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Autore: Ryuke    29/01/2015    0 recensioni
"L’universo. Un’accozzaglia di spazio inutilizzato, stelle, pianeti e asteroidi. Mucchi di terra che girano su se stessi all'infinito. Palle di fuoco che splendono nell'eternità fino a consumarsi del tutto. Eppure esse non sono come il resto. Tutto ciò che un giorno vive, quello successivo muore. Ogni cosa ha il suo tempo. Tutto, nell'intero universo, ha una fine. Ma non le stelle.
No, loro no. Privilegiate pupille dell’universo, esse continuano la loro vita pure dopo la morte. Quando si spengono o cessano d’esistere, si reincarnano in una creatura nuova, così piccola eppure così raggiante e meravigliosa. E possono vivere altri cento, anzi altri mille anni e anche di più. Non c’è niente al mondo che possa distruggere una stella." [cit. da Prologue]
Nilin, stella di Leo, ha vissuto i suoi primi venti anni di vita come una comune mortale sul pianeta terra, convinta di essere la figlia della dea Atena. Ma un misterioso guerriero, un "Guardiano" sta per arrivare a sconvolgere tutte le sue certezze.
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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capitolo 3

L  A   F I G L  I A   D E L  L  A   S T E L  L  A

Raiden restò folgorato per qualche istante dall’intensa luce arancio sprigionata dalla ragazza, che si era alzata in piedi e gli si era parata davanti. Egli si lasciò cadere sulle ginocchia, consapevole che ciò a cui stava assistendo poneva definitivamente fine alle sue speranze. Se fosse stato nel pieno delle forze magari avrebbe avuto qualche possibilità contro una stella inesperta e non addestrata, ma non certo in quelle condizioni. Quando il bagliore si ritirò, rivelò una nuova Nilin. Non indossava più antiquati abiti terrestri, ma un paio di pantaloni blu infilati in un paio di stivali di una lega particolare di gomma e carbonio di colore nero che gli arrivavano fin sopra il ginocchio. Sopra invece indossava una giacca bianca a mezzo busto con le maniche ripiegate all’altezza del gomito, e al braccio destro un particolare antibraccio che sfociava in un guanto del medesimo materiale degli stivali. Sotto la giacca indossava una semplice maglia marrone. I suoi capelli non erano più ordinati e pettinati all’indietro, ma stavano liberi e sciolti, con due mèche bianche che le scendevano lungo il ciuffo che piegava verso la sinistra e dietro fino alla nuca.
Con passo deciso e sguardo minaccioso, la Stella sia avvicinò a Raiden. Semplicemente guardandolo, lo sollevò con la forza del pensiero, facendolo restare sospeso di qualche centimetro in aria. Poi poggiò la mano destra sul suo petto, sopra al cuore.
-Senti, come batte?
-Si ... – rispose lui.
-Il suo … il loro non batte più. – sospirò la ragazza. Poi poggiò il pugno nello stesso punto in cui aveva poggiato la mano sfiorando appena la pelle, e Raiden strabuzzò gli occhi e cadde al suolo. Respirava in maniera affannata e si contorceva per il dolore.
-Il tuo smetterà giusto qualche attimo dopo che il pianeta sia bruciato – aggiunse sedendosi di fianco a lui.
-Pensavi davvero di farcela, non è così? – chiese, anche se sapeva che non avrebbe avuto risposta. In fondo, la domanda era retorica.
-Oh ma tranquillo, non sarai solo. Tutta questa gente, tutti quelli che vivono su questo pianeta di merda, vedi loro…non meritano di vivere. Proprio come te. Loro uccidono, derubano, fanno guerre in nome degli dei, loro non meritano il dono che gli è stato fatto. Loro disprezzano la vita. Per questo ho deciso che verranno tutti all’inferno con te, e sarò io ad accompagnarvi. Questo è il mio compito, il mio destino.
Edge, anche se a tratti e in lontananza, aveva sentito. Se avesse avuto la forza, avrebbe potuto salvare tutte quelle persone, avrebbe potuto salvare se stesso e lei, ma non riusciva né a muoversi  né tantomeno a parlare. Non poteva fare niente. Era sopravvissuto a tutte quelle botte e a tutti quei traumi per niente. Sarebbe inesorabilmente morto lo stesso. Nonostante tutto non voleva, non così. Non in quel modo. Riuscì a voltarsi dal lato opposto, e vide che a pochi centimetri da lui c’era il baratro. Allontanarsi dal punto dell’esplosione gli avrebbe dato qualche istante in più per raccogliere le energie. Così si sforzò. Cominciò ad oscillare finché il suo corpo non superò il limite del monte Olimpo e cominciò a precipitare nel vuoto, verso la terra. Ruotando in aria, si trovò nella posizione ideale per vedere la gigantesca esplosione correre verso di lui. Raccolse tutte le forze che aveva, chiuse gli occhi e sperò che funzionasse.
Li tenne chiusi, serrati per un tempo che a lui sembrò infinito. Ma le forze venivano sempre meno e prima di mollare e annullare la barriera della quale si era circondato per proteggersi dall’esplosione della Stella e del pianeta stesso, aveva bisogno di vedere cosa lo aspettava.
Aprì gli occhi.
Il buio.

