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Autore: perkynurples    29/01/2015    3 recensioni
Bilbo Baggins conduceva una vita piuttosto tranquilla, grazie mille, fino a quando una vecchia conoscenza non ha deciso di stravolgerla, e ha finito per accettare un lavoro che è... diciamo che non è proprio la sua specialità, e potrebbe alla fine costargli un po' di più del suo prezioso stile di vita accogliente. Chi l'avrebbe mai pensato che fare il tutor al nipote un po' più che leggermente prepotente di un monarca leggermente minaccioso potesse rivelarsi una tale... avventura?
[Modern Royalty AU; Pairing: Bilbo/Thorin]
Genere: Angst, Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bilbo, Fili, Gandalf, Kili, Thorin Scudodiquercia
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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E adesso incomincia l'avventura! In fondo al capitolo troverete un piccolo dizionario di parole in khuzdul. Buona lettura!


CAPITOLO I

 

Naturalmente sta piovendo in Erebor. L'aereo atterra dopo un volo durante il quale Bilbo per fortuna è riuscito a dormire, e per un fugace momento infelice, pensa di non essere mai partito dall'Inghilterra; il cielo è della stessa tonalità di grigio torpido e la pioggia picchia sull'aeroporto con la stessa incessante intensità.

Assonnato, segue Gandalf attraverso il check-out e fino al ritiro bagagli, socchiudendo gli occhi alle numerose indicazioni che incontrano, scritte in inglese e in khuzdul, che è una di quelle lingue che ha studiato solo per sommi capi, ma forse non avrebbe dovuto – ha i suoi caratteri, simili un po' al cirillico e un po' all'ebraico, e subito Bilbo diventa troppo assorto nelle lettere stranamente curve, cercando di ricordare le stranezze dell'alfabeto, da notare che sono arrivati davanti al nastro trasportatore che presto porterà i loro bagagli.

“Credo ci sarà qualcuno ad aspettarti,” dice Gandalf, e, allo sguardo accigliato di Bilbo, chiarisce ulteriormente, “qualcuno che ti venga a prendere. Con un bel cartello o qualcosa del genere, immagino.”

“Oh,” Bilbo sospira, all'improvviso dolorosamente consapevole della rigidità che ad un certo punto si è insinuata nella schiena, “giusto, sì, naturalmente. E tu... immagino che non verrai con me...?”

“Temo di no,” Gandalf ride sommessamente, “te l'ho già detto, sono interessato alle–”

“Montagne, sì, sì, me lo ricordo,” Bilbo agita la mano, “mi dirai mai cosa c'è veramente sotto a tutto questo?”

“Che vuoi dire?” domanda Gandalf con un tono perfettamente innocente.

Bilbo lo guarda accigliato ancora di più mentre allunga la schiena.

“Lo sai perfettamente bene cosa voglio dire,” brontola, “spunti fuori dal nulla con la più strana offerta che abbia mai ricevuto, e... come lo sei venuto a sapere, comunque sia? La conosci, la famiglia reale? E sei veramente qui per vedere le montagne?”

“Mio caro Bilbo,” Gandalf ride di cuore, “ti prometto che non c'è in atto nessun reato, né ci sarà. Il re è... un mio conoscente, lo è da un po' di tempo. Gli ho offerto il mio aiuto nella ricerca della persona giusta da assumere come tutor per suo nipote, e ho scelto te.”

“A mia insaputa!” piagnucola Bilbo, “e se avessi deciso di non venire?”

Ma Gandalf si limita solo a sollevare le sopracciglia, e Bilbo sospira, esasperato. È ancora abbastanza sicuro che qualcosa stia succedendo alle sue spalle, ma in questo momento, è anche abbastanza sicuro di essere troppo stanco per preoccuparsene. Inoltre, arrivano finalmente le sue valigie, seguite poco dopo da quelle di Gandalf, e sta cominciando a diventare concretamente ansioso mentre si fanno strada verso la sala arrivi.

“Verrò a trovarti prima di partire, Bilbo,” gli dice Gandalf prima che la porta scorrevole si apra rivelando le persone in attesa.

Bilbo gli stringe la mano un po' distrattamente, e Gandalf ridacchia, stringendogli la spalla brevemente.

“Andrà bene,” dice a Bilbo, “non te l'avrei offerto se non fossi sicuro che saresti perfetto per questo lavoro.”

Bilbo sospira.

“Non so dirti il perché, ma non è molto rassicurante,” mormora, e Gandalf si limita a sorridergli.

“Buona fortuna,” gli dice, e poi, senza preavviso, lo lascia, marciando in avanti, la porta scorrevole che si chiude dietro di lui, ancor prima che Bilbo abbia afferrato il manico della valigia.

Beh, va bene. Questo è – quel che è.

Quando entra nella sala, cerca automaticamente l'alta figura di Gandalf in mezzo alla folla, ma è come se non ci fosse mai stato. Bilbo deglutisce seccamente, e si concentra sulle numerose persone in piedi da sole con i cartelli di carta in mano, leggendo i nomi di quelli che stanno aspettando. Quello con Professor Baggins è nelle mani di un uomo basso, vestito con un'uniforme quasi ridicolmente raffinata color blu scuro, accompagnata da brillanti bottoni dorati, una cravatta di un rosso ancora più brillante, e un cappello che ricorda a Bilbo tutti quei autisti professionali di quelle grandi automobili di lusso che si vedono solo nei film... Il che, aspetta – il che è con molta probabilità esattamente quello che è questa persona.

Ingoiando un sospiro nervoso, si fa strada verso di lui, e l'uomo sembra un po' spiazzato quando lo vede avvicinarsi, e il suo volto si spiega nel più grande e caldo sorriso che abbia mai visto.

“Professor Baggins?” inclina la testa.

“Ah, sì... sì, sarei io, suppongo, anche se... non mi piace essere chiamato professore, dato che non sono... in realtà un professore, vede...” balbetta Bilbo.

L'uomo ride, piegando il cartello rapidamente, e si toglie il guanto, allungando la mano a Bilbo.

“È comunque un piacere! Il mio nome è Bofur, sono l'autista di Sua Maestà. Benvenuto in Erebor!”

Bilbo gli stringe la mano, lieto di ricevere una presa salda, e si rilassa un po' – l'accento dell'uomo è impeccabile, e sta ancora sorridendo. Ha dei baffi ben curati, e con i riccioli castani e gli occhi luccicanti dello stesso colore, Bofur sembra quasi come uno di quei giocattoli d'epoca costosi, lucidati e dai colori vivaci, e sempre allegro.

“Lasci che la prendi io,” dice, e afferra una delle valigie di Bilbo prima che possa protestare, e lo conduce a grandi passi fuori dalla sala arrivi e verso il parcheggio, presume Bilbo.

