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Autore: lionelscot    22/02/2015    1 recensioni
Presente accanto a loro sul palco del concerto che segna la fine della più nota Symphonic Metal band finnica, un uomo che sta vivendo il sogno di quando era ragazzo di poter partecipare ad un loro tour, ripercorre mentalmente le tappe che in dieci anni lo hanno portato a rialzarsi e realizzare questo sogno, iniziato come un sinfonico incubo...
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: AU, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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Aprile 2015, Bologna


Le ultime settimane del mese erano trascorse molto tranquillamente, quasi monotone. A metà Aprile, il gruppo aveva momentaneamente rallentato, per permettere a tutti di non lasciar perdere le proprie vite. Tom e Luke si erano dati da fare con i magazzini dei teatri, per raccimolare qualche soldo per dei nuovi strumenti. Janka si era recato presso la sua scuola a Firenze, prima di volare in Germania per alcuni colloqui di lavoro, mentre Erik si era concesso un ritorno dai suoi parenti in liguria. Eddy, pur tornando a trovare i suoi e la sua ragazza in riviera, era rimasto in contatto con qualche locale per delle possibili serate. In tutto ciò, Leo ne aveva approfittato per recarsi un po' in palestra e seguire alcuni corsi che lo interessavano, oltre al lavorare presso il locale di una sua conoscente. Cercava di tenersi occupato, ma ogni momento che aveva libero, il ragazzo si chiudeva in casa lavorando su se stesso e per il gruppo. Sapeva di non essere un gran cantante, lo aveva sempre saputo. Li piaceva ascoltare canzoni energiche ma coi testi comprensibili e lo stesso cerva di fare quando cantava, ma la sua voce... Non li era mai piaciuta e benchè alcuni l'apprezzassero, lui teneva maggior conto solo di quelli che affermavano fosse uno strazio, anche se lo facevano per canzonarlo. Come per il resto di sé, insomma... Non era questione di impegno, perchè tutto si poteva dire, tranne che non desse tutto quello che poteva quando lavorava, ma di autocriticità. Non era uno che si riconoscesse i miglioramenti, tanto meno che accettasse i suoi errori, anzi. Se a questo si univa una disperata ricerca di una propria identità, le cose non potevano che andare peggio. Qualsiasi progetto iniziato rischiava di essere abbandonato quando i risultati non arrivavano. Un grosso limte per un ragazzo ambizioso come lui. A 23 anni spesso si colpevolizzava, ricordandosi come ci fosse stata gente in passato che alla sua stessa età era diventata "Re del Mondo".
Scosse bruscamente il capo per ricacciare via i prorpi pensieri, prima di afferrare la giacca e recarsi in stazione. Quel giorno doveva recarsi in riviera, a Rimini, quella che sentiva come la sua vera città, per una visita dalla psicologa. Quando accadeva, preferiva scendere in treno, in modo da sfruttare quell'ora e mezza di viaggio per riorganizare le idee e sapere di cosa discutere con la dottoressa, sperando di non trovare altri collegamenti a lei. Già, lei...

"Se continui a pensarmi così intensamente, impazzirai..."

- Non mi pare che la cosa ti spiaccia. Infondo, sono solo io quello che ci sta male.

"Forse dovresti arrenderti e dimenticarmi, come io ho fatto con te."


Un brivido gelido lo portò a stringersi nelle spalle. Evidentemente, doveva essere facile scordarsi di uno come lui. Ma allora perchè non riusciva a liberarsi di quello spettro mentale, a dimenticarla e andare avanti ? Li era già successo altre volte si subire un rifiuto, per motivi fisici, perchè era un amico, perchè era giovane e inesperto... Ma con lei era diverso, con lei si era condiviso qualcosa. Lei, era stata la sola a far cadere davvero quel ragazzo, in tutti i sensi. E un dolore così, il dolore di chi a causa di sé stesso ha fallito il suo appuntamento col destino, non puoi sperare che passi dal giorno alla notte, specialmente quando l'altra, diventa il tuo "amore maledetto".

"Fanculo ! Smettila di ragionare su questi problemi da bambino viziato e pensa a te, stupido !" fu quanto si disse varcando l'uscio di casa.

 

 


Imola, Treno regionale

 


- (segnale acustico) Vi informiamo che il treno sosterà a Imola per alcuni minuti. Ci scusiamo per il disagio.

Il ragazzo si rilassò sui sedili del treno, mentre osservava la gente che saliva e scendeva, cercando di cogliere ogni sfumatura di quelle persone che per un istante delle loro esistenze avevano fatto da quadro alla sua. Madri con figli scalmanati, migranti di terre lontane che cercavano fortuna in una terra che ne aveva poca da offrire perfino alla sua gente, ragazza che tra un appunto e un libro di studio dialogavano sulle proprie conquiste al corso, professori e maestri di mesieri... Non era l'orario dei pendolari, no. Quelli sarebbero arrivati più tardi, al calare della sera. Gente stanca per il lavoro, che tuttavia si lasciava illuminare il volto da messaggi di chi li attendeva a casa.
Una piccola curva si disegnò ad uno degl'angoli della bocca di quell'osservatore. Buttò un occhio alla sua destra e notò un uomo intento a cercare di venire a capo di un sudoku.

