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Autore: Adeia Di Elferas    09/02/2015    6 recensioni
Cesare arriva in Egitto per recuperare Pompeo, un tempo alleato ed amico, ora traditore in fuga. Quello che trova, una volta giunto alla corte di Tolomeo XIII, però, è tutto fuorché ciò che avrebbe voluto. L'ira ed il desiderio di vendetta lo fanno propendere per una risoluzione drastica della situazione. Tuttavia un incontro inaspettato con la sorellastra di Tolomeo porterà Cesare a cambiare i suoi piani in modo radicale, trascinandolo in scelte che spesso lo costringeranno a rimettere in dubbio alcune delle sue certezze. [Avvertenza: pur essendo basato su personaggi realmente esistiti e fatti storici accertati, il racconto è ovviamente stato romanzato, per rendere la lettura più gradevole e la vicenda più interessante]
Genere: Drammatico, Erotico, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Antichità, Antichità greco/romana
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~~ 'Perchè mai questo romano dovrebbe volermi incontrare a palazzo?' si stava chiedendo Cleopatra, mordendosi l'unghia del pollice.
 Avrebbe avuto molto più senso convocarla nei suoi alloggi. Il palazzo era territorio di Tolomeo, non di Cesare...
 Lasciò perdere il pollice, prima di farsi del male e cominciò a misurare la sua stanza a lunghi passi. Passava accanto al fuoco muovendone le propaggini e sentendo quasi con fastidio il loro calore.
 Se era Cesare a volerla vedere, lei si sarebbe presentata direttamente da lui.
 Una convocazione a palazzo era troppo rischiosa. Il pericolo che si trattasse di uno stratagemma di Tolomeo per imprigionarla o per ucciderla era troppo alto.
 Come poteva fidarsi a fondo di quel fratello che qualche mese prima aveva provato a mandarla in esilio per deporla?
 Non poteva, ecco tutto.
 Se non fosse stato per la sua prontezza e la sua capacità di vedere le cose nella giusta prospettiva, sarebbe stata mandata ad Alessandria e di lei non si sarebbe saputo più nulla. Per fortuna suo padre, quel grande re e uomo che era stato – ai suoi occhi – Tolomeo XII Aulete, le aveva insegnato come si fa a sopravvivere in un mondo di serpi.
 Certo, anche lui aveva commesso l'errore di farle sposare Tolomeo XIII, all'epoca un ragazzino di dieci anni, ancora col moccio al naso ed incapace di distinguere il giusto dallo sbagliato, ma a tutti poteva capitare un errore simile. In fondo, farle sposare Tolomeo XIII era l'unico modo per permetterle di arrivare al trono in modo legittimo, alla morte del padre.
 Un bambino di dieci anni sembrava facile da manovrare, per una giovane donna di diciassette. Così lo aveva visto, il padre, come un decenne che avrebbe fatto tutto quello che la sorella maggiore gli avrebbe detto di fare. A quell'età non era facile scorgere in lui quella vena di pazzia che Cleopatra vedeva. Forse era l'unica a pensare una cosa simile del fratellastro – perchè era bene che se ne ricordasse, il loro sangue era lo stesso solo per metà – e forse era l'unica a conoscerlo bene.
 L'eunuco Potino aveva poi combinato il disastro maggiore, trasformando quello che poteva restare un pericolo minore in un cataclisma. Gli aveva montato la testa, convincendolo a prendere decisioni assurde, spingendolo a tentare di deporre Cleopatra...
 Nessuno dei due si era reso conto del nemico che si erano scelti.
 Quando lei aveva radunato l'esercito, per contrastare il fratellastro, nessuno poteva credere alla sua dimostrazione di forza. Quando poi era riuscita a tenersi stretto il titolo e a rispedire indietro i soldati di Tolomeo, molti avevano finalmente riconosciuto la sua forza ed il suo valore. Aveva mostrato a tutti il suo vero volto.
 Lei era Cleopatra VII, figlia di Tolomeo XII e sua unica vera erede e a breve l'avrebbe capito anche quel romano, quel Cesare di cui tutto il mondo aveva paura.
 “Mia regina...?” chiese con discrezione la sua ancella, in egiziano, entrando nella stanza: “Apollodoro è qui fuori che vi aspetta.”
 Cleopatra smise di camminare ed annuì: “Fallo entrare. E portaci qualcosa da bere. Per me dell'acqua. Chiedi a lui cosa desidera. Se vuole cibo, che venga accontentato.” rispose, parlando anch'ella in egiziano. A volte la faceva ridere il fatto che di tutta la sua famiglia, lei fosse l'unica a conoscere l'egiziano. Pur essere sul trono d'egitto, i suoi parenti avevano sempre preferito il greco, la lingua delle loro origini. Era una cosa semplicemente grottesca.
 L'ancella chinò appena il capo ed uscì di nuovo. Cleopatra sospirò un paio di volte, tornando a pensare all'invito di Cesare ed alla possibilità che si trattasse di un inganno di Tolomeo.
 “Mia regina.” salutò Apollodoro, entrando con uno strano sorriso sulle labbra. “Cosa c'è di così divertente, dimmelo, ho bisogno di sorridere, oggi.”
 Apollodoro ghignò: “Mi è stato riferito che Cesare è apparso furente davanti alla testa mozzata del suo caro Pompeo e che Potino è stato condannato a morte.” “Hai notizie che non mi sono già state riferite?” chiese Cleopatra, quasi annoiata.
 Apollodoro prese uno sgabello dalla seduta in pelle e si sistemò davanti al tavolino che stava in mezzo alla stanza: “Non credo. Immagino tu sappia già dell'invito perentorio di Cesare. Vuole che tu e tuo fratello andiate a palazzo, per discutere...” disse l'ultima parola con un tono strano, che fece capire a Cleopatra che l'amico la pensava esattamente come lei.
 La donna prese a sua volta uno sgabello e si mise di fronte ad Apollodoro: “Credi che non dovrei andare?” domandò. Apollodoro sporse un po' le labbra in fuori: “Se l'invito fosse vero e se tu non ti presentassi, allora sarebbe un bel problema.”
 Cleopatra si rabbuiò un istante. Quanto avrebbe voluto che suo padre fosse ancora vivo... Lui sapeva sempre cosa fare, anche quando la vita lo aveva messo di fronte a scelte orribili. Aveva perfino giustiziato una delle sue figlie, pur di mantenere l'ordine e la giustizia e di preservare la propria vita. Anche in questo caso avrebbe saputo come muoversi...
 L'ancella tornò con una brocca d'acqua e due bicchieri. Aspettarono entrambi che se ne fosse andata, prima di parlare di nuovo e, quando lo fecero, le loro voci si coprirono l'una con l'altra.
 Apollodoro allora fece segno con la mano a Cleopatra di cominciare per prima, così la regina chiese: “Come mai anche tu acqua, amico mio?” Apollodoro scrollò le spalle: “Mi piace essere lucido, quando si complotta.”
 Cleopatra sollevò un sopracciglio e si sistemò la tunica sulle spalle. Era di un bianco stanco, intaccato dalla polvere di sabbia e dal tempo. Non indossava nemmeno gioielli. Si era tenuta comoda, perchè in fondo anche lei sapeva che sarebbe stata una notte lunga e difficile.
 “E tu cosa stavi dicendo?” chiese poi, guardando l'amico che versava da bere per entrambi. “Volevo solo dirti che questa sera sei davvero bellissima.”
 Cleopatra gettò gli occhi al cielo ed accettò il calice d'acqua: “Se mi avessero concesso un pezzo di terra grosso quanto questo tavolino ogni volta che mi hai adulata a torto, adesso sarei regina di tutto il mondo.” commentò, con uno sbuffo.
 Apollodoro si fece serio: “Sbagli a dire così. Non capisci la tua forza. Devi usare la tua bellezza a tuo favore. Devi imparare a sfruttare l'ascendente che hai sugli uomini.”
 Cleopatra stava per arrabbiarsi, ma venne interrotta dall'ingresso dell'ancella, che era tornata portando con sé un vassoio d'oro pieno di cibo, da frutta a pezzi di carne.
 Quando la serve fu sparita, Cleopatra commentò: “Vedo che complottare ti mette appetito.” Apollodoro afferrò un pezzo di carne: “Sono solo previdente. Troppe ora a stomaco vuoto non sono utili, soprattutto in una situazione come questa.”
 Cleopatra si trovò d'accordo e prese anche lei un boccone. Deglutì e poi bevve un sorso di acqua. Mentre rimetteva sul tavolo il bicchiere, si specchiò nella propria immagine riflessa dal metallo. Era distorta e non veritiera, e comunque le bastò per tornare sull'argomento da poco abbandonato: “Apollodoro, ma cosa ci vedono gli uomini in me?”
 Apollodoro fece un sorriso incredulo ed imbarazzato, ma quando capì, dall'espressione della regina, che la domanda era tutto fuorché retorica, cercò di spiagarlo.