Per fortuna, nel frattempo ha smesso di piovere, e Bilbo si accorge che l'aria è considerabilmente molto più calda dopotutto, e infinitamente più fresca – per gentile concessione della montagna. Le cime innevate torreggiano all'orizzonte, splendide anche per i suoi occhi stanchi, e inspira profondamente, sentendosi subito meglio.

“La primavera arriva in fretta,” dice Bofur come se gli stesse leggendo la mente, “ha piovuto nelle ultime due settimane, il che significa che tra pochissimo farà caldo, vedrà!”

Bilbo ride nervosamente, perché ha appena notato l'auto verso cui senza dubbio Bofur lo sta portando – un'elegante macchina color grigio scuro di una fabbricazione che Bilbo non riconosce. Non è mai stato uno appassionato di auto, in realtà, ma può certamente apprezzare la qualità quando la vede, e la macchina si distingue dalle altre, allo stesso modo in cui una tigre sarebbe spiccata tra una colonia di gatti.

Bofur si rifiuta, educatamente ma con fermezza, di lasciar che Bilbo metta le proprie valigie nel bagagliaio, e gli apre persino la portiera. L'interno della vettura è abbondantemente lussuoso, la pelle del sedile cigola leggermente quando Bilbo si trascina su di esso per accomodarsi ed occupare il minor spazio possibile allo stesso tempo.

L'auto praticamente galleggia fuori dal parcheggio, lentamente e perfettamente in silenzio, e Bilbo espira in modo irregolare.

“Ha passato un volo piacevole?” chiede l'autista.

“Ho dormito tutto il tempo, quindi sì, immagino fosse piacevole,” risponde Bilbo, e Bofur ridacchia.

Qualcosa del suo comportamento gentile è estremamente suggestivo per Bilbo, permettendogli di rilassarsi, anche se lentamente.

“Il tragitto per il Palazzo dovrebbe durare circa trenta minuti, a seconda del traffico. È libero di farlo dormendo.”

“Non credo che sarà necessario, ma grazie,” Bilbo sorride, e cerca nella borsa gli occhiali.

Leggere il contratto propriamente è qualcosa che aveva progettato di fare sull'aereo, ma la spossatezza gli è stata di intralcio. È anche qualcosa che assolutamente, sicuramente avrebbe dovuto fare ancor prima di iniziare a fare i bagagli, ma si preoccupa che pensare alla scorsa settimana in maggior dettaglio gli provocherebbe solo un potente mal di testa. Adesso è qui, non può più tornare indietro, e non c'è altro da aggiungere.

Ci vuole un po' di ricerca, ma alla fine trova la pagina con le informazioni di base sul lavoro – ha già notato il linguaggio del documento (arcaico, nella migliore delle ipotesi) e la quantità ampiamente intimidatoria di descrizioni dettagliate sul protocollo di corte e il galateo. Non è nuovo all'etichetta dell'alta società – Brea di tanto in tanto ospitava un conte di questo o un duca di quello – ma a quanto pare lavorare per il re esige molto di più.

'… nel firmare questo contratto, l'insegnante accetta di partecipare a delle lezioni obbligatorie di etichetta una volta a settimana, e ci si aspetta che il sopraccitato miri alla conoscenza della lingua del nostro Paese, così come della sua storia e dei suoi costumi, nel tempo libero...'

“Oh santo Iddio,” trasalisce Bilbo.

“Va tutto bene, professore?” chiede Bofur immediatamente, e Bilbo arrossisce, sistemandosi gli occhiali.

“Sì, sì, certo,” farfuglia, “e potrebbe forse... Potrebbe per favore non chiamarmi 'professore'? Non sono molto sicuro di come i titoli funzionano nel vostro sistema educativo, ma adesso sono solo un semplice insegnante di scuola superiore. 'Signor Baggins' è sufficiente, davvero.”

Bofur gli sorride dallo specchietto retrovisore.

“Come desidera. Ma gli altri probabilmente la chiameranno comunque così – le verrà spiegato dai miei colleghi più eloquenti che i titoli in effetti funzionano in modo diverso qui. Non la prenda per il verso sbagliato, non sono... non fa parte delle mie mansioni spiegarle queste cose, spero lo comprenda,” conclude Bofur con una risatina un po' autoironica, “il mio inglese non va oltre la terminologia automobilistica.”

“Oh, ma il suo inglese è ottimo!” Bilbo scuote la testa, “davvero. Mi pare di capire che Erebor sia tra i paesi dell'Unione Europea più scrupolosamente istruiti dal punto di vista linguistico, giusto?”

Un altro sorriso.

“È così. Tre lingue ufficiali, khuzdul, tedesco e inglese, e oggigiorno la maggior parte dei bambini impara anche l'italiano o il francese.”

“Straordinario.”

“Non è stato sempre così – l'inglese è stata istituito come lingua ufficiale solo dieci anni fa. C'è ancora un certo numero di persone della mia generazione che non lo parlano bene.”

“Dieci anni fa...” riflette Bilbo, col contratto che ora giace dimenticato in grembo, “dopo il colpo di stato?”

"La rivoluzione di Azanulbizar, sì. La conosce?”

“Molto poco, temo,” ammette Bilbo, “non sapevo nemmeno che si chiamasse... così.”

“Azanulbizar,” ripete Bofur più lentamente, con indulgenza, “era il nome della capitale prima della prima guerra mondiale. Troverà molta gente anziana che ancora la chiama così. Ma suppongo che Erebor sia più facile da ricordare.”

“Un po',” mormora Bilbo con un sorriso, poi aggiunge un po' timidamente, “deve scusarmi, ma mi sento assolutamente uno sciocco, venire qui e conoscere così poco la storia del suo Paese. O la lingua, se è per questo. La mia specializzazione linguistica si è rannicchiata in un angolo al momento.”

Bofur ride di gusto.

“Oh, non si preoccupi,” lo rassicura, “o, come diciamo noi, ma zârmur abùrûfizu dumizd.”

“E che cosa significa?” vuole sapere Bilbo, già incuriosito da tutte le consonanti dure e dalla strana fluidità del linguaggio, promettendo a se stesso di indagare più correttamente non appena ne avrà la possibilità.

“Non nuotare nel sangue dei tuoi antenati,” risponde Bofur in tono allegro.

“... Affascinante,” replica Bilbo un po' debolmente, e l'autista ride di nuovo.

“È un vecchio proverbio,” spiega, “significa, non soffermarsi sul passato, sugli errori dei tuoi antenati, quel genere di cose. Sa?”

“Immagino...” mormora Bilbo, e sta per fare ulteriori domande, ma il suo sguardo vaga fuori dal finestrino, e la vista gli mozza il fiato.

“Quello,” dice Bofur con un inconfondibile accenno di orgoglio, “è Gabil-Dum. La Grande Sala. Molto simile al vostro... come lo chiamate? Le Case del Parlamento?”

“Le Camere del Parlamento,” lo corregge Bilbo, con lo sguardo ancora fisso fuori dal finestrino.

