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Autore: Night_    18/02/2015    0 recensioni
Takeshi era un guerriero. Un distruttore senza patria e senza scrupoli. Quelle sillabe... quel nome le apparve a dimensioni piccole piccole nella sua testa, fra tantissimi altri scritti più grandi, in modo quasi ingombrante.
Eppure, anche se era così minuscolo, era il primo che i suoi occhi della mente leggevano all'istante – brillava.
Genere: Azione, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- I nostri errori hanno un doppio strato: sono la nostra rovina e il nostro insegnamento.

Yuki.

 

 

 

 

 

 

Epilogo

 

 

 


 

 

 

 

La tinta azzurra del cielo, quella mattina, limpida come la superficie di un lago, aveva un aspetto talmente rassicurante e rinfrescante che quella mattina erano tutti di buon umore, anche se stavano salendo sull'autobus per tornare a casa e non avrebbero rivisto quel mare per un bel po'.
Era così, la gita scolastica era giunta al termine. Con imprevisti ad ogni angolo, novità, decisioni.
«Ci siamo tutti, vero?». Era una bellissima giornata e, sebbene il mese fosse stato caldo per tutto il tempo, quella era una mattina priva di caldo bruciante e afoso – c'era una bell'aria, salmastro e fresco insieme. I ragazzi chiacchieravano, ridevano e facevano gli stupidi come se fosse l'ultimo giorno di scuola: erano tutti felici.
E seduta contro un finestrino, la guancia piegata contro le nocche di una mano, a guardare fuori – c'era Yuki. Non triste, non malinconica, non felice. C'era solo lei. E fine a qualche attimo prima, anche Sayumi. Dov'era finita?
«Si torna in paese, eh», quella voce maschile arrivò come un balsamo per le orecchie, tranquilla ma affettuosa. Il leggero tonfo le suggerì che si era seduto. Yuki accennò un sorriso, tamburellando con i polpastrelli della mano libera sulla coscia.
Si tornava in paese e alla vita di sempre; si sperava che la "vita di sempre" includesse la tranquillità e la pace, basta colpi di scena, basta tragedie.
Basta tutto.
«Yumi mi ha detto che doveva... », eccolo, quello scemo di un Takeshi, che quando iniziava ad innervosirsi o imbarazzarsi parlava anche troppo. «... parlare con Tetsuya. Di qualcosa. E poi, ha aggiunto che volevi dirmi... delle cose?».
Chiusa e serrata nel suo silenzio, l'albina aggrottò piano la fronte lattea.
«Quindi, sono venuto qui», aggiunse lui, stringendo le mani a pugno per poi riaprirle – quasi avesse una palla antistress. Stette in silenzio. Aspettò.
Le attese non avevano mai avuto un forte impatto su di lui; né quando doveva andare a fare il vaccino, né per entrare in bagno la mattina, né per salire, quando era bambino, sulle giostre: in quel momento si stava corrodendo l'anima.
Era proprio una sadica, quella là, per far--
«Stai tranquillo, con quelle dita», e insieme alla sua voce, talmente gentile e leggermente divertita, ci fu il movimento di quella mano libera – che strinse quella più grande, quella di Takeshi. La strinse, percependo contro la propria pelle quella calda e liscia, morbida, di lui. Sentì le nocche rigide e solide un po' contratte distendersi sotto i polpastrelli della mezzosangue, come sciolti – poi, lei infiltrò le dita tra quelle di lui
E stettero così, per molto, molto tempo.  

  
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