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Autore: Blu_Polaris    11/02/2015    2 recensioni
Tito è un topolino con il sogno di volare e l' incubo di essere braccato dal Gufo. Tutto cambia quando, dopo una disavventura, incontra Diana, una meravigliosa gazza ladra che non sa volare ...
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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~~~Capitolo 3-  Il filo che punge

Ella era una topolina veramente strana: non aveva paura del Gufo; non possedeva regole sulla colonia e nessun timore di esplorare ma tuttavia si comportava in modo strano.
 Ella viveva in un vecchio casolare abbandonato, insieme a una colonia di topi tutti simili a lei.
Per Tito fu una novità poter uscire e esplorare di qua e di là senza alcuna paura del Gufo.

«EI! TITO! Come va?» chiese la rana che lo aveva salvato, la seconda mattina in cui Ella lo portava in giro.
«Sto bene, signora rana. Grazie, grazie veramente molto per avermi tirato fuori dalla cisterna!». Disse con tutta la gratitudine che riusciva a dimostrare.
L’anfibio uscì dall’acqua tiepida con un balzo elegante «Oh, chiamami Saltabuche. Non preoccuparti, sei un topino così carino!» gracidò ridendo.
Come per caso un tuono fece tremare l’aria e tutti e tre osservarono e annusarono l’aria.
 «C’è odore di pioggia …» disse Saltabuche «Se continua così il torrente si ingrosserà ancora di più …».
«Il torrente si sta ingrossando?» chiese Ella, i suoi occhietti azzurri sembravano bramare informazioni.
«Sì, sarebbe meglio iniziare a mettere da parte un po’ di cibo. Tra domani e dopodomani potrebbe esserci un temporale da brividi!» e come era uscita dall’acqua, Saltabuche vi tornò.
Tito a quelle parole si spaventò molto, doveva avvisare la colonia! Se le piogge fossero aumentate tutti rischiavano grosso. Rimase bloccato, intontito e con mille preoccupazioni a ronzargli nella testa.
«T.. Tutto bene?» gli chiese Ella con una vocina preoccupata.
«NO! Non va bene niente! DEVO ANDARE!» esordì all’ improvviso e con due balzi superò l’amica. Iniziò a correre nel bosco, rapido più che poteva. Ella, che si era accorta della sua rocambolesca corsa, lo seguiva chiamandolo.
«TITO! Fermati un attimo!».
Destra. Sinistra. Destra. Destra. Salta. Schiva. Striscia.
Bum! Buca e caduta.
«Ma che ti è venuto in mente?» urlò Ella dall’ alto del buco. La pioggia cadeva fitta e si bagnarono talmente tanto che, una volta tornati alla colonia del casolare diroccato, tutti pensarono che fossero caduti nella cisterna.
«Odio la pioggia…potrebbe uccidere tutta la mia colonia …» spiegò Tito una volta asciugato e pronto a dormire nel piccolo ammasso di paglietta all’interno del casolare (il suo cantuccio era all’interno di una strana scatola di cuoio che Ella aveva chiamato valigia).
 La topina bianca fece un respiro profondo.
«Credimi, se tu correrai da loro rischierai di morire a tua volta. Io lo so».
«IO DEVO TORNARE A CASA! Vorrei sapere come sta mio fratello, mia madre! Tutti!» e il suo piccolo corpicino saltò giù dalla paglietta.
«Mi dispiace…dovresti saper volare per arrivare lì giù senza essere mangiato».

Tito osservava la luna, le nuvole si erano diradate e adesso il cielo sembrava più sereno. Le parole di Ella avevano risvegliato nel piccolo topolino il suo desiderio. Quanto gli sarebbe piaciuto volare oltre gli alberi, lì, fino alla luna.
In quel momento però il suo pensiero andava ad Ezio, a come, a dove fosse …
«Non riesci a dormire?» chiese Ella, la luce della luna faceva sembrare il suo bel pelo bianco luminoso come non mai.
«No …» Tito sentì le zampette di Ella sistemargli il ciuffetto sulla testa come faceva sua madre.
«Senti, se vuoi, quando la stagione delle piogge sarà finita ti accompagnerò a casa».
«La stagione è troppo lunga! Io …».
Tito sentì un vento fresco, di nuovo le nuvole erano tornate ad oscurare il cielo.
«Dai, andiamo a dormire … domani dovremmo portare tutto il cibo che abbiamo alla colonia».

