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Autore: pewdiekairy    20/02/2015    1 recensioni
Tutti conosciamo la storia terrificante di Slenderman,un mostro che rapisce i bambini per poi ucciderli. Ethany ha solo 13 anni,ha la strana facoltà di vedere le anime perdute e porta su di sè un terribile destino:incontrerà il mostro e la natura del loro rapporto sarà in mano alla ragazza. Potrà salvarlo,ucciderlo,ignorarlo... ma questo lo scoprirete solo leggendo.
Genere: Horror, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Slender man
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Spero che il capitolo vi piaccia la scuola mi sta uccidendo spero di riuscire a postare almeno una volta a settimana :(
 

Capitolo 4: I don’t want to hurt you

Il suono della campanella fu un balsamo per l’animo di Ethany. Si alzò e velocemente mise nella cartella tutte le sue cose, si alzò e corse, corse per evitare di fare quello che non avrebbe mai dovuto fare, per evitargli una morte orribile. Schizzò come un fulmine sull’autobus e occupò un sedile accanto ad una vecchietta scorbutica, che tuttavia continuò a lavorare a maglia come se non l’avesse vista. Zack si sedette dietro di lei e le sussurrò piano: “So quello che stai cercando di fare, e non te lo permetterò”. Ethany aveva voglia di piangere. Lei non correva nessun pericolo, ma gli altri, ed in particolare quelli a cui era affezionata, sarebbero morti tutti se lei non avesse dimostrato di non provare niente per nessuno. Un ultimo abbraccio a sua madre, e poi sarebbe finito tutto. Non si sarebbe fatta trovare. Avrebbe anche vissuto nel bosco per proteggerli, ed era una buona idea, perchè raramente la gente vi si inoltrava in inverno. Quando la stagione rigida sarebbe passata, avrebbe camminato a piedi fino ad un posto lontano, si sarebbe trovata un lavoro e nessuno l’avrebbe trovata mai. La sola idea la riempiva di tristezza, ma nemmeno quella doveva far parte di lei adesso.
Zack non scese alla sua fermata, ma accompagnò Ethany fino a casa, cosa che la fece irritare moltissimo. Non capiva che lo stava facendo per tutti loro? “I tuoi ti staranno aspettando a casa, vai da loro”, disse Ethany, cercando di far suonare la sua voce in modo neutro. “I miei sono al lavoro, oggi non torneranno. E tua madre è sempre molto felice di vedermi”, rispose lui con uno strano tono. Ethany sospirò. Se era così testardo da desiderare la morte, allora ben venga! Il suo cellulare cominciò a squillare, ma lei quasi non ci fece caso. Prese le chiavi ed entrò in casa. Stava per chiudere la porta, quando Zack la fermò con il piede. Varcò la soglia a forza, bloccandole le mani e con un’espressione decisa in volto. Il cellulare smise di squillare ed Ethany corse in camera sua, chiudendosi a chiave. Zack si sistemò sul pianerottolo, deciso a saltare il pranzo pur di fermarla. Nessuno dei due notò l’assenza della madre di Ethany.
Teresa sospirò. Non era la prima volta che Ethany non rispondeva al telefono, ma ogni volta la faceva preoccupare. Le lasciò un messaggio dicendole che non sarebbe tornata per pranzo a causa di alcuni processi importanti. Odiava lasciare sola la figlia, ma quel lavoro era molto impegnativo e se voleva mantenere entrambe doveva faticare. Il suo non era un lavoro facile: gli avvocati c’erano anche per i criminali e tessevano trame convincenti su come l’imputato avesse sparato alla moglie perchè pensava fosse un ladro, o come il direttore della banca fosse molto miope e non avesse letto bene un estratto-conto … i criminali poi spesso se la cavavano con pene leggere e pochi anni dopo erano fuori di prigione. Per non parlare dei pirati della strada: si dileguavano e giuravano di aver fatto il possibile quando la polizia li braccava. Molti omicidi non avevano un colpevole grazie a loro. La sua collega venne a portarle un caffè: “Ancora niente?”, le chiese. “Janet, l’ho chiamata solo una volta! Riproverò più tardi”, sorrise Teresa. “Tua figlia è davvero molto particolare, sarei curiosa di sapere cosa mi direbbe di lei mio cugino psicologo … le menti degli adolescenti sono affascinanti, dice lui. Ce l’hanno con il mondo ma alla fine è solo una maschera. Bah.”
Ethany rimase sul letto a fissare il vuoto. Non aveva fame, e se Zack aveva voluto seguirla tanto peggio per lui. Sarebbe rimasto a digiuno. Ma sua madre l’avrebbe rimproverata come non mai per aver lasciato a digiuno un ospite, per di più l’unico che fosse mai venuto di sua spontanea volontà, a parte le sue amiche adulte. Ethany alzò il viso e valutò se alzarsi o meno, ma rimase bloccata. Una figura trasparente la fissava con espressione vacua. Ethany abbassò il capo di nuovo. “Non se ne accorge se non lo guardi, non se ne accorge se non lo guardi …”, se lo ripeteva come un mantra, ma il copriletto la stava soffocando e respirare diventava ogni secondo più difficile. Se non ci fosse stato Zack lei sarebbe potuta comodamente scendere in cucina e prepararsi le provviste per un po’ di tempo, preparare le sue cose e scappare. Ma non poteva seguirla in eterno. Presto o tardi sarebbe crollato. Ethany si ricordò che il cellulare aveva squillato: si avvicinò fissando la tasca del cappotto nel quale lo teneva e scoprì che sua madre l’aveva chiamata. Le inviò un messaggio dicendole di stare tranquilla. Poi, vedendo che la presenza non se ne era andata, si lanciò a peso morto sul letto cercando di non guardarla.
Zack si mise il volto tra le mani e provò l’impulso di sbattere la testa contro il muro. Con il suo comportamento aveva ottenuto solo il risultato di intestardirla, inoltre lui non poteva seguirla dappertutto e sua madre non era presente quasi mai a casa. Sarebbe scappata e lo avrebbe lasciato solo ad affrontare la gente che non lo capiva, non lo aveva mai capito nessuno, a parte lei … quel giorno di primavera aveva provato per lei un affetto sconfinato e aveva cercato di dargli quel calore che lui non aveva mai avuto. Si era arrabbiato quando lo aveva schiaffeggiato, ma lei aveva dato prova di volergli bene e lui l’aveva perdonata all’istante. Non poteva lasciarla andare via, solo per finire i suoi giorni in qualche paese sperduto, dove magari lo Slender non l’avrebbe mai trovata, ma nemmeno lui. E allora con chi avrebbe condiviso la propria esistenza? Aveva paura di perderla, più della paura di affrontare quel mostro per sancire il diritto di entrambi di avere una vita normale, esclusi dalle mire di un mostro millenario che aveva preso Ethany per un rompicapo, niente più del prossimo problema indispensabile da risolvere per affermare ancora il proprio potere e per vivere ancora, sempre sulla morte degli innocenti.

