Libri > Il diario del vampiro
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Autore: Whiteeyes95j    17/02/2015    1 recensioni
In una notte la vita di Stefan e Bonnie cambia. Due avvenimenti tragici, due segreti che i due ragazzi non vogliono rivelare e che li porteranno alla disperazione. Non avendo nessuno con cui confidarsi cadranno in un incubo senza fine che li porterà addirittura a scappare da quella realtà troppo dolorosa che li circonda. Nel frattempo Damon, che ha intuito nei due ragazzi dei profondi cambiamenti cercherà di far luce ai loro segreti. Ma oltre a segreti, bugie, tradimenti e inganni un nuovo nemico brama vendetta e potere e farà di tutto per approfittare della situazione.
Genere: Drammatico, Suspence, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Elena Gilbert, Nuovo personaggio, Stefan Salvatore | Coppie: Bonnie McCullough/Damon Salvatore
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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G.U.I.L.T.Y.
 
Damon era appena arrivato nel soggiorno di casa Mccullough insieme a Magdalene, la quale non appena vide il corpo privo di vita di Sapphire, si inginocchiò vicino a lei e cominciò a piangere. Damon invece si avvicinò velocemente a Bonnie, la quale era ancora sdraiata sul divano, priva di sensi, pallida come un fantasma, profonde occhiaie intorno agli occhi, le guance sporche di lacrime insanguinate e le labbra viola. Se non avesse sentito il suo cuore battere avrebbe pensato che fosse morta.
 
<< Ma chi ti ha ridotto così ? >> chiese pulendole le guance dal sangue.
 
Magdalene nel frattempo aveva preso tra le braccia il corpo di Sapphire, mentre continuava a piangere silenziosamente.
 
<< Io gliel’avevo detto… io gliel’avevo detto che doveva stare attenta. Lei non mi ha ascoltato. >> disse invano al corpo privo di vita.
 
Damon osservò il corpo della donna con i capelli blu, senza sapere esattamente come sentirti. Se ciò fosse successo in passato, o ne avrebbe gioito, o sarebbe rimasto indifferente. Non aveva mai provato molta simpatia per Sapphire, era questa la verità ed era inutile fingere che non fosse così solo perché adesso era morta. Ma adesso che sapeva più o meno la verità su di lei e su Stefan, più che sentirsi dispiaciuto per lei si sentiva dispiaciuto per Stefan. Suo fratello aveva sofferto molto nella sua vita e di certo lui non aveva mai cercato di migliorare la situazione. Sapphire era stata per suo fratello tutto ciò che lui non era riuscito e che a un certo punto non voleva essere, un’amica, una confidente, una spalla su cui piangere. E ora se ne era andata anche lei. Ora che ci pensava, Stefan dov’era ? Perché non era qui ?
 
<< Stefan ? >> lo chiamò, ma nessuno gli rispose.
 
Cominciava a preoccuparsi seriamente, in casa non sentiva altre aure se non la sua, quella di Magdalene e quella debolissima di Bonnie. Bonnie ! In questo momento lei era più importante. La sua salute degenerava e lui non sapeva che fare per aiutarla.
 
<< Magdalene ? Puoi fare qualcosa per Bonnie ? >> chiese all’altra strega.
 
<< Si. Conosco un paio d’incantesimi curativi. Non ci vorrà molto tempo >> disse Magdalene posando delicatamente il corpo di Sapphire sul tappeto e avvicinandosi a Bonnie.
 
Damon, non volendo lasciare il corpo della donna in quel modo, si avvicinò a un bracciolo del divano, dove c’era un piccolo plaid. Stava per prenderlo quando sentì un intenso odore di sangue. Si sporse leggermente oltre il bracciolo e a quel punto la vide. Una testa mozzata di una donna giaceva sul pavimento in una pozza di sangue.
 
<< Ma che diam… >>.
 
<< AHHH ! CHE COS’È SUCCESSO ? OH MIO DIO !! >> le urla di Bonnie lo fecero voltare bruscamente.
 
<< Bonnie, stai calma, sei ancora debole e… OH MIO DIO !! >> urlò anche Magdalene dopo aver capito il motivo per il quale Bonnie aveva precedentemente urlato.
 
A quel punto la notò anche Damon. Prima non lo aveva notato, ma davanti al camino, su una sedia a dondolo c’era quello che, molto probabilmente, era stato il corpo della testa che giaceva sul pavimento.
 
<< Zia Deborah !! Che è succes… Oh mio Dio ! >> urlò Bonnie questa volta riferendosi al cadavere di Sapphire.
 
