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Autore: MartyFire    07/02/2015    3 recensioni
Questa storia racconta di come Roy e Riza scopriranno che il loro rapporto va oltre al rispetto e al semplice affetto, infatti scopriranno di amarsi. La storia incomincia da dove gli episodi di Fullmetal Alchemist Brotherhood finiscono.
Genere: Avventura, Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Riza Hawkeye, Roy Mustang, Un po' tutti | Coppie: Roy/Riza
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Havoc percorse il corridoio fino ad arrivare allo scompartimento del treno a loro assegnato, arrivato sulla soglia sorrise: i due superiori, nonostante lo spazio, si erano seduti vicini e stavano chiacchierando tranquillamente; così entrò e si sedette sul sedile di fronte.
“Havoc, ce l’hai fatta!” disse Roy sarcasticamente, ma l’altro lo ignorò dicendo: “Credo che schiaccerò un pisolino” chiudendo poi gli occhi e addormentandosi quasi immediatamente appoggiato al finestrino con le braccia incrociate.
Riza non sentendo alcuna risposta provenire da Roy, si girò verso di lui e non riuscì a trattenere un sorriso vedendo la sua espressione incredula alla risposta di Havoc, la bocca ancora socchiusa in cerca di qualcosa da dire. Lui si riprese quasi subito, voltandosi però rimase nuovamente sbalordito nel vedere quel meraviglioso sorriso sul viso di Riza, lei capendo di essere il soggetto di quello sguardo stupefatto sì imbarazzò per la seconda volta in meno di mezz’ora e distolse velocemente lo sguardo per prendere un libro dalla sua valigia, per poi aprirlo e mettersi a leggere senza dire nemmeno una sillaba. Stavolta però a Roy non era sfuggito il lieve rossore sulle sue guance, ma quando non ne capì il motivo, decise di lasciar perdere e si mise a guardare la luna e le stelle che brillavano quella sera al di fuori del finestrino.
 
Quando Havoc si svegliò era notte fonda e mentre si stiracchiava, si bloccò a metà movimento, notando una scena molto particolare proprio davanti a lui: il Capitano si era addormentata con il libro aperto sul grembo, la cosa stupefacente però era che avesse inconsapevolmente appoggiato la testa sulla spalla del Generale, che invece era totalmente perso a guardare dolcemente il volto rilassato della sottoposta.
Havoc non voleva interrompere quel momento, però non poteva lasciarsi sfuggire un’occasione del genere, optò per una domanda diretta.
“A lei piace il Capitano, vero Generale?” chiese portandosi una sigaretta alla bocca, senza però accenderla, cercando di apparire disinvolto.
Roy sobbalzò leggermente, non si era accorto che Havoc fosse sveglio. Dopo essersi assicurato con un ultimo sguardo che Riza stesse ancora dormendo, girò lentamente il viso verso il sottoposto.
“Si vede così tanto?” chiese sospirando, abbassando poi lo sguardo.
Havoc rimase a bocca aperta facendo cadere la sigaretta, non si aspettava di certo una confessione; non poteva sapere quanto Roy desiderasse parlarne con qualcuno, ormai Maes non c’era più e lui non sapeva con chi confidarsi. Havoc cercò qualcosa da dire, anche perché il Generale non sembrava voler aggiungere altro, piuttosto interessato invece ad esaminarsi ogni millimetro di pelle delle mani: non era un comportamento degno dell’Alchimista di Fuoco.
“In realtà no, solamente io, la squadra, Rebecca e probabilmente il Comandante Supremo ce ne siamo accorti” disse infine per cercare di tranquillizzare il suo superiore.
“Avrei dovuto immaginarlo, infondo anche King Bradley l’aveva capito” disse Roy con un piccolo sorriso, continuando a mantenere lo sguardo basso.
“Perché…” iniziò Havoc pensando “O la va o la spacca” per poi dire tutto d’un fiato “…perché non si fa avanti Generale?” trattenendo poi il respiro.
“ Puoi arrivarci da solo alla risposta” affermò Roy senza scomporsi, rialzando lo sguardo dalle mani per poi appoggiare la testa al sedile sospirando e chiudendo gli occhi.
In realtà Havoc immaginava il motivo: il Generale non voleva rischiare, per paura di un possibile allontanamento da parte del Capitano nel caso non ricambiasse i sentimenti.
“Non può essere così stupido da pensare che si allontanerebbe da lei, non lo farebbe mai” affermò lui con un furbo sorriso e una nuova sigaretta tra le labbra.
Gli occhi di Roy si spalancarono a quell’affermazione e un ricordo invase la sua mente: lei che gli puntava la pistola intimandogli di lasciare Envy; lui che le chiedeva cos’avrebbe fatto dopo averlo ucciso; lei che gli rispondeva che l’avrebbe seguito anche in quel caso, l’avrebbe seguito anche nella morte; la sua rabbia nel sentire quelle parole e il senso di colpa per averla costretta a puntargli la pistola contro.
“Probabilmente hai ragione, però non mi va di rischiare di rovinare il rapporto che abbiamo ora” disse guardando il suo nuovo confidente.
“Potrebbe provare ad avvicinarla un po’ alla volta e vedere cosa succede” suggerì Havoc.
“Lo sai anche tu che non me lo permetterebbe, mi ci sono voluti anni solo per convincerla a chiamarmi per nome e darmi del tu” continuò Roy sorridendo alla testardaggine di Riza.
In quel momento l’interessata si mosse, probabilmente disturbata dalle voci dei due, prima che si svegliasse Havoc riuscì a dire un’ultima frase al Generale: “L’amore è un bellissimo fiore, ma bisogna avere il coraggio di coglierlo sull’orlo di un precipizio”.
Roy rimase sbalordito, conosceva quella citazione, ma non immaginava che la sapesse anche Havoc, d’altronde non poteva immaginare che Rebecca adorasse quelle frasi così romantiche e che Jean ne imparasse una nuova ogni settimana per lei.
Comunque non ebbe il tempo di domandare altro perché Riza si svegliò.
 
