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Autore: RoranForteMartello    18/02/2015    3 recensioni
Dopo un incidente all'Accademia Butei di Tokyo, Toyama Kinji decide di realizzare il suo sogno di una vita normale, trasferendosi in una città di provincia dove frequenterà una scuola normale. Peccato che gli istinti appresi in anni di addestramento siano duri a morire, e che la scuola in cui si è trasferito sia tutto tranne che normale. Tra demoni, angeli e la sua fastidiosa malattia, Kinji si troverà coinvolto in eventi molto più grandi di lui, ai quali però non potrà sfuggire pur volendo.
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Storia Cross Over tra [Hidan No Aria] e [Highschool DxD]
Gli eventi sono basati dopo il quinto volume della Light Novel di Hidan No Aria e durante il primo volume di Highschool DxD.
Genere: Avventura, Commedia, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un Butei alla Kuoh Academy

Disclaimer: Non posseggo ne Highschool DxD ne Hiden No Aria. La storia è scritta senza scopi di lucro

Ultima Pallottola – Avanti tutta!

Era passata una settimana, una settimana dallo scontro con il gruppo di Raiser Phenex e dalla nostra plateale vittoria. Nessuno si sarebbe aspettato che un gruppo di demoni così giovani prevalesse su un campione collaudato dell’arena, ne che un giovane demone reincarnato come me, battesse un membro immortale delle indomabili fenici.

Era inutile dire che la cosa ci creò dei grattacapi. Secondo gli accordi presi, il fidanzamento di Rias fu infranto ed a lei venne concessa piena liberta per scegliere il suo futuro marito, ma tolto questo le cose erano solo peggiorate. Erano peggiorate al punto che ora mi ritrovavo seduto su una comoda poltrona nel regno degli inferi, in pieno territorio Gremory, nello studio personale del Maou suo fratello.

“E quindi sei tu che hai salvato la mia sorellina…”

L’uomo sembrava gentile, cordiale, con gli stessi capelli cremisi che lo accomunava alla mia padrona, ma a differenza di lei, aveva una quieta aura di potere intorno a sé. Debole come la risacca del mare quando la si osserva da un alto promontorio, ma allo stesso tempo intensa come uno Tsunami pronto a sommergermi.

“S-Si!”

Mi sedetti più dritto, cercando di ignorare il sudore che mi colava dalla fronte. L’invito mi era stato inviato giorni prima, quindi avevo avuto modo di prepararmi e di conoscere la storia, almeno quella pubblica, del mio Cicerone, l’uomo che si era offerto di mostrarmi il mondo degli inferi, ma che fino a quel momento si era limitato a fissarmi da dietro la scrivania del suo ufficio.

“C’è qualcosa di strano in te, sei completamente diverso da quando hai sconfitto Raiser. È forse successo qualcosa con Rias? Avete per caso avuto rapporti sessuali non protetti?”

Sbiancai, arrossì e divenni una statua di gesso, tutto contemporaneamente. La domanda mi aveva spiazzato, mi aveva spiazzato al punto che non sapevo come rispondere. In effetti nell’ultima settimane le dinamiche tra me e la mia padrona erano cambiate, ma da questo a fare s-sesso, il passo era lungo.

Lucifer parve prendere il mio silenzio nel modo sbagliato ed iniziò a ridacchiare. Ridacchiò mentre quella fievole sensazione di potere intorno a lui iniziava ad estendersi nella stanza. “Quindi era per questo che la mia sorellina, la mia piccola e tenere sorellina, che amavo portare a cavalcioni sulla mia schiena, ha voluto rompere il fidanzamento. Aveva già trovato qualcuno da amare e quel qualcuno ha paura di affrontarmi...”

Aprì bocca, provai a parlare, ma semplicemente annaspai, biascicando qualche parola. Qualche parola sbagliata.

“I-I-Io… N-n-no, cioè, noi n-n-non siamo innamorati…”

Lucifer si alzò in piedi, il potere aveva iniziato ad assumere la parvenza di mulinelli cremisi intorno a lui mentre il suo sguardo diventava sempre più rabbioso ed allucinato.