 

 

* * *

I L   B U I O

Continuò a precipitare ancora e ancora nel vuoto, nel gelo e nel buio più totali per un periodo infinito. Sembrava davvero non dover finire mai, e spesso Edge si domandò se non fosse così la morte: una infinita caduta nell’oblio. Di tanto in tanto si scontrava con qualche asteroide, rimbalzava come un proiettile da una parte all’altra, continuando a precipitare come se fosse stato sparato a una velocità indescrivibile. A volte gli capitava di perdere i sensi e di risvegliarsi poco dopo con il cuore che gli batteva in gola. Ma proprio quando era giunto al limite della sopportazione, scorse una luce in basso. Un puntino luminoso che si faceva sempre più grande man mano che si avvicinava. Una forza devastante, una propulsione immensa, lo sparò fuori da quel varco luminoso reimmettendolo nello spazio aperto alla stessa medesima gran velocità. Viaggiò per anni e anni luce, senza riuscire a fermarsi: nelle sue condizioni era difficile muoversi nello spazio. Finché non finì a schiantarsi contro il vetro di una gigantesca nave – cargo spaziale, sfondando uno degli oblò.
-Presto, tutti fuori e sigillate la stanza!! – gridò uno dei presenti, mentre altri due lo avevano preso e trascinato fuori.
-Gra…grazie – riuscì a balbettare Edge prima di perdere nuovamente i sensi.
Restò in coma per parecchi giorni, mentre tutt’intorno a lui infermiere e medici industriosi s’adoperavano per curare le sue profonde ferite. Il gelo dello spazio e la totale assenza di calore alla quale era stato esposto aveva congelato letteralmente tutti tessuti danneggiati, impedendo loro qualsiasi tipo di rimarginazione. I medici non riuscivano a spiegarsi come avesse fatto a sopravvivere, e soprattutto cosa lo avesse sparato a una velocità tale da fargli frantumare un vetro temperato appositamente studiato per resistere all’impatto con asteroidi.
E nel sonno lui continuava a sognare di Nilin, e del maestro Wuh, e tutto era felice. Non c’erano stelle, non c’erano nemici ne dei, solo tanta felicità. Poi di tanto in tanto qualche ricordo affiorava e il suo cuore perdeva qualche battito. Andò avanti così per giorni, fino a che grazie ai tecnologici macchinari medici presenti su quella nave, il suo corpo cominciò a riprendersi e finalmente si svegliò. Aprendo gli occhi si sentì come se non avesse mai visto la luce. Provò a muoversi, ma lo trovò particolarmente impegnativo. Fu istintivo guardarsi attorno, e gli sembrò d’essere in una stanza d’ospedale. Impiegò un po’ di tempo a capire. Non ricordava quasi nulla, solo che aveva perso nello scontro con Raiden. Poi più nulla, buio totale. Il suo sguardo si spostò su se stesso, e si rese conto di essere completamente bendato: si passò le mani sul volto e si accorse che anche il volto era bendato. Cercò una superficie riflettente, ma non ne trovò. Allora provò ad alzarsi ma tutta la parte inferiore del corpo sembrava non rispondere. Rotolò giù dal letto e cadde con un rumoroso tonfo, che attirò l’attenzione delle infermiere fuori dalla stanza. Edge emise un gemito, e si voltò verso la porta. Vide due infermiere correre attraverso il vetro trasparente di cui erano composte le pareti. Da quella posizione riuscì a scorgere timido il suo riflesso: sembrava una mummia.
-Presto, vai a chiamare il dottore – disse una delle due infermiere, mentre si faceva aiutare a rimettere Edge sul letto. Provò a ribellarsi ma non riusciva a muoversi. Così rinunciò. Se fosse stato prigioniero molto probabilmente sarebbe stato legato.
-Do … ve … so … so … no … - riuscì a dire con la voce strozzata e sibilante.
-Siete sul Nautilus, una nave cargo, siete arrivato quattro giorni fa dal nulla, era conciato davvero male. Mai avremmo pensato che si sarebbe svegliato. – gli rispose l’infermiera con dolcezza, mentre gli rimboccava le coperte. In quel momento giunse il medico, con alcuni colleghi e l’infermiera che era andato a chiamarlo.
-Dottor Jegghins, il paziente è sveglio – disse l’infermiera.
-Lo vedo – rispose il medico pacatamente – potreste lasciare tutti la stanza? – aggiunse. Tutti quanti obbedirono e aspettarono fuori. Il dottore chiuse la porta e abbassò le tendine della vetrata così che non potessero ne udire ne vedere. Poi si avvicinò al letto trascinandosi dietro un carrello. Mise una sedia bianca di fianco al letto, e preparò una siringa.
-Questo dovrebbe aiutarti a parlare – disse prima di fare un’iniezione al giovane.
-Gra…grazie.
-Chi sei tu?
-Mi chiamo…Edge.
-Sei un Guardiano?
-La galassia…la galassia di Leo…quando è esplosa la stella?
-Nessuna stella esplode da secoli in quella galassia, che io sappia.
- Che giorno è?
-Ventiquattro luglio settantasei e novantuno1
-Mi prende in giro?
-Da dove vieni?
-Mi trovavo…sulla Terra, quando è successo.
- Quando è successo cosa? E che ci facevi lì? E’ disabitata che io sappia.
-Lei non sa niente, dottore.
-Già, lo vedo, Illuminami.
