Videogiochi > Kingdom Hearts
Segui la storia  |       
Autore: Pikappa93    03/02/2015    2 recensioni
San Fransokyo è uno dei mondi che stanno per essere coinvolti nella battaglia finale contro Xehanort. Hiro e Tadashi ancora non lo sanno, ma stanno per essere catapultati in una vicenda più grande di loro. D'altronde, i due fratelli non hanno certo familiarità con magia, Keyblade e altre cose strane di cui non sospettavano minimamente l'esistenza.
Tutto comincia qualche anno prima con un incontro...
La ragazza misteriosa si sedette vicino a lui.
«Come ti chiami?» gli chiese.
«Tadashi» rispose timidamente il bambino. «Tadashi Hamada».
«Piacere di conoscerti, Tadashi. Io sono Aqua».
Genere: Fantasy, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro Personaggio, Aqua, Sora, Un po' tutti, Xehanort
Note: Cross-over, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Way to the Dawn
Capitolo II

Tadashi e Hiro – questo era il nome dei due ragazzi a cui aveva salvato la vita poco prima – condussero Sora a casa loro. L’accoglienza fu a dir poco… particolare.
«Oh, santo cielo, ragazzi!»
Appena entrati, una donna di mezza età si scaraventò letteralmente addosso ai due fratelli stringendoli in un abbraccio soffocante. Quando li lasciò andare, osservò il più piccolo dei due con orrore.
«Hiro, tesoro! Che ti è successo?!»
«Niente, zia Cass, è solo che…»
«E si può sapere dov’eravate, tutti e due?!»
«Ehm, a dire il vero…»
«E LUI CHI È?!» urlò infine accorgendosi della presenza di Sora.
Seguì un imbarazzante momento di silenzio in cui quest’ultimo desiderò con tutto il cuore di poter diventare invisibile, sprofondare nel pavimento o qualsiasi altra opzione che gli permettesse di non sentirsi di troppo.
Che avrebbe dovuto fare? Chiedere scusa? Presentarsi?
«Beh… ecco, il mio nome è Sora…»
Risposta sbagliata?
Cass lo fissò con aria tanto sconvolta quanto perplessa per quella che sembrò un’eternità. Nessuno sapeva di preciso che fare o cosa dire.
Fu Tadashi a rompere il silenzio: «Ehm… io salgo su a prendere la cassetta del pronto soccorso».
Cass non fece caso al nipote e cominciò a mangiarsi le unghie facendo avanti e indietro, lo sguardo rivolto verso il basso. Venne distratta solo quando lo stomaco di Sora cominciò a brontolare rumorosamente.
«Ops» tentò di scusarsi Sora grattandosi nervosamente la nuca, «è da un po’ che non mangio».
«Oh» sospirò Cass. «D’accordo».
La seguirono al piano di sopra, dove trovarono Tadashi già pronto ad allestire cotone e disinfettante per Hiro. Il quattordicenne alzò gli occhi al cielo: «Posso fare da solo».
Tadashi gli lanciò un’occhiata a metà tra complicità e rimprovero: «Direi che per oggi hai fatto abbastanza, che dici?»
Sora osservò Hiro, il quale si arrese mentre il fratello maggiore cominciava a occuparsi delle sue ferite più evidenti. Ebbe l’impressione che si trattasse un siparietto ricorrente: sembravano felici, dopotutto.
 