<< Bonnie, stai calma ! Sei ancora troppo debole, non ti farà bene agitarti >> le disse Damon prendendola per le spalle.
 
<< Oh, Damon >>.
 
Bonnie lo abbracciò e cominciò a piangere sulla sua spalla. Damon la strinse leggermente, poiché non voleva rischiare di farle male. Odiava vederla ridotta in quel modo e desiderava ardentemente sapere cosa fosse successo in quella casa ma a quanto pare neanche Bonnie ne era a conoscenza. Tuttavia era felice di vedere che in fondo stava bene e che per la prima volta non era arrivato troppo tardi. Anche Bonnie era felice, Damon le era mancato come l’aria e per la prima volta dopo tanto tempo si sentì al sicuro. Damon la faceva sentire al sicuro, tra le sue braccia credeva che nessuno avrebbe più potuto farle del male. Si rese conto che i suoi sentimenti per lui non erano affatto cambiati, anzi, si erano rafforzati. Non le importava chi o cosa Damon fosse stato in passato, lei lo amava e non lo avrebbe mai allontanato, ora lo sapeva. Non le importavano le parole intrise di veleno e di rancore di Stefan, sapeva che lui gliele aveva detto solo a causa della sua “rabbia”. A proposito di Stefan, dov’era ? Perché non era lì ?
 
<< Dov’è Stefan ? E chi è questa ragazza ? >> chiese Bonnie separandosi dall’abbraccio.
 
<< Ciao, io mi chiamo Magdalene, ci siamo già incontrate nell’ufficio di Sapphire >> rispose l’altra strega senza guardarla, accarezzando i capelli blu di Sapphire.
 
<< Oh, è vero. Me lo ricordo. Ma… che è successo a Sapphire ? E Stefan dov’è ? >> chiese Bonnie guardandosi intorno, cercando un possibile indizio che la potesse aiutare a mettere insieme i pezzi del puzzle.
 
<< Non lo sappiamo. Appena siamo arrivati c’era il corpo di quella donna sulla sedia a dondolo, ovviamente senza la testa, la quale è rotolata dietro al divano. Poi c’era il corpo di Sapphire a terra e privo di vita. Di Stefan non c’è alcuna traccia, non riesco neanche a sentire la sua aura. >> le spiegò Damon.
 
<< Bonnie… tu hai qualche idea su chi possa essere stato a fare tutto questo ? >> le chiese Magdalene sedendosi vicino a lei sul divano e prendendole la mano.
 
Bonnie la guardò intensamente, poi si morse il labbro. Sperava di rimandare quel momento il più allungo possibile. Non voleva che Damon e quell’estranea scoprissero quanto fosse stata ingenua negli ultimi mesi. Si era illusa di poter tenere sua sorella sotto controllo e che avrebbe potuto trovare un rimedio e invece, come al solito, aveva solo complicato le cose e ora sua zia, e molto probabilmente anche Sapphire, erano morte per colpa sua. Perché non era riuscita a fermare sua sorella in tempo.
 
<< Io… ecco io… >> balbettò senza riuscire a dire qualcosa di senso compiuto.
 
<< Bonnie, ascoltami bene. La situazione è diventata complicata, anche a Fell’s Church. Anastasia ha catturato Meredith e ha ucciso Rosalie. Adesso anche la strega in blu è morta e non era una persona qualunque, ma una persona molto importante per Stefan. Perciò, se hai anche solo una minima idea su chi possa aver fatto tutto questo, è tempo di parlare >> le disse Damon con voce dura.
 
<< Come ? Anastasia ha catturato Meredith ? Perché ? >> chiese Bonnie, mentre il senso di colpa continuava ad aumentare.
 
<< Perché Anastasia ha il cuore di Stefan e finché sarebbe rimasto accanto a te, tu saresti stata in costante pericolo perché quella strega avrebbe potuto controllarlo. Io, Meredith e Rosalie avevamo elaborato un piano ma era tutta una trappola. Rosalie è stata uccisa, Meredith è stata catturata e io invece sono stato liberato. A quanto pare non avevano bisogno di me, o almeno non in vece di prigioniero. >> le spiegò Damon.
 
