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Autore: Soraya Ghilen    18/02/2015    1 recensioni
Dalla morte di Nico sono trascorsi un anno e quattro mesi, durate i quali è successo di tutto: tra matrimoni, parti e misteri che tornano a galla. Cristina è diventata ma moglie di Riario ma non passa giorno in cui non pensi a Nico. Ma, intanto, il libro delle Lamine e le chiavi della volta celeste ricordano al Conte e a Leonardo che si deve andare avanti e trovare la soluzione dell'arcano.
Questa ff è basata sulla seconda stagione ed è il continuo di "Un anno a Forlì"
Genere: Avventura, Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Girolamo Riario, Leonardo da Vinci, Nuovo personaggio, Zoroastro
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Storia di un amore quasi impossibile'
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Cap 9: Non posso abbandonarlo
P.O.V. Cristina
Non seppi dire cosa fosse accaduto perché non ne ero cosciente, non sapevo neanche dove fossi. Ricordavo solo che, al nostro sbarco, si era scatenato qualcosa di molto simile all’inferno. Quasi subito, potevano essere passate poco più di un paio d’ore, fummo attaccati da un cospicuo drappello di indigeni. Girolamo mi disse di nascondermi sotto una sporgenza di roccia insieme con Giulia e noi così facemmo. Restammo nascoste, al sicuro per un tempo indefinito. Al di fuori del nostro nascondiglio c’era un silenzio assordante, che inquietava e faceva montare dentro me un senso d’insicurezza e folle paura di morire da un momento all’altro “Pensi che siano tutti morti?” mi chiese Giulia mentre, ormai, calava il buio. La guardai con gli occhi fuori dalle orbite “Non osare neanche immaginarla una cosa del genere!” “Non volevo offenderti, scusa, è solo che c’è così tanto silenzio e quegli uomini erano così strani” stavo per ribattere quando vidi qualcosa davanti a me, come uno spettro “Giulia, lo vedi anche tu?” “Vedere cosa?” era una luce intensa, bianca. L’unica altra volta in cui l’avevo vista era stato durante la visita di Nico. Mi chiesi se fosse nuovamente lui che cercava di dirmi qualcosa, probabilmente di fuggire. Speravo fosse lui, volevo che lo fosse. Mi mancava incredibilmente, così come sentivo la mancanza di Girolamo. Non passarono pochi attimi che quella luce scomparve, lasciando in me un forte senso di insicurezza e timore. Eravamo sole, io e Giulia, nel bel mezzo del nulla, completamente incapaci di tornare indietro o di andare avanti. Dove potevo andare senza Girolamo? Cos’ero senza di lui? Se davvero era morto, come Giulia sosteneva, io cosa avrei fatto? Non poteva avermi lasciata, non era da lui. Mi amava troppo per morire.
“Andiamo a cercarli, Giulia, adesso” “Uscire fuori in questo luogo dimenticato da Dio? Andando in contro a chissà quali percoli? E se incontrassimo di nuovo quegli individui?” Balbettava mentre io uscivo dal nascondiglio. Ero sorda a tutte le sue paure. Non volevo prestarle ascolto, anche se la parte paurosa di me suggeriva di rannicchiarmi sul fondo di quella grotta e piangere “Ci inventeremo qualcosa al momento” “Ma…” “Giulia, io non ti ho mai ordinato nulla. Non costringermi a farlo adesso” Dall’espressione del mio viso dovette capire che facevo sul serio “Non faresti mai una cosa del genere. Non a me, almeno” “In questo momento non sono sicura di cosa farei e cosa no” “Diventeresti uguale a lui” “Lui è stato catturato da degli essere immondi che chissà cosa gli faranno se non facciamo subito qualcosa” presi le sue mani tra le mie, stringendole fino a sbiancarmi le nocche “Giulia, sei la persona più cara che ho da quando sono giunta a Forlì, sei importante per me e non voglio farti del male. Non costringermi ad essere cattiva” Giulia soppesò per un attimo le mie parole, pensandoci su per un momento, poi si trascinò fuori, stiracchiandosi, tendendomi, poi, la mano “Che ti sia chiara una cosa, Cristina, perché io non sarò ricca ma ho ancora un minimo di dignità” mi guardava con uno sguardo di fuoco “Sei vuoi fare la contessa con me sei liberissima di farlo ma non aspettarti che io continui ad esseri amica dopo una cosa del genere!”  prese un respiro profondo “Bene, dove saranno andati? In quale direzione?” “Davvero non lo so. Potremmo provare a seguire delle tracce, magari si sono lasciati qualcosa dietro” Ci guardammo e, senza dire nulla, iniziammo a camminare nella stessa direzione.
Dopo ore passate a girovagare senza meta in una fitta foresta capimmo d’esserci perse. Iniziava a fare buio. Non sapevamo quali animali abitassero quella fitta boscaglia. Avevo una strana sensazione che mi albergava dentro. Era come un martellare sordo e incessante, che stava scavando la strada a quello che poco dopo avrei identificato come panico “Cristina, dovremmo tornare indietro” continuavo a scavare tra le foglie, a farmi strada per trovare mio marito, il mio maestro e Zoroastro “Sta facendo notte, tra poco non si vedrà più nulla” “Tu non capisci, io devo trovarli. Tutti loro mi hanno salvata, ognuno a modo loro. Io non li lascio da soli, in mano a degli sconosciuti, in una terra che non conoscono. Non posso perderli come ho perso Nico!” Avevo iniziato a piangere, parlavo in modo isterico, continuando ad avanzare alla cieca “Non li stai perdendo, li stiamo cercando” “Non stiamo facendo abbastanza” “Non puoi trovarli in un pomeriggio, da sole. Guarda la realtà. Noi abbiamo un grande limite: siamo donne, con poca resistenza, senza avere idea di come orientarci o come procurarci cibo e acqua. Non siamo loro di nessun aiuto se moriamo di fame e di freddo” sapevo che aveva ragione ma non potevo fermarmi. Eppure dovevo. Se davvero a Girolamo era successo qualcosa io dovevo restare incolume per i miei piccoli conti. Alzai lo sguardo verso Giulia, fissandola con le lacrime che mi inondavano lo sguardo “Hai ragione, dobbiamo tornare alla nave per la notte, per prendere provviste e trovare dei volontari per continuare a cercarli” lei annuì poi percorremmo a ritroso il percorso che ci eravamo aperte con tanta fatica nel bosco.