“Quindi mi stai dicendo che hai avuto rapporti sessuali non protetti con la mia sorellina, senza amarla. Che la stai illudendo…”

Mi vidi già morto, questa volta non ero in Hysteria Mode, non c’era un qualche piano selvaggio e brillante pronto a salvarmi, era semplicemente il mio destino venire schiacciato come fossi una pulce, da uno dei reggenti dell’inferno.

Avvertì come un vento potente che mi spinse indietro, ma fu tutto lì, quando tornai ad aprire gli occhi, Lucifer mi guardava bonariamente sorridendo. “Pensavi che ti avrei ucciso? Ahah, chissà perché pensano sempre tutti il peggio di me, sarà per i miei capelli rossi come il sangue? Proprio non lo so.”

L’uomo continuò a ridacchiare ed io presi fiato.

“Noi non l’abbiamo fatto!”

I suoi occhi si sgranarono leggermente ed il suo sorriso si allargò un po’ di più.

“Non avete fatto cosa? Si più specifico.”

Come pendendo dalle mie labbra, incrociò le mani al petto, rimanendo in attesa. Probabilmente non sarei morto, ma quella era sicuramente una situazione spaventosa per me.

“N-Noi non abbiamo fatto s-sesso! Sono ancora vergine!”

Lo dissi ad alta voce, come se fosse qualcosa di cui andare fieri, ma del resto avevo a malapena sedici anni, non era poi così strano per un ragazzo della mia età esserlo. E per la prima volta da quando fui introdotto nello studio, sentì l’aria distendersi. Lucifer sembrava visibilmente sollevato.

“Oh, è un piacere sentirlo. Scusami se sono stato un po’ grezzo, ma durante lo scontro mi sei sembrato un po’ un Don Giovanni, non molto meglio di Raiser, anche se decisamente più forte in combattimento.”

L’uomo trasse a se un bastone da passeggiò e si alzò.

“Lo hai sconfitto in maniera egregia, soprattutto se si considera che hai usato solo artifizi umani e sei un demone reincarnato da così poco. Allora, andiamo a fare il nostro giro? Ti ho invitato qui per vedere gli inferi, no?”

Come se nulla fosse mai successo, venni condotto fuori dal palazzo, mentre nella mia mente insultavo il me stesso in Hysteria Mode in modi che probabilmente non avrei mai potuto ripetere a voce alta. Era colpa sua se mi trovavo in una situazione del genere, colpa del suo stupido comportamento galante e protettivo, che non aveva fatto altro che causarmi problemi, il primo dei quali si manifestò già il giorno successivo alla battaglia.

Mi ritrovai a scendere le scale del maniero in compagnia di un vivace (e completamente diverso da pochi minuti prima) Lucifer, mentre la mia mente ritornò a quella morbida sensazione intorno alla mia mano. Quasi potevo ancora sentirla. Soffice, vellutata, con un’elasticità unica.

Era il seno di Rias. Il suo seno nudo, che mi ritrovai a stringere mentre entrambi dormivamo nel mio letto. Ovviamente io ero quello in trappola, proprio come la prima volta che mi svegliai a letto con lei. La verità era che eravamo tornati nel mondo umano, le mie ferite erano state sanate, ma lo stress psicologico dovuto all’Hysteria Mode mi aveva costretto in un sonno profondo.

Il mio corpo potenziato da demone, aveva permesso alla mia Hysteria Mode di superare i limiti che avevo da umano e questo aveva richiesto un costo alto alla mia mente, che riuscì a malapena a tenere il passo. A quanto mi raccontarono quando mi svegliai, dormì per circa dodici ore durante le quali Rias pensò bene di coricarsi con me.

Lo fece in privato, senza dare nell’occhio, come se stesse commettendo una qualche sorta di cattiveria nei confronti di qualcuno, qualcuno che potevo solo immaginare essere io. E così mi risvegliai aggrovigliato a lei, con il suo corpo caldo a contatto con il mio ed il suo seno nel palmo della mia mano.