Bonnie abbassò il capo colpevole. Quindi Sylvia non mentiva… Rosalie era davvero morta e ora aveva addirittura scoperto che Meredith era stata catturata, sempre per colpa sua. Se lei non avesse cercato di recuperare il cuore di Stefan per assicurarsi che lei fosse al sicuro, probabilmente adesso sarebbe ancora libera e felice. Invece adesso era prigioniera di Anastasia De Verdant, vittima di chissà quali torture. Ora si che si sentiva malissimo, era stata egoista, era stata ingenua, ma soprattutto era stata codarda. Aveva cercato di scappare dal suo destino dal momento in cui aveva scoperto che era malata. Era scappata dalla sua malattia, poi da Anastasia e in fine da sua sorella e adesso a causa sua, molte persone avevano sofferto o erano state uccise. Di solito lei non era mai stata propensa alla rabbia, all’odio o alla violenza ma in quel momento avrebbe dato qualsiasi cosa per avere il cuore di Anastasia e di sua sorella Sylvia tra le mani. In quel momento non sapeva davvero quale delle due odiasse di più.
 
<< Bonnie ? Bonnie, la prego risponda ! >> la incitò Magdalene guardandola con occhi ricchi di suppliche.
 
Bonnie non la guardò nemmeno, sentiva il sangue scorrerle velocemente nelle vene, il cuore batterle ancora più forte, le mani strette a pugno e le nocche bianche. Si morse il labbro con forza, fino a farlo sanguinare, poi rispose con voce fredda.
 
<< È stata mia sorella Sylvia. Non so se sia stata lei a uccidere Sapphire, ma sono sicurissima che ha ucciso mia zia, la donna sulla sedia a dondolo e sono comunque certa che lei c’entri con la morte di Saph. >> disse Bonnie mentre il suo corpo cominciava a tremare dalla rabbia.
 
<< Tua sorella Sylvia ? Credevo avessi solo due sorelle, Nora, che è in giro chissà dove e Mary, quella che invece vive ancora a Fell’s Church >> ribatté Damon confuso.
 
<< Era quello che credevo anche io, fino a qualche mese fa. Sylvia è la sorella gemella di Mary. Non è mai cresciuta in famiglia, ma qui e mia zia l’ha cresciuta in segreto. >>.
 
<< Perché ? >> le chiese Magdalene.
 
<< Perché lei era debole di salute ma aveva un grande potere. Inoltre, in quel periodo Anastasia cercava qualcuno della mia famiglia che fosse idoneo da sacrificare nel rituale, quello dove vuole sacrificare anche me e all’epoca Sylvia era perfetta. Per questo i miei hanno deciso di crescerla qui in segreto, per proteggerla da Anastasia ma niente è andato come loro speravano. Sylvia è morta prima che il rituale fosse terminato , il bambino di Anastastia morì, io sono la prossima vittima sacrificale e in fine Sylvia è tornata in vita tramite me e vuole vendetta. Vi è piaciuta la storia ? >> chiese con un po’ di sarcasmo.
 
<< Mi dispiace >> le disse Magdalene.
 
Damon invece rimase in silenzio. Sapeva che in quel momento ogni cosa che avrebbe detto sarebbe stata vana. Era una storia orribile quella che aveva appena ascoltato. Però in parte si sentì consolato, c’erano rapporti fraterni peggiori del suo e di Stefan.
 
<< E per quanto riguarda Stefan ? Perché Sapphire sarebbe così importante per lui ? >> chiese Bonnie a Damon.
 
<< Tu non… non lo sai ? >> le chiese Damon incredulo.
 
<< Mi meraviglierei di più se lo sapessi. Ultimamente mi rendo conto di essere rimasta fuori dal mondo. >> confessò Bonnie con amarezza.
 
<< Sapphire era la zia di Stefan e voleva creare una famiglia con lui. Ma è morta e Stefan adesso non so dove sia. Ultimamente non faccio altro che perderlo, nel vero senso della parola >> rispose Damon, anche lui con un po’ di malinconia.
 
<< Lo troveremo >> gli disse Bonnie prendendogli la mano.
 
<< Oh questo è sicuro >> disse Magdalene alzandosi dal divano e dirigendosi verso uno specchio.
 
<< Che hai intenzione di fare ? Stefan è senza cuore, qualsiasi incantesimo di localizzazione non funzionerà. Lo so perché ci abbiamo già provato e non ha mai funzionato. >> disse Damon.
 
<< Non mi serve un incantesimo di localizzazione, posso immaginare dov’è. Sapphire mi ha dato precise istruzioni >> disse Magdalene eseguendo un incantesimo vicino a uno specchio appeso alla parete del soggiorno.
 
Bonnie si chiese da dove fosse sbucato quello specchietto sulla mensola del cammino. Ma d’altra parte, prima aveva fretta di scoprire la verità sui De Verdant, non di curiosare tra il mobilio di sua zia. Magdalene ingrandì il passaggio, in modo che fosse accessibile a che superasse gli 20 cm di altezza.
 
