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Autore: Molly182    01/02/2015    1 recensioni
«Perché non mi hai mai detto che il tuo vero nome è Thomas?»
«Perché non me l'hai mai chiesto…»
«Spiegami perché avrei mai dovuto chiederti se quello fosse il tuo vero nome?»
«Perché pensavo che mi avessi riconosciuto»
«È piuttosto difficile vedere chi ho davanti, sai?», mi disse mentre stava riempendo due tazze di caffè caldo. «Soprattutto se il locale ha luci basse e quello che mi sta davanti ha un maledetto cappello che gli copre metà volto»
«Hai ragione», le dissi ridendo e appoggiando il cappello sul ripiano.
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Tom DeLonge
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Chapter thirteen.
Lost
 
«Cassie».
Era piena notte, la città stava dormendo e lo stavo facendo anch’io finché Thomas non aveva iniziato a chiamarmi nel cuore della notte costringendomi a ignorarlo e a voltarmi dal lato opposto il suo.
«Cassie», sussurrò di nuovo. Non si dava per vinto. «Stai dormendo?», mi domandò strattonandomi leggermente, quel tanto che bastava da costringermi a rispondergli.
«Se ti dico di sì, mi lasci in pace?», dissi portandomi il lenzuolo fino a sopra la testa.
«Avanti Cassie, svegliati!», mi ordinò lui avvicinandosi a me ottenendo solo la mia mano sulla sua faccia per allontanarlo. Mi stava stancando. «Cass!»
«Che cosa vuoi Thomas, sono le quattro del mattino, non hai pietà per me?».
«Andiamo!»
«Cosa?»
«Andiamo!»
«Sii più specifico…», gli chiesi mettendomi a sedere ormai svegliata del tutto da quell’uomo a carponi che si agitava sul letto. «Che cosa intendi con “andiamo”?»
«Via»
«E dove?»
«Non lo so»
«Potresti dire qualcosa più di tre parole?»
«Ti spiego dopo, ora vestiti», disse tirandomi i vestiti che il giorno precedente mi aveva nascosto. «Ti aspetto in macchina», aggiunse uscendo dalla stanza prima che io potessi ribattere. Non mi ero accorta che era vestito e aveva già le scarpe ai piedi.
Nonostante la scarsa voglia di alzarmi e l’elevato desiderio di tornarmene a dormire e lasciarlo ad aspettare in macchina da solo fossero notevoli, mi arresi e mi lasciai convincere a seguirlo. Indossai i vestiti e mi lavai il viso e approssimativamente i denti con un po’ di dentifricio sul dito.
«Ce ne hai messo di tempo!», ribadì appena salii in macchina che in precedenza si era preoccupato di tirarla fuori dal garage.
«Dove andiamo?», gli domandai ignorando la sua battuta.
«Non lo so, per ora pensavo di uscire dal vialetto, poi andrò dritto e pregherò».
«Per cosa?»
«Per far si che non ci sia un muro dove andare a sbattere»
«Thomas, non sono in vena di scherzi, ho sonno e domani dovrò andare a lavorare»
«Mi dispiace, se vuoi…»
«Non ti preoccupare, solo non mi svegliare finché non arriviamo a destinazione», dissi accendendo la radio e mettendomi comoda sul sedile del SUV. Sapevo che non mi sarei più riaddormentata, ma volevo farlo sentire in colpa almeno un po’ per avermi svegliato nel cuore della notte.
«Sei arrabbiata?», domandò tornando alla carica, ignorando completamente quello che gli avevo detto di fare.
«No, non sono arrabbiata»
«Mi dispiace»
«Ora siamo qui»
«Scusa»
«Thomas, zitto!», dichiarai. «Non ti preoccupare, mi piace passare del tempo con te», dissi provando a rassicurarlo, cercando di placare la sua parlantina. «Ma perché adesso?»
«Non lo so, mi annoiavo…»
«E non potevi, che ne so, dormire?»
«E perdermi tante cose belle?»
«Hai presente il telefilm “How I Met Your Mother”?», domandai aspettando una sua risposta. «Ecco, Ted dice: Nothing good happens after 2 A.M.*, perché non puoi prendere esempio da lui?». Non rispose. Si limitò a guardarmi e a sorridere per poi tornare a fissare la strada davanti a se.
Ormai eravamo in viaggio già da quasi un’ora, il sole stava pian piano iniziando a sorgere colorando l’intero paesaggio davanti a noi. Adoravo questi momenti della giornata, mi facevano pensare a quanto fossi piccola rispetto a tutti quei fenomeni che il Mondo ci regalava ogni giorno. Ma il Mondo non regala sempre cose incantevoli e, infatti, a ogni reazione bella corrisponde una reazione contraria e fu così che quando ci fummo lasciati alle spalle l’ultimo distributore di benzina e l’ultimo meccanico, la macchina iniziò a fare strani rumori e a bloccarsi in mezzo alla corsia.