-Non saprei neanche spiegarle…ero nella galassia più remota dell’universo, e ora sono su una nave cargo in un’altra epoca e non ho idea di cosa sia successo in mezzo.
-In un'altra epoca?
-Era il settembre settantasei centoundici quando sono arrivato sulla terra...
-Ma è impossibile...vuoi forse dirmi che vieni dal futuro?
Edge guardò il dottor Jegghins come se si fosse perso. Quello si passò una mano tra i capelli, sconvolto e confuso. Il Guardiano cominciò a sforzarsi per ricordare, doveva assolutamente sapere cosa era successo. Ripercorse gli ultimi istanti che ricordava nitidamente, e per aiutarsi partì dall'inizio della storia, da quando era partito dal suo pianeta. Parlò del suo viaggio, dell'arrivo sulla terra e della battaglia con le divinità locali. Poi narrò la sua battaglia con Raiden, e la sua sconfitta. Qui i suoi ricordi si fecero più offuscati, come se le sue orecchie fossero state coperte dall'ovatta e i suoi occhi velati dalla nebbia. Rimembrò il suicidio della dea Atena, e la furia di Nilin. Di essersi gettato dall'Olimpo e di essere sopravvissuto alla gigantesca esplosione. Poi si ricordò del buio interminabile, e del freddo, degli asteroidi e degli svenimenti e della tachicardia e dell'oblò sfondato.
-Questo spiega molte cose... - disse Jegghins - sai, ricordo che ai corsi di astronomia all'accademia dei medici, un professore ci parlò di una teoria secondo la quale la morte del figlio di una stella genera un'esplosione talmente violenta da creare un buco nero in diretto collegamento con quello generatosi dall'esplosione della stella... - si guardò intorno e afferrò la cartella medica del ragazzo. Ne strappò un foglio bianco e lo piegò a formare una U, poi riprese - immagina che questo foglio sia la linea del tempo. Da una parte abbiamo il primo buco nero, dall'altra il secondo. Essi, secondo quella teoria, sono due porte aperte in due punti diversi della medesima linea temporale...
Edge si guardò i palmi delle mani fasciate.
-Posso salvarla - farneticò - posso salvarla, posso salvare tutti! Lei deve aiutarmi!
Il dottore accettò, e sottopose il ragazzo a una cura molto particolare, che in due giorni lo porto quasi alla totale guarigione. Si trattava di un trattamento rischioso, con numerosi effetti collaterali che andavano dalla tachicardia alla possibilità di un collasso neurologico. Ma queste cose non potevano far paura al coraggioso guardiano, che accettò di sottoporsi a qualsiasi cosa l’avesse rimesso in condizioni di lottare. Le ferite più grandi si ridimensionarono, mentre quelle piccole si rimarginarono completamente, così come le abrasioni e le fratture sparse per tutto lo scheletro. Quasi si spaventò il giorno in cui lo sbendarono definitivamente, lasciandogli solo una fasciatura che copriva la parte bassa del tronco, ancora ricoperta da diverse ferite e contusioni. I suoi abiti comuni erano andati distrutti sulla terra, e quelli della Gad mode sarebbero riapparsi quando fosse stato necessario. Tuttavia il dottore gli donò degli abiti nuovi.
Indossò dapprima i calzoni bianchi e rigonfi, che gli arrivavano fin sotto al ginocchio. Poi lo smanicato bianco coi bordi rossi, che lasciava scoperte le braccia muscolose e piene di cicatrici. Indossò gli stivali che arrivavano esattamente dove finivano i calzoni; questi ultimi erano neri, con delle una riga rossa che li attraversava verticalmente da un’estremità all’altra. Infine indossò il soprabito bianco con dei particolari in stoffa scarlatta e nera, lungo i bordi. Esso si reggeva solo sulla spalla sinistra, ed era tenuto avviluppato attorno al corpo di Edge con una fascia di lino vermiglia. Quando fu pronto, gli fu concesso di prendere una delle navicelle di salvataggio presenti a bordo del cargo, visto che avrebbe dovuto assolutamente raggiungere il pianeta natio di Nilin.
Il suo piano prevedeva di giungere li e impedire a Raiden di trovarla, così che nessuno fosse costretto a spedirla sulla terra. In questo modo le avrebbe salvato la vita e avrebbe salvato il destino del pianeta Terra.
-In bocca al lupo, Edge.
-Grazie dottore…lei cosa farà?
-Io sto andando sul pianeta Askin, sono in cerca di una clinica che mi accetti.
-Sono sicuro che la troverà…addio.
Disse il giovane mentre chiudeva lo sportello della navicella. Jegghins si allontanò, e il portello di sgancio si aprì, lasciando andare la navicella di forma ovoidale. Questa in un attimo fu già fuori dal campo visivo della nave madre. Era ormai il ventisei luglio, il giorno del suo compleanno era vicino e quindi anche quello di Nilin. Secondo il computer di bordo avrebbe impiegato circa un giorno a giungere alla meta. Si mise comodo, ed avviò la macchina, gli ingranaggi del cervello per studiare un piano che non fosse “arrivo e spacco il mondo”. Doveva sapere esattamente cosa fare prima del tempo, anche perché non poteva sapere se Raiden già a quel tempo era più forte di lui o se lo divenne nei venti anni successivi. E il fallimento non era contemplato.

