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Autore: Eilan21    22/02/2015    7 recensioni
Una bambina. Solo una bambina minuta e dall'aspetto insignificante. E agli occhi di chi non la conosceva a fondo, Gunhild sarebbe potuta apparire perfino una bambina beneducata e rispettosa; ma chi le era vicino sapeva bene che sotto la sua pelle infuriava un fuoco pronto ad eruttare come un fiume di lava in piena, impossibile da prevedere o frenare. Era la maledizione del sangue vichingo, era il dono che sua nonna Gytha le aveva portato in eredità.
Lei è la figlia dell'ultimo re Sassone Harold, lui è un Normanno, il suo peggior nemico. Gunhild dovrà trovare un compromesso tra la lealtà e il cuore.
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Medioevo
Capitoli:
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Maggio 1064

Winchester Castle, Wessex, Inghilterra

 

Gunhild aveva sempre odiato la prospettiva di essere debole. Non voleva essere come sua madre, sempre lì a struggersi per un uomo che era via sei mesi l'anno e, quando ritornava, portava con sé storie di guerra e di morte, la spada insanguinata in un mano, lo scudo nell’altra. Era per questo che fin dalla più tenera età aveva cominciato a disertare le lezioni di buone maniere e di musica dell'istitutrice, e a sgattaiolare nel cortile del castello per osservare di nascosto le lezioni che i suoi fratelli maggiori prendevano dal maestro d'armi. I primi tempi era così piccola e minuta che, standosene acquattata dietro un mucchio di scudi o un carro di fieno, nessuno l'aveva notata e aveva potuto assistere a diverse lezioni indisturbata.

Ma l'istitutrice era infine andata a lamentarsi con la Contessa Edith, e sua madre aveva reagito ordinando alla sua balia di sorvegliarla da vicino per assicurarsi che prendesse parte alle lezioni femminili. Allora Gunhild era andata a chiedere aiuto a sua nonna, e la Contessa Vedova aveva interceduto personalmente presso la nuora perché Gunhild potesse seguire la sua vera vocazione. Così si era giunti ad un compromesso: dopo che aveva eseguito diligentemente tutti i compiti assegnati dall'istitutrice Gunhild poteva andare a seguire la lezione di tiro con l'arco.

Gunhild ci si era talmente appassionata, e aveva talmente tanto talento, che il maestro d'armi lo aveva personalmente segnalato al Conte Harold.

La bambina ricordava con timore reverenziale il giorno in cui, all'età di sette anni, suo padre, grande e terribile, quel padre che a volte le incuteva quasi timore, l'aveva chiamata nel suo studio privato per farle i complimenti. Harold le aveva fatto una carezza sui capelli e l'aveva esortata a coltivare il suo dono, senza però dimenticare i suoi doveri di donna.

“S-sì padre”, aveva balbettato Gunhild, con le guance in fiamme, per poi essere portata via dalla balia.

 

All'età di nove anni Gunhild sarebbe stata in grado di battere molti arcieri professionisti, se solo li avesse potuti sfidare in una competizione. Non avrebbe mai rinunciato alle sue lezioni.

“Non capirò mai cosa tu ci trovi di interessante!”, commentò un giorno Gytha scuotendo il capo, lo sguardo fisso sul ricamo che stava finendo. Gunhild aveva appena terminato il suo lavoro e stava già per scendere in cortile alla sua lezione di tiro con l'arco.

Alzò il mento altezzosamente, e non degnò la sorella di una risposta. Voleva molto bene a sua sorella, erano molto unite, ma avevano caratteri diversi. Gytha era l'orgoglio della loro madre, la vera immagine di una dama, ed era chiaro a tutti che avrebbe presto fatto un buonissimo matrimonio. Gunhild invece era la pupilla della loro nonna, che rivedeva in lei il proprio retaggio vichingo. C'era solo una cosa che a Gunhild interessasse quanto il suo arco: l'amore per la conoscenza. Amava la letteratura, il latino, la poesia e seguiva attentissima le lezioni del pedagogo di casa. Padre Leofric era fiero della sua piccola allieva, che a differenza della sorella maggiore e di tutti i fratelli maschi messi insieme, divorava un libro dopo l'altro e parlava il latino meglio di Cicerone. Tuttavia sapeva che tutta quell'intelligenza e quell'istruzione sarebbero andate perse quando la bambina si fosse sposata. L'unico modo perché una donna potesse continuare il percorso di studi e mettere a frutto le proprie abilità, sarebbe stato entrare in convento e prendere il velo.