 
Scendemmo dalla macchina e Thomas si affrettò ad aprire il cofano e a toccare qualche pezzo al suo interno come se realmente sapesse quello che stava facendo. Aspettai qualche minuto prima di mettere da parte il suo orgoglio da uomo e mettermi di fianco a lui a guardare quell’insieme di aggeggi metallici e cavi che facevano funzionare l’auto. «Pensi di sapere il perché si è fermata o vuoi fingere ancora un po’ di capirci davvero qualcosa?», lo canzonai.
«Houston, abbiamo un problema!»
«Da cosa l’hai dedotto?»
«Secondo me è il carburatore»
«Ne sei sicuro?»
«Non proprio, però nei film è sempre quello che si rompe», disse chiudendo il cofano e appoggiandosi sopra.
«Tom, noi non siamo in un film», gli feci notare mettendomi davanti a lui. «Siamo bloccati in mezzo al nulla e temo che un coyote possa saltare fuori da un momento all’altro e mangiarci»
«Tranquilla, è presto per i coyote», disse prendendomi tra le sue braccia e poggiando il mento sopra la mia testa.
«Senti, non è che non c’è più la benzina?», provai a dirgli ricordandomi che la sera precedente aveva rimandato di farla.
«Ti arrabbieresti se fosse davvero così?», domandò quando, dopo essersi staccato da me, ebbe controllato che la lineetta rossa non fosse sull’E dell’indicatore di benzina.
«Avevo ragione?»
«Ci conviene aspettare un carroattrezzi o almeno spostare la macchina dalla strada».
«Ma è pesante!»
«DeLonge, hai messo su qualche chilo, ti farebbe bene un po’ di allenamento!», dichiarai scherzando e con fatica riuscimmo a spostare la macchina non fuori dalla carreggiata ma almeno al margine così da non intralciare possibili guidatori, anche se improbabile.
Iniziammo a tornare indietro, camminando una di fianco all’altro, cercando di mantenere lo stesso passo, sotto il cielo che si stava schiarendo davanti a noi. Immersa nei miei pensieri non mi resi conto quando a metà strada mi prese la mano e si fece più vicino. Continuò a restare zitto e a camminare al mio fianco con uno strano sorriso sul viso. Nonostante avesse abbandonato la macchina in mezzo al nulla, continuava a sorridere come se non gliene importasse nulla.
«Il carroattrezzi lo hai già chiamato?»
«Ci ha pensato l’auto, quando si è bloccata, ha mandato un avviso con le coordinate all’operatore dell’assistenza stradale dell’auto e la fortuna vuole che prima delle sette non possono aiutarci».
«Efficienti!», dissi sarcasticamente. «Senti, ma perché stavi andando in Messico?»
«In verità stavo andando verso il Grand Canyon ».
«Ehm no, tu stavi guidando a Sud, il Grand Canyon si trova in Arizona, ossia a Nord-Est rispetto a dove siamo adesso».
«Ne sei sicura?»
«Qual è stato l’ultimo cartello che hai visto?»
«San Ysidro se non sbaglio…»
«Questo deve darti una risposta… no ma aspetta!», dissi mettendomi davanti a lui. «Sul serio pensavi di arrivare fino al Grand Canyon entro la mattinata?», gli domandai. «Sono otto ore di macchina!»
«Se ti dicessi che l’ho fatto per passare un po’ di tempo con te serve ad addolcire la pillola?»
«Thomas hai trent’anni, non hai bisogno di comportarti come un ragazzino»
«Lo so, solo che…»
«Solo che cosa?», gli domandai senza lasciargli il tempo di darmi una valida risposta.
«Sii solo mia», disse bloccandomi per un braccio costringendomi a guardarlo mentre diceva quelle parole.
«Thomas, cosa diamine stai dicendo?», gli chiesi passandomi una mano sul viso, stanca di discutere e di camminare.
«Abbiamo passato un bellissimo weekend insieme, speravo di poterlo allungare un po’ di più, volevo trascorrere un’altra ora con te. È chiedere tanto?»
«Sì, se quello che capita dopo è ritrovarci bloccati in mezzo al nulla sulla strada per andare in Messico».
«Ok, è stato uno stupido errore di orientamento, ma tu non avresti mai accettato se te lo avessi chiesto»
«Ne sei davvero sicuro?»
«Mi hai quasi ucciso quando ti ho proposto una cena fuori».
«È stato un errore, non volevo versarti il caffè addosso».
«Allora errare è umano»
«Senti, magari un giorno rideremo di questa cosa, sempre se sopravviviamo, ma per ora possiamo concentrarci soltanto sul camminare e trovare quella maledetta stazione di servizio?»
«Diamine! Non c’è anima viva qui»
«Forse ci conviene tornare alla macchina, sarà più facile rintracciarci o almeno possiamo chiedere un passaggio», e fu così che bloccandoci a metà strada tornammo indietro. Il sole ormai si era alzato e il cielo era di nuovo azzurro, limpido, senza neanche una nuvola.
