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Autore: perkynurples    28/01/2015    5 recensioni
Bilbo Baggins conduceva una vita piuttosto tranquilla, grazie mille, fino a quando una vecchia conoscenza non ha deciso di stravolgerla, e ha finito per accettare un lavoro che è... diciamo che non è proprio la sua specialità, e potrebbe alla fine costargli un po' di più del suo prezioso stile di vita accogliente. Chi l'avrebbe mai pensato che fare il tutor al nipote un po' più che leggermente prepotente di un monarca leggermente minaccioso potesse rivelarsi una tale... avventura?
[Modern Royalty AU; Pairing: Bilbo/Thorin]
Genere: Angst, Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bilbo, Fili, Gandalf, Kili, Thorin Scudodiquercia
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ciao! Questa è una traduzione di Nothing Gold Can Stay! Alcuni di voi mi conoscono per aver tradotto "E all'improvviso apparve quest'angelo...", "Un buco nel mondo", "Lay Your Weary Head To Rest", "Figlio del Giovedì" e "Twist & Shout"! Stavolta ho abbandonato il Destiel e mi sono trasferita nel reame del Bagginshield con questa bellissima AU di 26 capitoli! Spero vi piaccia! Buona lettura!


PROLOGO

 

Ci sono momenti in cui Bilbo Baggins vorrebbe davvero vivere in un buco – momenti come questi, quando piove a catinelle, la caffettiera è rotta, e la sua auto è morta, il che significa che dovrà prendere l'autobus per tornare a casa. Senza però aver prima finito di correggere l'ultimo pacco di compiti per casa. C'è una ragione se oggi ha deciso di restare a lavorare un po' più a lungo, ma non riesce proprio a ricordarsela. Ah sì, forse ha a che fare col fatto che abbia cominciato a piovere a dirotto nel preciso istante in cui ha annunciato la fine della lezione.

Tamburellando la penna sul tavolo in un ritmo che cerca e non riesce ad essere più veloce del picchiettio costante delle gocce di pioggia, esala un sospiro spezzato, fissando il caffè rimasto nella tazza, in lotta con una decisione difficile – cioè, se finirlo adesso e rimanere senza caffè per il resto del pomeriggio, o lasciarlo raffreddare, non pensarci più, e lamentarsene più tardi. Oh sì, la vita sarebbe sicuramente più facile se vivesse in un buco.

Niente di squallido, per carità, oh no – sarebbe il buco più accogliente del mondo, con svariate stanze, e grandi poltrone morbide, e, sì, di sicuro una dispensa; oh, e un caminetto vero e proprio, e il pavimento in legno... si ferma giusto in tempo; la penna aveva iniziato a scarabocchiare i suoi progetti architettonici su tutto il saggio di Becky Higgins. Oh, meraviglioso, ancora un altro scritto su Colpa Delle Stelle. Quanti ce ne sono stati – sei, finora, questo trimestre? Non avrebbe mai dovuto includerlo nel programma. O, meglio ancora, non avresti mai dovuto accontentarti di insegnare letteratura, commenta una vocina petulante, ma la ignora, con ferocia, e spinge gli occhiali su per il naso invece, appoggiandosi allo schienale della sedia e immergendosi nell'ennesimo resoconto su come John Green abbia cambiato una vita.

Sembra che almeno alcune cose stiano andando a suo favore però, perché viene presto interrotto dallo squillo del telefono – è la receptionist dell'edificio principale, stranamente.

“Sì?”

“Professor Baggins? Ha una visita.”

“Oh? Chi è?”

“Non me l'ha voluto riferire,” dice la giovane donna – era Janine? – in un modo decisamente troppo nervoso per i gusti di Bilbo, “dice di essere un amico. E che è importante.”

“Beh, le sembra pericoloso?”

“No, io... beh, è anziano. Intendo, davvero anziano,” sussurra la receptionist in un modo quasi cospiratorio, “molto alto. Indossa un cappello.”

“Un cappello.”

“Sì! Può venire qui, per favore?”

“Sarò lì tra un momento,” risponde Bilbo, ed aggrotta le sopracciglia al telefono quando la receptionist riaggancia. Non gli sovviene proprio nessun amico che indossa un cappello, ma scoprire cosa sta succedendo sicuramente batte la sua attuale situazione. Oh, e nella cucinetta dell'edificio principale c'è la macchina per il caffè, no? Beh, è deciso.

***

I corridoi sono silenziosi dato che la maggior parte delle lezioni è finita adesso – è già passato più di un anno, ma Bilbo ancora si meraviglia del fatto che siano appena passate le quattro del pomeriggio, e tutti gli studenti siano andati a casa. Un liceo normale , rammenta a se stesso, adesso lavori in un liceo pubblico normale. Non è affatto uno snob, ma sa che preferiva di gran lunga l'atmosfera nel suo precedente posto di lavoro, almeno fino ad un certo punto...

