Un Butei alla
Kuoh Academy
Disclaimer: Non
posseggo ne Highschool DxD ne Hiden No Aria. La storia è
scritta senza scopi di
lucro
Ultima
Pallottola – Avanti
tutta!
Era passata una settimana, una
settimana dallo scontro con
il gruppo di Raiser Phenex e dalla nostra plateale vittoria. Nessuno si
sarebbe
aspettato che un gruppo di demoni così giovani prevalesse su
un campione
collaudato dell’arena, ne che un giovane demone reincarnato
come me, battesse
un membro immortale delle indomabili fenici.
Era inutile dire che la cosa ci
creò dei grattacapi. Secondo
gli accordi presi, il fidanzamento di Rias fu infranto ed a lei venne
concessa
piena liberta per scegliere il suo futuro marito, ma tolto questo le
cose erano
solo peggiorate. Erano peggiorate al punto che ora mi ritrovavo seduto
su una
comoda poltrona nel regno degli inferi, in pieno territorio Gremory,
nello
studio personale del Maou suo fratello.
“E quindi sei tu che hai
salvato la mia sorellina…”
L’uomo sembrava gentile,
cordiale, con gli stessi capelli
cremisi che lo accomunava alla mia padrona, ma a differenza di lei,
aveva una
quieta aura di potere intorno a sé. Debole come la risacca
del mare quando la
si osserva da un alto promontorio, ma allo stesso tempo intensa come
uno
Tsunami pronto a sommergermi.
“S-Si!”
Mi sedetti più dritto,
cercando di ignorare il sudore che mi
colava dalla fronte. L’invito mi era stato inviato giorni
prima, quindi avevo
avuto modo di prepararmi e di conoscere la storia, almeno quella
pubblica, del
mio Cicerone, l’uomo che si era offerto di mostrarmi il mondo
degli inferi, ma
che fino a quel momento si era limitato a fissarmi da dietro la
scrivania del
suo ufficio.
“C’è
qualcosa di strano in te, sei completamente diverso da
quando hai sconfitto Raiser. È forse successo qualcosa con
Rias? Avete per caso
avuto rapporti sessuali non protetti?”
Sbiancai, arrossì e
divenni una statua di gesso, tutto
contemporaneamente. La domanda mi aveva spiazzato, mi aveva spiazzato
al punto
che non sapevo come rispondere. In effetti nell’ultima
settimane le dinamiche
tra me e la mia padrona erano cambiate, ma da questo a fare s-sesso, il
passo
era lungo.
Lucifer parve prendere il mio
silenzio nel modo sbagliato ed
iniziò a ridacchiare. Ridacchiò mentre quella
fievole sensazione di potere
intorno a lui iniziava ad estendersi nella stanza. “Quindi
era per questo che
la mia sorellina, la mia piccola e tenere sorellina, che amavo portare
a
cavalcioni sulla mia schiena, ha voluto rompere il fidanzamento. Aveva
già
trovato qualcuno da amare e quel qualcuno ha paura di
affrontarmi...”
Aprì bocca, provai a
parlare, ma semplicemente annaspai,
biascicando qualche parola. Qualche parola sbagliata.
“I-I-Io… N-n-no,
cioè, noi n-n-non siamo innamorati…”
Lucifer si alzò in piedi,
il potere aveva iniziato ad
assumere la parvenza di mulinelli cremisi intorno a lui mentre il suo
sguardo
diventava sempre più rabbioso ed allucinato.
“Quindi mi stai dicendo che
hai avuto rapporti sessuali non
protetti con la mia sorellina, senza amarla. Che la stai
illudendo…”
Mi vidi già morto, questa
volta non ero in Hysteria Mode,
non c’era un qualche piano selvaggio e brillante pronto a
salvarmi, era
semplicemente il mio destino venire schiacciato come fossi una pulce,
da uno
dei reggenti dell’inferno.