***
 
Zia Cass sfamò Sora e in qualche modo Tadashi riuscì a convincerla a rimandare le spiegazioni al giorno dopo, non prima che cominciasse ad abbuffarsi di dolci dalla caffetteria. Ma quali spiegazioni avrebbe potuto darle?
Innanzitutto nemmeno lui aveva idea di ciò che era successo quella sera. E, non essendo un campione a mentire, avrebbe dovuto impegnarsi non poco per rifilare qualcosa di vagamente credibile alla zia. Non era certo la prima volta che Hiro si cacciava nei guai, ma che diamine, questa volta era lampante che non si trattava di una semplice rissa o di un atto di bullismo.
Per il momento Hiro si era ritirato nella loro stanza e, grazie al cielo, sembrava stare bene.
Lo aveva fatto davvero spaventare prima: era come se il mondo gli fosse crollato addosso quando aveva visto il suo fratellino sommerso da quelle… cose. E lui non riusciva togliersi quell’immagine dalla testa. Non era stato in grado di proteggerlo, non aveva potuto fare assolutamente niente. Cosa sarebbe successo se non fosse comparso Sora a salvarli?
La sensazione di sudore freddo che stava cominciando ad avvertire su se stesso gli suggerì che era il caso di andare a fondo della questione.
«Sora».
Il giovane dall’aspetto un po’ stravagante, che stava osservando le luci della città dalla terrazza, si voltò verso la sua direzione.
«Ehilà, Tadashi!» lo salutò Sora, sorridente. «Grazie ancora per il cibo».
«Non dirlo nemmeno» rispose lui. «Non saremmo qui se non fosse stato per te».
Si mise accanto a lui in direzione della città. Quella tranquillità sembrava quasi surreale ripensando al trambusto di qualche ora prima.
«Sai, a dire il vero» cominciò Tadashi, «speravo potessi rispondere a qualche mia domanda riguardo a ciò che è successo».
Il sorriso si spense dal volto di Sora, per lasciare il posto a un’espressione un po’ meno entusiasta.
«Ti ascolto» disse semplicemente. Probabilmente se lo aspettava.
«Quelle strane creature che hanno attaccato me e mio fratello. Che cos’erano?»
«Si chiamano Heartless».
Tadashi rimase in silenzio e continuò a osservare i grattacieli di San Fransokyo. Sora attese qualche secondo prima di riaprire bocca: «Si tratta di manifestazioni dell’oscurità presente nel cuore delle persone».
Ora, normalmente sarebbe stato molto scettico, come minimo. L’avrebbe trovato persino ridicolo. Ma la verità era che non si trovava esattamente nella posizione di poter mettere in discussione ciò che gli stava cercando di spiegare Sora.
«Proprio un brutto affare, eh?»
Sora lo guardò con aria perplessa: «Non… ti suona strano?»
«Diciamo che non escludo nulla» sospirò Tadashi, un amaro sorriso sul volto. «E soprattutto… vorrei che Hiro non corresse rischi».
«Non ci attaccheranno qui, se è questo ciò che ti preoccupa» lo rassicurò l’altro. Notò che Tadashi non sembrava ancora del tutto convinto: «E anche se ci provassero, ci sono io a coprirvi le spalle. Siamo amici, no?»
Tadashi lo guardò dritto negli occhi. Quel ragazzino sembrava sapere il fatto suo, eppure era di una semplicità disarmante. Una qualità che apprezzava. Si sentì almeno parzialmente convinto e ridacchiò: «Sì… suppongo di sì».
Dal momento che Sora non sembrava farsi troppi problemi, decise di proseguire la sua intervista: «Quell’arma che hai usato per sconfiggere gli… Heartless…»
«Intendi questa?»
Sora fece comparire dal nulla quella strana chiave che aveva utilizzato come spada per liberare lui e Hiro, facendolo sobbalzare. Ma come faceva?!
«Qualcosa non va?»
«No… cioè, non saprei, non è il genere di cose che si è abituati a vedere tutti i giorni» affermò lui, accorgendosi di essere rimasto a bocca aperta.
«Si chiama Keyblade. È l’unica arma che permette di sconfiggerli veramente».
Tadashi esaminò il Keyblade, incuriosito.
«Immagino che sarebbe inutile se tentassi di riprodurne una copia».
Sora fece una smorfia: «Temo di sì. Potresti usare altri tipi di armi, ma non sarebbero altrettanto efficaci. Il risultato non è garantito».
Il giovane inventore sbuffò. Doveva pur esserci qualcosa che poteva fare per rendersi utile.
«Il fatto è che… Hiro. Questa sera avrebbe potuto non farcela e…»
«Non sarebbe morto» lo interruppe Sora. «Ma il suo cuore sarebbe stato inghiottito dall’oscurità e… si sarebbe trasformato in un Heartless a sua volta. È così che funziona».
A Tadashi questa non sembrava una prospettiva migliore né tantomeno rassicurante, ma cercò di non darlo a vedere.
«A proposito» intervenne Sora, «è davvero insolito che qualcuno esca totalmente indenne da uno scontro diretto con degli Heartless, come è successo a te».
Finora Tadashi non ci aveva fatto davvero caso: se Hiro era rimasto assai malconcio, lui non presentava nemmeno un graffio.
Non sapeva di preciso cosa fosse corretto dire: «Devo essere stato molto fortunato».
«Non penso» replicò Sora, «penso piuttosto che tu sia speciale. Anche una mia amica lo è».
Speciale?
«Che intendi dire?»
«Intendo dire che tu, tra tutti, sei quello che ha meno da temere per quanto riguarda gli Heartless».
Tadashi non riusciva più a seguire il discorso di Sora, ma di una cosa era certo: Hiro, zia Cass, i suoi amici… non poteva lasciare che corressero dei pericoli.
«Sora... io non posso restare a guardare, se questo è ciò che ci attende. Qualcuno deve fare qualcosa».
«Lo capisco» lo assecondò l’altro. «Mi sono ritrovato nella tua stessa situazione, più volte».
Fece una pausa.
«I nostri amici… le persone care… è nostro dovere proteggerli. Dopotutto, sono la nostra famiglia, no?»
Tadashi non poteva essere più d’accordo. Il suo volto si riempì di malinconia: «Io e Hiro abbiamo perso i nostri genitori quando eravamo piccoli. Io… sono tutto ciò che gli resta».
Decise che per il momento non sarebbe stato necessario aggiungere altro. Stava per avviarsi in camera sua e raggiungere Hiro quando un ultimo dubbio attraversò la sua mente.
«Sora, ma tu… da dove vieni?»
Sora sorrise, enigmatico: «Non sono di qui».
 