 

 

* * *

L  A   T E N A C  I A   D E L   G U A R D I A N O

Giunto sul pianeta, atterrò in una zona deserta, dove nessuno se ne sarebbe accorto facilmente. Non sapeva cosa lo aspettava, quindi doveva usare la massima prudenza. Di preciso, era atterrato vicino a una foresta, su una collina verde. Il pianeta Askin era famoso per il caratteristico colore arancione del cielo, data da un particolare fenomeno chimico che Edge non conosceva ma che si fermò ad ammirare per qualche istante. Ad un tratto, si voltò verso la fitta boscaglia che gli stava dietro. Qualcosa gli diceva che doveva entrarci. E così, incuriosito da questo suo strano istinto si addentrò. Non dovette arrancare troppo tra gli arbusti e le ragnatele prima di scorgere in lontananza un piccolo cratere. Con calma si avvicinò, e vide che al centro vi era un’astronave atterrata da poco. La riconobbe subito.
-Merda, quella è la mia nave…come ci è finita qui? Dovrebbe essere esplosa insieme alla Terra
Per un istante il pensiero che Raiden fosse ancora vivo si fece strada nella sua mente. Se fosse riuscito, in qualche modo a salvarsi? Ma si rese conto che era più probabile che uno dei suoi scagnozzi, che doveva essere sopravvissuto, l’avesse trovata e usata per scappare.
“Ma perché venire proprio su questo pianeta?” pensò. Per lui, non aveva senso. Decise di proseguire, scacciando quei pensieri. Magari era solo una coincidenza, o un altro Guardiano con una navicella simile era atterrato sul pianeta. Continuò a camminare fin quando non sbucò dall’altra parte della foresta. Qui, sulla sua sinistra ma un po’ più a valle scorse una seconda navicella monoposto, che però era diversa dalla precedente.
-Ma che sta succedendo? – si domandò. La luce del giorno stava calando, e in lontananza notò in cima a una collina un’abitazione. Poteva essere un buon riparo per la notte, così fece in modo di raggiungerla. Si trattava di una semplice casa fatta con assi di legno scuro, molto probabilmente ricavato dalla stessa foresta che aveva attraversato. Davanti alla porta d’ingresso c’era una piccola veranda rialzata, alla quale si accedeva salendo una rampa di quattro o cinque scalini. Quando la raggiunse, Edge si rese conto che si trattava di una casa abbandonata. Le assi erano quasi tutte consumate, e la porta si reggeva per miracolo. Poggiandoci semplicemente la mano, la fece cadere. Poi sentì un rumore provenire dall’interno e si allarmò. Entrò con cautela, con la guardia alzata. Alla sinistra vi erano delle scale, sempre in legno, che salivano al piano superiore, mentre alla sua destra vi era una porta chiusa e di fronte a lui uno stretto corridoio, che portava a una stanza più grande circolare, al centro della quale vi era un tavolo. Quando vi fu di fronte, qualcosa lo attaccò dal suo lato sinistro. Una figura incappucciata, col volto celato dal buio della stanza. Edge parò il colpo, e deviò anche i seguenti. Provò ad interrompere la sequenza, ma nella colluttazione risultarono esattamente alla pari.
-Chi diavolo sei? – disse il giovane guardiano.
La figura incappucciata fece qualche passo avanti, e si tolse il cappuccio per farsi riconoscere.
-Io sono te – disse. Era davvero lui, un altro Edge.
-Come diavolo… - chiese il ragazzo avvicinandosi – che stregoneria è questa?
-Nessuna stregoneria … - disse una terza voce uguale alla sua. Edge si voltò e dietro di lui c’era un secondo Edge.
-C’è un motivo se il tuo istinto ti ha portato qui … - disse il primo.
-Noi siamo qui per il tuo stesso motivo, per salvarla. – aggiunse il secondo. Edge era piuttosto confuso.
-Le navicelle…sono vostre. – bisbigliò tra se e se.
-Noi fin ora abbiamo fallito per due volte…ma stavolta possiamo farcela, con te le cose cambieranno – disse ancora quello che gli stava di fronte. – abbiamo già un piano. Prenditi una sedia, sarà una lunga conversazione

 

 