“Bilbo Baggins! Beh, ma guardati un po'!”

Completamente perso nei propri pensieri, Bilbo ha raggiunto l'atrio dell'edificio principale quasi senza notarlo, e l'uomo in attesa alla reception si alza dal divano in pelle e si avvicina verso di lui, mano tesa.

“Sì, posso aiutarla?” chiede Bilbo, lanciando uno sguardo alla receptionist, la quale si limita a stringere le spalle.

“Questo resta da vedere,” l'uomo sorride, e quando si toglie il cappello, Bilbo finalmente lo riconosce.

“... Gandalf? Sei davvero tu?”

… E a quanto pare lo è – ovvio che lo sia. Ride di cuore ed avvolge la mano di Bilbo tra le sue, e, beh, è passato così tanto tempo che Bilbo a mala pena riesce a crederci. La sua testa viene immediatamente inondata dai ricordi del collegio Brea, quelli più belli sono tutti di quando Gandalf (dovrebbe chiamarlo Professor Grey, per rispetto? Scarta subito l'idea) ne era ancora il preside.

“Che diavolo ci fai qui?” si domanda, sinceramente stupito, e Gandalf semplicemente ride ancora di più.

“Dovrei chiederti la stessa cosa! Questo buco infernale è l'unica scuola che ti ha voluto? Oh, senza offesa, signorina,” agita una mano alla receptionist, che li sta strabuzzando incredula.

“A dire la verità, sì,” mormora Bilbo, e Gandalf lo guarda accigliato, ma riesce a trattenersi dal ridere solo per un istante, e Bilbo mostra un sorrisetto.

“Mi dirai che ci fai qui se ti faccio una tazza di caffè?” gli offre.

“Suppongo che questo... bellissimo ed accogliente piccolo istituto non abbia un proprio bar?” si domanda Gandalf ad alta voce, e Bilbo ride prima di potersi fermare.

“No, niente da fare, temo,” dice, “vieni con me.”

***

Con la macchina per il caffè che allegramente ronzava nella cucina fortunatamente deserta vicino al laboratorio di chimica, Bilbo e Gandalf si mettono a sedere al tavolo accanto alla finestra – la pioggia adesso non sembra così terribile, si rende conto Bilbo, mentre sente aumentare l'eccitazione nel rivedere ancora una volta il suo ex datore di lavoro e mentore.

“Sai,” commenta Gandalf, cercando qualcosa nella sua borsa elegante, “solo perché sei stato licenziato per essere... com'era, 'troppo ribelle'? … non significa che dovresti arrenderti.”

Bilbo aggrotta la fronte.

“Se stai suggerendo che ho accettato questo lavoro perché volevo...”

“No, no, niente del genere. Lo so che Saruman si è incaricato di rovinare le tue possibilità per una carriera abbastanza approfonditamente.”

Gandalf lo dice in tono pragmatico, come del resto è la sua natura, e Bilbo è piacevolmente sorpreso dalla propria mancanza di amarezza riguardo l'intera faccenda – la consapevolezza di essere stato nel giusto, di aver fatto quello che ha fatto alla fine dei suoi giorni a Brea, è stata sempre abbastanza. In un certo senso, lo capì da subito dopo che Gandalf diede le dimissioni e Saruman arrivò, che le cose sarebbero andate sempre peggio. Gli era immensamente dispiaciuto lasciare gli studenti di Brea, ma alla fine erano l'unica parte piacevole di quella faccenda incasinata, e in realtà, la lotta personale a cui si sarebbe dovuto sottoporre solo per loro non ne sarebbe valsa la pena.

Un giorno dovrebbe proprio metterlo per iscritto, e leggerlo prima di andare a letto nelle giornate uggiose come queste.

“Perché sei qui, Gandalf?” chiede, forse in un tono un po' più severo di quanto intendesse, ma ciò non sembra turbare l'amico – si limita semplicemente ad un sorriso vivace, e tira fuori un raccoglitore in cuoio dalla borsa.

“Ah, arriviamo al punto,” dichiara, tirando fuori una cartellina e facendola scivolare sul tavolo verso Bilbo, “dimmi, quanto ne sai di Erebor?”

“Il Paese?” borbotta Bilbo, aprendo con un rapido gesto la cartellina, ma richiudendola un secondo più tardi, perché nota il bellissimo stemma sulla copertina.

“Sì, il Paese,” replica Gandalf, e quando Bilbo lo guarda, l'amico lo sta fissando con un'aria di attesa – in seguito, Bilbo pensa che avrebbe dovuto capirlo allora, il luccichio fin troppo pericoloso di eccitazione nei suoi occhi.

“Oh, ehm...” si schiarisce la gola, “è una, una monarchia del nord Europa, credo, da qualche parte tra la Svizzera e l'Italia, penso? Una nazione piuttosto piccola.”

