sua presenza in qualche modo e si trovò davanti una scena tale da fargli credere per un secondo di essere capitato in un romanzo dell’orrore: la ragazza era in ginocchio per terra e e piangeva disperata mentre si sfregava le mani con una spugnetta.
 
-Ma che diavolo stai facendo?!-
 
In un attimo si ritrovò di fianco a lei sul pavimento e le prese la spugnetta, lasciandola cadere come se fosse qualcosa di viscido e disgustoso per poi afferrarle i polsi per esaminarle le mani.
Le dita erano arrossate e la pelle dei palmi era spaccata e lacerata in diversi punti a causa dell’attrito generato dalla spugna ruvida, tanto che il sangue aveva cominciato a scorrere imbrattandole mani e avambracci e gocciolando sul pavimento.
Lavi si tolse la maglia e iniziò a tamponarle i palmi cercando di contenere l’emorragia.
 
-Cosa pensavi di fare?! Sei impazzita?!-
 
Non avrebbe dovuto urlare in quel modo, stava solo rendendo Angelica ancora più atterrita. Ma quell’ennesima follia lo aveva sconvolto a dir poco.
Era stanco, maledizione! Non ne poteva più di quella sua condizione di resa e della sua mancanza di reazione!
 
-Ma... c'è il sangue... non se ne voleva andare! Per quanto strofinassi e strofinassi non veniva via!-
-Certo che non veniva via, stupida! Non c'era niente da tirare via! E adesso a furia di strofinare hai fatto uscire il tuo di sangue!-
 
Lei reagì abbassando la testa e singhiozzando in silenzio, facendolo sospirare.
Premendo la stoffa della sua maglia sulle sue mani insanguinate la fece alzare e se le mise un braccio intorno alle spalle.
 
-Ti prego, Ann, reagisci. Non possiamo andare avanti così per sempre. So che è stata dura per te, ma devi cercare di superarla...-
-È tutta colpa mia... ho perso il mio bambino perché non sono stata abbastanza forte per proteggerlo...-
Di nuovo Lavi sospirò.
-Non è stata colpa tua. Sei riuscita a malapena a difendere te stessa, hai rischiato di morire. Sarebbe stato peggio se fossi morta anche tu.-
Angelica nascose il viso contro il suo petto.
-Perché ci succede questo?-
Avrebbe voluto risponderle, ma la verità era che anche lui se lo stava chiedendo da giorni.
-Non lo so...-
 
* * *
 
La mattina seguente Bak chiese di parlare con Lavi. Lo invitò nel suo ufficio dove lo fece sedere davanti ad una tazza di tè.
I due si squadrarono in silenzio per qualche secondo prima che il direttore iniziasse a parlare.
 
