Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: _Marlena_    15/02/2015    4 recensioni
In quel momento aprì gli occhi.
Era una dea.
O forse un angelo?
No, di sicuro era qualcosa di meglio.
E i suoi occhi. Erano blu. Di un blu perfetto.
E stavano proprio guardando me.
Aveva appena aperto gli occhi, e io fui la prima persona che vide.
Notai un piccolo scintillio in quel mare che erano gli occhi di quella ragazza.
Ma non riuscivo ad andare oltre.
--------------------------------------------
Storia interrotta per mancanza di idee. Scusate.
Genere: Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Misi le mani attorno alla tazza bollente piena di tè alla menta per scaldarmi.
Mi voltai per guardare l’orologio appeso sulla parete della cucina. Erano le sette, avevo ancora una buona mezz’oretta prima di uscire e andare ad aprire il negozio.
Non ero mai stata una persona che amava dormire, mi piaceva alzarmi presto, fare le cose con calma, senza fretta, e prendermi del tempo per guardare il mondo che mi circondava.
Mi girai nuovamente, ero seduta su una sedia davanti alla finestra, le gambe appoggiate al davanzale.
Soffia nella tazza, per poi bere un po’.
Osservai la neve che cadeva lentamente dal cielo bianco. Era la prima nevicata dell’anno, ma faceva freddo già da alcune settimane.
Ripensai al sogno che avevo fatto quella notte.
Era un sogno strano, non ricordavo bene cosa succedesse, ma ero sicura della sua presenza.
Non avrei mai potuto non notare i suoi occhi.
Scossi la testa, come per scacciare quel pensiero.
Era una donna davvero bella, ma era assurdo il modo in cui continuava a comparire tra i miei pensieri, e ora perfino nei miei sogni.
 