Quella mattina si svegliarono all’alba, poco prima che il sole iniziasse a pennellare l’erba di calore, i due topolini erano già corsi nel sottobosco a raccogliere tutto il cibo che potevano.
La caccia alle bacche e ai semi fu fruttuosa come Ella si immaginava.
Avevano passato tutto il tempo a raccogliere more da un povero cespuglio, pinoli e gelsi. Tito fu entusiasta quando vide un numero spregiudicato di fragoline tutte da cogliere.
«Wow! ci vorranno ore per portare tutto questo alla colonia!» esclamò Ella, stanca ma felice.
Mentre portavano lentamente tutto al casolare diroccato Tito sentì un rumore di battito d’ali seguito da un suono rimuginante, quasi di dolore.
Si fermò di colpo, ritto sulle zampe posteriori e con le orecchie pronte a captare tutti i suoni.
«Che succede, Tito?» chiese preoccupata Ella, iniziando anche lei ad annusare l’aria.
«Credo di aver sentito un lamento…» Ella sorrise divertita «Cosa c’è da ridere?».
«Sono convinta che tu abbia sentito il mio stomaco, poverino, si lamenta da ore!» scherzò Ella continuando a camminare.
Tito non ne fu convinto, quello non era un rumore di stomaco vuoto.
Di nuovo, le sue piccole orecchie tonde avvertirono un suono lieve ma penetrante allo stesso tempo.  Mollò i semi e le fragoline che stava trasportando e, rapido, corse nel bosco nella direzione del verso.
Girò e saltò alberi fino a quando, sotto l’ombra di una quercia maestosa, non vide qualcosa: una gazza ladra, bianca e nera.
Il topino rimase a bocca aperta, a tratti il sole ne illuminava il piumaggio facendo notare le sfumature verdi e blu delle ali e della coda. Quel meraviglioso uccello aveva il corpo e le ali aggrovigliate in un ammasso di filo spinato. Respirava a fatica e, a tratti, si dibatteva nel tentativo di liberarsi. Quella povera gazza stava soffrendo terribilmente.
«Tito! TITO!» la povera Ella l’aveva raggiunto «Ma che ti è preso?». Il topolino marrone indicò le radici della quercia e Ella, vedendo, rimase ad osservare la scena.
«Il filo che punge …» commentò con un minimo di voce.
«Filo che punge?» Tito non l’aveva mai sentito nominare.
«È la causa di morte di molti animali. Circonda quasi tutte le case degli umani qui intorno. Gli animali si poggiano e rimangono incastrati… Tito, è meglio che andiamo …».
«COSA?! Vuoi … vuoi lasciarla lì?» rimase allibito, sapeva che Ella era un topolino particolare ma non che fosse così insensibile.
L’ occhio blu della gazza osservava i due pur stando molto lontano. Tito sentì quello sguardo forargli la pelle e toccargli il cuore. Soffriva, glielo leggeva in faccia.
«Non c’è più nulla da fare... fattene una ragione …» Ella era rimasta colpita dalla scena talmente tanto da non riuscire neanche ad osservare la gazza. Tito pensò che forse la topina era molto più sensibile di lui.
«Non possiamo proprio aiutarla?» riprovò.
«Nel tentativo di salvare lei potremmo rimanere noi incastrati. Mi dispiace Tito, non tutto va come si vuole … Adesso torniamo al casolare, la colonia ci aspetta» e Tito seguì l’amica con un grosso peso nel petto.
La gazza aveva ricominciato a lamentarsi.
La pioggia bagnava l’erba e gli alberi ma anche se non vi erano tuoni a far rumore Tito rimaneva all’erta. Cercava in tutti i modi di dormire ma nella sua testa ronzava ancora il lamento di quella povera gazza e così, silenzioso, corse via dal suo giaciglio.
Sulla parete del vecchio casolare diroccato c’erano centinaia di arnesi arrugginiti ma quello che interessava di più a Tito era una tenaglia poggiata sul pavimento. La prese e con una fatica immane cercò di farla uscire da sotto la porticina di legno.
Tirò da solo fino alla cisterna, aiutandosi facendola rotolare giù dalle discese e evitando i grossi massi sul sentiero.