All’inizio quando aprì gli occhi non riuscì subito a capire il motivo per cui vedesse Havoc da quella strana angolazione, ma la sensazione di un tessuto sotto la guancia, il calmo su e giù che le faceva muovere leggermente la testa e il leggero torcicollo, la fecero arrivare alla risposta.
“Generale cosa sta facendo?!” chiese alzandosi di scatto e guardando Roy con uno sguardo accusatorio.
“In realtà Riza non ho fatto niente. Ti sei addormentata e a causa di una curva hai appoggiato la testa sulla mia spalla e da lì non ti sei più mossa. Non me la sono sentita di spostarti rischiando di svegliarti, eri così tranquilla e rilassata” le rispose lui tranquillamente con un sorriso.
Riza rimase a corto di parole (non si era nemmeno accorta dell’utilizzo del suo nome proprio) e abbassando il viso, per nascondere nuovamente l’imbarazzo che non ne voleva sapere di lasciarla in pace, si scusò: “Spero di non averle dato fastidio”.
“Spero di non averti dato fastidio” la riprese gentilmente Roy.
Riza alzò il volto verso di lui in cerca di spiegazione.
“Havoc ormai lo sa, possiamo chiamarci per nome e darci del tu anche davanti a lui e Rebecca” spiegò Roy con un sorriso enorme sul volto, si vedeva che era contento di questa ulteriore possibilità. Riza ci pensò un attimo, ma alla fine si arrese, non aveva né l’energia né la voglia di discutere con lui, sapeva già che prima o poi l’avrebbe convinta comunque: “Spero di non averti dato fastidio, Roy”.
“Tranquilla, non mi hai disturbato minimamente” disse lui per poi sorriderle.
Quando Roy le rivolse quell’ennesimo sorriso, Riza fu contenta di avergli dato questa nuova piccola concessione.
Havoc intanto sorrideva senza farsi notare, sia per la dolce scenetta, sia per l’incapacità di lei di capire cosa provava, che per l’incapacità di lui di capire di essere ricambiato.
 
Durante il resto del viaggio tra Roy e Riza ci fu solamente un piccolo momento simile a quello di quando il Capitano si era addormentata: durante la cena dell’ultimo giorno sul treno, Roy si era sporcato con la crema del dolce al cioccolato (probabilmente troppo preso ad osservare la subordinata, per prestare attenzione al cucchiaino che stava portando alla propria bocca), Riza senza scomporsi, aveva preso il tovagliolo e gli aveva pulito l’angolo delle labbra, come se fosse la cosa più normale del mondo, per poi rimettersi a mangiare il dolce, senza notare le facce sbalordite di Roy e Havoc. Per il resto fu tutto tranquillo, per quanto in realtà sia Roy che Riza erano spesso immersi ognuno nelle proprie riflessioni. Havoc si divertiva un mondo ad osservarli, perché solo lui sapeva che i pensieri di uno comprendevano anche l’altra e viceversa, non vedeva l’ora di raccontare a Rebecca cos’aveva scoperto.
 
Ora il treno stava per fermarsi, finalmente erano arrivati ad Ishval.


  
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