3.
Il bip delle macchine collegate al suo braccio la fece
svegliare. Lisa aprì gli occhi lentamente e si guardò intorno per un momento.
Si sentiva disorientata e stanca e la giornata appena trascorsa le ripassò
velocemente davanti alle palpebre socchiuse. Il lavoro, l'aumento, lo strano
comportamento del suo capo e poi la telefonata che la avvisava che Bruno era
stato male. Una rapida successione di immagini che le fecero venire voglia di
chiudere di nuovo gli occhi ed abbandonarsi ad un sonno profondo.
"Sei sveglia finalmente."
Lisa si voltò in direzione della voce e piegò poco il
capo fissando il viso davanti a sé. Harvey Specter se
ne stava poggiato alla porta, le mani chiuse nel suo completo elegante, i
capelli in ordine, sul volto un'espressione che a lei sembrò preoccupata ma
che, pensò, non aveva motivo di essere; non erano così amici in fondo. Anzi,
non erano affatto amici.
"Che ci fai qui?" chiese sollevandosi poco
fino ad essere seduta.
Lui avanzò di qualche passo e trascinò una sedia fino
al lato del letto. Poi si mise a sedere. "Mi sei praticamente svenuta tra
le braccia. Il che mi capita molto spesso a dire il vero, quasi con tutte le
donne che incontro," scherzò. "ma mi sentivo in dovere di assicurarmi
che stessi bene."
"Rufus!" esclamò lei cercando con gli occhi
il suo cellulare. "Devo chiamare Stacie, la mia
vicina di casa e dirle di dar da mangiare a Rufus."
"Il mio associato ha già provveduto" le
disse Harvey. "Tuo zio si è svegliato, abbiamo fatto amicizia e gli ho
raccontato cosa è successo. Mi ha dato le chiavi del vostro appartamento e Mike
è andato a dar da mangiare a Rufus."
Lisa annuì distrattamente lasciando che qualche
lacrima le scendesse leggera sul viso. Doveva ammetterlo, forse si era
sbagliata su quell'uomo che, nonostante tutto, la stava trattando bene come mai
nessuno prima.
"Grazie," mormorò asciugandosi il viso.
"mi dispiace di essere stata scortese. È solo che"
"È stata una brutta giornata," finì Harvey
per lei. "lo capisco, davvero. Ora riposati, verrai dimessa tra qualche
ora. Starò qui fuori fin quando non sei pronta e poi ti accompagnerò a
casa."
"Perchè?" chiese
lei costringendolo a voltarsi prima di lasciare la stanza. "Perchè stai facendo tutto questo per noi. Mi conosci
appena."
"Te l'ho detto," replicò Harvey sorridendo.
"io e te siamo amici."
Lisa sorrise, con quel sorriso che già una volta aveva
ammaliato Harvey Specter. Quelle fossette sulle
guance, gli occhi lucidi.
"In questo caso," gli disse lei indicando la
sedia con una mano. "rimani seduto qui. Se ti va."
L'uomo annuì appena, si tolse la giacca e si mise a
sedere.
****
Lisa entrò in casa seguita da Harvey. L’accoglienza
che le riservò Rufus le fece dimenticare per un attimo quanto brutti fossero
stati gli ultimi due giorni. Per un attimo.
Mike, e questo era tutto quello che lei sapeva
dell’uomo in giacca e cravatta che si era preso cura del suo cane, si alzò
dalla sedia e li raggiunse a metà strada tra il piccolo salotto e la porta di
ingresso.
“Gli ho dato da mangiare e siamo anche usciti a fare
una passeggiata” raccontò infilandosi il cappotto. “È un cane molto educato.”
aggiunse dando a Rufus una lunga carezza.
La padrona di casa abbozzò un sorriso e guardò per un
attimo il cane prima di poggiare gli occhi sul ragazzo. “Grazie per esserti preso
cura di lui,” gli disse. “E credo che nessuno ci abbia ancora presentati come
si deve. Sono Lisa.”
Mike strinse la sua mano delicatamente. “Io sono Mike Ross,” si presentò. Poi volse lo sguardo ad Harvey che lo
fissava con un’espressione che lui conosceva fin troppo bene. “e sono in
ritardo per il lavoro. Quindi ora me ne andrò. È stato un piacere.”
L’uomo si avvicinò all’uscita e sospirò prima di
voltarsi a guardare Harvey ancora una volta. “Dirò a Donna di disdire i tuoi
appuntamenti per oggi.”
“Oh no,” si intromise Lisa. “voglio dire, non è
necessario. Sto bene, posso cavarmela da sola adesso.”
Harvey sorrise. “Non lo faccio per te, ho davvero
bisogno di un giorno di riposo.”
Lei annuì appena salutando Mike e sospirò. “Capisco,”
mormorò appendendo il suo cappotto all’appendiabiti laterale alla porta. “In
questo caso sarà meglio che prepari qualcosa per colazione, che ne dici di
pancake? O una omelette magari.”
“L’omelette mi sembra perfetta,” annunciò Harvey
mettendosi comodo, privandosi del soprabito e anche della giacca. Tutto
nell’intento di avere un aspetto meno formale e più rilassato. “il tuo
appartamento è molto carino.”
Lisa si guardò intorno. “Sono certa che sei abituato a
posti migliori, ma grazie. È un po’ piccolo ma ci si sta abbastanza comodi in
tre. Anche se probabilmente mi converrebbe iniziare subito a cercarmi un altro
lavoro se voglio continuare abitare qui. La padrona di casa ha un debole per
Bruno ma pretende comunque che l’affitto venga pagato puntualmente alle undici
di mattina di ogni ventisette del mese.”