<< E come mai non l’hai detto prima ? >> chiese Bonnie con un tono di voce un po’ duro.
 
<< Perché volevo sapere chi aveva ucciso Sapphire. >> le rispose Magdalene.
 
<< Ma ti ho detto che non ne sono sicura >> ribatté Bonnie.
 
<< È pur sempre un passo avanti. Il portale è aperto, Stefan è in una casa in Ohio. Vi consiglio di andare da lui. >>.
 
<< Perfetto ! Andiamo Bonnie >> disse Damon prendendole la mano.
 
<< No. Devi andare da solo. Non vedi Stefan da molto tempo e ora che ha perso sua zia ha bisogno di te accanto. Anche se forse non lo ammetterà molto facilmente. Avete molte cosa da dirvi e da chiarire. Ci sarà tempo per parlare di altro >> disse Bonnie alzandosi dal divano.
 
<< E tu questa volta non scomparirai ? >> le chiese Damon alzandosi a sua volta dal divano.
 
<< Farò del mio meglio. Tu, piuttosto, cerca di fare del tuo meglio con Stefan. Me lo prometti ? >> gli chiese Bonnie accarezzandogli la guancia.
 
<< Te lo prometto >> disse Damon guardandola intensamente negli occhi.
 
Sapevano entrambi che quello non era il momento migliore per dedicarsi ai loro sentimenti, ma entrambi sapevano che molto probabilmente non si sarebbero rivisti molto presto. Bonnie si alzò lentamente in punta di piedi, mentre Damon si chinava un po’ verso di lei. Inizialmente fu un soffice contatto di labbra, le labbra morbide di Damon e le labbra un po’ screpolate e sanguinanti di Bonnie. Poi Damon volle approfondire, lentamente e senza alcuna prepotenza, chiese a Bonnie l’accesso alla sua bocca. Bonnie schiuse leggermente le labbra, permettendo così a Damon di approfondire il bacio. In quel bacio erano racchiusi tutti i sentimenti che provavano l’uno per l’altra, amore, affetto, mancanza, a causa di quel lungo periodo di lontananza, preoccupazione e felicità, perché finalmente, anche se senza una dichiarazione d’amore eclatante, erano riusciti a compiere quell’ultimo passo che serviva loro per dichiararsi. In effetti, se si sarebbero dichiarati con una stupida dichiarazione d’amore, degna dei film romantici di Bonnie,  sarebbero stati alquanto noiosi.
 
<< Ora va ! >> gli disse Bonnie interrompendo il bacio.
 
Damon annuì poi oltrepassò il portale. Una volta che Damon fu scomparso dalla sua visuale, si rivolse a Magdalene.
 
<< Ora devi aprirmi un altro portale. Devo andare a Fell’s Church e alla svelta. >> disse a Magdalene.
 
<< Lo immaginavo. Ci vorrà poco >> le disse Magdalene.
 
“Mi dispiace Damon, ma devo andare”, pensò Bonnie. Era il momento di agire, non voleva più che gli altri combattessero al posto suo, non voleva più stare dietro le quinte. Adesso avrebbe preso personalmente in mano la situazione, sarebbe andata a Fell’s Church e avrebbe affrontato Sylvia e non si sarebbe tirata indietro.
 

 
Sylvia era nella nuova casa di Mary e Douglas, era nel bagno in camera della coppia e stava ammirando il suo riflesso. Vedeva una ragazza sui diciotto anni con i ricci scuri e gli occhi quasi neri, la pelle pallida e le guance rosse. Ma soprattutto con un’espressione viva negli occhi. Era quello il riflesso che avrebbe voluto vedere in tutta la sua vita, il riflesso di una ragazza viva, libera e sana. Finalmente aveva ottenuto quasi tutto quello che voleva, aveva avuto la sua seconda occasione, una vita da vivere appieno, senza cancro e senza zia Deborah che la rinchiudeva in quel dannatissimo ripostiglio.
 
“Lo abbiamo fatto solo per il tuo bene”
 
Erano state quelle le prime parole della mamma. Lei era stata la prima. Sua madre aveva un po’ di potere, a differenza degli altri membri della famiglia e aveva cercato inutilmente di fermarla, ordinando agli altri di scappare. Che ingenua, lei aveva sigillato le porta e le finestre, non c’era via di uscita. Lo scontro tra lei e sua madre non era durato molto, in fondo.
 
“Perché ? Io volevo solo essere amata”.
 
“E io volevo solo proteggerti”.
 
“ Non l’hai fatto”.
 
“Lo so. Me ne sono resa conto troppo tardi”.
 