“Esatto,” annuisce Gandalf, “è circa delle dimensioni di una normale capitale americana, se non fosse per le montagne. Una parte dell'Unione Europea, ma ancora conserva la sua moneta storica – la corona, credo che si chiami così. A questo scopo, il suo PIL è tra i cinque più alti in Europa. Ha sofferto un alquanto memorabile colpo di stato dodici anni fa, ma da allora è tra i luoghi più politicamente stabili.”

“Affascinante,” proferisce Bilbo, alzandosi per preparare il caffè, “ma perché mi stai dicendo tutto questo? … Ancora prendi due zollette di zucchero e niente latte, giusto?”

“Giusto. E ti sto dicendo tutto questo perché potrebbe esserci un'offerta di lavoro là per te.”

Bilbo ride, non riesce a trattenersi.

“In Erebor?” dice, “Gandalf, lo sai che non disdegno nuove esperienze, ma non sono sicuro che sradicare la mia vita di adesso e andare dall'altra parte del mondo si qualifichi come tale.”

“Oh, mi fa piacere vedere che hai ancora una propensione per il drammatico,” ridacchia Gandalf, “ti posso rammentare che siamo in Inghilterra? Sono cinque ore di volo, al massimo. E non ti ho ancora detto di che lavoro si tratta.”

Bilbo sospira profondamente, posa le tazze di caffè sul tavolo e si mette a sedere, incrociando le braccia sul petto.

“Molto bene,” dice con accondiscendenza, “dimmi di che lavoro si tratta.”

“Il Re sta cercando un tutor personale per il nipote, l'erede al trono.”

Per qualche istante di silenzio, Bilbo si limita a fissarlo.

“Beh, non è... non è esattamente la mia specialità,” commenta alla fine.

“Oh, sciocchezze. Leggi il fascicolo. Il ragazzo ha tredici anni, e mi è parso di capire che sia alquanto incantevole–”

“Gandalf...”

“–e la paga è alquanto eccellente, detto tra noi. Penso davvero sia una buona opportunità per–”

Gandalf.”

L'uomo ammutolisce, e il costante sorrisino sulle sue labbra è in qualche modo odioso, si rende conto Bilbo.

“Perché io?” chiede semplicemente, “perché lo stai offrendo proprio a me fra tutti?”

“Pensavo solo che ti potesse servire un po' di... eccitazione,” replica Gandalf in un tono del tutto innocente.

“Ne ho abbastanza, credimi.”

“Davvero.”

Il tono è fin troppo familiare, e Bilbo si ritrova ad accigliarsi mentre si appoggia allo schienale della sedia e si stringe ancora di più le braccia intorno al corpo – non ha affatto la pazienza per i giudizi di Gandalf, pensa.

“Ti farà piacere sapere che sono perfettamente felice qui,” borbotta, volgendo lo sguardo fuori dalla finestra, perché sa già che Gandalf sarà tutto tranne che convinto, “la scuola è abbastanza carina, e anche la città. La... la paga non è esorbitante, ma questo genere di lavoro difficilmente produce persone ricche. E mi piace. Il lavoro. Quindi... in conclusione, sono – sono molto contento di averti rivisto, Gandalf, e l'offerta è molto... molto generosa, ma temo di non essere interessato.”

Quando si fa coraggio e guarda Gandalf, vede che l'amico non è arrabbiato, o divertito, o qualcosa di similmente facile da poter affrontare – no, sembra solo deluso, e oh, cosa ha fatto Bilbo per meritarsi questo?

“Beh, vedo che sei cambiato, Bilbo Baggins, e non esattamente per il meglio,” dice Gandalf semplicemente, “mi ricordo di un tempo in cui non avresti voluto niente di meglio che, come dici tu, sradicare la tua vita di adesso e andare dall'altra parte del mondo alla ricerca di nuove esperienze.”

Bilbo bofonchia, ma a quanto pare, Gandalf non ha finito.

“Hai organizzato una rivolta studentesca in una delle prime dieci scuole del Paese, santo cielo!” continua con un fervore che fa venire a Bilbo un po' di nausea, “hai gestito una biblioteca illegale nel tuo ufficio, ricordi? Oh sì, ne ero a conoscenza, Saruman era molto esplicito con le sue lamentele.”

“Sì, e Saruman è stato anche quello che mi ha licenziato, tra l'altro.”

“Tra l'altro!”

“Gandalf, ti prego!”

L'amico solleva un sopracciglio, e Bilbo si rende conto di essersi in qualche modo rilassato e sporto in avanti, le mani in aria per articolare il proprio punto di vista. Si ritrae velocemente, e Gandalf storce il naso.

“Beh, sono contento che hai ancora del fegato da vendere,” dice, e Bilbo arrossisce, coprendosi ancora di più con il grosso maglione intorno alle spalle, mentre Gandalf gli offre un sorriso gentile, quasi triste.

“Mi dispiacerebbe se andasse del tutto sprecato.”