-Ho saputo cos'è successo stanotte.-
Il giovane sorseggiò distrattamente il suo tè, cercando di nascondere la stanchezza accumulata durante quelle notti praticamente insonni.
-Sì... beh, è stata una bella sorpresa. Comunque non si ripeterà, farò in modo che...-
-A parole sembra semplice, vero?-
Lavi rimase piuttosto sorpreso dal tono ironico di Bak, che continuò:
-Stamattina ho parlato con il medico. Dopo quel che è capitato siamo entrambi dell’opinione che Angelica dovrebbe essere legata. Per la sua sicurezza.-
Il ragazzo rimase a bocca aperta e fu solo perché ebbe la prontezza di appoggiare la tazza che non la fece cadere.
-Legata?-
-Lavi, lo so. Nemmeno a me piace l’idea, ma se dovesse succedere di nuovo una cosa del genere dobbiamo evitare che si faccia del male...-
-Angelica non è pazza.-
Lo sussurrò appena, mentre l’altro stava ancora parlando, così che a malapena riuscì ad udire la sua stessa voce.
-Lei... lei non è pazza.-
ripeté, questa volta a voce più alta.
-Lo so...-
-Allora non trattatela come se lo fosse!-
sbottò Lavi, picchiando i pugni sulla scrivania. Bak rimase impassibile.
-Calmati, non serve a niente arrabbiarsi con me.-
Il ragazzo prese un respiro profondo e cercò di riprendere il controllo.
-Mi dispiace, non volevo alzare la voce.-
Lo scienziato fece un cenno con la testa.
-È solo che... vi prego, non legatela. Non accadrà più, lo prometto.-
-Lavi...-
-Se la vedessi così... non riuscirei a credere che prima o poi si riprenderà. Io devo pensare che riuscirà a superarla...-
-Cosa deve superare?-
Per un attimo il giovane fu tentato di raccontare tutto. Ma non lo fece.
-Non posso parlarne...-
Bak sospirò.
-Va bene, parlo io con il medico. Ma se dovesse succedere di nuovo non li fermerò, è chiaro?-
-È chiaro. Grazie. Grazie.-
Il ragazzo sprofondò nella sedia, visibilmente sollevato.
-Comunque c'è un’altra cosa di cui ti devo parlare.-
Lavi si irrigidì.
-Un’altra cosa?-
-Ho ricevuto ordini dal Quartier Generale. Ti rivogliono indietro entro stasera. Hanno bisogno di tutti gli esorcisti operativi e Komui ti ha coperto anche troppo.-
Si aspettava che prima o poi sarebbe successo. Solo sperava che gli avrebbero dato più tempo.
-Va bene. Stasera farò ritorno.-
-Bene.-
annuì Bak, ponendo fine alla conversazione.
-Adesso se vuoi scusarmi...-
Il giovane dai capelli rossi si alzò e si avviò verso l’uscita.
-Stalle vicino. Sono sicuro che è una ragazza forte, ma forse ha bisogno che qualcuno glielo ricordi.-
 
Lavi non rispose. Si limitò ad uscire e chiudersi la porta alle spalle.
Percorse con calma la distanza che lo separava dall’infermeria e si fermò sulla porta, sbirciando all’interno.
Come aveva immaginato Angelica era immobile a letto, con gli occhi chiusi come se stesse dormendo.
Le si avvicinò cercando di fare meno rumore possibile ma appena lei avvertì la sua presenza sollevò le palpebre e lo guardò sorpresa.
 
-Lavi.-
Il fatto che avesse rivolto di sua spontanea volontà la parola a qualcuno, dopo giorni in cui si era rifiutata di farlo, lo fece sorridere.
-Ciao.-
-Cosa ci fai qui?-
Era ovvio che non si aspettava di vederlo, durante il giorno non andava a trovarla praticamente mai, facendosi vedere solo verso sera.
-Ho pensato di venire a controllare se stessi bene.-
rispose lui, sedendosi su una sedia a fianco del letto.
-E di passare un po’ di tempo con te.-
-Pensavo che dopo stanotte saresti stato stufo di vedermi...-
Il giovane si sforzò di ridacchiare.
-Lo sai che non è possibile, Ann. Anche se preferirei vederti stare bene.-
L’occhio gli cadde sul tavolino a lato del letto, sul quale era appoggiata una solitaria ciotola di riso dal quale spuntava un cucchiaio.
-E per stare bene dovresti anche mangiare.-
sospirò Lavi, indicando con il mento il pasto intatto.
-Non mi va...-
-Non puoi rimanere a digiuno per sempre, Ann. Sono giorni che non tocchi cibo, non hai fame?-
Un lieve brontolio proveniente dallo stomaco della ragazza sembrò voler rispondere alla sua domanda.
-Anche se fosse... non posso.-
borbottò lei, arrossendo e mostrandogli le mani fasciate.
-Non riesco nemmeno a tenere in mano il cucchiaio...-
-Pff...-
Lavi si sforzò di non scoppiare a ridere.
-Potevi dirlo subito che era questo il problema.-
Prese la ciotola, riempì il cucchiaio e lo avvicinò alle labbra di Angelica, che lo squadrò incredula.
-Davvero?-
-Certo. Sono disposto a darti anche un solo chicco alla volta, purché mangi.-
 
Lei esitò, ma alla fine cedette e si lasciò imboccare.
Lavi la aiutò pazientemente a completare il suo primo pasto dopo giorni di digiuno, una cucchiaiata alla volta, sorridendo soddisfatto quando la ciotola fu completamente vuota.
 