Regolai la temperatura in modo che i fiori e le piante all’interno del negozio non gelassero, poi girai il cartellino sulla porta, facendo vedere che il negozio era aperto.
Passò una buona mezz’ora prima che arrivasse qualcuno.
Sapevo già chi era.
«Buongiorno signor Abe! Come sta?» dissi sorridendo all’uomo che era appena entrato.
Era un uomo anziano, di ottanta anni, che vestiva sempre in modo elegante e si aiutava con un bastone per camminare. Si appoggiò al bancone, sorridendomi, con una piccola nota di tristezza negli occhi scuri che non mi sfuggì. Erano ormai tre anni che ogni domenica mattina, sempre al solito orario, entrava nel mio negozio e prendeva dei fiori da portare sulla tomba della moglie.
Mise una sua mano rugosa sulla mia, appoggiata sul bancone posto fra noi.
«Sto bene Amy, non posso lamentarmi» mi rispose, togliendosi dei fiocchi di neve che si erano attaccati al suo cappotto. «Fa proprio freddo oggi… Hai per caso dei fiori adatti a queste temperature?» chiese con una leggera malinconia, guardandomi però speranzoso.
Sapevo che avrebbe portato i fiori alla moglie a qualunque costo, affrontando tutte le tempeste di neve che potevano abbattersi sulla città.
«L’ho mai delusa?» dissi facendogli l’occhiolino «Ho quello che fa per lei proprio qui»
Feci il giro del bancone e presi da un grosso vado un fiore dal gambo molto lungo, con grandi petali bianchi come la neve e dei lunghi pistilli gialli.
«Questa» e gli porsi il fiore «è una rosa invernale, l’elleboro» e lo guardai sfiorare i petali con una mano, mentre mi faceva un piccolo segno di assenso con la testa e sorrideva, sapendo che stavo per raccontargli qualche piccolo aneddoto sul fiore appena scelto da lui.
«Si dice che, quando Gesù nacque, si aggirasse attorno al luogo una piccola pastorella. La bambina vide arrivare i Re Magi, che offrirono al piccolo preziosi doni, l’oro, l’incenso e la mirra. La pastorella guardò i propri vestiti, e si rese conto di essere coperta di stracci e di non potersi presentare così al nuovo arrivato. Allora si guardò attorno, cercando qualche pietra preziosa, ma non trovò nulla, così si sedette per terra, sotto la neve, e iniziò a piangere disperata. La vide un angelo, che commosso dalla sua dolcezza, si spolverò le vesti dalla neve che gli si era fermata sopra, e quando quei fiocchi toccarono il suolo, subito si formarono dei fiori bianchissimi, come la neve appunto. Così la bambina raccolse i fiori appena germogliati e li portò al bambino» finii di raccontare la storia porgendo il mazzo appena confezionato all’uomo davanti a me sorridendogli.
Il signor Abe mi ringraziò e con un ultimo sorriso mise la mano in tasca per prendere una caramella e lasciarmela sul bancone, com’era solito fare. Lo salutai dopo che mi ebbe pagato e quando uscì dal negozio, andai sul retro a sistemare alcune piante. Pochi minuti dopo, però, sentii il tintinnio delle campanelle messe sulla porta d’ingresso.
«Arrivo» gridai per farmi sentire, mentre mi pulivo le mani sporche di terra sul grembiule.
Quando arrivai vidi una donna, mi dava le spalle poiché stava guardando dei fiori.
«Buongiorno» dissi per annunciarle la mia presenza.
La donna sobbalzò e poi si voltò, per vedere chi aveva parlato.
Spalancai gli occhi.
Non poteva essere.
«Buongiorno a…» mi guardò, socchiudendo leggermente le palpebre, concentrandosi su di me «Un momento, tu sei la ragazza del supermercato?»
«Sì, io…sono io» dissi mordendomi l’interno della guancia e alzando leggermente le spalle, mentre guardavo in basso, sentendomi il viso bollente.
Lei si avvicinò al bancone e rise piano.
Aveva una bella risata, cristallina, armoniosa, che mi fece rilassare.
«Mi dispiace per quello che è successo l’altro giorno» disse sorridendomi sinceramente.
«Stai bene? Non ti ho fatto male, vero?» aggiunse preoccupata.
«No, non preoccuparti, sto bene» sorrisi mentendole, sapendo che in realtà avevo un livido sul ginocchio. «Allora, cosa ti porta nel mio negozio?» chiesi cambiando argomento.
Lei si guardò attorno, mordendosi la parte laterale del labbro inferiore.
Inspirai più volte, cercando di prendere aria che mi sembrava non ci fosse.
Era un gesto tremendamente sexy.
Si voltò, fissando i suoi occhi blu nei miei verde scuro.
Si passò una mano lungo il collo, lasciato scoperto dal cappotto nero leggermente aperto. Seguii il movimento delle sue dita sottili finché non incontrò una catenina argentata, con la quale iniziò a giocare.
Tornai a guardarla negli occhi, deglutendo.
«Stavo cercando una pianta, è il compleanno di una persona speciale e con i fiori non si sbaglia mai, giusto?» disse sorridendomi.
Le feci alcune domande, per capire il destinatario del regalo, ma fu abbastanza vaga. Le mostrai alcune piante e lei alla fine scelse un bonsai dalle piccole foglie verdi e dai rami sottili, sui quali erano germogliati piccoli fiori profumati bianchi qualche settimana prima, una camelia sasanqua. Mi spostai sul bancone per farle una confezione regalo e lei mi seguì, osservando quello che facevo.
«Vuoi anche un bigliettino?» alzai lo sguardo una volta finito di preparare la confezione e la trovai a fissarmi le labbra. Alzò subito gli occhi nei miei e fece di sì con la testa.
Presi un biglietto e una busta da un cassetto e appoggiai la punta della penna sulla carta, pronta a scrivere quello che mi avrebbe detto.
Lei sembrò pensarci qualche attimo, poi mi disse «Alla persona più importante della mia vita, non saprei come fare senza di te» mi lasciò il tempo di scrivere, mentre la mia mano tremava leggermente.
Forse era già impegnata.
Forse era innamorata di qualcuno che a sua volta l’amava.
«Ti voglio bene mamma. Firmato, Judith»
Judith.
E così questo era il suo nome.
Mi piaceva.
Judith.
Trassi un silenzioso sospiro di sollievo sapendo che quei fiori erano per la madre.
Ma perché mi sentivo sollevata nel sapere che quei fiori non erano per qualcun altro?
Le sorrisi e le diedi il tutto, lei mi ringraziò o mi pago, sfiorandomi con le sue dita mentre lasciava le banconote sulla mia mano.
Le consegnai la ricevuta, che guardò per un attimo, poi fece per voltarsi e uscire, ma si fermò ad osservarmi.
«Qual è il tuo fiore preferito? Insomma, hai un negozio di fiori, sicuramente qui in mezzo ci sarà il tuo fiore preferito» disse velocemente, per poi sorridermi.
Sembrava imbarazzata.
Quasi impacciata.
Io mi voltai alla mia destra indicandole con un cenno della testa un grosso vaso pieno di fiori.
«I gigli» risposi sorridendo.
«I gigli» rispose lei, avvicinandosi al vaso e prendendone uno.
Poi tornò da me e me lo diede.
«Vuoi regalarne uno solo?» risi piano.
Lei mi guardò alzando un sopracciglio, poi si passò velocemente la lingua sulle labbra e mi porse il fiore.
«Alla fioraia più bella. Per te Amelia»
Io allungai la mano per prendere il fiore, diventando rossa.
La guardai allontanarsi senza spostare i suoi occhi dai miei per poi uscire dal negozio con un sorriso divertito.
Mi aveva regalato un fiore.
Il mio fiore preferito.
Però non lo aveva pagato.
Ma sapeva anche il mio nome.
Come faceva a sapere il mio nome completo?
Ricordai che sulla ricevuta che le avevo dato c’era scritto il mio nome.
Sorrisi, appoggiandomi alla parete, stringendo il fiore al mio petto e chiudendo gli occhi.
 
 
 
 
Eccoci qui con il terzo capitolo!
Mi scuso immensamente per il ritardo, ma l’ispirazione se non c’è, non c’è!
Spero vi piaccia e che sia di vostro gradimento :)
Alla prossima!
Marly 
  
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: _Marlena_