Zack si alzò e bussò alla porta di Ethany.

Ethany alzò la testa e gridò: “Avanti!”, sempre evitando di guardare quella presenza che, alla fine, si era stancata e se ne era andata. Aveva girato la chiave quando si era alzata la prima volta. Zack entrò nella stanza. In volto aveva scritta la determinazione di non lasciarla andare. “Ethany, non puoi pensare di mollare tutto di punto in bianco. Io ti conosco, e sei tutto fuorchè una stupida. Tua madre potrebbe non morire a causa dello Slender, ma di crepacuore quando scoprirà che sei scappata sì”. Quelle parole si infilavano come aghi appuntiti nel cuore di Ethany, e lei sapeva che Zack lo stava facendo a posta a farla sentire in colpa, faceva tutto parte del suo piano. “Lo stupido qui sei tu. Proprio a causa tua mi è venuta in mente questa idea, dopo che mi hai detto quella cosa in bagno.” Mentre lo diceva, Ethany arrossì lievemente al ricordo, ma continuò a fissarlo imperterrita, osservandolo mentre si sedeva sul letto davanti a lei. Zack sorrise e disse: “Se non te lo avessi detto, un giorno avresti avuto una bruttissima sorpresa. Non sottovalutarlo, Ethany. Pensi che solo perchè ti allontani lui ti lascerà in pace, o lascerà in pace noi? Potrebbe farti arrivare la notizia in qualunque momento, magari quando ti sei pentita di essere partita e torni solo per ritrovare un cumulo di macerie”. Quelle parole. Facevano male. Dette da lui. Sì, le stava dicendo proprio lui. “E cosa dovrei fare allora? Lasciare che uccida tutti per poi uccidermi comunque? Aspettare qui, solo per prolungare l’agonia?”, chiese Ethany, ormai in lacrime. Zack si sarebbe voluto strappare il cuore per non sentire quanto la stava facendo soffrire. “Cercare una soluzione”, disse lui apparentemente impassibile, anche se dentro gli si agitavano mari e oceani.  

*Angolo dell’autrice*

Lo so che è un pochino da gasati dirlo ma amo la mia storia alla follia! Ho scritto questo capitolo e il precedente in un giorno solo perchè ho tantissima voglia di continuare la storia e sono a mille *-*

   
 
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