-Sono contento di averti finalmente vista mangiare.-
commentò mentre la aiutava a bere, sistemando con cura il bicchiere tra le sue dita tremanti.
-È una sensazione così strana... mi sento molto meno stanca, sai?-
-Meno male, vuol dire che inizi a stare meglio.-
Il giovane appoggiò sul tavolino il bicchiere vuoto e tornò a sedersi, questa volta sul letto, a fianco della ragazza.
-Ann, ascolta... io devo tornare al Quartier Generale, non posso più restare qui.-
Lei spalancò gli occhi.
-No...-
-Hanno bisogno di tutti gli esorcisti disponibili, credo debbano mandarmi in missione. Non posso dire di no, sono qui già da diversi giorni. Komui ha sicuramente fatto il possibile per farmi restare ma adesso devo andare. Lo capisci?-
Angelica abbassò lo sguardo.
-Sì...-
-Se fosse per me rimarrei qui con te...-
-Lo so...-
La giovane tirò sul col naso e le lacrime fecero capolino agli angoli degli occhi.
-Ho paura... non voglio che tu mi lasci...-
-Io non ti sto lasciando, sto solo andando via per un po’. Tornerò... presto. Davvero.-
Lei annuì debolmente.
-Promettimi che sarai forte, che quando tornerò starai bene. Promettimi che al mio arrivo ritroverò la mia Ann.-
-Te lo prometto...-
rispose dopo un attimo di esitazione la ragazza.
-So che sai essere forte. Dimostramelo. Rendimi fiero di te.-
-Lo farò.-
Lui sorrise, chinandosi in avanti per darle un bacio sulla fronte.
-Lo so.-
Lei lo sorprese sollevando il viso per baciarlo lievemente sulle labbra. Quando si separarono sussurrò:
-Ti amo.-
Lavi era talmente stupito che per un secondo rimase immobile. Poi le prese delicatamente le mani tra le sue e le baciò.
-Anch'io... anch’io ti amo, Ann.-
 
Quando si dovette separare da lei per andarsene sentì le gambe pesanti e fu con grande sforzo che le diede le spalle e uscì dall’infermeria.
Angelica lo seguì con lo sguardo finché non fu sparito oltre la porta, sprofondando poi nel cuscino e osservandosi le mani fasciate.
Anche se sapeva che non poteva più sentirla mormorò con la voce rotta:
 
-Non farmi aspettare...-
 
* * *
 
Lavi raggiunse il Gate dell’Arca, pronto a tornare al Quartier Generale, e trovò Bak che lo aspettava.
Il giovane dai capelli rossi gli si avvicinò e gli strinse la mano.
 
-Grazie. Grazie per tutto quello che hai fatto.-
Il direttore sorrise.
-Voi esorcisti siete la nostra speranza. È il nostro dovere proteggervi e fare tutto ciò che possiamo per aiutarvi.-
Lavi annuì.
-Adesso sarà meglio che vada. Mi staranno aspettando.-
-Sì, senz'altro. Comunque anch'io devo prepararmi a partire. Devo raggiungere la sede Nord America per un incontro molto importante e sono già in ritardo.-
-Allora a presto. E grazie ancora.-
-A presto, Lavi. Buona fortuna.-
 
Così i due giovani si salutarono.
Lavi entrò nel Gate e tornò al Quartier Generale con il cuore pesante.
Quando giunse a destinazione, al centro della Sezione Scientifica, la trovò vuota.
Non c'era nessuno ad accoglierlo, a parte il vecchio Bookman che lo attendeva di fianco alla porta.
Il ragazzo lo raggiunse senza proferire parola, senza quasi neanche guardarlo in faccia.
Il suo maestro gli fece segno di seguirlo e disse seccamente:
 