Stanno procedendo lentamente ora, in attesa della luce verde su un ampio viale, simile ai viali di Parigi, agli occhi di Bilbo – è pavimentato con ciottoli che sono probabilmente lì da secoli, e fiancheggiato da marciapiedi curati e alberi ad alto fusto, che si stanno appena risvegliando dopo l'inverno. Alla sua sinistra, dietro uno splendido recinto di ferro ricurvo e nel bel mezzo di quello che sarà presto un glorioso giardino, si profila la Grande Sala, un agglomerato alto di un edificio rinascimentale nel migliore dei casi. C'è un grande via vai di persone, e un certo numero di finestre ad arco sono aperte, facendo entrare l'aria fresca.

“È carina,” ridacchia Bofur, “ma aspetti di vedere il Palazzo. Saremo lì tra poco.”

“Certo, sì,” replica Bilbo debolmente, raddrizzandosi sul sedile, e finalmente l'auto riparte.

Il brivido lentamente accapponante di nervosismo prevale su di lui ancora una volta, nonostante l'amichevole contegno di Bofur, e la gioia evidente che lo riempie nella condivisione di tutte le vicende essenziali del Paese. Sicuramente, pensa Bilbo, tutto questo smetterà di sembrare un sogno un po' matto, e il più presto possibile. Conoscendo se stesso, il panico entrerà in gioco nel momento meno opportuno, rendendolo assolutamente inutile e disperato. Non sa niente di niente su Erebor! Non ha un minimo di cultura generale, e sicuramente gli chiederanno qualcosa? E se non lo lasciassero nemmeno entrare, con indosso il suo stupido blazer leggermente spiegazzato? Gli viene in mente che non ha mangiato nulla dai biscotti e il tè (o piuttosto, acqua colorata) sull'areoplano, e la fame lo rende così nervoso...

Oh sì, contate su Bilbo Baggins per iniziare a mettere tutto in discussione dopo che il suo destino è stato sigillato. Poteva ancora prendere il volo di ritorno la sera, nel caso andasse tutto in malora? Inspira profondamente (e un po' tremante), e chiude gli occhi per un istante, inclinandosi sul poggiatesta, solo per raddrizarsi di colpo subito dopo, cercando alla rinfusa il fascicolo con il contratto. Non ha nemmeno controllato lo stipendio, per la miseria . Non ha mai avuto così poco senso pratico in tutta la sua vita, e che cosa diavolo stava pensando?! Se fosse stato un tipo teatrale, si sarebbe probabilmente dato uno schiaffo in questo momento, perché tutta la situazione è così assolutamente, incredibilmente...

“Oh mio Dio,” pigola, e per fortuna l'autista non l'ha notato, così Bilbo si copre la bocca con le mani per trattenersi dal piangere, urlare, ridere... e chi lo sa più cos'altro.

La paga è... esorbitante. Ridicolmente esorbitante. Bilbo guarda i numeri a bocca aperta, sbattendo furiosamente le palpebre per determinare se stesse forse vedendo uno o due zeri in più, ma la cifra rimane sempre la stessa.

Rimasto impietrito e senza fiato, alla fine riesce a far fuoriuscire l'aria dai polmoni con uno sbuffo spezzato, e chiude il fascicolo molto, molto cautamente. Non è che gli interessano particolarmente i soldi – neanche tre giorni fa, era perfettamente soddisfatto con l'idea di essere un insegnante di scuola superiore per il resto della sua vita, per amor del cielo! L'unica spesa eccessiva che si permette è comprare dei blazer e cardigan caldi un po' sull'eccentrico, e anche uno o due gilet (per non parlare degli ascot e delle cravatte; e le scarpe, sì, giusto, le scarpe); e i libri, ed è tutto qua, davvero. Ha sviluppato le sue abitudini sull'abbligliamento a Brea ed è sempre stato troppo orgoglioso per lasciarle andare, ma per il resto, non ha mai veramente amato l'idea di avere troppi soldi in più... sicuramente non tutti questi soldi in più.

Tamburellando le dita sulle labbra distrattamente, sfoglia le pagine del contratto alla ricerca dell'effettiva descrizione del lavoro.

“... Un minimo di quattro lezioni al giorno, le cui tematiche saranno decise all'incontro con l'allievo...” mormora a se stesso mentre l'auto accelera in autostrada, la quale porta chiaramente fuori dal centro della città, “... Tutte le attrezzature necessarie verranno coperte finanziariamente... Sua Maestà desidera supervisionare la creazione di un nuovo calendario che coordini le attività quotidiane sia dell'allievo che dell'insegnante ...”

A parte il fatto che sono letteralmente anni che non crea un calendario, Bilbo trova il tutto sorprendentemente ragionevole. Torna indietro di qualche pagina, e trova una sorta di profilo del Principe Ereditario. 'Fíli della linea reale di Durin, primo del suo nome, figlio della Principessa Dís, fratello di Kíli, ed erede al trono di Erebor ' si legge sulla targa quasi pomposamente decorata sotto la foto di un ragazzo dalla chioma un po' ribelle di un colore arancione eccezionalmente brillante. Nonostante la combinazione giacca-e-cravatta quasi ridicolmente gessata che indossa, c'è un accenno di luccichio malizioso nei suoi occhi che può solo significare guai in vista. E... oh.

'Madre, Principessa Dís della linea reale di Durin, 1975-2011; Padre, Víli, Duca di Urs-tarâg, 1973-2011'

Bilbo se lo ricorda molto, molto vagamente – una specie di incidente in una miniera... una frana? Ma prima che possa trovare il coraggio di chiedere all'autista a riguardo, l'automobile lascia la strada principale ritrovandosi con i ciottoli sotto le ruote ancora una volta, e Bilbo vede che stanno attraversando una piazza con al centro la statua di quello che deve essere uno dei re del passato, circondato da splendidi castagni alti, e in fondo molto più avanti...

“Benvenuto a Hurmulkezer,” annuncia Bofur, sorridendo a Bilbo dallo specchietto retrovisore con un'aria di attesa, “il Palazzo Reale.”

***

Se l'edificio che ha visto in centro era bello, il Palazzo è a dir poco monumentale. Si fermano davanti ad un alto cancello di metallo con lo stemma reale in rilievo su una lastra di ottone lucido issata al centro. L'autista inserisce una sorta di codice in un dispositivo nascosto in uno dei pilastri, e il cancello si spalanca silenziosamente, con la ghiaia che scricchiola sotto le ruote della macchina quando si immette nel vialetto d'accesso che porta fino a...

Bilbo non riesce a vedere l'ala principale dell'enorme edificio dal suo punto di vista, ma lo scenario lo sopraffà tuttavia, con le due ali supplementari situate in un parco che si estende molto più in là di quel che può vedere. Il Palazzo è notevolmente pomposo, nel senso buono della parola, con le sue finestre ad arco e l'alto tetto a padiglione, di una tonalità quasi surreale di blu brillante, decorato con decine di torrette appuntite – una sorta di forma elevata di architettura gotica, se Bilbo non si sbaglia. Il vialetto d'accesso è delineato da conifere ordinatamente potate, e... quello che sembra essere una grande meridiana, circondata da piccoli arbusti di un verde vivace, e una fontana, di cui a mala pena riesce a vedere la punta...