 

“Nostro padre ti farà frustare!”, sibilò Gunhild all'indirizzo del fratello maggiore. La risposta di Magnus fu una risata spavalda. Continuò a camminare a passo deciso verso le stalle, mentre Gunhild gli andava dietro con passo saltellante.

“Sai bene che non hai il permesso di cavalcare uno stallone. Sei troppo piccolo!”

Magnus si bloccò e si girò a squadrarla dall'alto dei suoi tredici anni. Non la degnò nemmeno di una risposta, mosse semplicemente le labbra in un borbottio di sufficienza.

“E va bene, fai come vuoi!”, gridò Gunhild frustrata.

“Certo che faccio come voglio!”, gridò Magnus di rimando. E poi dandole una leggera spinta per scostarla si diresse verso il cavallo di Harold, un magnifico stallone color crema.

“No, non quello di nostro padre!” mormorò Gunhild inorridita.

Ma Magnus non la stava più a sentire e, aiutandosi con uno sgabello, salì in groppa all'animale.

Afferrò le briglie e diede tentativamente di sperone. Il cavallo partì al passo e Magnus lo guidò fuori dalle stalle. Fece un paio di giri del cortile, poi si girò verso Gunhild con aria trionfante, pronto a stuzzicarla di nuovo. Ma Gunhild era rimasta impietrita, perché in quel momento un gruppo di oche che dovevano essere sfuggite al guardiano attraversarono il cortile starnazzando, proprio davanti agli zoccoli del cavallo. L'animale si imbizzarrì e Magnus, che non era pronto a reggersi, cadde sulle pietre del cortile.

“Magnus!”, gridò Gunhild correndo verso il fratello. Per fortuna in quel momento arrivarono anche il guardiano delle oche e uno stalliere, che calmò lo stallone e lo allontanò da Magnus. Poi sia lui che Gunhild si chinarono sul ragazzino. Per fortuna Magnus sembrava cosciente e si rialzò quasi subito.

“State bene milord?”, chiese l'uomo preoccupato.

Magnus fece un sorrisetto forzato, cercando di nascondere il dolore alla testa che l’urto gli aveva procurato. Aveva anche il capogiro, ma per nulla al mondo se lo sarebbe lasciato sfuggire di fronte alla sorella minore. “Sto bene. Mi ci vuole altro che un cavalluccio per procurarmi danni!”

Lo stalliere sembrava arrabbiato e aveva tanto l'aria di voler raccontare tutto al conte, ma aveva anche paura di venire punito per aver lasciato i cavalli incustoditi. “Non dirò nulla a vostro padre, ma voi dovete promettermi di non fare mai più una cosa del genere. Potevate restare ucciso!”

Magnus corse via senza rispondere. Gunhild scosse la testa e gli gridò dietro. “Mi preoccuperò io stessa di dirlo a nostra madre Magnus! E nostro padre ti farà frustare!”

 

Il giorno seguente Gunhild si stava allenando sodo in cortile, concentrata sul bersaglio di paglia che le stava di fronte. Scagliava una freccia dopo l'altra con precisione e determinazione. Piccole gocce di sudore le imperlavano la fronte. Poco più in là poteva udire distrattamente i gemelli che si allenavano con il loro maestro d'armi. Sentiva la voce tonante del maestro, e le risposte concise di Edmund e Godwin a turno. Ma qualcosa stonava. Mancava qualcosa, anche se Gunhild, concentrata sul bersaglio, non era in grado di rifletterci sopra. Ma sentiva che c'era qualcosa di dissonante. Quella sensazione le faceva pizzicare la pelle e tentava di portare via la sua attenzione dal bersaglio, finché infastidita la bambina si voltò verso quel lato del cortile.

Con aria irritata fissò i suoi fratelli e il maestro d'armi, poi di nuovo i fratelli. Come se contasse tra sé e sé, Gunhild fece vagare lo sguardo dall'uno all'altro. Poi un campanello le squillò nella testa: dov'era Magnus? Perché non era presente alla lezione? Di solito non ne mancava una. Alzò le spalle e accantonò il pensiero in un angolino della sua mente.

Se ne ricordò durante il pasto di mezzogiorno, che consumò insieme a sua sorella e alla balia nelle loro stanze. Stava per addentare un pezzo di coniglio, quando alzò lo sguardo sulla balia e chiese: “Balia, dov'è Magnus? Oggi non l'ho visto a lezione.”

La donna si sporse a guardare sia Gunhild che Gytha. “Non lo avete saputo?”, sussurrò costernata.

“Cosa?”, balzò su immediatamente Gytha.