Avvertì come un vento
potente che mi spinse indietro, ma fu
tutto lì, quando tornai ad aprire gli occhi, Lucifer mi
guardava bonariamente
sorridendo. “Pensavi che ti avrei ucciso? Ahah,
chissà perché pensano sempre
tutti il peggio di me, sarà per i miei capelli rossi come il
sangue? Proprio
non lo so.”
L’uomo continuò
a ridacchiare ed io presi fiato.
“Noi non
l’abbiamo fatto!”
I suoi occhi si sgranarono
leggermente ed il suo sorriso si
allargò un po’ di più.
“Non avete fatto cosa? Si
più specifico.”
Come pendendo dalle mie labbra,
incrociò le mani al petto,
rimanendo in attesa. Probabilmente non sarei morto, ma quella era
sicuramente
una situazione spaventosa per me.
“N-Noi non abbiamo fatto
s-sesso! Sono ancora vergine!”
Lo dissi ad alta voce, come se fosse
qualcosa di cui andare
fieri, ma del resto avevo a malapena sedici anni, non era poi
così strano per
un ragazzo della mia età esserlo. E per la prima volta da
quando fui introdotto
nello studio, sentì l’aria distendersi. Lucifer
sembrava visibilmente
sollevato.
“Oh, è un
piacere sentirlo. Scusami se sono stato un po’ grezzo,
ma durante lo scontro mi sei sembrato un po’ un Don Giovanni,
non molto meglio
di Raiser, anche se decisamente più forte in
combattimento.”
L’uomo trasse a se un
bastone da passeggiò e si alzò.
“Lo hai sconfitto in
maniera egregia, soprattutto se si considera
che hai usato solo artifizi umani e sei un demone reincarnato da
così poco. Allora,
andiamo a fare il nostro giro? Ti ho invitato qui per vedere gli
inferi, no?”
Come se nulla fosse mai successo,
venni condotto fuori dal
palazzo, mentre nella mia mente insultavo il me stesso in Hysteria Mode
in modi
che probabilmente non avrei mai potuto ripetere a voce alta. Era colpa
sua se
mi trovavo in una situazione del genere, colpa del suo stupido
comportamento
galante e protettivo, che non aveva fatto altro che causarmi problemi,
il primo
dei quali si manifestò già il giorno successivo
alla battaglia.
Mi ritrovai a scendere le scale del
maniero in compagnia di
un vivace (e completamente diverso da pochi minuti prima) Lucifer,
mentre la
mia mente ritornò a quella morbida sensazione intorno alla
mia mano. Quasi potevo
ancora sentirla. Soffice, vellutata, con
un’elasticità unica.
Era il seno di Rias. Il suo seno
nudo, che mi ritrovai a
stringere mentre entrambi dormivamo nel mio letto. Ovviamente io ero
quello in
trappola, proprio come la prima volta che mi svegliai a letto con lei.
La verità
era che eravamo tornati nel mondo umano, le mie ferite erano state
sanate, ma
lo stress psicologico dovuto all’Hysteria Mode mi aveva
costretto in un sonno
profondo.
Il mio corpo potenziato da demone,
aveva permesso alla mia
Hysteria Mode di superare i limiti che avevo da umano e questo aveva
richiesto
un costo alto alla mia mente, che riuscì a malapena a tenere
il passo. A quanto
mi raccontarono quando mi svegliai, dormì per circa dodici
ore durante le quali
Rias pensò bene di coricarsi con me.
Lo fece in privato, senza dare
nell’occhio, come se stesse
commettendo una qualche sorta di cattiveria nei confronti di qualcuno,
qualcuno
che potevo solo immaginare essere io. E così mi risvegliai
aggrovigliato a lei,
con il suo corpo caldo a contatto con il mio ed il suo seno nel palmo
della mia
mano.
Strinsi leggermente il palmo, da
appena sveglio ero ancora
confuso, ed un gemito sommesso le sfuggi nel sonno facendomi capire.
Certe immagini
sarebbero rimaste per sempre impresse nella mia memoria, per questo non
mi fu
difficile ignorare il cicaleccio del mio accompagnatore, ricordando
come
immediatamente mi trasformai in Hysteria Mode sotto
l’influsso di quel calore.