Con un'ansia improvvisa che lo sta travolgendo, si raggomitola su se stesso sul sedile comodo e si costringe a respirare, e a guardare ovunque tranne che lo splendore che lo circonda. Questo è... questo è assolutamente ridicolo, e non ne è affatto all'altezza, il che gli verrà sicuramente ricordato che non appena metterà piede sulla perfetta ghiaia bianca...

“Ed eccoci arrivati!” annuncia Bofur, fermando l'auto fin troppo presto per i gusti di Bilbo.

Prima che possa ricomporsi in qualche modo, l'autista esce dalla macchina e con passo svelto va ad aprirgli la portiera, sorridendo mentre gli fa un gesto con il braccio, invitandolo a scendere. Bilbo deglutisce, la gola improvvisamente molto secca, e si arrampica fuori in modo goffo, stringendo la borsa al petto. Gli sfugge un sussulto tremolante, perché finalmente riesce a vedere l'ala principale in tutta la sua gloria. Ci sono alti pilastri e imponenti leoni di marmo che fanno da guardia su entrambi i lati di una lunga, larga scala, e quasi rimane a bocca spalancata.

Poi l'auto gli passa accanto, con Bofur che gli mostra un sorriso incoraggiante, e Bilbo si rende conto che l'autista è l'unica persona che conosce in questo enorme e spaventoso nuovo mondo, e sgrida se stesso per desiderare che rimanga, per offrirgli un qualche senso fugace di sicurezza, forse...

Ma un altro uomo si avvicina a lui rapidamente, scendendo l'impressionante scala – è anche più basso di Bilbo, e sfoggia un elegante frac accompagnato da un papillon, i capelli bianchi come tutti i marmi circostanti, e, con immenso sollievo di Bilbo, anche lui è sorridente, anche se con un'aria un po' eminente.

“Il professor Baggins, presumo,” afferma, e quando Bilbo lo conferma, gli stringe saldamente la mano.

“Benvenuto in Erebor! Il mio nome è Balin, e sono il Capo di Stato Maggiore qui al Palazzo, così come l'assistente personale di Sua Maestà.”

Schiocca le dita e due giovani... come dovrebbe chiamarli Bilbo? Valletti? … appaiono praticamente dal nulla, afferrando le valigie di Bilbo e correndo via veloci come sono venuti.

“I bagagli l'aspetteranno nelle sue stanze private, che le mostrerò più tardi,” spiega Balin, “e adesso, se volesse seguirmi per favore .”

Lo conduce dritto su per le scale e dentro il Palazzo, e Bilbo ha visto molte sale nella sua vita, ma mai come questa. Ma ha appena il tempo di ammirare il soffitto incredibilmente alto, e l'enorme candelabro sopra un'ulteriore scalinata, perché Balin prenda una svolta brusca e gli faccia strada attraverso gli innumerevoli corridoi, i loro passi attutiti da un tappeto così impreziosito che Bilbo quasi si sente inappropriato a camminarci sopra.

“Le farò un tour del Palazzo dopo aver affrontato tutte le questioni amministrative necessarie, e dopo averla sistemata adeguatamente,” spiega Balin, marciando rapidamente, “incontrerà il suo allievo, il Principe Ereditario, dopo cena. Purtroppo Sua Maestà è occupata oggi, ma ritengo che le farà i suoi saluti di persona ad un certo punto. Eccoci qua.”

Nei seguenti trenta minuti, Bilbo, affamato e leggermente disorientato, si ritrova irrequieto su una poltrona molto lussuosa nell'ufficio del Capo, rispondendo a qualsiasi domanda degna dell'interesse di Balin, e... esattamente dove ha preso il Capo di Stato Maggiore di Erebor il suo curriculum?!

Ma abbastanza stranamente, in mezzo all'arredamento splendido in modo quasi allarmante, con persino la luce del sole che entra dalla finestra dietro Balin, Bilbo non si sente arrabbiato, e anche la sua insicurezza lo sta rapidamente abbandonando. No, sta iniziando a diventare morbosamente, pericolosamente eccitato, e anche stordito, conseguenza dell'aver saltato il pranzo.

“Sembra essere tutto in ordine,” Balin gli sorride dall'altra parte del grande tavolo lucido, “ha una qualsiasi domanda riguardante le ultime modifiche del contratto?”

Bilbo prima sorride, e poi sbatte le palpebre lievemente confuso.

“Uhm... modifiche?” ripete, “non ero... non ero a conoscenza di alcuna modifica.”

Balin socchiude gli occhi.

“Oh,” dice, “capisco.”

“È solo che... beh, è stata una cosa dell'ultimo minuto per me,” balbetta Bilbo, “mi è stato fornito il contratto solo pochi giorni prima di venire qui, e...”

“Non fa niente,” Balin sorride brevemente, e recupera un documento da un cassetto della scrivania, facendolo scivolare verso Bilbo, “questo è comprensivo di tutto. Le darò il tempo necessario per leggerlo. Se ha qualunque domanda...”

In quel momento, il telefono sulla scrivania squilla, e Balin risponde con un'espressione di scusa. Invece del documento nelle sue mani, Bilbo osserva il volto di Balin che si contorce in una smorfia accigliata molto dignitosa, che si acutizza sempre di più durante la telefonata. Dopo qualche breve frase in khuzdul, Balin si alza dalla scrivania, sospirando: “sono molto spiacente, ma la devo lasciare per un paio di minuti. Le dispiacerebbe aspettarmi qui? Non starò via a lungo, e sarò pronto a rispondere a tutte le domande che potrebbe avere.”

“Oh, certo,” Bilbo annuisce educatamente, “non c'è problema.”

Sorridendo con gratitudine, Balin raccoglie dalla scrivania un paio di raccoglitori dall'aspetto importante, si mette su un bel paio di occhiali cerchiati d'oro, e corre fuori, lasciando Bilbo da solo nella quiete del lusso del suo ufficio. Si strascica sulla poltrona, ingaggiando una breve gara di sguardi con il dipinto di quello che deve essere stato un monarca molto importante, in sella a un cavallo ad incitare le truppe nel bel mezzo di una terribile battaglia. Il suo stomaco brontola con disperazione, e Bilbo sussulta.

“E va bene,” sospira e si mette gli occhiali, immergendosi nell'appendice del contratto, fortunatamente non più lunga di due pagine.

Prima di tutto, contiene un programma accuratamente dettagliato delle attività quotidiane di entrambi i Principi, dalla mattina alla sera, poi una lista degli ulteriori doveri di Bilbo. È una lista un po' lunga. Svegliare i Principi nei giorni feriali. Accompagnare il più giovane, Kíli, a scuola e andarlo a riprendere nel pomeriggio. Scrivere un resoconto quotidiano delle attività di Fíli–

Di ora in ora?! esclama Bilbo.