***
 
«…Hiro…»
Uhm…
«Hiro…»
Una voce in lontananza lo stava chiamando…
«Hiro».
Fece un respiro profondo e aprì lentamente gli occhi. Era Tadashi.
«Ti sei di nuovo addormentato col piede sul tavolo».
«Oh…»
Si accorse di essere in una posizione piuttosto ridicola e si rimise seduto composto.
Tadashi gli diede un colpetto sulla schiena: «Lo sai che mancano ancora alcuni giorni alla fiera, vero? Non è necessario che tu faccia questi straordinari».
«Fidati, bro» replicò lui lasciandosi sfuggire uno sbadiglio, «è necessario. Non posso permettermi il minimo errore».
Il più grande sorrise. Era da tempo che cercava di spronare il fratello a investire il suo talento in qualcosa di più importante, e possibilmente più sicuro, dei bot-duelli. L’ultima inquietante disavventura era stata sufficiente per chiudere quell’infelice parentesi, ma non sperava che trascinarlo a tradimento al San Fransokyo Institute of Technology sarebbe bastato a convincerlo a tentare di iscriversi al college.
Non poté fare a meno di stuzzicarlo: «Quanta energia spesa per intrufolarsi in un noioso covo di nerd».
Hiro contrattaccò facendogli il verso: «Beh, sai com’è… l’ho guardata da un’altra prospettiva».
A questo punto Tadashi gli avrebbe sicuramente scompigliato i capelli, ma previde la mossa e si scansò in tempo.
«Inoltre…» aggiunse titubante, «i tuoi amici non sono poi così male».
Il fratello rispose con un cenno del capo.
Detto questo, Hiro passò al lato opposto della stanza dando una leggera spinta alle ruote della sedia. Riaccese alcuni schermi che erano andati in stand-by durante il suo pisolino non previsto.
«Il neurotrasmettitore funziona, ma è ancora troppo lento e ha qualche difettuccio» constatò Hiro. «È da perfezionare».
«Serve una mano?»
«No, è tutto a posto» disse Hiro con aria assente, fissando lo schermo e rimettendosi al lavoro.
Tadashi tornò a sedersi sul divano nel retro del garage a guardare qualche programma in streaming. Stettero così per un’altra mezz’ora circa, quando a un certo punto Hiro aprì bocca di nuovo.
«Ho parlato con Sora».
L’apertura di questo nuovo discorso catturò l’attenzione di Tadashi: «Che ti ha detto?»
«Niente di che» rimase sul vago, sempre concentrato sul lavoro. «Ma non mi convince del tutto. Quando avrò finito qui indagherò più a fondo su… ciò che sa fare».
Tadashi deglutì. Assieme a Sora aveva deciso di non raccontare a Hiro più del necessario. O almeno, non ora che suo fratello sembrava aver trovato finalmente uno scopo su cui puntare, dal momento che non si erano verificati altri spiacevoli incidenti. Ma conosceva bene Hiro: era sveglio. Anche se non sembrava, probabilmente aveva tenuto gli occhi aperti sul loro ospite per tutto il tempo, studiandolo con attenzione.
«Si è anche offerto di aiutarmi con i microbot» proseguì Hiro. «Ma non era decisamente il caso. Gli ho detto che li vedrà direttamente alla fiera».
Tadashi sorrise: «Sì, forse è meglio».
 