“Vostro fratello è a letto, malato. Mi dispiace, bambine”, concluse la donna, scuotendo il capo.

“Dobbiamo andare subito da lui”, esclamò Gytha con decisione, prendendo Gunhild per mano. Insieme uscirono in corridoio e volarono verso la camera di Magnus.

Quando entrarono, la stanza era in penombra. I servitori e perfino le dame di Edith si muovevano con passo furtivo. La Contessa era seduta al capezzale del figlio, stringendogli una mano fra le sue. Alzò lo sguardo quando vide entrare le figlie, e aveva gli occhi lucidi. Gunhild e Gytha le furono subito accanto ed Edith le abbracciò entrambe.

Gunhild lanciò uno sguardo a Magnus, che giaceva immobile sotto le coltri, il respiro affannoso, gli occhi cerchiati di scuro.

“Cos'è accaduto, madre?”, chiese infine Gytha dopo aver guardato il fratello per una manciata di secondi.

Edith si asciugò gli occhi e, alzandosi, fece cenno alle figlie di fare altrettanto. Poi le guidò nella stanza accanto, ordinando alle cameriere di non lasciare mai Magnus da solo, neanche per un attimo, e di avvertirla se si fosse verificato qualsiasi cambiamento.

Una volta che ebbe chiuso la porta alle sue spalle, Edith spiegò: “Ricordate quella caduta da cavallo che ha fatto ieri, quando ha preso dalle stalle quello stallone che non avrebbe dovuto montare?”

Gunhild e Gytha annuirono all'unisono.

“Ma sembrava stesse bene!”, aggiunse Gytha immediatamente. “Si è rialzato subito e ne ha riso.”

“Sì, e vostro padre gli ha fatto anche una bella ramanzina”, continuò Edith. “Ma stamane ha cominciato ad accusare capogiri, ha rimesso la colazione ed ora ha anche perso conoscenza. Il cerusico ha detto che potrebbe avere un'emorragia interna, ma non è riuscito a capire dove sia. Ha detto che crede sia in testa...” Edith concluse con voce tremante, le spalle che le si accasciavano.

Gytha l'abbracciò. “Non ci resta che aspettare e pregare, madre”, disse.

 

I funerali di Magnus si tennero nella Cattedrale di Winchester, all'alba di un giorno nebbioso. Magnus non aveva mai ripreso conoscenza prima di morire. Gunhild si era sentita in colpa per la prima volta nella sua breve vita. Non era mai andata d'accordo con Magnus, ma lui era comunque suo fratello e lei gli voleva bene. Si sentiva in colpa perché forse lui era morto senza saperlo, credendo di essere odiato dalla sorella minore. Gunhild aveva provato a dirglielo il giorno prima che morisse, ma lui non era mai uscito dal suo stato di incoscienza, e la bambina non poteva sapere se l'avesse sentita o no. Poi aveva dovuto farsi da parte, perché padre Leofric era venuto a somministrare i sacramenti a Magnus.

Lo aveva chiesto la sera del funerale, a sua sorella Gytha, mentre erano intente alla toeletta serale nelle loro stanze.

“Gytha, credi che Magnus sapesse che gli volevo bene?”

Sua sorella era seduta davanti allo specchio, intenta a pettinarsi meccanicamente la lunga chioma. Quando si girò verso Gunhild, aveva gli occhi lucidi, ma ingoiò le lacrime.

“Certo che lo sapeva, sciocchina”, l'apostrofò come suo solito.

“Ma noi litigavamo sempre. Non credo di avergli mai detto una parola gentile, né lui a me”, protestò Gunhild con la sua logica infantile.

“Ti voleva bene, credimi”, replicò Gytha con dolcezza.

Gunhild sentì qualcosa che le si gonfiava nel petto, divenendo sempre più opprimente, finché le lacrime finalmente vennero. La bambina corse in avanti e abbracciò la sorella con tanta foga da farle quasi perdere l'equilibrio.

“Ehi!”, protestò Gytha, colta di sorpresa. Ma poi abbracciò la sorellina di rimando.

“Ti voglio bene, Gytha”, disse Gunhild. “Lo ricorderai se mai dovessimo essere separate?”

“Certo che lo ricorderò. Ma non saremo mai separate, sciocchina... perché dovremmo?”






Angolo autrice: Ecco il secondo capitolo, mi dispiace che non sia dei più allegri, ma purtroppo ci tocca anche questa! :( Se può consolare però, nel prossimo ci saranno avvenimenti sicuramente più positivi. Grazie a tutti quelli che hanno letto, e a chi ha lasciato o lascerà una recensione.

 

 

 

 

 

   
 
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