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Autore: FlyingBird_3    12/02/2015    1 recensioni
Berlino, 1938
La capitale tedesca è in fermento, viva più che mai grazie alle abili mani dei gerarchi nazisti; tra le sue strade però, le persone comuni svolgono la vita di tutti i giorni.
Tra queste vi è Gerda, una giovane ragazza berlinese amante della moda e della libertà; la sua routine quotidiana è scandita dal lavoro, da feste e chiacchiere con le amiche.
Tutto sembra perfetto finché un giorno, improvvisamente, fa la sua ricomparsa un’importante figura nella vita di Gerda: Andreas.
Andreas Lehmann è un ragazzo tutto d'un pezzo, reso una proiezione di sé stesso grazie ai tempi della dittatura; all’apparenza è freddo, distaccato dai rapporti umani, dedito solo al lavoro. Ma dietro la sua corazza, nasconde un passato di sofferenze e dolore che solo l’amore più sincero può guarire.
I due, amici dall'infanzia, si rincontreranno così dopo molti anni, scoprendo che non c'è via di fuga al loro destino.
Genere: Angst, Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Guerre mondiali, Novecento/Dittature
Capitoli:
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< < Ancora non ci credo che la nostra piccola Beth si sposa > >
Erano le sei e mezza di sera ed io, Beth e Jutte eravamo sedute fuori da un piccolo bar sull’Unter den Linden, la via principale della città che collegava alla Porta di Brandeburgo.
< < Anch’io non ci credevo quando me l’ha chiesto. Insomma… siamo fidanzati ufficialmente da poco… > >
Beth continuava a guardare il liquido scuro che ondeggiava da una parte all’altra dentro il suo bicchierino; da quando eravamo arrivate al bar teneva costantemente la testa bassa, come se si sentisse in colpa per qualcosa.
Era indecisione quella che le si leggeva sul viso?
Dopo vari minuti di silenzio, aspettando che la nostra amica continuasse a parlare, Io e Jutte ci scambiammo uno sguardo eloquente di sottecchi.
Cercai di usare il tono più gentile ed innocente che conoscessi.
< < Beth ma tu sei sicura che vuoi sposarlo? Lo ami davvero? > >
Prima che Beth potesse rispondere, Jutte sospirò rumorosamente al mio fianco.
< < Gerda! Più che amare… Beth sei sicura che vuoi fare una famiglia con questo… signore? È molto più grande di te e sappiamo che la tua famiglia ha problemi economici, ma… non ti devi sacrificare per loro, ci sono anche i tuoi fratelli prima di te > >
Qualcosa in quello che disse Jutte, mi fece sentire a disagio per Beth.
Sbandierare i suoi problemi economici non era tanto carino, ma alla fine era la verità; il fatto, però, che lei dovesse sposare un uomo con cui non voleva mai uscire, né tantomeno amava la sua compagnia, era triste ed aveva bisogno di un po’ di tatto.
Lo sapevamo entrambe, ma dato che Beth non parlava esplicitamente di quello che pensava in merito, Jutte pensò bene che sbatterle in faccia la realtà fosse meglio, come d’altronde era sua abitudine fare.
Le tirai una gomitata, e lei mi guardò come per dire “che c’è? È la verità!” ed io non potei biasimarla. Nonostante questo, cercai di rassicurare Beth che dopo l’uscita di Jutte si era scolata tutto il bicchiere di amaro e ne ordinò un altro.
< < Beth… sono sicura che Jutte voleva dire un’altra cosa… > >
Mi girai verso di lei che mi guardò alzando le spalle, come se ferire i sentimenti della sua amica non fosse tra i suoi problemi. Ma, per quanto Jutte fosse stata indelicata, non potei che darle ragione.
< < Ascolta, non sembri molto contenta della proposta, e dato che ci hai sempre detto che Hasso è un po’… troppo vecchio per divertirsi e viscido per presentarlo alle proprie amiche… > >
Mi fermai, sperando che Beth dicesse qualcosa; finalmente, dopo alcuni secondi di silenzio, disse la sua.