A quel punto l’aveva uccisa. Altre parole sarebbero state inutili, si erano già dette tutti e ormai era tardi per entrambe. Sylvia si inginocchiò vicino a lei, le prese una mano e poi le fece un piccolo taglietto. Con tre dita prese un po’ di sangue di sua madre, le scrisse sulla fronte una G e poi si alzò. Sylvia non aveva alcuna intenzione di tornare indietro e sua madre ormai non aveva più l’età per reggere un confronto, ormai gli altri non avevano più scampo. Poi si diresse nell’ufficio di suo padre, dove trovò lui, con in mano un fucile, pronto a spararle e Nora, dietro di lui, con il viso coperto di lacrime che chiedeva aiuto al padre. Nora… Sylvia a volte non ricordava nemmeno di avere una terza sorella. Era così irrilevante che non perse tempo, fece esplodere la finestra dietro di lei e la colpì con un pezzo di vetro ben affilato. Suo padre poi aveva sparato ma lei aveva evitato il proiettile con facilità, per poi trasformare il fucile in una piuma.
 
“Ora uccidi la tua progenie, papà ?”.
 
“Si, se la mia progenie cerca di far del male ai suoi consanguinei”.
 
Sciocco. Ecco che cosa aveva di lui in quel momento. Per suo padre non aveva mai provato niente, semplicemente perché non lo aveva mai visto, a differenza della madre e della nonna.
 
“Non sei mai venuto a trovarmi”.
 
“Non c’era niente che potessi fare per te”.
 
Non aveva mai visto quell’uomo, neanche il giorno del rituale. Per lei era poco più di un estraneo con cui aveva in comune solo il DNA. Si era nascosto dietro la scusa che non poteva fare niente per lei.
 
“Quindi ti sei arreso sin da subito”.
 
“Ho solo evitato ulteriori sofferenze”.
 
Codardo. Non fu difficile uccidere neanche lui, alla fine. Lo soffocò con la magia, negandogli il respiro fino a quando non morì. Eseguì gli stessi gesti che aveva eseguito con sua madre, disegno una U sulla fronte di Nora e una I su quella di suo padre. Si diresse in camera di Mary, dove c’erano Mary e Douglas. Mary aveva in braccio un fagotto avvolto in una copertina bianca, a quanto pare aveva partorito. Douglas urlò a Mary di correre via e lei lo fece. Sylvia non la fermò, sua sorella non poteva scappare e lei non aveva fretta di ucciderla. Dalla tasta della felpa che le aveva prestato Juliet estrasse il cuore di Douglas e lo stritolò fino ad incenerirlo. Douglas si accosciò al suolo, ormai privo di vita. Non aveva niente contro di lui, l’unica colpa che aveva era che si trovava nel luogo sbagliato al momento sbagliato. Sulla sua fronte, disegnò una L e gli chiuse gli occhi blu, ormai privi di vitalità.
In fine si diresse verso la camera dei suoi genitori, dove sapeva che c’era Mary. Quando vi entrò, vide Mary seduta sul letto, mentre, tra le lacrime, cercava di cantare una canzone al fagotto che aveva cominciato a piangere.
 
“Come si chiama ?”.
 
“Stella”.
Il fagottino era una bella bambina di un mese. Mary la stringeva al petto con disperazione, quasi temesse che lei avesse intenzione di strappargliela via o come se stringerla al petto in quel modo le potesse dare forza.
 
“Mettila giù”.
 
“Perché ?”.
 
“Cerca di renderlo meno doloroso per entrambe”.
 
E per entrambe intendeva Mary e sua figlia. Sylvia era indifferente al fatto che lei e Mary fossero gemelle o che lei avesse pianto la sua morte. Guardando Mary, si rese conto che la loro somiglianza la urtava solo di più. Lei sarebbe dovuta essere come lei, una donna tra i venti e i trent’anni, sposata, appagata, con una vita felice. E invece non aveva ottenuto niente di tutto ciò. Sua sorella gemella rappresentava tutto ciò che lei avrebbe voluto essere. Si assomigliavano moltissimo eppure non avrebbero potuto essere più diverse. No, Mary non poteva vivere, non aveva il diritto di assomigliarle, non aveva il diritto di avere la felicità che a lei era stata negata. Nelle foto che c’erano in casa, quelle dove c’era Mary che sorrideva, Sylvia finse per un momento che ci fosse lei al posto di Mary. Ma non era così e non poteva che fosse il contrario.
 
“Il tuo viso mi disgusta”.
 
“Mi dispiace”.
 
“Non piangere. Non lo sopporto”.
 