Strinsi leggermente il palmo, da appena sveglio ero ancora confuso, ed un gemito sommesso le sfuggi nel sonno facendomi capire. Certe immagini sarebbero rimaste per sempre impresse nella mia memoria, per questo non mi fu difficile ignorare il cicaleccio del mio accompagnatore, ricordando come immediatamente mi trasformai in Hysteria Mode sotto l’influsso di quel calore.

Fu un istinto potente, l’istinto più potente, quello di procreare. Iniziai con l’accarezzare Rias, il solleticarla piano, il massaggiarla sul ventre piatto, fino a che non iniziò a svegliarsi. Sebbene fossi sotto il giogo di quel forte impulso, non avrei mai potuto approfittarmi di lei mentre era ancora incosciente, preferì farla svegliare dolcemente. E sempre dolcemente la baciai appena i suoi occhi si socchiusero cercando di capire cosa l’avesse riportata alla realtà.

Non ero padrone di me, lo ammetto, ma mi godei il forte sapore delle sue labbra così come le nostre lingue che iniziavano lentamente a sfiorarsi. Lei era insicura, anzi più che insicura, era completamente basita. Era stata lei ad infilarsi nel mio letto, ma chissà perché si aspettava che non reagissi. Forse era abituata con qualche uomo più passivo, fatto di sole parole e niente fatti (*), ma il me in Hysteria Mode era diverso, era capace di manipolare gli eventi, plasmare le sensazioni, trasformando tutto in rovente vortice di passione.

Non ci volle molto prima che guidassi Rias all’altezza del mio cavallo. La sua piccola mano strinse la mia virilità, ed io l’avvolsi di più a me. Sarebbe successo, lo avremmo fatto, lo avremmo sicuramente fatto… se in quel momento, con un fragore spaventoso, la porta non si fosse sfondata verso l’interno della stanza.

Il mio slancio fu rapido ed istintivo, con il mio corpo mi portai su Rias per proteggerla da eventuali schegge vaganti, ma questo non fece che peggiorare la situazione, in quanto, fuori dalla porta che lei stessa aveva sfondato, giaceva in lacrime Koneko.

Doveva averci visto, sentito ed aver dunque frainteso. Non era per amore che facevo ciò che facevo, era semplicemente il mio istinto portato oltre la ragione dalla mia malattia. Ed andò via, si volse e scappò nel corridoio, ed il lato della mia Hysteria Mode, che aveva le virtù di un cavaliere, non poté che lasciare tutto per inseguirla.

Fui veloce a rivestirmi, ed altrettanto velocemente sfiorai le labbra di Rias con le mie prima di dirigermi nell’edificio scolastico dove eravamo accampati. A quanto pare nessuno era tornato a casa propria e come un’enorme famiglia felice avevamo deciso di rimanere lì a dormire per riprenderci dallo scontro, con l’unico problema di una relazione illecita in corso d’opera…

Trovai Koneko nella stanza del club. Era seduta sul divano, teneva la testa bassa e singhiozzava. Il me normale sarebbe probabilmente rimasto lì imbambolato come un allocco, ma il me in Hysteria Mode sapeva cosa fare. Mi inginocchiai davanti a lei, le sollevai il mento con due dita, schivando il gancio dentro che mi venne rivolto contro.

E lei continuò a tentare di colpirmi, di farmi del male, di sfogare il suo dolore. Normalmente non l’avrei capito, avrei arrancato nel tentativo di intuire cosa l’affliggeva, ma in quel momento mi fu chiaro come il sole. Koneko si era innamorato di qualcuno come me. Forse non il vero me, l’idiota incapace che non era stato in grado di salvarla, forse solo dell’immagine riflessa dal me in Hysteria Mode, ma era indubbiamente innamorata.

E dopo aver raccolto il suo coraggio, concedendomi un bacio pieno di sentimento e di cose non dette, io avevo flirtato con Rias durante lo scontro, ed ero stato beccato a far quasi sesso con lei. Per empatia mi sentì morire e misi insieme i pezzi della nostra breve conoscenza. Lei mi aveva visto fragile, debole, mi aveva accompagnato a Tokyo e visto il lato più miserabile di me.