-Andiamo, Lavi. Ci aspetta un lungo viaggio e avremo molte cose di cui parlare.-
 
* * *
 
Erano passati diversi giorni da quando Lavi se ne era andato. Angelica cercò di calcolare mentalmente quanto tempo fosse passato con esattezza.
Il suo periodo di degenza le aveva confuso un po’ le idee con quel susseguirsi di giornate tutte praticamente uguali e aveva perso il conto di quante ne fossero effettivamente trascorse.
Concluse che doveva essere passata sì e no una settimana, giorno più, giorno meno.
Se la si sommava al resto del tempo che aveva trascorso nell’infermeria della Sede Asia si arrivava a più di due settimane. Era decisamente arrivato il momento di tornare.
Dopo le ultime visite di controllo il medico l’aveva dimessa con un sorriso soddisfatto in viso, consigliandole comunque di farsi tenere d’occhio ancora per un po’ di tempo.
Da quando Lavi era partito aveva cercato di mantenere la promessa che gli aveva fatto e in pochi giorni era migliorata a vista d’occhio. Riusciva anche a stare in piedi, anche se per quello doveva reggersi a qualcosa o qualcuno perché aveva ancora qualche difficoltà. Per non parlare del camminare, aveva impiegato almeno due giorni a muovere i primi timidi passi, ignorando il dolore lancinante provocatole dalla ferita sulla gamba non ancora del tutto guarita, e adesso per lo meno riusciva a muoversi da sola appoggiandosi ad una stampella.
Fortunatamente non aveva niente da portare con sé, nemmeno gli abiti che indossava al suo arrivo, dato che dopo il terribile combattimento da cui Kanda l’aveva tirata fuori miracolosamente viva, l’uniforme era ridotta ad un mucchio di stracci. In qualche modo le avevano procurato un vestito e tanto le bastava. In fondo stava per tornare a quella che era casa sua, con le sue cose e le persone che conosceva. Per l’uniforme non c'era da preoccuparsi, era probabile che Johnny gliene avesse già preparata una nuova.
Prima di andarsene avrebbe voluto ringraziare Bak per la sua gentilezza e disponibilità, ma le era stato detto che l’incontro per il quale era partito quasi una settimana prima lo aveva trattenuto più del previsto. Poco male, gli avrebbe fatto avere i suoi ringraziamenti in un altro modo.
Con l’aiuto di un infermiere si issò a fatica sulla scaletta che portava al Gate dell’Arca. Furono necessarie due o tre pause ma alla fine Angelica ringraziò quell’ennesima persona che si era dimostrata così gentile con lei e si avviò da sola all’interno.
Impiegò parecchio a raggiungere la porta che dava sul Quartier Generale, doveva ancora camminare lentamente e fermarsi ogni tanto a causa del dolore quasi insopportabile che si irradiava dalla gamba fasciata.
Un po’ la irritava l’essere così lenta. Aveva fretta di tornare indietro per rivedere i suoi amici... e Lavi, ovviamente.
Non vedeva l’ora di abbracciarlo e fargli vedere che aveva mantenuto la sua promessa. Si era fatta forza ed era tornata ad essere la solita Angelica. La sua Ann, come aveva detto lui.
Quando finalmente raggiunse la porta che le interessava la varcò senza esitazioni, aspettandosi di venire accolta dal caratteristico caos della Sezione Scientifica.
Fu molto sorpresa quando vide che davanti a lei c'era un gruppetto di scienziati più piccolo del solito, alcuni dei quali sembravano piuttosto malridotti. In generale sui volti di tutti c'era un’espressione abbattuta.
La ragazza iniziò a scendere lentamente le scale aggrappandosi letteralmente al corrimano, chiedendosi cosa potesse essere successo per aver messo tutti quanti così di cattivo umore. Nessuno sembrava essersi accorto della sua presenza.
 