Non sopportava di vedere la sorella piangere, non ne aveva il diritto. Lei avrebbe dovuto piangere, aveva avuto una vita misera e infelice, nessuno le aveva mai dato niente e aveva dovuto prendere da sé qualsiasi cosa. A sua sorella invece era stato servito tutto su un piatto d’argento, aveva avuto tutto a differenza sua e ora si permetteva anche di piangere e di passare per povera vittima indifesa… patetica. Sylvia non sarebbe tornata indietro, era troppo tardi, per tutti, non solo per lei.
 
“Posa la bambina”.
 
“Così potrai uccidermi ?”.
 
“Ho preso la mia decisione”.
 
Mary a quel punto diede un bacio alla bambina, le disse quanto la mamma l’amava e quanto le sarebbe stata accanto anche dopo la morte. Sylvia provò un moto d’invidia, persino quella bambina, da orfana quale sarebbe stata, aveva ricevuto più amore in un mese di quanto ne avesse ricevuto lei in una vita intera. Mary a quel punto aveva posato la bambina sul letto e l’aveva guardata dritto negli occhi.
 
“Fai ciò che devi fare”.
 
Sylvia le si avvicinò e le strappò il cuore dal petto, per poi incenerirlo. Non poteva stapparle il volto, ma il cuore era stato un valido sostituto. Sulla fronte di Mary aveva disegnato una T. La sua vendetta era quasi terminata, rimaneva ormai un’unica persona da uccidere. Stava per uscire dalla camera quando un pianto disperato attirò la sua attenzione. Il fagottino, come ormai aveva iniziato a chiamarlo, aveva cominciato a piangere e a strillare, quasi come se si fosse reso conto che la madre non c’era più. Sylvia le si avvicinò, le scostò leggermente la copertina dal viso per poterla osservare meglio. La bambina aveva la pelle pallida, gli occhi blu come quelli di Douglas e sulla testolina si poteva già vedere qualche ciuffetto rosso. Sylvia aveva fatto una smorfia.
 
“Meno male che il gene dei capelli rossi è raro”.
 
Forse era a causa della rabbia, o dell’antipatia nei confronti dei capelli rossi, ma reputò la bambina abbastanza bruttina. La prese in braccio, facendo cadere la copertina bianca sul letto, indecisa se uccidere anche lei oppure no. Quella bambina era innocente, in fondo, non le aveva fatto nulla di male, eppure era la figlia di sua sorella, era sua nipote e doveva pagare anche lei. Ma in fondo, riflettendoci bene, Sylvia aveva considerato che la bambina avrebbe già sofferto molto in futuro, orfana di padre e madre, unica superstite dello sterminio di un’intera famiglia. Decise che non l’avrebbe uccisa. La tenne in braccio e poi si diresse in camera di Bonnie. Lì prese un pennarello rosso e sulla porta disegnò una grossa Y. A quel punto aveva lasciato la casa, portando la bambina con sé. Con senno di poi, Sylvia non sapeva ancora se quella fosse stata una buona idea. Si recò a casa di Mary e Douglas, per decidere come avrebbe proseguito con il suo piano. Aveva lasciato il fagottino della sua culla, l’aveva dondolato un po’ e aveva aspettato che si addormentasse. Solo ora, che ammirava il suo riflesso, Sylvia si rese conto che, non appena l’aveva presa in braccio, la bambina aveva smesso di piangere. Probabilmente, data la somiglianza con la madre, l’aveva scambiata per lei. Poco male, odiava il pianto in generale, figurarsi quello stridulo dei lattanti. Velocemente si fece una doccia, poi andò in camera dove prese dei jeans scuri e una camicetta marrone scuro. A Mary ormai non servivano più. In fine prese anche un giacchettino nero e degli stivaletti dello stesso colore. Tornò dalla bambina, la quale stava ancora dormendo, inconsapevole di quanto le succedeva intorno.
 
<< Ora ci sono io con te >> disse Sylvia accarezzandole una guancia paffuta << Ora sarò io la tua nuova famiglia >>.
 

 
Bonnie arrivò davanti casa sua verso il tardo pomeriggio. Avvertì una strana sensazione quando stava davanti alla porta di casa. C’era troppo silenzio. Con la mano tremante provò a girare il pomello e quello scattò subito. Anche questo era strano, sua madre e suo padre non lasciavano mai la porta aperta in quel modo. Entrò in casa lentamente, le gambe che le tremavano. Si guardò un po’ intorno, poi decise di andare in soggiorno. Si sporse un po’ e a quel punto la vide.
 
<< MAMMA !! >> urlò inginocchiandosi vicino a lei.
 