* * *

I L   P I A N O

I tre Edge si separarono, ognuno con la sua parte del piano. Il nostro Edge aveva il compito di andare a prelevare la bambina e portarla sana e salva a una navicella. Se le cose fossero andate bene uno di loro l’avrebbe accompagnata sul pianeta dei Guardiani, dove sarebbe stata al sicuro. Se le cose fossero andate male l’avrebbero spedita da sola e loro sarebbero rimasti li ad assicurarsi che nessuno la seguisse. In ogni caso c’era una via di fuga sicura per Nilin.
Era la sera del ventotto luglio e Nilin era nata da appena due giorni, secondo quanto detto dai suoi alter ego. Il che significava che Raiden doveva essere arrivato già sul pianeta.
-Sono nel posto giusto – disse Edge tra se e se mentre bussava alla porta. Un uomo basso e baffuto aprì la porta. Era mingherlino, non si sarebbe mai aspettato che fosse così il padre di Nilin.
-Sa perché sono qui – disse Edge guardandolo dritto negli occhi, assumendo un’espressione piuttosto seriosa. L’uomo gli fece cenno di entrare.
-Il mio nome è Milos – disse – sono il padre della bambina.
-Nilin…
-Come fate a conoscere il suo nome? – chiese.
-Non capireste – disse sorridendo il Guardiano – il mio nome è Edge – proseguì porgendogli la mano. L’uomo glie la strinse vigorosamente, e poi gli fece cenno di entrare nella stanza davanti alla quale si erano fermati.
-Milos…chi è? – chiese una voce femminile. Sul letto matrimoniale che c’era nella stanza stava una donna piuttosto grassoccia, che allattava una minuscola neonata. Alzando lo sguardo rimase atterrita.
-Alin…quest’uomo si chiama Edge…
-No…la mia piccola… - cominciò a piangere la donna. Edge provò ad avvicinarsi ma lei si alzò in piedi e  fece qualche passo indietro, finendo con le spalle al muro.
-Signora…ehm…Alin…mi ascolti, lei è una madre. Le madri sanno sempre cos’è meglio per i loro figli, è questo che siete no? Delle guide. Mi guardi, la prego, mi guardi negli occhi.
La donna teneva lo sguardo basso, mentre piangeva sommessamente, cercando di trattenersi. Il giovane fece qualche passo verso di lei, ed ottenne la sua attenzione visiva. Si guardarono attentamente negli occhi.
-Lei sa che è la cosa giusta – disse il Guardiano – mi permetta di salvarla, la prego…non abbiamo più tempo. Mi guardi Alin, mi guardi. Si fidi.
La donna osservò sua figlia, e poi di nuovo tornò a fissare gli occhi del giovane. Sembravano così innocenti. Non mentiva. Aveva ragione, il suo istinto di madre glie lo diceva. Si avvicinò timidamente ad Edge, e le porse il fagottino. Lui sorrise alla bimba, che dormiva beata.
-Hei…ciao – sussurrò dolcemente cullandola un poco – da quanto tempo eh?
Rialzò lo sguardo, per osservare i due genitori della piccola abbracciarsi affranti.
-Io vi prometto che darò la mia vita per proteggerla – disse loro – e non solo io.
Prese una copertina da sopra il letto e la avvolse al fagottino che già cingeva la piccola e lasciò la casa. Fuori faceva freddo, ed aveva iniziato a nevicare. Il guardiano arrancò controvento risalendo dalla città fin sulle colline, dove i fiocchi erano più grossi e gelidi. Arrivato alla sua navicella, mise Nilin al suo interno, per non farle prendere freddo. Ed aspettò che gli altri tornassero.
Aspettò.
Aspettò.
Aspettò.
Per ore e ore attese il loro ritorno. Forse li avevano catturati, forse avevano bisogno di aiuto. In fondo erano suoi alter ego, come poteva abbandonarli a loro stessi? Pensò che la bambina si sarebbe salvata lo stesso, se l’avesse spedita al Monastero. Ma se gli altri due avevano fallito, sarebbe toccato a lui fermare Raiden. Così riaprì il portello della navicella, caricò la destinazione sul computer di bordo e la programmò per il decollo. Poi lo richiuse e si allontanò. Si diresse verso quello che sarebbe dovuto essere, secondo il piano, il punto di scontro.

 

 