Ideare un programma per i ragazzi per almeno un giorno del weekend?! Bilbo sbeffeggia la proposta ad alta voce, dimenticato la fame in favore del calore che gli sale sulle guance, e scorre col pollice le pagine del contratto originale rapidamente e con determinazione.

“Aha!” dice, “eccolo! Weekend liberi! Tempo libero, libertà di movimento nelle stanze del Palazzo, permesso di partecipare a qualsiasi tipo di evento che la Corona ospiti!

Si sgonfia quando si rende conto che in realtà non c'è nessuno a cui gridare tutto questo, ma comunque... Comunque! È oltraggioso! Non ha acconsentito a tutto questo! Beh, in realtà, a pensarci bene, non ha ancora firmato il contratto, eppure...

È allora che sente delle voci nel corridoio, una di loro appartenente inconfondibilmente al Capo di Stato Maggiore, e si prepara un discorso piuttosto infuocato, vibrando letteralmente sulla sedia di un'improvvisa rabbia giustificata, sentendosi ingannato e ridicolizzato, e prontissimo a farlo vedere a tutti quanti. Ma Balin ancora non arriva, anche se deve trovarsi a solo un paio di metri dal suo ufficio – invece sembra essere immerso in una discussione con qualcuno, e quant'è maleducato?! Sicuramente sapeva che Bilbo avrebbe protestato, ed è per questo che lo ha lasciato, in modo da non dover confrontare la sua disapprovazione faccia a faccia!

“Oh, questo è... è proprio... così...” grugnisce Bilbo, sforzandosi invano di trovare le parole adatte, tamburellando con le dita sul fascicolo appoggiato sulle ginocchia.

Poi sente Balin e il suo interlocutore ridere sommessamente di qualcosa, e la sua pazienza raggiunge il limite. Balza praticamente dalla sedia, marcia fuori dall'ufficio, aprendo la porta senza molta cura e mettendo piede nel corridoio con un acuto “Scusatemi!”

Il gruppo di uomini in fondo al corridoio si gira verso di lui immediatamente, e Bilbo vacilla momentaneamente, perché accanto a Balin c'è il Re in persona, circondato da quello che deve essere il suo servizio di sicurezza. Lo riconosce anche se l'ha visto solo per circa un minuto in TV – è una persona difficile da dimenticare. Incredibilmente alto, indossa un abito blu scuro, le mani serrate dietro la schiena, gli occhi ancora più penetranti di persona, e il suo viso è come la pietra scolpita mentre contempla Bilbo con uno sguardo severo, mozzandogli il fiato per un secondo.

“Professor Baggins, credevo di averle detto di aspettare dentro,” si affretta a dire Balin, “la prego, mi dia un minuto, sarò subito da lei!”

“Oh, non penso che le darò un minuto,” dichiara Bilbo con fermezza, anche se all'improvviso il cuore gli batte in modo molto frenetico, ed è certo di essere incredibilmente maleducato, infrangendo circa trentra protocolli diversi tutti insieme. Invece, marcia verso di loro, sventolando la penosa appendice del contratto a Balin.

“È ridicolo,” esclama, “non ho mai accettato questo! Non avrei messo piede fuori di casa se avessi saputo che volevate che io fossi, fossi... un'umile tata!”

Balin sospira con disperazione, alzando la mano e aprendo la bocca per dire qualcosa, ma il Re accanto a lui ridacchia brevemente, incrociando le braccia sul petto.

“Così, questo è l'insegnante?” chiede a Balin, gli occhi ancora incollati su Bilbo, e in qualche modo, serve solo ad alimentare la furia di Bilbo.

Balin si lascia scappare un calmo sospiro sofferente.

“Esatto. Professor Bilbo Baggins, Vostra Maestà. Professore, mi permetta di presentarle Sua Maestà, Re Thorin II.”

Bilbo si tranquillizza un po' quando il Re gli allunga la mano e la stringe con fermezza.

“Benvenuto in Erebor, professore,” dice, ma per quanto profonda e ricca sia la sua voce, ciò non fa demordere Bilbo.

“È un piacere,” dice bruscamente, “o, almeno lo era, finché non mi è stato dato questo!”

“Il contratto modificato, presumo?” Il Re si volta verso Balin, che annuisce impotente.

“Qual è il problema?” chiede Sua Maestà direttamente a Bilbo, e se avesse la mente lucida, sarebbe un po' intimidito dalla sua altezza imponente e dallo sguardo penetrante nei suoi occhi, per non parlare delle minacciose guardie del corpo, che sono probabilmente molto prossime a trascinarlo via, ma per ora, Bilbo è fin troppo infuriato per fermarsi, anche se registra il Capo di Stato Maggiore che lo supplica con lo sguardo di abbassare un po' i toni. Oh, ma a Bilbo è stato detto di abbassare i toni per tutta la vita, e ne ha avuto abbastanza.

“Da dove inizio?!” esclama, “siete riuscito a contraddire praticamente la totalità del contratto originale con due paginette! Sono venuto qui per essere il tutor di uno dei suoi nipoti, non una balia per entrambi! Non hanno forse una governante di qualche tipo?! Perdonatemi, ma finora, l'unica cosa chiara di questo lavoro è il fatto di avere effettivamente luogo in questo Paese!”

A Bilbo non poteva sfuggere lo sguardo lievemente sprezzante che il Re lancia a Balin, neanche se ci avesse provato, ma serve solo fargli letteralmente ribollire il sangue. Ha davvero lasciato la sua casa per... questo?! Santo Iddio, ha... ha davvero lasciato il suo lavoro perfettamente normale per questo!

“Confido che abbia letto il contratto correttamente?” dice il Re in tono secco.

“Naturalmente!” In un certo senso.

“Allora non era abbastanza chiaro?”

“Non abbastanza chiaro – oh, c'era una sovrabbondanza di chiarezza!” sbotta Bilbo, una piccola parte di lui promette a se stesso che si sentirà molto dispiaciuto per questo, in un futuro prossimo, “sì, sono sicuro che la Prussia del XVIII secolo troverebbe certamente la sua lingua più appropriata!”

Le sopracciglia del Re si aggrottano, e Balin alza gli occhi al cielo, anche se con molta discrezione.

“Che cosa sta dicendo?” chiede Sua Maestà un po' minacciosamente.

“Sto dicendo che siete fortunato se ho passato anni a studiare l'inglese antico, e se la mia tesi di laurea è stata un'approfondita analisi sintattica di Beowulf, altrimenti penso che mi sarei arreso a metà strada!” replica Bilbo, in qualche modo stupito dell'energia con la quale si sta scavando la fossa.

Se, alla fine di tutto ciò, non verrà bandito dal bel Paese di Erebor, lo considererà una gran sorpresa.