Quando la coda gli finì sotto l’oggetto il topino inciampò sgraziatamente, una volta finita la caduta, si ritrovò Saltabuche davanti. Gracidava dal ridere e lo fissava divertita.
La pioggia aveva rallentato e adesso Tito era più zuppo che mai. Come gli era venuto in mente di trasportare una tenaglia gigantesca? Sotto la pioggia? Da solo?
Saltabuche gracidò di nuovo «Tito! Che ci fai qui? Dovresti essere al riparo nel casolare. Quella non è un’oggetto degli umani?».
«Sto cercando di rompere del filo che punge … vorresti aiutarmi?». Chiese il topo cercando di togliersi l’acqua di troppo sul ciuffetto. Saltabuche aveva un’espressione incuriosita.
«Volentieri! Ma da soli non ci riusciremo mai! Fammi chiamare i miei amici!» detto questo gracidò forte, talmente tanto da riecheggiare tutt’intorno. Dai cespugli e dalla cisterna comparvero tre grosse rane.
«Ti presento Saltafosso …» e indicò un grosso rospo verde smeraldo con gli occhi gialli «Gransalto …» stavolta indicò una rana grande e grossa di un color fango. Infine, con un balzo presentò una ranocchia piccola e verde maculata «Lui invece è Pablo …».
«Hola! Soy pablo».
Tito non fece domande, le rane si caricarono in spalle la grossa tenaglia per i bracci e Tito zampettò via mantenendo le pinze.
Il topolino e le rane marciarono, come soldatini, fino al bosco. Tito vide la grossa quercia e, zuppa d’ acqua e ferita, riconobbe la gazza ladra.
«Oh!» esclamarono le rane in coro «Povera bestia …» disse Gransalto.
«Per questo abbiamo preso … cos’è quest’affare?» chiese Saltafosso.
«Vamonos!» disse Pablo.
Il quintetto corse velocemente vicino alla gazza e Tito si specchiò nel suo occhio tondo e bluastro.
«Tranquilla ... devi stare ferma. Io e ...» il topolino fissò le rane che si azzuffavano per iniziare a togliere il filo spinato «..Loro.... AH! ti daremo una mano!».
La gazza si fermò, cercò di chiudere le ali e attese. Tito, Saltafosso, Gransalto e Pablo reggevano in alto la tenaglia mentre Saltabuche, sull’ altro braccio, rompeva il filo.
Una volta rotti tutti Tito iniziò ad allargarne i grossi spuntoni. Quando l’ ultimo filo saltò
via la bellissima gazza si alzò in piedi tremante. Osservò Tito e le rane e, veloce, corse via nel bosco senza dire neanche grazie.
« Una urraca que no vuela?... es muy extraño» disse Pablo.
«Cos’ ha detto?» chiese il topino.
«Ha detto “Una gazza che non vola? È molto strano!”» spiegò Gransalto.
In quel momento un tuono ruppe il silenzio, l’ennesimo temporale era vicino...

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 








Oh! Da qui in poi inizia la vera avventura del piccolo Tito! Il suo unico desiderio è ritornare a casa ma proprio mentre sta cercando un modo … eccola! Una gazza nel filo spinato! Chi sarà? Cosa farà?   Aspetto con ansia i vostri commenti e, perché no, anche qualche idea di come continuerà secondo voi la sua avventura.
Cosa ne pensate dei miei piccoli scarabocchi?
Curiosità: Prima di decidere quale uccello inserire nella storia ho immaginato molti finali e molte alternative. All’inizio avevo pensato a un passero, poi a una tortora, a un corvo e persino all’ idea di un falco! Ma proprio non mi sembrava il caso. Il corvo era l’idea più plausibile ma è, nell’ immaginario collettivo, un animale molto negativo così ho iniziato a pensare e pensare ad altri Corvidi (diciamo la famiglia di appartenenza) e poi, come un lampo, ho pensato alle gazze ladre! Belle, eleganti, intelligenti, dalle movenze gentili e poco conosciute dalle persone! Ed eccola la mia meravigliosa coprotagonista!
Beh, detto ciò … fatemi sapere cosa ne pensate del capitolo e del resto.
GRAZIE A LEZEL PER LE CORREZIONI!

   
 
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