* * *

E P I L  O G O * I L   C  O R A G G I O   D I   U N  U O M O

Poco fuori il porto spaziale, i due alter ego di Edge avrebbero dovuto intercettare Raiden e i suoi uomini e sconfiggerli. O tenerli occupati abbastanza da permettere allo stesso Edge di mettere Nilin in salvo. E così fecero. Il loro obiettivo non tardò ad arrivare e cominciarono subito a battersi. Uno si sbarazzò in pochi istanti delle pedine, mentre l’altro teneva impegnato il “Re”.
Poi, due contro uno, diedero vita a uno scontro epico. Tre Guardiani che si battevano come delle furie, ognuno per le proprie ragioni. Perfino il pianeta su cui si trovavano temeva e rispettava il loro potere. Il cielo si addensò e divenne nero mentre iniziava a nevicare e a soffiare un vento gelido. La terra si spaccava sotto i loro colpi, mentre violenti fulmini si abbattevano sulla terra squarciando l’aria con boati pari a quelli provocati dai colpi che si scambiavano i tre combattenti. Nonostante il vantaggio numerico però, Raiden sembrava sempre il più forte. Ogni volta che colpiva, era come se la felicità e la voglia di combattere si affievolissero all’interno del corpo del bersaglio, sotto l’effetto di una potente magia. I due Edge non riuscivano a contenere la sua esuberante forza, così subivano danni su danni. E i loro colpi si fecero sempre più deboli, fino a diventare del tutto inefficaci.
-A quanto pare tu sarai il primo. – disse Raiden mentre teneva stretto per il collo uno dei due. L’altro era rimasto a terra dopo aver ricevuto un violento calcio che da una ventina di metri d’altezza l’aveva fatto schiantare al suolo. Il giovane, stretto nella presa dell’avversario, sogghignò un attimo e poi cercò di afferrare con le mani il polso dell’avversario per far si che lo lasciasse andare.
-No..n-non mi arrendo. – balbettò.
Raiden strinse la presa con l’intento di strangolarlo ma in quell’esatto istante arrivò il nostro Edge, che lo centrò con un gancio destro in volo violentissimo, tale da farlo schiantare contro una rupe che stava a centinaia di metri di distanza.
-Stai bene? – disse al suo compare che era caduto sulle ginocchia e si massaggiava il collo.
-Si…ma noi siamo a pezzi…sei…
-No – lo interruppe voltandosi verso di lui – non sono solo. Gad mode.
Stavolta non avvenne nessun magico cambio d’abito. Ma il simbolo di Leo si espanse come sempre, mentre un’aura scarlatta avvolgeva il suo corpo.
-Oggi io non sarò sconfitto.. – disse mentre avanzava sicuro verso l’avversario. Quest’ultimo si alzò, confuso.
-Ma che stregoneria è questa?! Quando lo capirete che non basterebbero neanche cento di voi per battermi?
-Io sono l’ultimo…e basterò.
Dando fine alle vuote ciance i due cominciarono a scontrarsi. I loro colpi andavano per la maggior parte a vuoto o venivano parati. Edge sapeva che finché fosse rimasto fresco sarebbe riuscito a tenergli testa, ma era importante che non perdesse la concentrazione.
All’improvviso però Raiden cambiò tecnica di combattimento, e ne usò una che non conosceva. Era come se i suoi pugni gli succhiassero via la felicità. I suoi ricordi cominciarono a farsi confusi e lontani. Questo lo sorprese e lo rese vulnerabile a una serie di colpi micidiali, calci e pugni carichi di energia che lo consumarono letteralmente. La violenza dell’ultimo colpo lo scagliò a decine di metri, facendolo schiantare al suolo. A fatica e barcollante, ma riuscì a rialzarsi.
-Maledetti! Avete la pellaccia dura, non è così? Ma la vostra fine è vicina. – disse Raiden camminando verso l’Edge con cui si stava battendo. Egli richiamò a se quanta più energia possibile.
“E’ un tentativo disperato, ma devo provare”, pensò.
Si preparò per eseguire la sua mossa finale ma non glie ne venne concesso il tempo. Il grido di lancio gli fu strozzato in gola dalla devastante tecnica di Raiden.
-ESPLOSIONE DEL DRAGO! – gridò quello, mentre dal suo corpo un turbine di luci smeraldine si diffondevano tutto intorno, generando una esplosione di dimensioni tali da essere visibile dallo spazio.