“A parte lo stile antidiluviano,” continua, senza preoccuparsi particolarmente del suo tono, o del rossore che si sta insinuando sulle sue guance, “penso che ciò che mi ha divertito di più sia stata la sezione su... com'è che era? Organizzazione del funerale? Apprezzo il sentimento, ma non sono venuto qui per morire, vorrei ben sperare!”

Alle spalle del Re, Balin si pizzica il ponte del naso, e Bilbo si sentirebbe dispiaciuto per lui, se non fosse così... schifosamente infuriato. Anche se perde un po' del suo fegato quando Sua Maestà si avvicina a lui, perché è davvero una vista imponente, con le sue spalle larghe e il naso affilato, e... c'era un accenno bizzarro di sorriso sulle sue labbra? Sicuramente no.

“Sono molto dispiaciuto di sentire che il mio stile di scrittura non è conforme ai suoi... gusti professionali, professore,” afferma il Re, “forse dovrebbe fare da tutor a me, invece che a mio nipote, cosa ne dice?”

Balin scuote la testa solennemente, e Bilbo apre la bocca per offrire un'osservazione intelligente, ma la sua capacità di parlare lo ha abbandonato per un momento, a quanto pare. Il Re allora sa sorridere, un sorriso ampio e regale, e Bilbo arrossisce, schiarendosi la gola, gli occhi che guizzano qua e là. Oh, santo cielo.

“Balin, per favore, assicurati che i ragazzi siano pronti per la cena,” dice Sua Maestà chiaramente, e quando Bilbo si fa coraggio e lo guarda di nuovo, non sta più ridendo, sebbene i suoi occhi stiano ancora luccicando di un divertimento riservato, “professore, cammini con me, la prego.”

“Vostra Maestà, vi assicuro che non è necessario,” interviene Balin, “sono sicuro di poter risolvere la questione con il signor Baggins io stesso, non c'è bisogno di sprecare più del vostro tempo...”

“Eppure,” dichiare il Re bruscamente, “ne sprecherò un po' di più comunque sia. Il signor Baggins verrà a vederti nel tuo ufficio quando avremo finito. Grazie.”

E con ciò inizia si allontana con grandi passi risoluti, ovviamente aspettandosi che Bilbo lo segua. Un po' confuso, Bilbo chiede consiglio al Capo, ma il volto di Balin è del tutto illeggibile, e si limita a sospirare frastagliatamente, scrollando le spalle.

“Deve ancora di firmare il contratto, e ricevere un adeguato tour del Palazzo,” dice a Bilbo, “si fermi da me quando ha... fatto.”

Con questo, fa cenno gentilmente a Bilbo di andare avanti e scompare nel suo ufficio. Notando che il Re e i suoi gorilla elegantemente vestiti lo stanno aspettando in fondo al corridoio, Bilbo raccoglie la sua borsa e si affretta verso di loro, cominciando a sentirsi quasi sul punto di svenire, la follia del suo comportamento che lentamente si sta rimettendo in pari con lui.

Il Re lo riconduce alla Sala Principale e su per le magnifiche scale, completamente in silenzio, e Bilbo fatica a stare al passo con il suo ritmo senza inciampare, perché non può fare altro che ammirare l'arredamento, i numerosi dipinti lungo le pareti, le bellissime statue in quasi ogni angolo... Incrociano molte persone, e tutti loro, siano impiegati in abiti eleganti o cameriere in bellissimi vestiti quasi vintage, scambiano un educato e silenzioso saluto con il Re, alcuni più riservato rispetto agli altri, ma tutti loro si soffermano con una curiosità più o meno evidente alla vista di Bilbo accanto a Sua Maestà.

I piani superiori del Palazzo sono incomparabilmente più silenziosi, e il Re rallenta in un corridoio fiancheggiato da alte finestre, che si affacciano su un bellissimo piccolo vestibolo, il tetto in vetro che ripara un'isola di arbusti e panchine, del tutto deserta ora. Proprio quando Bilbo riesce a mettere insieme il suo coraggio per iniziare a parlare in un tono più ragionevole, il Re dice: “Mi dica, professore, perché è venuto qui? Se non per essere... Com'è che l'ha definito? Ah sì, 'un'umile tata'.”

Bilbo arrossisce un po'.

“Beh, ehm...” comincia, “vedete, una settimana fa, non sapevo nemmeno che esistesse questo lavoro.”

Il Re lo guarda brevemente.

“Davvero?”

“Davvero. L'offerta di lavoro è stata una vera sorpresa, e... mi scuso per la mia reazione riguardo il contratto modificato, ma come ho detto, la mia decisione di venire qui sarebbe stata largamente influenzata se avessi... se avessi saputo...”

E all'improvviso tutto diventa fin troppo chiaro.

“Perdonatemi, ma il vostro ufficio ha relegato le modifiche a Gandalf – il signor Grey?”

“Credo di sì.”

“Capisco,” brontola Bilbo.

Dovrà fare una chiamata molto diretta a Gandalf, e molto presto, decide. Rivolgendosi al Re, gli dice, “Vi porgo le mie scuse. Non ero a conoscenza di tutte le complessità di questa posizione. Tutto questo è molto... inaspettato per me, e io vi credo... Vostra Maestà ha di meglio da fare che perdere tempo con me. Posso ritrovare la strada per l'ufficio del Capo, credo...”

“Se non vuole il lavoro, i miei collaboratori saranno più che felici di trovarle il primo volo di ritorno, e tutte le spese saranno coperte, naturalmente.”

Il Re lo dice in tono pragmatico, la sua espressione del tutto tranquilla, persino un po' fredda, e Bilbo apre la bocca per rispondere, ma non ci riesce. In qualche modo, in quel preciso istante, l'idea di tornare in aeroporto, in Inghilterra, è così estremamente... sgradevole. Inoltre... beh, è arrivato fino a questo punto, ed eccolo qui, ad insultare gravemente uno dei monarchi europei letteralmente qualche secondo dopo averlo incontrato, e questa è un'esperienza che rimarrà con lui per sempre, è propenso a credere.

“No,” dice risoluto, “non penso che sarà necessario.”

Il Re lo guarda con un'espressione del tutto illeggibile, come se lo stesse scrutinando, in silenzio per un attimo, e Bilbo è piuttosto orgoglioso di non essersi smosso di un dito.

“Molto bene, allora,” dichiara il monarca alla fine, chiaramente, riprendendo a camminare, e Bilbo nuovamente trotta al suo fianco, “in quel caso, ci sono alcune cose che deve sapere. L'ultima governante dei Principi se n'è andata... non più di tre settimane fa, credo. Da allora, siamo stati costretti ad introdurre alcuni... cambiamenti. Fíli, il Principe Ereditario, studia a casa dall'anno scorso. Kíli frequenta una normale scuola in città.”

“Perché il Principe Ereditario non frequenta una scuola?” domanda Bilbo, riuscendo a rimanere ammirato e, allo stesso tempo, leggermente turbato dalla vasta collezione di corna di cervo sulla parete.