Allunga la mano verso il fascicolo misterioso, e lo sguardo di Bilbo guizza immediatamente su di esso, su un impulso momentaneo di afferrarlo e tenerlo – vede il sorriso di Gandalf che si allarga, e si accascia sulla sedia, sospirando profondamente, mostrando un cipiglio incerto.

“Almeno lascia che ti offra la cena,” gli propone Gandalf, indicando fuori dalla finestra, “la tua decisione potrebbe essere influenzata dal fatto che possiedo un'auto. E tu odi così tanto la pioggia.”

Bilbo sbuffa.

“Di tutte le cose memorabili su di me.”

Gandalf ridacchia e finisce il caffè, e Bilbo con molta concentrazione non guarda la punta di carta lisca marrone del fascicolo che spunta dalla borsa dell'amico, quasi schernendolo.

“Sai,” dice Gandalf, alzandosi e mettendosi il cappotto, “piove progressivamente di meno in Erebor, e le temperature sono indefinitamente meno incostanti di–”

“Smettila.”

***

E lo fa, abbastanza sorprendentemente. Hanno una cena piacevole al Drago Verde, uno dei ristoranti preferiti di Bilbo, e trascorrono la serata rivelando ciò con cui sono a più agio sugli anni in cui non si sono visti – però Bilbo inizia a realizzare la mancanza impressionante di eventi nella proprio vita degni di nota, mentre Gandalf parla di aver visitato il Perù, e di aver comprato un appartamento in New York, appena due settimane prima di aver scoperto che un nuovo scavo era stato aperto ad Atene – i suoi ex studenti (e persino colleghi, Bilbo tra di loro) lo chiamavano scherzosamente Indiana Jones Senior, e davvero, sembra come se la sua vita non fosse mai a corto del suo rifornimento di emozioni. Ma Bilbo non è geloso. Certo che no – lui è felice. Desiderare di partire e vedere il mondo è più come un... un piano quinquennale. Un piano decennale. Qualcosa a cui si dedicherà quando avrà più tempo, più soldi, una volta aver stabilizzato la propria posizione. A Brea, lui e gli studenti andavano all'estero almeno due volte all'anno, ma del resto non si può avere tutto dalla vita, no? E quindi è perfettamente felice nell'annuire mentre Gandalf imbastisce le sue storie, e poi lo saluta con affetto davanti alla porta di casa.

“Per quanto tempo rimarrai in città?”

“Non molto, temo,” dice Gandalf. “Parto venerdì.”

“Oh? Per dove?” chiede Bilbo educatamente, scrutando il vicolo alla ricerca di uno dei gatti dei vicini che tenta di intrufolarsi dentro casa quando è distratto, e trovare riparo dalla pioggia.

“Erebor,” replica Gandalf, e quando Bilbo lo guarda, sta facendo il suo tipico sorriso innocente.

Bilbo lo odia.

“... Davvero?” proferisce senza sbilanciarsi, e poi sorridendo nervosamente, “prenderai tu il lavoro?”

“Ah, certo che no,” l'amico ride sommessamente, “no, sono interessato alle montagne. Di recente hanno scoperto una nuova vena di mithril, e con essa una serie di pitture rupestri oltretutto! Ovviamente devo darci un'occhiata.”

“Ovviamente,” mormora Bilbo, pieno di sospetto.

Gandalf lo guarda, e Bilbo gli ricambia lo sguardo. Bilbo socchiude gli occhi. Gandalf inarca le sopracciglia.

“Io...” inizia Bilbo.

“Beh allora è ora che vada,” lo interrompe Gandalf in un modo decisamente troppo allegro, allungandogli la mano, “è stato un immenso piacere rivederti, Bilbo! Prenditi cura di te. Vivi un po'!”

“Io...” ci riprova Bilbo, aggrottando la fronte ulteriormente.

Ma il viso di Gandalf non è altro che pieno di una gentilezza apparentemente sincera, e Bilbo espira, annuendo e scuotendo la testa.

“Il piacere è stato tutto mio,” dichiara, “allora... divertiti. Spero proprio di rivederti presto!”

“Certo, certo!”

Bilbo non riesce a trattenersi, si guarda alle spalle mentre entra in casa, ma Gandalf sta già salendo in macchina, e Bilbo sospira, passandosi la mano tra i capelli. Si sta comportando da sciocco, naturalmente – ha chiesto a Gandalf di lasciar perdere la faccenda del lavoro all'estero, e l'ha fatto. La gente fa così. È solo educazione. Sì.

***

Trova il pesante fascicolo sfarzoso con lo stemma color blu e argento incastrato tra i raccoglitori nella sua borsa circa dieci minuti più tardi, e si rende conto che è passato molto, molto tempo da quanto ha sentito il bisogno di prendere a calci qualcosa. Non aiuta il fatto che contiene un post-it odiosamente rosa che dice 'Vivi un po' ' e che Gandalf risponde al suo 'Hai piantato il tuo stupido fascicolo tra le mie cose??!!' (sente che i due punti interrogativi ed esclamativi siano davvero necessari) con un semplice 'Certo che sì' con una faccina sorridente in allegato. Bilbo disprezza le faccine sorridenti.