Sua madre era distesa sul pavimento, ormai priva di vita, con un taglio sulla mano e una G disegnata sulla fronte.
 
<< Mamma !! Che cosa ti ha fatto ? >>.
 
Strinse al petto il corpo della madre, mentre lacrime amare cominciarono a scenderle lungo le guance. Ancora una volta aveva fallito, era arrivata troppo tardi. Alzandosi in piedi, cominciò a correre verso il piano di sopra, ormai consapevole di cosa avrebbe visto.
 
<< PAPÀ !! NORA !! >>.
 
Anche loro erano stati uccisi e anche loro avevano una lettera disegnata sulla fronte, U e I. Corse verso la camera di Mary, dove c’era il cadavere di Douglas, con una L disegnata sulla fronte. “Mary”, pensò. Corse verso la camera dei suoi e lì la vide. Sua sorella coperta di cenere, ormai priva di vita.
 
<< Mary… no… Ti prego… >> disse Bonnie accarezzando i capelli alla sorella.
 
<< PERCHÉ ? Lei non ti aveva fatto nulla !! >> urlò prendendo tra le braccia il corpo della sorella.
 
“Mi dispiace, mi dispiace tanto”, disse continuando a stringere il corpo della sorella. Era tutta colpa sua. Se lei non fosse scappata avrebbe potuto difendere la sua famiglia. Tutti loro erano morti per colpa sua. Baciò i capelli di Mary, che avevano ancora il profumo di fragole. Poi lentamente, la poggiò sul pavimento scostandole una ciocca di capelli. Mary era così simile alla persona che in quel momento odiava di più, che per un momento ebbe la tentazione di strapparle il volto. Ma Mary non era Sylvia, e Sylvia avrebbe pagato per questo. Quella maledetta le aveva rovinato la vita e aveva ucciso la sua famiglia. In quel momento la odiava con tutto il suo cuore.
 
<< La pagherai >> disse mentre lacrime di odio le bagnavano le guance << La pagherai e anche molto cara. >>
 
A quel punto notò una copertina sul letto. La prese e la osservò attentamente. Era una copertina morbida e calda, come quelle chi si usano per i neonati e sul bordo c’era cucito in rosa in nome Stella. Possibile che… ? Era alquanto probabile che sua sorella fosse incinta già da prima del matrimonio, in effetti il suo matrimonio con Douglas era stato alquanto improvviso ma lei a causa della malattia non ci aveva mai fatto molto caso. Se era davvero così, se Mary aveva già partorito sua figlia allora la bambina dov’era ? A quel punto fu presa dal panico, corse via dalla camera dei genitori, tenendo stretta la copertina e corse in camera sua. L’unica stanza che non aveva ancora visto. Si fermò, non appena vide la grande Y disegnata sulla sua porta. Le venne un groppo in gola. G.U.I.L.T.Y., il messaggio di Sylvia era quello ma la bambina non c’entrava niente con tutta quella storia. Non meritava di morire. Tremante, aprì la porta di camera sua, ma non vide nulla di strano. Ogni cosa era al suo posto, tralasciando il disordine. Poi vide un pennarello aperto sul letto, lo prese in mano e poi disegnò un puntino sulla sua mano. Il pennarello funzionava ancora, quindi non era aperto da molto. Probabilmente Sylvia lo aveva utilizzato per disegnare la Y sulla sua porta. A quel pungo capì di aver visto tutto quello che doveva vedere. Uscì di casa, portando con sé la copertina bianca, e si diresse dall’unica persona che in quel momento poteva esserle d’aiuto, la signora Flowers. Mentre si dirigeva alla pensione, passò davanti a una piccola bacheca degli annunci e fu attirata da un foto.
 
<< Oh mio… >> disse portandosi una mano alle labbra.
 
“Meredith Sulez, scomparsa da diversi mesi. I genitori sono molto preoccupati e…”
 
Non ebbe il coraggio di continuare a leggere. Istintivamente indossò il cappuccio della felpa che aveva indosso, sperando che nessuno l’avesse riconosciuta prima di allora. Se qualcuno lo avesse fatto, i genitori di Meredith avrebbero cercato di contattarla per avere notizie della figlia e lei non voleva metterli in pericoli, inoltre non avrebbe potuto rispondere alle loro domande e non voleva dire altre bugie. Prese l’anello e lo indossò, diventando così invisibile. Cominciò a correre più velocemente che poté verso la pensione, sperando di trovare la signora Flowers. Correva tra quelle persone, che un tempo conosceva, ma che non potevano vederla e dalle quali non poteva più ricevere affetto. Si sentiva come un fantasma, e non c’era sensazione peggiore. Arrivò dopo circa un quarto d’ora dopo alla pensione, non ricordava che fosse così lontana. La signora Flowers si stava occupando del giardino e pareva essere stanca. Probabilmente non avere più Stefan in casa, che a volte l’aiutava con le faccende, era stancante. Bonnie si tolse l’anello e lo mise nella tasca della felpa. Si avvicinò lentamente alla signora Flowers, poiché non voleva spaventarla.
 