Tutti e tre gli Edge vennero raggiunti e spazzati via in un sol colpo, inondati da quella potenza inaudita. Quando la luce si fu ritirata, Raiden stava sospeso in volo, su di un gigantesco cratere, non tanto profondo quanto vasto. La temperatura si era innalzata al punto che la terra si era fusa e trasformata in sabbia in seguito al brusco calo della temperatura. Egli dall’alto guardava compiaciuto la sua opera, finché non notò qualcosa muoversi sotto la sabbia. Da essa spuntò Edge, rimasto a torso nudo, con in dosso solo i calzoni bianchi e gli stivali logori. Il suo corpo era ricoperto di sangue, che gli grondava da tutte le parti, misto a sabbia.
-PERCHE’ NON VI DECIDETE A MORIRE?! CHE RAZZA DI STREGONERIA STATE USANDO?!  – esclamò furibondo il nemico mentre scendeva a terra.
-Non è una stregoneria… - rispose il giovane guardiano mentre alimentava le deboli fiamme della sua aura con le energie che gli restavano  - è il coraggio di un uomo…
Un altro di loro, più distante, sbucò tra la sabbia.
-Non è una stregoneria… – disse mentre  si sollevava a fatica, e innalzava anch’esso la sua aura vermiglia – è la tenacia del Guardiano…
Infine sbucò anche il terzo, il più malconcio di tutti, che a stento si reggeva in piedi.
-Non è una stregoneria… - esclamò raccogliendo le sue forze, cercando di non stramazzare al suolo – è la fedeltà del Guardiano!
Le tre aure scarlatte brillarono tutte e tre intensamente, come se l’una traesse forza dalle altre. Poi due fasci splendenti partirono dal secondo e dal terzo Edge, ed avvolsero il primo, che ricevette tutto il potere che restava loro.
-Prendi le nostre vite – disse uno di loro due – era questo il piano, fin dall’inizio…noi tre dobbiamo morire qui ed oggi, ed useremo questo potere per portarti con noi Raiden di Leo!
Il giovane guardiano si guardò i pugni, ammirando lo straordinario potere che sentiva dentro di se. Il potere di tre guardiani, di tre vite messe insieme.
-Finitela con queste pagliacciate, è ora che io vi uccida una volta per tutte. – commentò seccato Raiden.
-Sai… - disse Edge - prima hai detto che non avremmo potuto sconfiggerti neanche se fossimo stati in cento…ora proverai la sensazione di essere colpito da un milione di noi!
Poi si piegò sulle ginocchia, preparandosi a scattare mentre la sua aura ardeva scintillante come non mai.
-STELLA DI LEO, MILIONE DI PASSI DEL LEONE! – gridò con tutto il fiato che gli restava in colpo scattando in direzione dell’avversario. Quest’ultimo non restò a guardare, e preparò il suo colpo migliore.
-VENDETTA DEL DRAGO, RYU KEN! – gridò mentre un drago verde si dipartiva dalla sua figura emanando una luce d’orata e si dirigeva a contrastare il colpo di Edge che avanzava. Ma i pugni che questi scagliava erano carichi di un potere fuori dal comune, paragonabile a quello di alcune stelle addirittura. I suoi colpi aveva una frequenza tale da ripetersi uno ogni milionesimo di secondo. La sua potenza era talmente devastante che in mezzo secondo spezzò la tecnica che lo aveva sconfitto pochi giorni prima sulla Terra, e scagliò i restanti cinquecento mila colpi addosso a Raiden, devastandolo e uccidendolo in un boato devastante. Gli altri due Edge avevano già dato la loro vita, ora mancava solo lui.
Quando gli effetti dell’esplosione si ritirarono, il giovane guardiano si ritrovò a terra, completamente paralizzato e con le braccia fratturate in più punti. Sentiva ogni centimetro, anzi ogni millimetro del suo corpo chiedere pietà. Il dolore era insopportabile. Non riusciva neppure a roteare gli occhi. Batté le palpebre un paio di volte e poi le strabuzzò un’ultima volta meravigliato.
Una splendida visione conciliò il suo violento e brutale trapasso.
Un bambino e una bambina che giocavano sereni, nel giardino della casa del maestro Wuh.
-Nilin…
Affidò quel nome al vento un’ultima volta prima di chiudere gli occhi per sempre e guadagnarsi il meritato riposo.
Nilin, figlia della stella Nilin di Leo.