Lo legge comunque sia. Si rivela impossibile non farlo, anche se giace inerme lì sul tavolo, facendo niente di niente, mentre Bilbo guarda il notiziario della sera. Continua a lanciare sguardi furtivi al fascicolo finché finalmente, non cede con un gemito e prende gli occhiali.

Prima ispeziona lo stemma – è molto bello, un'aquila nera e d'argento su uno sfondo di un blu intenso che ricorda a Bilbo tutte quelle oscure famiglie reali europee a cui prestava molta poca attenzione quando andava all'università. Com'è che era il nome della famiglia reale di Erebor...? Oh, i Durin, sì, giusto – gli viene ricordato nella prima pagina che vede, la quale contiene un breve resoconto sulla storia della famiglia in bella calligrafia. Gli dà una rapida scorsa, domandandosi cosa ci sia di così incredibilmente difficile riguardo al lavoro da dover essere descritto, quante...?

“Tutto ciò è ridicolo,” mormora mentre sfoglia le pagine, ciascuna ordinatamente numerata, e ne conta settantadue.

Ma presto si rende conto di che cosa si tratta – è il contratto stesso. Un vero contratto lavorativo, ed è anche accuratamente scritto, su ben settantadue pagine, con... sì, con lo spazio per la firma alla fine. Cosa diavolo si aspettava Gandalf ci facesse con questo?! Che lo firmasse sul serio? Leggermente in difficoltà, non riesce a buttare via il fascicolo, e messaggia a Gandalf un secco 'Non accadrà mai, scordatelo' e va a dormire piuttosto che sentirsi per qualche motivo a disagio.

***

Il giorno seguente è orribile, non importa quanto cerchi di convincere se stesso del contrario. A metà mattinata la classe ha 'dimenticato' che era ora di consegnare i saggi, e hanno l'audacia di usare la scusa dell'essere generalmente troppo impegnati con tutto quanto, il che si traduce in Bilbo che si comporta fin troppo duramente con loro e alla fine si sente come il cattivo della situazione. Poi una studentessa di terza liceo inizia a vomitare nel bel mezzo della sua lezione su Shakespeare e aspetta l'infermiera della scuola con lei anche se ci sono venti ragazzi lasciati incostuditi in classe, e diversi suoi colleghi gli vengono incontro ad offrire la loro solidarietà, e guarda la pioggia incessante dalla finestre dell'infermeria, e alla fine, si domanda se è veramente per questo che ha frequentato Oxford.

Non ha mai creduto sul serio al destino, o, o... ai presagi che gli dovrebbero mostare dove indirizzare la propria vita. Fare ciò che si ama, questo è qualcosa che può appoggiare. Essere a proprio agio con se stessi, trovare un lavoro che non sia orribile, andare a letto ad un'ora ragionevole. 'Sii il tuo eroe', diceva sua madre, che Dio la benedica. Non credeva nella noia – era qualcosa che proveniva dal non sapere ciò che si vuole, gli diceva Belladonna. 'Assicurati di fare sempre ciò che vuoi fare', ricordava a Bilbo continuamente ogni volta che si fermava per il tè. Lei era bravissima a dare quel tipo di vaghi consigli generali che si potrebbero trovare in uno di quei libri di crescita personale, e lei adorava dargli quei consigli; e Bilbo l'amava per questo.

È stata la prima persona a cui ha fatto coming out, sedici anni e totalmente terrorizzato, e nei primi mesi, gli ha riempito la testa con così tante frasi generiche sull'uguaglianza e il coraggio e la bellezza interiore, che in qualche modo ha smesso di sentirsi come quello strano, e ha iniziato a sentirsi come qualcuno con qualcosa da dire. Lei ha fatto in modo che mantenesse quell'idea, e Bilbo si è fatto strada combattendo nel campo in cui eccelleva, e ci è riuscito senza sforzi, e così si sentiva veramente come se fosse il proprio eroe per tutto il tempo.

L'ultima cosa che Belladonna ha visto dei successi di suo figlio è stata quando ha ottenuto il lavoro a Brea, appena due anni dopo il dottorato... Soccombette al cancro non molto tempo dopo, ed è stato forse meglio così, pensa Bilbo con amarezza – almeno non ha dovuto vederlo andare da 'oh sì, quel ragazzo avrà un futuro luminoso' a 'tutto quel potenziale sprecato, che peccato'. Si sarebbe sentita probabilmente mortificata se avesse saputo che quasi non l'hanno assunto, qui al liceo Decumano Ovest, per essere ' troppo qualificato'.

E se fosse stata qui adesso, a guardarlo deprimersi su una nuova pila di compiti scritti male, lo avrebbe probabilmente colpito sulla testa con uno strofinaccio. Gli servirebbe proprio. Gli servirebbe davvero tanto.

