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Autore: Blu_Polaris    14/02/2015    2 recensioni
Tito è un topolino con il sogno di volare e l' incubo di essere braccato dal Gufo. Tutto cambia quando, dopo una disavventura, incontra Diana, una meravigliosa gazza ladra che non sa volare ...
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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~~~~Capitolo 4 -  voglio andare via

Quell’inverno si rivelò essere particolarmente rigido. Le giornate passavano tra piogge e schiarite, le temperature si erano abbassate di molto e la luce sembrava voler scappare anche lei dal freddo. Era un novembre molto piovoso, costantemente flagellato da grandine e, a volte, dalla neve.
Tito rimaneva al calduccio nel casolare, ad attendere che le nuvole si diradassero.
La sua maggiore attività in questi casi era quella di disegnare rocamboleschi piani per tornare a casa con un bastoncino sul terriccio o sulla cenere che ricopriva il pavimento del casolare diroccato. Ella lo guardava con uno sguardo tra il curioso e il rassegnato.
«Che combini adesso?» Chiese. Tito aveva disegnato una slitta fatta con un pezzo di corteccia e trainata dalle povere rane.
«Sono sicuro che questo piano funzionerà! È molto meglio di quello della settimana scorsa!» esclamò il topolino marrone continuando a scarabocchiare.
«Migliore di quale? Quello dove ti lanciavi con una fionda o quello di cavalcare un coniglio? Ah, dimenticavo! C’è anche quello di scavare gallerie che arrivassero fino alla tua colonia. Te lo ripeto, Tito: dovresti saper volare per superare la recinzione e il torrente».
«Le rane secondo me sono perfette!» disse ignorando l’amica e indicando gli anfibi.
Dall’altra parte del casolare Saltabuche, Gransalto, Saltafosso e Pablo avevano i loro corpicini viscidi stanziati in un vecchio cappello rovesciato.
«Fatti più in là, Gransalto! Io sto stretta!»
«Se hai il sedere grosso non è colpa mia!» Gransalto si rivolse a Saltabuche con accanimento.
«Che hai detto?».
Da sotto i due anfibi emergeva la zampa di Pablo «sálvame!» disse rivolto a Saltafosso.
«Io non ci vengo neanche morto a salvarti, Pablo! Potrei rimetterci le zampe!».
Pablo disse qualcosa in spagnolo ma così velocemente che nessuno capì niente.
«TI ho voluto bene, amico!» il ranocchio spagnolo allungò la zampa e afferrò Saltafosso che, scivolando, finì anch’esso nella mischia.
«TI metti in ottime zampe, Tito» lo punzecchiò Ella mentre Tito osservava la scena.
Da quando il freddo era arrivato così di fretta molti animali avevano chiesto ospitalità nel casolare e adesso un numero considerevole di topini, qualche rana e altri abitanti del bosco.
Il topino marroncino però quasi non si era accorto di tanta folla e tendeva a scarabocchiare idee strambe e pensare a quella gazza.
Solo quando, una mattina di metà novembre, un piccolo topino entrò correndo e urlando dalla gioia per il ritorno del sole Tito sembrò dimenticarsi di tutti quei pensieri.
«Ella, ti va una passeggiatina?!» chiese all’ amica che accettò con felicità.
«È tornato il sole! Dai! Andiamo a divertirci un po’» urlarono le rane correndo via, fuori dal casolare lanciando Ella in una pozza d’acqua.
«Ma le rane non vanno in letargo?» chiese pulendosi il pelo che, da bianco, era diventato marrone e sporco.
«Quelle rane non sono normali, ecco perché la mia slitta funzionerà!».
I due topi cercavano e raccoglievano paglietta per riscaldarsi il giaciglio. Tito stava molto comodo utilizzando stoffe e cotone e invece Ella adorava dormire tra le foglie e i petali. Così pian piano si avviarono verso il campo di fiori e, nel tragitto, raccolsero un gran numero di foglie.
«ECCOCI!» esclamò la topolina correndo veloce a raccogliere i petali che erano in terra. Quel piccolo fazzoletto di prato era ormai tutto secco e rovinato, un tappeto di petali caduti riempiva gli spazi vuoti ma Ella sembrava felice come non mai.
Tito afferrò un gran numero di foglie e grossi pezzi di cotone, talmente tanti che non riusciva neanche a vedere davanti a se.
Ella, seppur ben carica, riusciva a vedere quel poco di stradina che aveva davanti «Seguimi» disse ridacchiando.
Neanche finì di dirlo che il topolino non vide un sasso davanti a se e vi incespicò.
Precipitò per una piccola discesa e poi giù, da una sporgenza. Ella lo vide sparire dietro i massi. «TITO!».
Il topolino ricadeva, tutte le foglie che aveva nelle zampe volarono via e, proprio mentre stava per sbattere sulla fredda pietra, si sentì afferrare per la codina.
«STO PER MORIRE!!».