< < Avete ragione ragazze. Io… non so se amo Hasso. Ma devo farlo per la mia famiglia… > >
Jutte la interruppe bruscamente.
< < Beth! Non devi fare l’eroina! Se siete riusciti a vivere fino ad adesso, ci riuscirete ancora! Come pensi di condividere il letto con un uomo che ripudi e avere dei figli da lui solo per avere più soldi? > >
Beth sembrò sul punto di avere un attacco di panico.
< < Lo so Jutte, ti ho detto che hai ragione! > > disse sussurrando e sporgendosi sul tavolo, < < Ma non è tutto così semplice. Mio padre ha bisogno di cure, ed i farmaci costano! I miei fratelli devono sfamare anche le loro di famiglie… sono sicura che io ed Hasso riusciremo a trovare un equilibrio. Infondo l’amore non nasce che con il tempo che si passa assieme… > >
La vidi abbassare lo sguardo sulle mani che aveva in grembo, e d’istinto mi fece tanta pena: forse, non ne voleva parlare semplicemente perché sapeva che era una cosa che doveva fare, ma che non voleva assolutamente. D’altronde, noi tutti vorremo trovare la persona giusta con cui passare l’intera nostra vita, ma la fantasia e la realtà sono due cose ben diverse.
Presi una sua mano tra le mie, e lo stesso fece poco dopo Jutte, dall’altra parte del tavolino: aveva capito anche lei che era il momento di fare un passo indietro e appoggiare la nostra amica.
< < Se avrai bisogno di noi ci saremo per darti una mano Beth > > dissi.
Finalmente fece un sorriso, e dopo averci rassicurato che stava bene, chiamò il cameriere per pagare e disse che doveva andare a casa.
La vidi darci le spalle lungo la via, con i ricci neri che le andavano su e giù ad ogni passo.
< < È meglio che vada anch’io > > dissi poco dopo, guardando l’ora sul vecchio orologio da polso della mamma.
< < Ma è ancora così presto Gerda! E poi… guarda quante persone stasera. Non vorrai mica essere l’unica che torna a casa… > >
Jutte si sventolò con il tovagliolo del bar, guardandosi intorno. Il suo modo appariscente e accattivante di muoversi e parlare, stava attirando lo sguardo degli uomini attorno a noi, cosa che mi dava un po’ fastidio.
< < Devo andare a teatro stasera, e se non mi muovo non arriverò in tempo a casa per prepararmi e mangiare qualcosa. Ci vediamo lunedì Jutte, perdonami > >
Lasciai i soldi sul tavolino e salutai la mia amica; camminai lungo il viale, circondata da alberi dai mille colori e uomini e donne che tornavano a casa da lavoro, nella luce del giorno che piano piano si spegneva.
A mano a mano che mi avvicinavo alla Porta di Brandeburgo, lasciandomi alle spalle file di lampioni già accesi e colonne bianchissime che il Fuhrer volle costruire in onore delle olimpiadi qualche anno prima, rallentai il passo per vedere lo spettacolo davanti a me. La Porta svettava imponente in mezzo al via vai di macchine, e le bandiere, rosse come il sangue con ricamata la svastica del Reich, sventolavano con prepotenza al di sotto. Berlino di sera era magnifica, e vidi altre persone come me fermarsi ad osservare lo spettacolo che offriva ad ogni tramonto.

 
*


Io e mia madre prendemmo posto quasi al centro della platea; Lilian e sua madre ci aspettavano già lì.
La sala non era molto grande, ma l’acustica e la vista erano perfetti.
Ci accomodammo su delle morbide poltrone rosse in velluto, circondate da un soffice chiacchiericcio di sottofondo; uomini in frac e donne in abito da sera lungo, facevano la loro apparizione da ogni angolo della sala.
Mi sedei accanto a Lilian, la mia migliore amica; ci conoscevamo sin da piccole. Mia madre e la sua strinsero amicizia quando lavoravano insieme nei cabaret, e dopo il loro ritiro, la madre di Lilian comprò uno spazio dove aprire un cabaret tutto suo.
Il Jockey Bar (così si chiamava) era carino, ma nulla di speciale; non avevano nessun ospite famoso, e le persone che lo frequentavano erano per lo più impiegati o normali borghesi.