Fu un istinto potente,
l’istinto più potente, quello di
procreare. Iniziai con l’accarezzare Rias, il solleticarla
piano, il
massaggiarla sul ventre piatto, fino a che non iniziò a
svegliarsi. Sebbene fossi
sotto il giogo di quel forte impulso, non avrei mai potuto
approfittarmi di lei
mentre era ancora incosciente, preferì farla svegliare
dolcemente. E sempre dolcemente
la baciai appena i suoi occhi si socchiusero cercando di capire cosa
l’avesse
riportata alla realtà.
Non ero padrone di me, lo ammetto, ma
mi godei il forte
sapore delle sue labbra così come le nostre lingue che
iniziavano lentamente a
sfiorarsi. Lei era insicura, anzi più che insicura, era
completamente basita. Era
stata lei ad infilarsi nel mio letto, ma chissà
perché si aspettava che non
reagissi. Forse era abituata con qualche uomo più passivo,
fatto di sole parole
e niente fatti (*), ma il me in Hysteria Mode era diverso, era capace
di
manipolare gli eventi, plasmare le sensazioni, trasformando tutto in
rovente
vortice di passione.
Non ci volle molto prima che guidassi
Rias all’altezza del
mio cavallo. La sua piccola mano strinse la mia virilità, ed
io l’avvolsi di
più a me. Sarebbe successo, lo avremmo fatto, lo avremmo
sicuramente fatto… se
in quel momento, con un fragore spaventoso, la porta non si fosse
sfondata
verso l’interno della stanza.
Il mio slancio fu rapido ed
istintivo, con il mio corpo mi
portai su Rias per proteggerla da eventuali schegge vaganti, ma questo
non fece
che peggiorare la situazione, in quanto, fuori dalla porta che lei
stessa aveva
sfondato, giaceva in lacrime Koneko.
Doveva averci visto, sentito ed aver
dunque frainteso. Non era
per amore che facevo ciò che facevo, era semplicemente il
mio istinto portato
oltre la ragione dalla mia malattia. Ed andò via, si volse e
scappò nel
corridoio, ed il lato della mia Hysteria Mode, che aveva le
virtù di un
cavaliere, non poté che lasciare tutto per inseguirla.
Fui veloce a rivestirmi, ed
altrettanto velocemente sfiorai
le labbra di Rias con le mie prima di dirigermi nell’edificio
scolastico dove eravamo
accampati. A quanto pare nessuno era tornato a casa propria e come
un’enorme
famiglia felice avevamo deciso di rimanere lì a dormire per
riprenderci dallo
scontro, con l’unico problema di una relazione illecita in
corso d’opera…
Trovai Koneko nella stanza del club.
Era seduta sul divano,
teneva la testa bassa e singhiozzava. Il me normale sarebbe
probabilmente
rimasto lì imbambolato come un allocco, ma il me in Hysteria
Mode sapeva cosa
fare. Mi inginocchiai davanti a lei, le sollevai il mento con due dita,
schivando
il gancio dentro che mi venne rivolto contro.
E lei continuò a tentare
di colpirmi, di farmi del male, di
sfogare il suo dolore. Normalmente non l’avrei capito, avrei
arrancato nel
tentativo di intuire cosa l’affliggeva, ma in quel momento mi
fu chiaro come il
sole. Koneko si era innamorato di qualcuno come me. Forse non il vero
me, l’idiota
incapace che non era stato in grado di salvarla, forse solo
dell’immagine riflessa
dal me in Hysteria Mode, ma era indubbiamente innamorata.
E dopo aver raccolto il suo coraggio,
concedendomi un bacio
pieno di sentimento e di cose non dette, io avevo flirtato con Rias
durante lo
scontro, ed ero stato beccato a far quasi sesso con lei. Per empatia mi
sentì
morire e misi insieme i pezzi della nostra breve conoscenza. Lei mi
aveva visto
fragile, debole, mi aveva accompagnato a Tokyo e visto il lato
più miserabile
di me.