Dopo ore di cammino, ormai albeggiava, arrivammo alla spiaggia. Avevamo sete, fame e sonno. Non avevo intenzione di dormire e perdere tempo ma dovevo mantenermi in forze. Sulla nave l’unico viso noto era Amerigo, che si stava preparando per alzare le ancore “Andate da qualche parte, Vespucci?” chiesi, con sospetto “Si, Leonardo ha detto che sareste stati di ritorno tra tre mesi. Le navi non possono restare in secca tutto quel tempo, devo ormeggiarle a largo per tenerle in buone condizioni” “Capisco” “Per quale motivo siete tornate indietro, mia signora?” “Sono stati rapiti” Vespucci mi guardò con gli occhi fuori dalle orbite “Rapiti dite? E da chi?” “Se lo sapessimo non saremmo qui ma alle loro calcagna, non crede?” Alzò le mani in segno di resa. Vespucci lasciò perdere il suo lavoro, guardandoci “So che vorrete andare a cercarli ma due donne, da sole, in una terra sconosciuta non hanno molte garanzie di sopravvivenza. Vorrei vi portaste dietro alcuni uomini o per lo meno….” “Amerigo! Amerigo, aiuto!” qualcuno urlava, ma era troppo lontano per capire chi fosse, anche se la sua voce mi era molto familiare “Amerigo!” “Chi siete, voi che invocate il mio nome?!” lo sconosciuto si palesò e quasi mi vennero le convulsioni. L’uomo che urlava da folto della foresta e che ci veniva in contro con il viso ridotto a una maschera di sangue era Zoroastro.

Angolo dell’autrice: Salve, sono tornata! Sto avendo molte cose da fare quindi ho davvero poco tempo per scrivere. Bene, spero che il capitolo vi piaccia. Come sempre aspetto i vostri pareri.
Un bacio,
Sol!

  
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