Lei mi aveva visto raccogliere il coraggio per salvare persone appena conosciute in una chiesa piena di creature soprannaturali. Lei mi aveva visto accettare il suo piccolo pensiero quando raccolsi il cellulare infranto da quello stesso tavolino che era alle mie spalle e mi aveva visto ricambiare il suo interesse quando entrai a far parte della schiera di servitori di Rias. E dopo questo aveva evitato ogni contatto con me per paura. Paura che avrebbe sofferto, che fosse tutto nella sua testa, che non avrei mai ricambiato.

Non potei negare a me stesso che molte cose che lei aveva visto non erano altre che fantasie, ma anche così non mi sentì in grado di respingerla. La feci sfogare facendomi colpire, e quando volai contro il muro sfondando la parete, i suoi occhi si contrassero.

Mi si avvicinò, si assicurò che stessi bene e poi pianse. Pianse molto, tanto che quando i nostri compagni ci raggiunsero, allertati dal fracasso di un muro distrutto, era ancora stesa su di me, ad usare la mia camicia come fazzoletto. Incredibilmente le erano spuntate coda ed orecchie bianche come la neve, che in situazioni normali avrei trovato bizzarre, ma che in quella circostanza reputai adorabili.

Ed io la consolai per tutto il tempo, alzando infine lo sguardo su miei amici e compagni.

“Devo parlavi. Devo parlare a tutti voi. A questo punto è giusto che sappiate la verità…”

Sospirai, mi voltai verso l’ennesimo palazzo o monumento di una città di cui non avrei nemmeno ricordato il nome, quando finalmente il girò finì. Avevamo camminato per ore, eravamo stati sotto il sole ed in molti ci avevano fermato per parlare con il Maou.

I tratti tra le città vicine li avevamo fatti in carrozza, quelli più lunghi con il teletrasporto, per questo quando il Maou mi poggiò una mano sulla spalla e sorrise, rimasi scioccato dalle sue parole.

“E con questo finisce il giro dei territori che mi appartengono. So che sono un po’ pochi, soprattutto vista la mia carica, ma ho preferito cedere molte delle mie proprietà alla mia famiglia che avrebbe avuto più tempo per gestirle e farle fruttare. Se vuoi possiamo organizzarci ed una cinquantina di visite di circa otto ore, fartele visitare tutte. Sarebbe stupendo avere compagnia!”

Sbiancai immaginandomi altre cinquanta volte a camminare per le strade in quel modo, ma per fortuna da dietro un angolo spuntò una mano protesa che stringeva un enorme ventaglio bianco. Il ventaglio colpì la testa del Maou, che si voltò verso la sua regina/moglie/cameriera Graphia.

“Tu devi lavorare, se Kinji-san vorrà visitare le terre di famiglia, allora dovremo trovargli un accompagnatore.”

Scossi violentemente il capo cercando di declinare.

“N-N-No, grazie, va bene così. Sono più che soddisfatto di quanto mi è stato mostrato. Avrò diecimila anni per imparare il resto, non c’è fretta no?”

Ridacchiai, sudai, ma parvero bersela.

Alla fine fui rimandato a casa con un sorriso ed un mare di pacchi per Rias. Il Maou mi aveva passato in confidenza un pacchetto di preservativi, ridendo sommessamente.

E tornai a casa, dove lo scontro tra le donne che volevano far parte della mia vita era ancora in corso.

Era davvero, davvero dura essere me.

*****************

Note: Questa sarebbe dovuta essere la conclusione del capitolo precedente. Spero possa piacervi.

(*) Un chiaro riferimento a quell’asessuato di Issei, che parla in continuazione di tette, dice di essere un pervertito, ma non ha ancora inzuppato il biscotto. Un qualsiasi altro ragazzo avrebbe fatto centro e Kinji in Hysteria Mode non è da meno.

  
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