-Angi?-
Una voce che conosceva molto bene provenì dalla sua destra e quando si voltò vide Lenalee che la osservava sorpresa appena oltre l’ingresso della Sezione Scientifica.
-Lena!-
esclamò la giovane bionda, scendendo il più in fretta possibile gli ultimi gradini. Avrebbe voluto correre per abbracciare la sua migliore amica ma dovette accontentarsi di zoppicare con calma verso di lei, che a sua volta mosse qualche passo nella sua direzione finché le due ragazze non si incontrarono a metà strada.
-Sei tornata...-
mormorò Lenalee con le lacrime agli occhi.
-Sì. Mi dispiace tanto avervi fatto preoccupare.-
-L’importante è che tu stia bene e sia tornata.-
Angelica annuì.
-Senti, ma cos'è successo mentre ero via? Perché tutti sembrano così tristi?-
Lenalee abbassò lo sguardo.
-Ha a che fare con quella missione per cui avevano bisogno di tutti gli esorcisti disponibili?-
la incalzò Angelica.
-Sì, ci hanno dovuti dividere perché erano state riportate diverse incursioni di akuma in varie parti del mondo, accompagnate dall’apparizione di alcuni Noah...-
-Anche i Noah?-
-Sì. È stato terribile, Angi. Non avevo mai visto niente del genere.-
Guardandola meglio Angelica si rese conto che anche l’amica aveva il corpo tappezzato di bende e medicazioni.-
-Persino all’incontro che c'è stato alla sede Nord America hanno avuto problemi, si è presentato il Conte in persona!-
-Che cosa?!-
A Lenalee vennero le lacrime agli occhi.
-Sì! Kanda non è più tornato e Allen è stato rinchiuso perché pensano che possa avere a che fare con il Quattordicesimo!-
-Allen è rinchiuso?!-
Angelica stentava a credere che in così poco tempo potessero essere successe tutte quelle cose.
-Beh... no. Un paio di giorni fa i Noah hanno attaccato il Quartier Generale e in mezzo alla confusione Allen è andato via. Ho cercato di fermarlo ma non ha voluto ascoltarmi!-
 
La ragazza mora gettò le braccia al collo dell’amica e singhiozzò contro la sua spalla.
L’altra la strinse come poteva con un braccio solo, mentre con l’altro si manteneva in equilibrio appoggiata alla stampella.
Tutta la sua allegria all’idea di tornare e rivedere i suoi compagni era scemata perché i compagni che aspettava di vedere non c'erano.
Avrebbe voluto ringraziare Kanda per averla salvata quella volta. Ma Kanda non c'era, era sparito.
Avrebbe voluto riabbracciare Allen, con il quale in pochi mesi aveva tanto legato. Ma Allen non c'era, se ne era andato.
E poi c'era una persona di cui Lenalee non aveva fatto parola...
 
-E Lavi? Lavi dov’è?-
L’amica si risollevò dalla sua spalla e la guardò negli occhi.
-Angi... nemmeno lui è tornato.-
La giovane bionda si sentì sprofondare.
-Cosa...?-
chiese con un filo di voce.
-Era andato in missione insieme a Bookman, Marie e Chaoji. Marie e Chaoji sono riusciti a tornare, ma... hanno detto di non essere riusciti a trovare Lavi e Bookman. All’improvviso sono scomparsi e di loro non è rimasta traccia.-
Buona cosa che Angelica avesse la stampella a cui appoggiarsi perché sentì le gambe che iniziavano a tremare.
-Scomparsi...?-
-Sì, per ora sono dati per dispersi. Non abbiamo prove che siano morti, anzi è piuttosto improbabile, quindi nessuno intende sbilanciarsi.-
L’altra ragazza annuì, un barlume di speranza si fece strada sul suo viso.
-Ma li stanno già cercando, giusto? Se sono dati per dispersi l’Ordine si sta attivando per trovarli, vero?-
Lenalee sospirò.
-No, che io sappia almeno per adesso nessuno intende fare niente.-
-Ma perché? Se noi esorcisti siamo davvero così pochi e preziosi come dicono non dovrebbe essere la loro priorità mantenere in vita quei pochi che ci sono?-
-Non lo so, Angi. So solo che qualunque cosa diciamo nessuno vuole darci retta.-
 