***

Ritorna a casa completamente fuso quel giorno, stanco della pioggia, stanco della gente, e, soprattutto, stanco di se stesso. Quasi si dimentica di prendere la posta, e getta semplicemente le lettere sul divano, intento a prepararsi la cena. Il telefono squilla, e ci mette qualche istante per decidere se vuole rispondere o no, con le uova che friggono così bene, poi brontola quando legge il nome del chiamante, e pensa, beh, tanto vale togliersi il dente.

“Ciao, zia Lobelia.”

“Bilbo, tesoro! Come stai?”

La sua voce è stridula come al solito, tono palesemente incurante, e Bilbbo sa che se dovrà sopportarla per più di due minuti, gli verrà un'emicrania.

“Sto bene, grazie. Cosa posso fare per te?”

“Beh, sto chiamando perché... di sicuro te lo ricordi!”

Bilbo sbatte le palpebre in silenzio, guardando fuori dalla finestra.

“Di sicuro non me lo ricordo, perdonami,” dice in tono seccato, “di che stiamo parlando?”

“La festa di compleanno!” Lobelia ridacchia con un'intensità che rischia di far scoppiare i poveri timpani di Bilbo, “Eglantina compie quarant'anni! La tua altra zia? Non te lo sei scordato, vero?”

Bilbo allontana il telefono dall'orecchio quando Lobelia lo grazia con un altro rintrono di risatine gioiose, ma che a Bilbo sembra più il lamento del gatto del vicino quando si rifiuta di lasciarlo entrare.

“Sì, sì, certo che mi ricordo,” mormora Bilbo, usando con attenzione il tegame con una sola mano, facendo scivolare le uova sul piatto.

“Eccellente!” strilla Lobelia, “questa domenica! Spero proprio che tu venga! Non ci vediamo da anni! Anni!

“Sì, ne sono consapevole, zia,” borbotta, affondando nel divano e smistando la pila di posta per ammazzare il tempo durante l'interminabile telefonata.

“Beh, ti dà tanto fastidio sembrare almeno un po' eccitato, tesoro?” continua Lobelia, “siamo una famiglia, no?”

“Sì, sì, mi dispiace, è solo che la mia giornata non è stata particolarmente stellare, e di sicuro... capirai... se...”

Ma perde il filo di quello che sta per dire, perché trova una strana busta tra la solita pubblicità spazzatura e gli estratti di conto mensili. È lunga e di un bianco vivido, senza una singola lettera che indichi che è infatti destinata a Bilbo. Vagamente, registra che Lobelia ha ripreso il suo sproloquio sui 'valori familiari' e 'il trascorrere del tempo insieme', e cerca un tagliacarte tra il caos generale sul tavolo. Concedendo a Lobelia un secondo della sua attenzione, viene a sapere che i suoi cuginetti sarebbero entusiasti di suonare il pianoforte per lui, e offre un evasivo 'Sì, sì, adorabile' e posa il telefono sul tavolo delicatamente, la voce di Lobelia è come un ronzio distante di un insetto fastidioso, ed apre la busta con cautela.

Fuoriesce una lunga striscia di carta ripiegata spessa e lussuosa, e a Bilbo ci vuole un secondo per capire, ma poi...

“Oh, ma mi stai prendendo in giro?!

Il telefono si ammutolisce, e sente un esigente '… Bilbo?!'. Armeggia col telefono, improvvisamente infuriato.

“Mi dispiace, zia Lobelia, me temo che dovrò richiamarti più tardi. O, forse no. Ci vediamo domenica. Va bene? Va bene. Ciao.”

E termina la chiamata con un grugnito furioso, e compone un numero diverso. A quanto pare Gandalf sta 'al momento parlando con qualcun'altro', e Bilbo commenta la cosa con un furioso risolino acuto, e gli scrive invece un fervido messaggio.

“Un biglietto aereo?!” esclama le parole che scrive ad alta voce, “sul serio?!

Rimane seduto a fissare il telefono per quello che potrebbero essere minuti o ore, ricordandosi ad un certo punto le uova e ingoiandole in un boccone indignato, finché finalmente, il telefono squilla di nuovo.

“Gandalf!” urla.

“Ciao Bilbo, amicone mio!”

“Oh, amicone mio col cavolo! Mi hai lasciato uno stupido biglietto aereo nella posta!”

“L'ho fatto?” Gandalf ride sommessamente.

“Sì, sì, l'hai fatto! Lo sto guardando adesso! Un biglietto di sola andata per Erebor, venerdì, alle 10! Venerdì, Gandalf! Adesso è martedì! Sul serio, ma che ti aspettavi?!”

“Verrai?” l'uomo chede semplicemente, e Bilbo lo sente nella sua voce, il sorriso sornione.

“Se verrò... Pensi davvero che farei le valigie per andarmene tra due giorni chissà dove per un lavoro losco che mi hai offerto di punto in bianco?”