“Non è una sua preoccupazione,” replica Sua Maestà semplicemente e severamente, e le sopracciglia di Bilbo si inarcano.

“Molto bene allora... avete detto l'ultima governante dei Principi? Quante ce ne sono state, esattamente?”

Alla domanda, il Re inspira, ma vacilla nel dare una risposta.

“Capisco che questa posizione non corrisponda esattamente alle sue qualifiche,” dice alla fine, con fare sciolto, “ma sono pronto a discutere un aumento di stipendio nel caso dovesse accettarla.”

Bilbo si ferma così bruscamente che il Re non se ne accorge subito, e si guarda alle spalle con un'espressione irritata.

“Ebbene?” chiede.

“Non avete risposto alla mia precedente domanda,” dice Bilbo semplicemente. “Quante governanti hanno avuto i vostri nipoti nel corso degli anni?”

Sua Maestà aggrotta la fronte.

“Nessuna,” risponde, e Bilbo socchiude gli occhi in confusione, ma poi un fantasma di un'emozione indiscernibile sfiora il volto del Re, e aggiunge, severamente, “intendo, finché i genitori non sono morti due anni fa. Da allora, ce ne sono state... cinque, in tutto.”

“... Oh,” mormora Bilbo, e sta per iniziare ad offrire le sue condoglianze, o chiedere scusa, non lo sa, ma il Re alza la mano in un gesto fermo.

“Mi dica solo se vuole il lavoro o no, professore.”

Bilbo lo guarda, perplesso per un momento. Lo vuole? Ovviamente è molto diverso da ciò che si aspettava, e... beh, forse non è una cosa negativa. Guarda fuori dalla finestra – questo particolare corridoio si affaccia su una parte del parco, e la vista è già di per sé gloriosa, anche se gli alberi hanno appena iniziato a risvegliarsi dopo l'inverno. C'è un laghetto nascosto nel verde, e un cavallo con il suo cavaliere che galoppa su uno dei sentieri curati, e il sole sta per tramontare, colorando l'intera scena di toni caldi color oro e arancio...

In poche parole, Bilbo è incantato. Si raddrizza, mostrando la sua espressione più professionale e annuisce al Re, che lo sta ancora fissando con una minima traccia di speranza nei suoi occhi.

“Accetto il lavoro,” dichiara, e più tardi penserà di averlo sognato, ma il volto di Sua Maestà si rilassa in qualcosa di molto simile a sollievo per un fugace istante.

Ma poi si ricompone e fa un passo in avanti, stringendo la mano di Bilbo.

“Allora benvenuto a bordo,” gli dice. “Le suggerisco di tornare all'ufficio del Capo ora – le comunicherà tutte le informazioni necessarie.”

***

Il Re lo lascia in compagnia di una cameriera che lo accompagna nell'ufficio di Balin, dove firma subito il contratto, inspiegabilmente ancora elettrizzato di aver accettato il lavoro, e... le ore seguenti sono annebbiate. Balin gli fa un tour del Palazzo, sia lo stomaco vuoto che le gambe stanche stanno protestando con molto fervore su quanto sia capillare. Poi Bilbo incontra il leggermente intimidatorio Responsabile della Sicurezza, Dwalin, che si dà il caso sia anche il fratello di Balin, e riceve un tesserino curato e una busta con le istruzioni e i codici numerici che dovrà memorizzare. E infine, Balin gli mostra i suoi alloggi – un piano sopra le camere dei Principi (a quanto pare, i programmi sono cambiati ad un certo punto e non li incontrerà oggi, il che è meglio così, dato che non è troppo sicuro di poter fare un'impressione particolarmente stellare), situato in modo tale che il sole al tramonto bagni il suo appartamento in una foschia quasi eterea – e che razza di appartamento!

Bilbo quasi geme con soddisfazione alla vista del letto, molto più ampio di quanto ne avrà mai bisogno, e la poltrona accanto alla finestra – e quello è un piccolo balcone?! E, oh cielo, una libreria e una scrivania decisamente troppo lussuosa, le valigie in attesa accanto ad essa, e la porta di quello che sembra il suo bagno, e un armadio...

“Questo... questo è mio?” balbetta quando Balin lo aiuta a mettere tutti i suoi documenti di nuova acquisizione sulla sua scrivania e apre il cassetto, mettendo nelle mani di Bilbo un tablet nuovo di zecca.

“È suo,” annuisce il Capo, “ovviamente, se preferisce usare il proprio computer...”

“No, no, io... penso mi andrà bene,” blatera Bilbo, pensando al suo antico e patetico netbook, sepolto da qualche parte in fondo a una delle valigie.

“Molto bene, allora,” dice Balin, “credo che abbia tutto il necessario. Temo che abbia saltato la cena–” lo stomaco di Bilbo brontola infelicemente e si sforza di non lamentarsene in disperazione, “–ma l'edificio dall'altra parte del cortile è dove la maggior parte del personale risiede. La sala da pranzo è al secondo piano, i cuochi dovrebbero ancora esserci, e sono certo che saranno lieti di darle qualcosa da mangiare.”

“Grazie,” sospira Bilbo.

“Grazie a lei,” gli dice Balin con un tono sorprendentemente serio, “mi congedo allora. Alle otto domani mattina, nel mio ufficio, se lo ricordi.”

“Sì, sì, ci sarò.”

Balin sorride ed annuisce, e lo lascia da solo – non appena la porta si chiude dietro di lui, Bilbo si accascia sulla poltrona, gettando la testa all'indietro e gemendo, un po' con incredulità e un po' con gioia. La sua testa minaccia di scoppiare con tutte le nuove conoscenze, e non riesce a credere che circa... dodici ore fa? Stava chiudendo la porta del suo appartamento in Inghilterra e salendo in un taxi, e pioveva... Il suo stomaco brontola di nuovo, e si alza, allungando la schiena.

Decidendo che tutto il resto può decisamente attendere, afferra il suo tesserino di riconoscimento, e la chiave elettronica della sua stanza, e la busta con tutti i codici per le diverse parti del Palazzo, e si dirige fuori, fin troppo euforico per vagare nei corridoi liberamente. In qualche modo, riesce a trovare la via d'uscita dell'enorme edificio, pur finendo esattamente dalla parte opposta del cortile rispetto all'edificio dove è diretto, ma in realtà non gli importa – invece respira l'aria fredda della sera, cercando di dipingere una mappa mentale di dove si trovi in questo momento (e fallendo), e si sta davvero divertendo un po' troppo, in considerazione del fatto che tutto questo potrebbe essere ancora un sogno. Ma dategli una cena decente, e di sicuro non vorrà svegliarsi.

Stando in piedi di fronte all'ingresso degli alloggi del personale – un edificio molto diverso rispetto al Palazzo, basso e costruito da mattoni in cotto color rosso scuro, per lo più ricoperto d'edera – armeggia con le carte, cercando il codice giusto da inserire nel macchinario alla porta, quando un forte “signor Baggins!” lo spaventa e quasi gli fa cadere tutto quello che ha in mano.