Nonostante questo, la madre di Lilian non pensò mai di chiuderlo, perché “se dovessi smettere con il cabaret, smetterei di vivere molto presto”.
Lilian era per certi aspetti simile a me, di buona famiglia e molto perspicace; l’unica sua pecca era il fatto di innamorarsi ogni cinque minuti di un uomo diverso. Diceva sempre che se non aveva qualcuno da amare, la sua vita era vuota.
Quella sera era più splendente di una stella, in un vestito oro lungo fino ai piedi, leggermente largo e probabilmente ricamato da qualche angelo in cielo.
Portava i capelli biondissimi raccolti sul capo, con delle onde sulla fronte come andava di moda qualche anno prima. Era sempre in ordine, ed un trucco leggero quasi impalpabile la rendeva praticamente perfetta.
< < Gerda! Questi giorni senza vedersi sono stati interminabili. Devi proprio lavorare tutti i giorni in quel negozio? > >
Ignorai le sue solite lamentele sul fatto che non ci potevamo vedere spesso a causa del mio lavoro, facendola arrivare a notizie più succose.
< < Cara amica mia, prima di tutto, devo darti una notizia. La settimana prossima sono stata invitata ad una festa al Riviera Palace e… > >
Rimasi a bocca aperta; volli subito chiedere di più, ma Lilian me lo impedì.
< < Lo so, lo so. Aspetta. Ovviamente capisco che una settimana sia troppo poco per scegliere cosa metterti e come prepararti ma… tu DEVI venire con me! Non possiamo perderci questa occasione Gerda. Il Riviera Palace! > >
Il Riviera Palace era un’elegante palazzo nel centro di Berlino, che si affacciava sul grande fiume Sprea; aveva varie stanze dove si poteva giocare d’azzardo, ballare, mangiare o solamente chiacchierare.
Lo spettacolo alla notte, con candele che illuminavano il giardino e si specchiavano sul fiume, era mozzafiato.
Ovviamente solo i più ricchi frequentavano assiduamente il posto, e qualche volta durante l’anno veniva data una festa dove gli invitati erano tra le più alte cariche ed esponenti della Germania; ma non mancavano attrici, banchieri, sportivi, artisti, uomini politici… c’era di tutto e di più. La crème de la crème.
Il fatto di essere tra quelle persone, era una proposta che non si poteva rifiutare; Lilian era figlia di un politico, per cui poteva ricevere spesso degli inviti come questo.
Ma io?
< < È una notizia fantastica Lilian! Come hai fatto ad avere l’invito? > >
Lei si abbassò un po’, con fare cospiratore.
< < Mio padre è spesso invitato a queste feste, ma sai che la mamma non vuole che ci andiamo. Li ho sentiti litigare molto la settimana scorsa, ma non ho capito il perché… si sono chiusi dentro lo studio di papà, e da lì non si percepisce neanche un urlo. Credo che lo abbia fatto per farsi perdonare dalla mamma, anche se lei ha già detto che non viene > >
All’improvviso le luci si abbassarono, e il sipario piano piano si aprì. Feci un cenno con la testa alla mia amica, facendole capire che avevo compreso quello che mi aveva appena detto.
I genitori di Lilian litigavano spesso, ma in quel periodo succedeva quasi tutti i giorni, da quello che mi raccontava quest’ultima.
Lui era spesso lontano per lavoro, e quando era a Berlino, non mancavano le volte in cui non tornava nemmeno a dormire a casa.
Girai con discrezione la testa per osservare la madre di Lilian che guardava attenta lo spettacolo: non c’era segno di rabbia o tristezza sul suo viso.
Era identica in tutto e per tutto alla mia amica, e sembrava perfetta sotto ogni aspetto: un marito ricco e potente, un passato da acclamata attrice, una bellezza prorompente alla sua età e un patrimonio da far gola anche alla più facoltosa persona di Berlino. Eppure, anche se dalla superficie non si scorgeva nessun graffio, quella donna doveva averne passate molte, e molte ne stava ancora passando.
  
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