Lei mi aveva visto raccogliere il
coraggio per salvare
persone appena conosciute in una chiesa piena di creature
soprannaturali. Lei mi
aveva visto accettare il suo piccolo pensiero quando raccolsi il
cellulare
infranto da quello stesso tavolino che era alle mie spalle e mi aveva
visto
ricambiare il suo interesse quando entrai a far parte della schiera di
servitori di Rias. E dopo questo aveva evitato ogni contatto con me per
paura. Paura
che avrebbe sofferto, che fosse tutto nella sua testa, che non avrei
mai
ricambiato.
Non potei negare a me stesso che
molte cose che lei aveva
visto non erano altre che fantasie, ma anche così non mi
sentì in grado di
respingerla. La feci sfogare facendomi colpire, e quando volai contro
il muro
sfondando la parete, i suoi occhi si contrassero.
Mi si avvicinò, si
assicurò che stessi bene e poi pianse. Pianse
molto, tanto che quando i nostri compagni ci raggiunsero, allertati dal
fracasso di un muro distrutto, era ancora stesa su di me, ad usare la
mia
camicia come fazzoletto. Incredibilmente le erano spuntate coda ed
orecchie
bianche come la neve, che in situazioni normali avrei trovato bizzarre,
ma che
in quella circostanza reputai adorabili.
Ed io la consolai per tutto il tempo,
alzando infine lo
sguardo su miei amici e compagni.
“Devo parlavi. Devo parlare
a tutti voi. A questo punto è
giusto che sappiate la verità…”
Sospirai, mi voltai verso
l’ennesimo palazzo o monumento di
una città di cui non avrei nemmeno ricordato il nome, quando
finalmente il girò
finì. Avevamo camminato per ore, eravamo stati sotto il sole
ed in molti ci
avevano fermato per parlare con il Maou.
I tratti tra le città
vicine li avevamo fatti in carrozza,
quelli più lunghi con il teletrasporto, per questo quando il
Maou mi poggiò una
mano sulla spalla e sorrise, rimasi scioccato dalle sue parole.
“E con questo finisce il
giro dei territori che mi
appartengono. So che sono un po’ pochi, soprattutto vista la
mia carica, ma ho
preferito cedere molte delle mie proprietà alla mia famiglia
che avrebbe avuto
più tempo per gestirle e farle fruttare. Se vuoi possiamo
organizzarci ed una
cinquantina di visite di circa otto ore, fartele visitare tutte.
Sarebbe stupendo
avere compagnia!”
Sbiancai immaginandomi altre
cinquanta volte a camminare per
le strade in quel modo, ma per fortuna da dietro un angolo
spuntò una mano
protesa che stringeva un enorme ventaglio bianco. Il ventaglio
colpì la testa
del Maou, che si voltò verso la sua regina/moglie/cameriera
Graphia.
“Tu devi lavorare, se
Kinji-san vorrà visitare le terre di
famiglia, allora dovremo trovargli un accompagnatore.”
Scossi violentemente il capo cercando
di declinare.
“N-N-No, grazie, va bene
così. Sono più che soddisfatto di
quanto mi è stato mostrato. Avrò diecimila anni
per imparare il resto, non c’è
fretta no?”
Ridacchiai, sudai, ma parvero bersela.
Alla fine fui rimandato a casa con un
sorriso ed un mare di
pacchi per Rias. Il Maou mi aveva passato in confidenza un pacchetto di
preservativi, ridendo sommessamente.
E tornai a casa, dove lo scontro tra
le donne che volevano
far parte della mia vita era ancora in corso.
Era davvero, davvero dura essere me.
*****************
Note:
Questa
sarebbe dovuta essere la conclusione del capitolo precedente. Spero
possa
piacervi.
(*) Un chiaro riferimento a
quell’asessuato di Issei,
che parla in continuazione di tette, dice di essere un pervertito, ma
non ha
ancora inzuppato il biscotto. Un qualsiasi altro ragazzo avrebbe fatto
centro e
Kinji in Hysteria Mode non è da meno.