 “Devo andare da Cesare, da sola, non a palazzo e senza che nessuno lo sappia.” disse Cleopatra, gli occhi fissi sul vassoio vuoto.
 Si stava specchiando in quel metallo da tempo, intravedendo nella sua figura qualcosa che prima non vedeva.
 “Tu mi devi aiutare, amico mio. Devo poter arrivare negli appartamenti di questo Cesare da sola. Devo convincerlo a schierarsi dalla mia parte. Che il suo aiuto e la sua fedeltà siano rivolti a me. A me o niente.”
 Quando alzò lo sguardo ed incrociò quello ormai stanco, ma ancora vigile di Apollodoro, Cleopatra vide che qualcosa balumava nelle sue iridi scure illuminate dalle torce.
 “Credo di sapere come fare.” disse l'uomo, stringendo poi le labbra e facendosi pensieroso. “Come?” chiese Cleopatra, con un filo di apprensione.
 Apollodoro si schiarì la voce e premise: “Lo sai, però, che quando sarai da lui probabilmente non basterà promettergli riconoscenza e qualche cesto pieno d'oro e pietre preziose...”
 Cleopatra si afflosciò sullo sgabello, la schiena ormai dolorante e la testa pesante per il sonno: “Lo so.” ammise, non senza avvertire uno spiacevole brivido lungo la schiena: “Ma l'hai detto tu. Devo imparare a sfuttare l'ascendente che ho sugli uomini. Quale miglior banco di prova di questo Cesare che sta tenendo il mondo nel suo pugno?”
 Apollodoro la fissava combattuto: “Basta che alla fine nel suo pugno non ci finisca anche tu.” “Mi conosci davvero così poco?” lo punzecchiò lei: “Avanti, spiegami questo piano.”
 “Forse stiamo sbagliando tutto, forse è meglio risolvere ancora una volta le cose con l'esercito...” tentò Apollodoro, retrocedendo. Cleopatra lo zittì subito: “Ormai ho deciso. Cesare farà quello che vorrò io, questo romano prenderà ordini da una regina d'Egitto.”
 Apollodoro si passò una mano sulla fronte: “Va bene, se hai deciso così. Renditi conto, però, che non potrai tornare indietro.” “So anche questo. Avanti.” lo incitò nuovamente Cleopatra: “Spiegami il piano.”
 “Prima di tutto – cominciò Apollodoro – ci servono un tappeto e una cinghia.”

   
 
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