- L'uno va in questa casella e l'otto in quest'altra.

- Non potrebbe essere l'opposto ?

- No, perchè l'otto è già presente qui e qui, e metterlo in questa casella le impedirebbe di metterlo in quella di questo quadrante.


Il viaggiatore osservò attentamente e poi si decise. Quando constatò che il suggerimento era coretto, ringraziò il suo suggeritore e lo invitò a partecipare. Due teste erano sempre meglio di una. Leo accettò volentieri. Infondo, doveva passare il tempo rimanente del viaggio e nulla è più coinvolgente di una sfida d'intelletto.


 

Rimini


Il discorso con la dottoressa si dilungò ben oltre l'ora dovuta, ma nessuno ebbe a lamentarsi. Il ragazzo affrontò le solite sue tematiche, la solita analisi nel tentativo di sbloccare un ingorgo di oltre ventidue anni e degl'ultimi due mesi, dato che tra serate e ricerche lavorative, non si sentivano da febbraio. Si parlò anche di quanto detto da Eddy quella sera in macchina e di come si sentisse davvero una zavorra per il gruppo.
Ogni volta che le visite finivano, il ragazzo aveva come la sensazione che la dottoressa si sarebbe fatta volentieri una valeriana, per non dire un qualcosa di più tosto. Lo divertiva immaginarla mentre si districava in un labirinto d'ombra, come una cieca a cui veniva descritto un qualcosa di talmente colpesso e districato che non era possibile coglierlo in totale coi verbi. Le sarebbero serviti una torcia a casco, l'attrezzatura di speleologia e una radio per immergersi fisicamente in quella mente. Sorrise ironico a quell'immagine, mentre si avviava verso il centro. Forse sarebbe stato il caso di chiamare Eddy o qualche altro suo conoscente della zona, giusto per stare in compagnia. Forse, ma in quel momento voleva gustarsi quella che lui chiamava "la belezza della solitudine". Entrò in uno dei circoli nascosti alle vie principali e ordinò qualcosa da mangiare. Nell'attesa di mise ad osservare, cercando nuovamente di cogliere quelle sfumature che rivelavano l'anima delle persone che lo circondavano. Tirò fuori un taccuino pieno di post-it e note e cominciò a scrivere. Frasi, dialoghi, scherzi, cazzate, tutto quello che la sua mente riusciva a partorire in quel momento.

- Fish'n'chips di salmone e Grimbergen Blanche ? -

- Oh sì grazie. -

- Prego. Buon appetito. -


Lo scrittore ricambiò con un cenno del capo, poi tornò ad immerersi nei suoi pensieri. Vi emerse nuovamente solo quando alla radio udì dei versi a lui familiari.


"Leave the sleep and let the springtime talk
in tongues from the time before man
listen to a daffodil tell her tale
Let the guest in, walk out, be the first to greet the morn
The meadows of heaven await harvest
the cliffs unjumped cold waters untouched
The elsewhere creatures yet unseen
Finally your number came up

Free fall awaits the brave..."

Il ragazzo si fermò. Afferrò un pezzo pastelloso del salmone e se lo mise in bocca, gustandolo ad occhi chiusi, cullandosi su quel suono e quelle parole, sorridendo come se in quell'istante non esistesse null'altro.

"Devessere questo quello che si prova quando si torna a volare dopo molto tempo. Come le fenici."

Il ragazzo aprì gli occhi e si voltò verso la sua solita priezione mentale.

- Come noi, dici ?

La ragazza scosse in assenso la testa, facendo muovere i suoi capelli del medesimo colore del piumaggio di quell'uccello incantato.

"Sia tu che io siamo fenici. E tu lo sai. Abbiamo bisogno, anche se in modi diversi, di soffrire un po', di morire, prima di tornare a librarci in volo. Solo che io sono abituata, tu invece, ti sei rifiutato di morire troppo a lungo e ora, la tua rinacita richiederà più tempo."

- Fa ridere che io stia pure bevendo una birra che l'abbia come effige. Mi spieghi una cosa ? Perchè nonostante il male che ci siamo fatti, anche quando mi stavi lasciando, mi spingevi a credere in me ? Perché ? -


La ragazza non rispose. Si limitò a sorridere e guardare verso il cielo, agitando i piedi come una bambina che sogna di poter volare, disolvendosi lentamente. Il ragazzo tornò a guardare i suoi fogli. Nonostante la canzone fosse finita, sentiva ancora il suo testo e la sua melodia dentro di sé.

"Impeto... Quello che ora mi servirebbe per risollevarmi da queste ceneri. Dalle mie. Le ceneri di una fenice. Già... Le Ceneri di una, nonono. Della Fenice !"


Rapido riprese a far scivolare la penna lungo la carta, sorridendo. Nuovamente il mondo si dissolse attorno a lui, mentre le immagini di quelle parole si materializzavano attorno a lui, vivide. Stava esplorando uno dei suoi molti mondi, come se vi volasse sopra. Come avrebbe voluto fare, appena si sarebbe rialzato dalle sue ceneri...

"Men, slowly walk in the snow
Light of the day is not yet come
And fire of will and fantasy
It's only a dream as a little bird in the nest.
Ride Time, let me see, let me live
Let me explore the world from the sky
Where no one was be yet..."
   
 
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