 

 

NOTE

1. La data: ovviamente non potevo utilizzare un sistema di numerazione temporale basato sulla nascita di Cristo, quel novantuno non sta per 1991, ma a un sistema ben più complesso basato sul calcolo dell’età dell’universo a partire dall’esplosione della prima stella e la conseguente nascita della prima figlia della stella, avvenuta circa nove miliardi, seicento milioni  cinquecento settantasei mila e novantuno anni prima del momento in cui Jegghins e Edge parlano (9'600'576'091).

ANGOLO DELL'AUTORE

Ebbene eccoci giunti alla fine di questa storia. Alcuni mi hanno detto che pare scritta un pò di fretta, e forse è vero, quindi potrebbe essere riscritta sotto forma di long. In ogni caso si tratta di una storia che fa da pilota a una saga, la Saga delle Stelle, della quale oltre a questo racconto faranno parte altre due one shot (o forse una) e un'altra long. Quindi in realtà la storia non finisce qui. Questo è solo l'inizio....
Spero che non vi siano sfuggiti i ricchi dettagli di cui ho impregnato la storia e che sono indispensabili per capire molte cose (ad esempio: avevate notato che il medico che fa nascere Edge è lo stesso che gli salva la vita nello spazio? Questo è solo un esempio, e spero che li abbiate notati tutti perchè li reincontreremo quasi tutti molto presto :D)
Come sempre commenti e recensioni sono graditi, ringrazio tutti coloro che mi faranno il grande piacere di leggere questa storia e chissà, magari si appassioneranno alla saga. Alla prossima storia :D

Ryuke

   
 
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