È Bofur l'autista, e gli apre la porta, invitandolo ad entrare con un gran sorriso. L'interno è caldo, e per di più, si sente un odore di qualcosa di incredibilmente delizioso, che fa venire all'istante l'acquolina in bocca a Bilbo.

“Allora è tutto sistemato?” commenta Bofur, conducendolo su per le scale.

“In un certo senso,” concorda Bilbo con affanno.

“Sono contento di sentirlo! Starà morendo di fame.”

“... In un certo senso,” ripete Bilbo, più intensamente, e Bofur ride.

“Io ho appena finito. Ma non si preoccupi, c'è un sacco di cibo rimasto. Ed eccoci qui!”

Bofur lo porta in quella che Bilbo presume sia la sala da pranzo, ma invece si rivela essere la cucina stessa. I sensi di Bilbo vengono praticamente aggrediti tutti in una volta, con l'odore di qualcosa di gloriosamente cotto al forno, e la canzone della radio ad alto volume che viene cantata dagli occupanti della cucina.

“Bombur!” parla Bofur a voce alta. “Oi! Takât!”

Il grosso uomo in un grembiule smette di dondolare e battere le mani non appena lo sguardo gli cade sui nuovi arrivati, e si affretta ad abbassare il volume della radio.

“Grazie!” Bofur ride, “ora, ascoltate! Permettetemi di presentarvi il signor Bilbo Baggins! È il nuovo tutor. Signor Baggins, questo è mio fratello Bombur, e anche se non sembra, è il capo chef di Sua Maestà. E, naturalmente, la sua bella moglie Mirjam, che, purtroppo, non parla una parola di inglese, ma si farà perdonare con le sue eccellenti polpette, ne sono sicuro!”

“Benvenuto, benvenuto!” esclama Bombur raggiante e dà una stretta potente alla mano di Bilbo, e il suo faccione tondo, incorniciato da un caos color rosso fiammeggiante sia della barba che dei capelli, si spiega nel sorriso più ampio che Bilbo abbia mai visto – è assolutamente impossibile non ricambiarlo.

“È davvero un piacere conoscerla, ne sono sicuro,” dice Bilbo educatamente, ma la moglie dello chef gli sta già stringendo la mano, borbottando qualcosa in un khuzdul veloce ed allegro, Bilbo è completamente smarrito, ma si sente comunque felicissimo dell'incontro.

“... Ed è davvero un piacere conoscere anche lei, ne sono sicuro!”

Bofur, che ha sorriso per tutto il tempo, offre Bilbo una sedia, e dice a suo fratello: “Dategli qualcosa da mangiare, va bene? Il pover'uomo non ha mangiato da quando lo sono andato a prendere – o sì?”

“No, no, per niente,” dice Bilbo, e nel giro di circa cinque secondi, Mirjam gli riempie due grandi ciotole di riso e sugo di pomodoro con polpette, e le fa scivolare di fronte a Bilbo e Bofur, senza mai troncare il suo flusso continuo di chiacchiericcio in khuzdul, sorridendo a Bilbo e facendogli cenno di iniziare a mangiare.

Il gemito che gli sfugge quando affonda il primo morso è decisamente poco dignitoso, e tutti ridono.

“Mi dispiace tanto,” borbotta Bilbo con la bocca piena, “ma non mangio nulla da dieci ore, e questo è assolutamente delizioso, signora, io... come si dice grazie in khuzdul?”

Âkmînruk zu,” risponde Bofur.

Bilbo fa del suo meglio nel ripeterlo, e a giudicare dalla luce negli occhi di Mirjam e dalla sua risata, ci riesce, in qualche modo, almeno.

“Resterà allora?” gli chiede Bombur, lui e sua moglie sono seduti dall'altra parte del tavolo di fronte a lui e Bofur.

“Oh, uhm, sì, credo di sì,” mormora Bilbo, e Mirjam dice qualcosa a cui entrambi Bofur e Bombur ridono sommessamente.

“Dice che spera che durerà più a lungo rispetto agli altri,” spiega Bombur all'espressione interrogatoria di Bilbo.

“Oh, non si preoccupi,” dice Bofur in tono incoraggiante, “ha già più coraggio di tutte le governanti precedenti messe insieme.”

“Crede? In che senso?” blatera Bilbo, “E, cosa più importante... ne avrò bisogno?”

“Oh, ne avrà bisogno,” Bombur ride, un rimbombo basso, ma suo fratello lo sminuisce agitando la mano.

“Dire a Sua Maestà il fatto suo il primo giorno di lavoro?” dichiara Bofur, “gli insegnanti precedenti nemmeno riuscivano a farsi ascoltare dai Principi, figuriamoci il Re!”

Bilbo è incredulo, ma allo stesso tempo è infinitamente grato per la sua fortuna – sembra che per miracolo sia riuscito ad incontrare delle belle persone il primo giorno di lavoro, e già percepisce quanto sia importante conoscere qualcuno a cui non importi infrangere giusto un po' il protocollo e riderne nei giorni a venire.

“Beh, ancora non ho incontrato i Principi, vedete,” dice, "non sarei sorpreso se fossero più ardui di Sua Maestà.”

“Oh, sono molto ardui,” ridacchia Bombur, “ma più ardui di Sua Maestà?”

Le sopracciglia di Bilbo si inarcano e cerca più risposte senza parlare, la bocca al momento piena, ma Bofur semplicemente sorride e gli dà una pacca gentile sulla spalla.

“Non si preoccupi,” lo assicura, “sono sicuro che andrà bene. E, ogni volta che vuole uccidere uno dei tre... non lo faccia! Si fermi qui invece, e ci faremo un drink, o cinque.”

E Bilbo ride con loro, pensando che dovrebbe forse essere un po' innervosito da tutte quelle osservazioni circa la difficoltà della famiglia reale, ma in questo momento, il suo stomaco è piacevolmente pieno, ed è riuscito a sopravvivere alla giornata più ricca di eventi che abbia mai avuto, e se qualcuno gli avesse detto un anno fa che sarebbe stato proprio qui, in questo momento, avrebbe probabilmente, sicuramente riso di loro.

“Allora citerò la Corona se mi fanno diventare un alcolizzato,” mormora, e i fratelli scoppiano a ridere, e mentre Bombur traduce la sua osservazione alla moglie, Bofur fa un sorriso smagliante. “È sveglio. Si integrerà perfettamente.”

 







Dizionario:

Âkmînruk zu/Âkmînruk menu - Grazie (informale/formale)
Gabil-Dum - La Grande Sala
Hurmulkezer - Palazzo D'onore
Ma zârmur abùrûfizu dumizd - non nuotare nel sangue dei tuoi antenati
Takât! - Silenzio!
Urs-tarâg - Barbe di fuoco
   
 
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