“Non vuoi tornare all’Elite?”
Harvey si mise a sedere osservandola attentamente. Si muoveva con grazia,
sicura di quello che faceva mentre armeggiava con barattolini pieni di spezie e
padelle bollenti.”
“Onestamente?” la donna si voltò a guardarlo per un
attimo, porgendogli due tovagliette che lui sistemò ai lati della piccola isola
in cucina. “No. Odio quel posto. E anche se volessi tornare dubito che il
signor Mayer mi permetterebbe di riprendere il mio posto. Non dopo che sono
fuggita via nel bel mezzo di un turno lasciando il bar pieno zeppo di gente.”
“Ma si trattava di un’emergenza familiare.”
“Ma a lui non importa,” replicò Lisa. Si fermò un
attimo come per rielaborare i pensieri, poi si passò una mano sul viso. “Non fa
niente. Troverò qualcos’altro, almeno spero.” Ho dei risparmi da parte,
abbastanza per coprire l’affitto e le spese per un altro mese. Me la caverò.”
“Ne sono certo.” sussurrò Harvey prendendo posto per
la colazione.
****
"Dimmi qualcosa di te." Harvey mangiò
l'ultimo boccone della sua omelette e sorrise passandosi il bicchiere di succo
d'arancia alla bocca.
"Solo se tu mi dici qualcosa di te."
"Stai negoziando con me per caso?" l'uomo
rise incrociando le mani sul rivestimento giallo chiaro dell'isola nella
piccola cucina.
"Forse" replicò lei abbozzando un sorriso.
"Forse c'è un pizzico di avvocato dentro di me."
L'uomo scosse lievemente il capo. "Okay, va bene.
Tu mi dici qualcosa di te ed io ti dico qualcosa di me. Facciamo che tu fai due
domande a me ed io ne faccio due a te."
"Affare fatto. Ma inizio io, prima le signore
giusto?"
"Corretto."
"Okay. Vediamo... dimmi qualcosa della tua
famiglia."
"Mio padre è morto parecchi anni fa. Eravamo
molto legati. Ho un fratello minore, Marcus ma non ci vediamo spesso. E questo
è tutto ciò che c'è da sapere sulla mia famiglia."
"E tua madre?" Lisa piegò poco il capo
guardandolo con un'espressione che lasciava trapelare una curiosità che però
non avrebbe comunque superato certi limiti.
Harvey abbassò lo sguardo per un attimo. Si perse nei
suoi pensieri per qualche secondo, poi fece spallucce. "Mia madre è
morta."
"Morta morta o morta per
te?"
"Non fa alcuna differenza," rispose
tranquillamente lui. "Comunque," aggiunse cercando di ridarsi un tono
"queste sono tre domande. Credo che ora sia il mio turno."
Lisa accarezzò con le dita il bordo del suo bicchiere.
"Sì, è vero. Tocca a te."
"Parlami un po' della tua di famiglia."
"Sono figlia unica. I miei genitori sono morti
quando ero molto piccola. Bruno mi ha fatto da padre e madre oltre che da zio.
Mi sono trasferita qui sei anni fa e da allora niente è andato come
speravo." raccontò lei.
"Hai un ragazzo?"
Lei rise muovendosi poco sulla sedia. "Sei
diretto," gli disse "ma non mi sorprende. No, non ho nessuno."
"È difficile crederlo. Una donna come te, senza
un amore. È strano."
"Una donna come me? E come sarei?"
"Intelligente, dolce, forte. Capace di cucinare
un'ottima omelette," replicò lui indicando il piatto con un dito. "e
bella da togliere il fiato."
Lisa sentì il viso avvampare. Sorrise imbarazzata e si
schiarì la voce. "Dillo a tutti i miei ex..." sussurrò.
"Dammi i loro nomi e lo farò."
La donna sospirò e si mise in piedi. Controllò
velocemente l'ora e gli rivolse un sorriso gentile. "Devo farmi una doccia
ora e poi tornare in ospedale e trovarmi un avvocato visto che, a quanto pare,
i documenti per la cittadinanza di Bruno non sono in regola. "
Harvey ne imitò i movimenti alzandosi a sua volta.
"Io sono un avvocato."
Lisa rise. "Io non posso permettermi un avvocato
del tuo livello. Dovrò accontentarmi di un pelato difensore d'ufficio."
"Esistono le cause pro bono."
"No, hai già fatto molto per me ed io
non..."
"Pensaci un po' okay? Promettimi solo che ci
penserai. Andiamo, non posso lasciarti nelle mani di un pelato difensore
d'ufficio, non dopo tutto quello che abbiamo passato insieme."
Il suo viso smaliziato ma malizioso la fece quasi
ridere. "Va bene, ci penserò. Ti farò sapere."
"Bene, passo a prenderti domani alle otto."
le disse incamminandosi verso l'entrata.
"Domani alle otto per cosa?" domandò Lisa
seguendolo.
"Per la cena, e dopo il dessert mi dirai cosa hai
deciso. Non si possono prendere grosse decisioni a stomaco vuoto, non è
saggio."
Lisa scosse il capo energicamente. "Non posso
venire a cena con te."
"Perchè no?"
"Non sarei una buona compagnia, fidati."
L'uomo sorrise mettendo le mani nelle tasche del
cappotto. "Questo lascialo decidere a me. Ci vediamo domani." le
disse. E Lisa non aggiunse altro, semplicemente lo guardò uscire mentre pensava
che non aveva idea di cosa indossare per una cena con un affascinante avvocato
milionario.