“Beh, non lo definirei proprio losco, lavoresti per la famiglia reale, sai–”

“E invece no! Non lavorerò per la famiglia reale, Gandalf!” urla Bilbo quasi con disperazione, “tutto questo... è ridicolo! Non capisco perché tu sia venuto proprio da me! Non so cosa ti sia preso, ma sono davvero... non sono il tipo che abbandonerebbe avventatamente tutto quanto per un capriccio andando a vivere dall'altra parte del mondo–”

“Sono solo cinque ore di volo, te l'ho detto–”

“Gandalf, smettila. Ti prego! La situazione è degenerata! Avresti dovuto cercare da qualche altra parte, e mi dispiace, davvero, mi dispiace, ma... buona serata!”

E con ciò, conclude la telefonata risolutamente e lancia il telefono, gettando la testa all'indietro con un grugnito. Gli ci vuole un bel po' di tempo, fumando di una rabbia che non provava da anni, prima di riprendersi, pizzicando il ponte del naso e decidendo che è troppo alterato per andare a dormire ad un'ora ragionevole, quindi tanto vale cercare di rimediare a tutto questo casino con una bella tazza di tè.

È esasperante, pensa mentre l'acqua bolle e cammina su e giù nel suo piccolo salotto, è ingiusto. Gandalf che appare dal nulla, interrompendo in quel modo il suo quieto vivere! Ma chi si crede di essere? È in piedi davanti alla finestra, con le mani strette dietro la schiena, e osserva la pioggia che precipita incessante sul tetto spiovente del garage nel cortile dietro casa; osserva due gatti randagi raggomitolati insieme nell'unico angolo asciutto della scala che porta alla cantina, e riesce a stringersi a sé con un certo pathos solenne prima che il bollitore fischi.

Ovviamente non ha bisogno di partire, dice a se stesso, accendendo la TV ed avvolgendosi con una coperta in più per combattere il freddo, afferrando la tazza fumante vicino al petto. Ovviamente. È felice, si è sistemato bene in questa città, non andrà da nessuna parte. C'è anche l'incontro con la famiglia domenica, sì, naturalmente...

“Oh, ma stiamo scherzando,” brontola.

Il notiziario della sera sta trasmettendo un reportage su Erebor proprio davanti ai suoi occhi, sul valore del mercato azionario o chissà che, e sbuffa e cerca a tentoni il telecomando, cambiando prontamente canale e accontentandosi di un programma culinario. La cosa dura per circa dieci secondi, prima che lo sguardo cada sul biglietto aereo sul tavolo, e il fascicolo al di sotto di esso, e decide che non c'è nulla di male... beh, nel guardare la TV, e ritorna al reportage.

“–ed è previsto che la corona aumenti costantemente di valore durante il prossimo trimestre. È qui con me Eric Meyers, presidente della filiale londinese della Banca Reale di Erebor – signor Meyers, lo scorso anno si è visto un aumento del valore delle azioni che è a dir poco incredibile. Alcuni dicono che Erebor non manterrà la sua moneta a lungo, ma finora, sembra sia la cosa logica da fare...

Bilbo non è affatto interessato ai discorsi finanziari, ma per fortuna, il reportage è accompagnato da delle riprese su quello che deve essere una sorta di dichiarazione ufficiale da parte del re, l'elegante uomo che parla a una grande platea di politici e giornalisti.

Il Re, Thorin II, ieri ha parlato del bisogno del Paese di proteggere i propri valori storici, la moneta risalente al XV secolo è uno di questi valori–”

Lui è molto... beh, regale, decide Bilbo, sorseggiando il tè con attenzione – un bel viso severo con una folta barba che serve solo ad affinare ulteriormente gli zigomi, gli occhi di un intenso blu penetrante anche in video, e... Bilbo deve ridere di se stesso – ovviamente un bellissimo re non è una ragione sufficiente per prendere armi e bagagli e partire per Erebor. Distende le braccia e sbadiglia. Sì. Adesso andrà a dormire, e al mattino tutto sarà dimenticato. Oh giusto, il biglietto aereo e il contratto... Rendendosi conto di non dover andare a lavoro fino alle undici, decide con fermezza di preoccuparsene al mattino, e se quella notte sognerà di un altro paese lontano verso est, con montagne, e palazzi, e, e... una famiglia reale dei giorni nostri, nessuno può fargliene una colpa.

***

Ripensandoci, non sarà mai in grado di dire cos'è stato esattamente che gli ha fatto prendere alla fine una decisione. Forse era un caso perso nel momento in cui ha deciso di non gettare il biglietto aereo e il fascicolo spesso nella pattumiera e farla così finita con tutta la faccenda. Forse, più probabilmente, è stata la pioggia, che non si è mai fermata, e le numerose pozzanghere che è riuscito a pestare andando lavorare quel giorno. O forse è stata tutta colpa della preside, che l'ha chiamato nel suo ufficio per spiegargli a lungo perché sarebbe più saggio per lui lavorare mezza giornata a partire dal prossimo trimestre, dal momento che 'insegna solo la letteratura, dopotutto'.