«NO, per questa volta no!» Tito venne sollevato in alto e vide davanti a se, rivolto a testa in giù, la meravigliosa gazza ladra che aveva liberato dal filo spinato. L’uccello lo portò sulla terra ferma e, guardandolo, gli offrì l’unica foglia che era sopravvissuta al salto. 
«Hai perso questa!» disse e gliela lasciò cadere sul muso.
«IO TI CONOSCO! Sei la gazza che ho salvato!» esclamò, a guardare la gazza Tito rimase sorpreso.
Era bella grande, la coda nera emanava meravigliosi riflessi verdi mentre metà delle ali (le lunghe penne finali erano bianche), di un bel nero intenso, nascondevano sfumature di un meraviglioso azzurro metallico.
«Puoi chiamarmi Diana e tu, piccolo roditore, come ti chiami?» chiese, con una simpatica vocetta.
«Oh, sì. Io… Io sono Tito!» e gli porse la zampetta, Diana allungò la penna più lunga dell’ala a mo’ di mano.
«TITO!» urlò Ella affacciandosi dalla piccola sporgenza. La topina sembrava spaventata a morte.
Tito alzò lo sguardo e vide che, dietro di lei, oltre gli alberi c’erano nuvole nere.
«Sto bene!» gli rispose «Arrivo subito!». 
Il topolino cercò di saltare sulla parete scoscesa e di raggiungere l’amica ad almeno due metri da terra. Ovviamente ricadde pesantemente a terra, squittendo dal dolore.
«Non sei molto bravo ad arrampicarti, vero?» chiese sarcastica la bella gazza guardandola dall’ alto.
«Da cosa l’hai capito?» si rialzò piano e poi osservò Diana. Era un uccello! Poteva dargli un passaggio!
«Ehm … Diana, giusto?» la gazza annuì «Potresti darmi un passaggio? Fin lassù?».
Diana lo guardò stupita «Chi? Io? Mi piacerebbe ma …» aprì le ali e le agitò forte ma il suo corpo non si schiodò da terra «…Non so volare!».
«UNA GAZZA CHE NON VOLA?» urlarono sorpresi sia Ella che Tito.
«Ma… ma …» bofonchiò il topino.
«Neanche tu voli! Ma nessuno ti dice niente!» esclamò la gazza.
Un ruggito di tuono zittì i due e la pioggia iniziò a cadere lieve ma ghiacciata.
«Ella! Torna al casolare! Ti raggiungerò tra poco!» disse Tito ma Ella rimase ferma immobile, affacciata alla sporgenza. «VAI!».
«Non posso lasciarti da solo! Non sai nemmeno camminare senza inciampare!» l’ennesimo tuono spaccò in due l’aria facendola quasi tremare.
«Vai, tornerò al casolare! Ci vediamo lì».
 Ella tremò di freddo e paura «O … Ok …» e con un salto veloce ma titubante, corse via.
Tito iniziò a camminare lungo la parete della sporgenza, il più veloce possibile e quasi scivolò di nuovo. Diana lo vide e, di nuovo, con il becco, afferrò il topino e se lo caricò sulla schiena.
«Che stai facendo?» chiese Tito.
«Facile! Ti riporto a casa, dalla tua fidanzata!» esclamò mentre la pioggia diventava sempre più fitta e fredda.
Ci volle mezz’ora di cammino prima di riuscire a vedere il casolare diroccato e ci volle quasi un’ora per raggiungerlo. Entrambi arrivarono davanti alla porta di legno bagnati fradici e infreddoliti più del solito ma Ella gli aprì immediatamente la porticina appena in tempo. Pochi minuti dopo una potente scarica di grandine e vento rese invalicabile l’intero bosco.
Tito si sentì avvolgere da quello che restava di un fazzolettino di lana ma Diana rimase nel bel mezzo del casolare, a tremare di freddo.
«Ella, puoi aiutarla?» chiese Tito ma la topolina bianca non sembrava molto propensa, fece una smorfia e si andò ad acciambellare nel suo piccolo cantuccio di paglia e petali. «Che c’è?».
«Qui tutti sono accolti ma non posso badare a tutto. Deve vedersela da sola per crearsi il nido».
«Ah! Come sei cattiva! Diana! Vieni!» disse Tito offrendole il suo cumulo di paglia e cotone, avvolto in una piccola valigia. La gazza zampettò fino lì e, una volta dentro la valigia si sistemò per bene, al calduccio, con la lunga coda che toccava terra.
Dall’ altra parte della stanza le rane gracidavano tra loro e il povero Gransalto sembrava decisamente agitato. Tutti gli anfibi erano stretti nel cappello rovesciato.
«Que frío! No me gusta esta lluvia» disse Pablo.
«Neanche a me, amico!» gli rispose Saltafosso.
Diana, dal calduccio del suo giaciglio, osservò le buffe rane; si chiese come mai una di esse parlasse spagnolo.
«Cos’ha detto?».
«Ha detto... “Che freddo! Non mi piace questa pioggia”. Le piogge hanno gonfiato il torrente dopo la recinzione così tanto che potrebbe straripare e allagare tutto... molte nostre amiche rane sono dovute correre via, chissà se li rivedremo ...». disse Saltabuche.
«Cavolo, la rana spagnola ha detto tutto questo? Sei proprio veloce a parlare!» disse scherzando Diana. Gli anfibi la guardarono in malo modo, quasi offesi.
«Sono simpatici, i tuoi amici!» ma, affianco a lei, non c’ era nessuno.