Angelica si voltò, aiutandosi con la stampella e stringendo i denti quando avvertì una fitta di dolore alla gamba.
Il suo cervello ancora stentava ad elaborare ciò che le era stato detto.
Lavi le aveva promesso che sarebbe tornato presto. Invece non lo aveva fatto perché era sparito. Doveva senz'altro essergli successo qualcosa. Allora perché nessuno voleva cercarlo?
Perché stava succedendo tutto questo? Perché l’unica a cui sembrava importare era lei? E se fosse stato davvero così che cosa avrebbe fatto?
 
-Se nessuno vuole farlo allora lo cercherò da sola.-
mormorò più a se stessa che all’amica alle sue spalle.
-Come?-
le chiese Lenalee.
-Non lo so ma troverò un modo. Non mi arrenderò così facilmente.-
 
Con le lacrime agli occhi ricordò ciò che Lavi le aveva detto prima di partire.
So che sai essere forte. Dimostramelo. Rendimi fiero di te.
 
-Te lo prometto, Lavi. Non mi arrenderò finché non ti avrò trovato. Ti renderò fiero di me.-
 
Author corner:

avrei potuto fare una nota delirante come mio solito, ma pensandoci sono giunta alla conclusione che almeno per questa volta vale la pena di prendere le cose con un po’ più di serietà, visto che questo è stato un capitolo piuttosto... intenso (?), è il miglior aggettivo che al momento mi viene in mente per descriverlo. Ho impiegato meno del tempo che pensavo mi sarebbe servito per scriverlo per il semplice fatto che ho in mente questa parte della storia da circa due anni e avevo già provato a buttare giù qualche idea, così che alla fine per più di metà capitolo è stato necessario solo adattare e correggere il manoscritto. Non che non sia stata un’impresa impegnativa, penso che questo capitolo sia un bel mattone sia da scrivere che da leggere. In ogni caso spero davvero che vi sia piaciuto e sarei più che felice se voleste farmi sapere cosa ne pensate.
Un paio di comunicazioni di servizio: prima di tutto vi informo che con questo capitolo si chiude il secondo libro. So che è molto più breve del primo, io per prima credevo che mi ci sarebbe voluto molto più tempo per arrivare a questo punto della storia, ma a quanto pare gli eventi nella mia testa sembrano molto più dilatati di quanto in realtà non siano quando bisogna scriverli. Comunque era solo per dirvi di tenervi pronti, perché dal prossimo capitolo la storia prenderà una piega completamente diversa da quella che ho mantenuto fino ad ora, come credo sia già stato ampiamente suggerito dagli eventi che avete appena letto.
Inoltre, non che sia di vitale importanza saperlo ma preferisco farvelo notare anyway (?), il rating della storia è passato dal giallo all’arancione. È una decisione che ho preso dietro consiglio della mia consulente (ah, se non ci fosse lei a togliermi l’ansia ogni volta che devo pubblicare probabilmente non sarei mai arrivata fino a qui--) perché ho ritenuto che fosse meglio alzare un po’ il tiro, sia per questo capitolo che per quelli futuri. Man mano avremo modo di parlarne con più calma, in ogni caso.
Bon, credo di aver finito. La smetto di annoiarvi con le mie chiacchiere e vi ringrazio per aver letto la mia storia fino a questo punto, sperando che vorrete continuare a seguirla. Per il prossimo capitolo ci sarà un po’ da aspettare, credo. Oltre a non aver ancora terminato la sessione d’esami il vero problema è che ho in mente un’idea particolare per il capitolo che deve venire e non sapendo ancora se può funzionare o meno non saprei dire quanto tempo mi ci vorrà per scriverlo. Appena ne saprò di più, comunque, comunicherò i dettagli nel solito info point.
Grazie di nuovo e vi invito, se lo desiderate, a lasciarmi la vostra opinione sul capitolo e a contattarmi per qualunque cosa. A presto,
Yami =^.^=
   
 
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