L'ultima goccia potrebbe essere stata l'articolo che ha letto mercoledì a cena, riguardo tre studenti di Brea che avevano scritto dei saggi pluripremiati e per questo avrebbero viaggiato in Francia con il loro professore (Bilbo una volta era quel professore) – sinceramente non lo sa.

Quello che sa è che lo strano mix di paura, eccitazione e rabbia ostinata che sente mentre marcia verso l'ufficio della preside il giovedì, appena ventiquattro ore prima del suo volo per Erebor, con la lettera di dimissioni nelle mani fin troppo salde, è qualcosa che non ha provato da quando aveva consegnato la stessa lettera ad un preside diverso un paio di anni fa.

È la sensazione terrificante di fare qualcosa di giusto, e di sapere che non si può più tornare indietro. È sciocco, e avventato, e orribile. È liberatorio. Sa per certo che non metterà mai più piede al liceo Decumano Ovest, e sa che non ce la farà a venire alla festa di compleanno di domenica, e sa che non sarà lì a ritirare la sua auto dall'officina la prossima settimana, ma non gliene importa.

Oh, si sta comportando terribilmente, terribilmente da egoista, ma combatte ogni attacco di panico che minaccia di travolgerlo quel pomeriggio ascoltando a tutto volume vecchi successi classici dalla sua radiolina da cucina e mettendo tutto quello che possiede in solo due valigie. Potrebbe non avere un completo buono per qualsiasi ci si aspetti da lui. Praticamente tutte le sue cravatte sono a pois, come lo sono molti dei suoi calzini. Non si taglia i capelli da settimane, e ha solo un paio di occhiali fuori misura, e sembra impossibile far entrare tutti i suoi libri in valigia... Dovrebbe portare con sé la sua miscela preferita di tè? E i centrini di sua madre? Oh, certamente li deve prendere...

È ben oltre la mezzanotte quando finalmente si lascia crollare sul divano, solo per balzare in piedi e andare a cercare il telefono per prenotare un taxi per la mattina... Ed eccoci qua. È fatta. Il suo destino è letteralmente sigillato, e sente un lieve tremore a partire dalle mani – striscia a letto sentendosi un po' sfinito, ma il sonno lo elude per ore. Giace sulla schiena con la coperta fino al mento, ascolta la pioggia che non ha smesso da giorni, e si rende conto che sarà probabilmente molto, molto dispiaciuto ad un certo punto in un futuro non così distante, ma in questo momento, suo malgrado, non è altro che vergognosamente euforico.

La mancanza di sonno si rivela un ostacolo mentre trascina le valigie al taxi che ha suonato il clacson negli ultimi dieci minuti, e Bilbo si stravacca sul sedile, rabbrividendo per il freddo e mortalmente certo di aver dimenticato almeno una dozzina di cose assolutamente essenziali.

“Hm?” borbotta, gli occhi incollati alla sua piccola porta verde.

“Ho detto, per dove?” ripete l'autista con impazienza.

“Oh, giusto,” mormora Bilbo, stringendo la borsa con il biglietto aereo sistemato in modo sicuro all'interno, “l'aeroporto, per favore.”

Naturalmente Gandalf lo trova subito dopo aver fatto il check-in, tutto in ghingheri con il suo lungo cappotto, un cappello e un ascot abbinato, e l'elegante bastone da passeggio in mano – decisamente troppo vispo per i gusti di Bilbo.

Non sono mai stato così contento di vedere qualcuno in vita mia, Bilbo Baggins,” dice in tono allegro, conducendoli verso il gate, e Bilbo quasi bofonchia.

“Risparmiatelo. Ho dormito per circa venti minuti, e onestamente, non sono ancora del tutto sicuro del perché mi trovo qui! Mi hai manipolato!”

“Non ho fatto nulla del genere,” Gandalf sorride, “andiamo adesso, sarà un'avventura!”

“Oh sì, fantastico,” sospira Bilbo, la sua unica preoccupazione al momento è il tempo che dovrà aspettare prima di seppellirsi nel comodo sedile dell'areoplano e fare almeno un tentativo di dormire.

Tuttavia, il panico e il disprezzo per se stesso sul prendere decisioni orribili all'ultimo minuto non hanno ancora fatto del tutto effetto, e così si strofina semplicemente gli occhi e si affretta a tenere il passo con la lunga andatura di Gandalf, riuscendo a fare un sorriso storto quando l'uomo gli fa un sorriso smagliante.

“Andrà tutto bene, vedrai,” dichiara Gandalf, “sarà il più bel periodo della tua vita!”

Bilbo sospira profondamente.

“Beh, ecco,” dice, “promettimi solo che non pioverà in Erebor.”

   
 
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