<< Salve, signora Flowers >> le disse timidamente.
 
La signora Flowers lasciò cadere l’annaffiatoio sul terreno e la guardò come se vedesse un fantasma. Solo in quel momento, Bonnie comprese quanto anche quell’adorabile vecchietta le fosse mancata in quei mesi.
 
<< Come sta ? >> le chiese con un sorriso imbarazzato.
 
<< Oh Bonnie, che gioia vederti ! >> le disse la signora Flowers andandole in contro e abbracciandola << Qui eravamo tutti preoccupati per te ! E anche per Stefan. Lui dov’è ? >>.
 
<< Lui… non tornerà tanto presto. Ha delle faccende da sbrigare altrove. >> spiegò brevemente Bonnie.
 
<< E tu ? >> le chiese la signora Flowers accarezzandole la guancia.
 
<< Io invece ho delle faccende da sbrigare, qui. E ho bisogno del suo aiuto >> rispose Bonnie.
 
<< Ma certo. Entra dentro, parleremo con calma. Hai molte cose da raccontarmi. >>.
 
<< Certo >> disse Bonnie sforzando un sorriso.
 

 
Anche Anastasia, in quel momento si stava occupando del suo giardino insieme ad Albert. Era felice che le sue figlie fossero tornate a casa sane e salve, così felice che non rimproverò neanche Annabelle per essersene andata senza il suo consenso. Inoltre, il bambino adesso stava bene e presto Albert avrebbe preparato un nuovo bocciolo dove metterlo. Era un maschio, questa volta. Dato che stava ancora nella sua pancia, aveva chiesto ad Albert di fare un incantesimo per scoprire il sesso del bambino e lui aveva accettato. Non sapeva ancora come chiamarlo, ma aveva scelto di deciderlo insieme ad Albert. Stava annaffiando le viole, quando Lorence la raggiunse in giardino.
 
<< Mia Signora ? >> la chiamò << Ho una notizia importante per lei >>.
 
<< Dimmi >> rispose Anastasia continuando ad annaffiare i fiori.
 
<< L’abbiamo trovata. Presto Elena Gilbert tornerà a Fell’s Church, come avete chiesto >> rispose Lorence.
 
<< È una bellissima notizia. Cercate di non essere troppo violenti con lei, mi serve viva e in buona salute >> si raccomandò Anastasia con un sorriso.
 
<< Ma certo. >> rispose Lorence andando via.
 
Anastasia sorrise, toccandosi affettuosamente la pancia. Presto il bambino sarebbe entrato nel nono mese e a quel punto avrebbe potuto eseguire il rituale. Ormai aveva tutto quello che le serviva, ora che Bonnie era a Fell’s Church, senza le sue due guardi del corpo, sarebbe stata ancora più facile catturarla. Sorrise di nuovo, presto anche lei avrebbe avuto indietro la sua felicità.
 
 
 
 
 
 
 
NOTE DELL’AUTRICE
 
Salve, di solito non scrivo alla fine del capitolo ma questa volta devo fare dei chiarimenti necessari per poter evitare fraintendimenti di qualsiasi tipo. Allora, rileggendo un po’ “Il diario del Vampiro” e facendo qualche piccola ricerca, mi sono ricordata che Bonnie aveva due sorelle maggiori, Mary e Nora, quest’ultima però non la rammentavo quando iniziai a scrivere la storia. Tuttavia, ho scelto di aggiungerla in questo capitolo solo per una questione numerica, in quanto per la scritta G.U.I.L.T.Y., servivano sei persone e non volevo che Sylvia uccidesse la bambina. Questo è il primo punto. Il secondo punto è che dedico questo capitolo che oltre ad avere una scena Bamon o Donnie, come preferite, è incentrato maggiormente su Bonnie ad “annaterra”, in quanto so che adora questo personaggio e inoltre ha recensito ogni capitolo di questa storia. Quindi, spero che il capitolo sia di suo gradimento. Il terzo punto è che ringrazio anche chi ha inserito la storia nelle seguite, nelle preferite, nelle ricordate o chi la sta semplicemente leggendo. Vi ringrazio molto.
Un MeGa BaCiO 
  
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