***
 
Heartless, Heartless e ancora Heartless.
San Fransokyo si rivelò inaspettatamente un ottimo mondo in cui allenarsi e Sora decise di prolungare la sua permanenza.
Gli abitanti del posto non sempre erano cordiali, ma Tadashi e Hiro si erano rivelati degli amici. Specialmente Tadashi: voleva aiutarlo. Aveva incontrato poche persone così altruiste come quel ragazzo. Per non parlare dell’infermiere robot a cui stava lavorando: avrebbe aiutato un sacco di persone.
Non c’era da stupirsi che non ci fosse traccia di oscurità nel suo cuore.
«Thunder
Una scarica elettrica colpì l’ultimo Heartless, che si dissolse in una nube nera. Anche per oggi aveva fatto il suo dovere. Ora avrebbe potuto raggiungere gli altri alla fiera per fare il tifo per Hiro e…
«I miei complimenti, non c’è che dire!»
Qualcuno stava applaudendo sarcasticamente.
«Anche se in fondo da te non mi aspettavo di meno».
Era Xigbar.
«Tu!»
A quanto pare la fiera avrebbe dovuto aspettare. Difficilmente gli altri sarebbero stati al sicuro con quel malintenzionato nei paraggi. Puntò il Keyblade contro il nemico. Che ci faceva lì?
«Noto che salti sempre a conclusioni affrettate» lo schernì.
«Adesso non ho tempo per ascoltare le tue sciocchezze» tagliò corto Sora. «Dimmi cosa sei venuto a fare e facciamola finita!»
Un ghigno si dipinse sul suo volto: «Troppo facile».
Lo attaccò. Sora riuscì a parare il colpo. Fece per contrattaccare, ma lo mancò.
Tutto ciò non aveva senso: San Fransokyo era un mondo “di periferia”, solo recentemente preso di mira dagli Heartless e nulla di più. Che piani poteva mai avere la nuova Organizzazione in quel posto?
«Sono qui!»
Gli lanciò un incantesimo, senza però riuscire a centrare l’obiettivo. Xigbar stava rimanendo sulla difensiva. Scompariva, lo attaccava ferocemente e poi scompariva di nuovo.
«Ti ricordavo più in forma!»
Ahi! Questo non riuscì a pararlo.
«Tutto qui?»
Aveva il fiatone. Qualcosa non andava: senza rendersene conto la lotta si stava prolungando più del dovuto. Fu allora che quel pensiero gli attraversò la mente. Ma certo, era ovvio… in quel mondo c’era decisamente qualcosa che all’Organizzazione poteva tornare utile. Qualcuno.
Gli furono immediatamente chiare anche le intenzioni di Xigbar: tenerlo occupato.
Senza ragionarci due volte, lasciò il campo di battaglia e si diresse verso la fiera.
Xigbar non lo fermò: «Ormai è tardi».
 
***
 
«Tadashi, no!»
Si voltò in direzione dell’edificio in fiamme. Poi sentì strattonarsi il braccio e vide che gli occhi di Hiro lo stavano implorando di non farlo.
«Callaghan è lì dentro… qualcuno deve aiutarlo».
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Kingdom Hearts / Vai alla pagina dell'autore: Pikappa93