«Senti, so che quello che sto per dire può sembrare estremamente stupido da parte mia, giusto perché di cazzate non ne ho fatte fin troppe fin ora, ma c’è dell’altro».
«Perché continui a fare giri di parole?»
«Sono un idiota»
«E su questo siamo d’accordo entrambi»
«Non lo metto in dubbio, ma ora stiamo andando fuori tema… ti volevo dire che c’è dell’altro».
«Va bene, sentiamo…»
«Il fatto di essere qui non è stato proprio casuale, cioè la macchina che si è fermata è stata proprio una sfiga venuta dal cielo, ma è vero che volevo passare del tempo con te perché ce ne resta davvero poco».
«Stai per morire?», chiesi titubante.
«No, cioè spero di no, le mia salute è apposto, ma non è questo il punto», farneticò passandosi una mano tra i capelli e infine fermandosi sul ciglio della strada. «Il punto è che adesso iniziano diversi festival e ciò mi porterà a stare via per molto tempo, a viaggiare per il mondo e a essere lontano da te e mi scoccia poiché ora le cose stavano andando bene tra di noi».
«Quando dovresti partire?»
«Settimana prossima, giorno più, giorno meno», disse guardando da tutt’altra parte come se si vergognasse di quello che stesse dicendo.
Feci una lunga pausa, cercando di trovare qualcosa da dire. Non avevo proprio nulla da dire oltre al fatto che nel giro di sette giorni sarei ritornata alla tranquillità senza il ciclone Thomas a stravolgermi le giornate.
Che cosa sarebbe successo? Che cosa avremmo fatto? Che cosa eravamo?
Non lo sapevo neanch’io. Non avevo idea di come gestire la cosa.
«Perché hai aspettato adesso a dirmelo?», gli domandai infine. «I tour non vengono programmati all’ultimo».
Non ero arrabbiata, non ero delusa, mi sentivo svuotata, ma non quella sensazione positiva che si ha quando confessi un segreto e ti senti più libero. No, era un vuoto da: “E ora cosa farò?”.
«Perché era stato organizzato tutto già prima che tu ed io, beh… che iniziasse tutto ciò», spiegò spostando i suoi occhi verso i miei e finalmente guardandomi. «Non potevo dirti: “Fantastico ora che Jennifer si è levata dai piedi possiamo iniziare a stare insieme. Ah si a proposito, tra qualche mese partirò e tu resterai qui. Ci vediamo quando torno. Hasta la vista, baby!”»
«Va bene, va bene», dissi portandomi le braccia al petto. «Quindi cosa faremo?»
«Cerchiamo di passare più tempo possibile insieme e poi ci penseremo venerdì», propose alzando le spalle e accennando un sorriso.
«Continuiamo a camminare»
Non c’erano alternative che accettare la proposta di Tom e cercare di sopravvivere a questa giornata. Tutto ciò che volevo era tornarmene a casa farmi una doccia calda e riflettere sul da farsi.
Il sole ormai alto in cielo stava iniziando a riscaldare l’aria e un venticello leggero e caldo ci colpiva in viso. Dopotutto non era affatto spiacevole.
«Posso dire una cosa spiacevole?»
«No!», obbiettai.
«Nel peggiore dei casi ci potrebbero rapire gli alieni», dichiarò ignorando il significato del mio “no”.
“Thomas, smettila!», gli dissi. «Non dire stupidaggini, non ci sono alieni in Messico che potrebbero rapirci»
«Dico solo una parola, anzi, una città!», dichiarò portandosi le braccia incrociate al petto. «Roswell»
«Senti, l’operatore dell’assistenza stradale sa dove siamo, è impossibile che scompariamo nel nulla»
«Per quanto ne sappiamo possono manomettere qualunque tipo di tecnologia»
«Se stai cercando di spaventarmi, sappi che ci stai riuscendo», gli feci notare facendomi più vicina a lui e aggrappandomi al suo braccio. Tom mi rivolse uno sguardo e sorrise. Sorrise come aveva fatto all’inizio. Come faceva ogni volta che stava con me.
Non ero sicura ancora dei miei sentimenti, non sapevo neppure cosa significava amare qualcuno, eppure stare con lui, anche se eravamo dispersi in mezzo al nulla, non era poi così sgradevole, sapevo che sarebbe andato tutto bene se lui fosse stato al mio fianco.
 
* HIMYM 01x18 - Dopo le due di notte... | Traduzione: Non succede mai niente di buono dopo le due di notte.
N/A:
Ehilà gente, scusate l'assenza ma sono stata abbastanza impegnata con gli esami, l'università e il lavoro.
Spero che questo capitolo vi piaccia e spero anche in qualche recensione :)
Alla prossima.
P.s. Sono abbastanza depressa per come stanno andando le cose (nell realtà) tra la band.
   
 
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