«Non capisci, Ella?» chiese Tito. I due topolini erano fuori al casolare, sul piccolo muretto che circondava la casa.
«No, mi dispiace ...».
«Se insegno a quella gazza a volare potrà attraversare il bosco e riportarmi a casa!» esclamò Tito già pronto a riabbracciare il fratello Ezio e la madre.
«Ma qui non stai bene? Non ti piace? È da quando sei arrivato che vuoi andartene...» Ella aveva gli occhietti umidi e lucidi.
«Voglio andare via, sì. Prometto che tornerò a trovarti!» Tito sorrise ma non venne ricambiato.
«L’ ultimo topo che mi ha promesso una cosa del genere è sparito e non è più tornato » disse Ella, scese rapida dal muretto di pietra e tornò a dormire nel casolare diroccato.
Nel cielo di fine novembre comparve finalmente una luna tonda e Tito la osservò speranzoso.
Diana, la gazza, avrebbe imparato a volare.
Tornò all’ interno e trovò l’ uccello a dormire, si mise proprio sotto la sua ala a godersi il calduccio.


 


Bene, finalmente sapete che la nostra gazza si chiama Diana e che Tito ha un paio di idee per tornare a casa. Ella non è molto contenta di dover salutare già il suo nuovo amico e presto avrete delle news sul suo passato, presente e futuro. Fatemi sapere se avete notato errori (Lezel, conto su di te).
Curiosità: il nome della nostra gazza è Diana ma in precedenza il suo nome era Gemma. Ho preferito il primo poiché il nome suona più incisivo rispetto al secondo.  Per quanto riguarda il suo carattere, in precedenza doveva essere una timidissima e piccola uccellina, l’idea di farla più matura è stata, secondo me, migliore visto che tra i due è Tito il più piccino e tenero (credo).
Detto ciò mi dileguo!
Alla prossima!

   
 
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