Dopo questa cena di famiglia…

- Certo rivanghiamo il passato- lo sbatté al muro ruotando con agilità il suo corpo. Si pulì con il dorso della mano il segno perfetto che le era stato nuovamente inciso riaprendo vecchie pagine di ricordi. Non era nemmeno riuscita a provare dolore perché la rabbia era stata ancora più forte.
- Ma sta volta facciamo a modo mio - lo prese per il colletto sollevandolo da terra. Lui sorrise come sempre. Il suo solito sorrisino.
- Hai davvero intenzione di uccidermi?-
- A che servirebbe se anche da morto mi daresti problemi?- sputò aggressiva. Il campanello che suonava la ridestò da pensieri assassini. Lasciò la maglia del senpai spalancando la porta con un certo fremito nelle mani, chiunque fosse aveva scelto il momento sbagliato.
- SORELLONA!- fu investita da due furie more e dovette cedere alla tentazione di coccolare le loro testoline scure. Non riusciva a non adorarle nonostante fossero sorelle di quello schifo umano.
- Mairu, Kururi … cosa ci fate qua di già?- domandò l’uomo abbassandosi all’altezza della kohai e delle ragazzine. Le due gemelle non gli rivolgevano nemmeno lo sguardo da quanto erano impegnate a costatare che quella era davvero la loro adorata sorellona, le palparono ogni parte del corpo per capire se veramente era lei.
Il maggiore sospirò, poi con un ghigno passò il braccio attorno alle spalle di Sumiko.
- Contente? Alla fine il vostro fratellone ha convinto la sorellona Sumiko a rimanere da lui per cena!-
- Tu… tu lo sapevi?!- ringhiò la donna cercando di liberarsi dalla presa appiccicosa delle due ragazzine.

- Quindi state assieme?- sentenziò sistemandosi gli occhiali sul naso dopo aver appoggiato la forchetta sul piatto.
- Ho detto che noi.non.stiamo.assieme.Mairu - sibilò scandendo bene le parole. Talmente presa dalla frase che era rischiava di rompere il piatto col coltello.
- Allora perché se qua?- chiese incredula l’altra. Aoki sbatté violentemente la testa contro il tavolo con rassegnazione infinita.
- Perché quell’essere mi ha obbligata -
- In realtà non ho detto nulla - fece spallucce portando il bicchiere alle labbra.
- … ho perso le chiavi - ammise lei evitando di dare l’impressione di voler sprofondare alla risata della famiglia Orihara. Uno era un incubo, tre erano addirittura una catastrofe madornale! Voleva sparire…
- Tieni - le porse la copia.
- Quante cavolo di copie hai?- domandò presagendo il peggio.
- Chi lo sa?- sospirò spensierato facendo venire il tic all’occhio alla sua adorata kohai intenta a reprimere gli istinti omicidi.
- Bene, si è fatto tardi … vado, domani devo segare i miei studenti uno ad uno, se non mi dicono qualcosa di decente li ammazzo dal primo all’ultimo - sbuffò dirigendosi verso la porta dopo aver accarezzato la testa di entrambe le more che ricambiarono insistendo per darle un bacio sulla guancia. Il maggiore fece per avvicinarsi imitandole.
- Se ti avvicini giuro che non vedi la luce del giorno hai capito?-
- Almeno lascia che ti accompagni - insistette infilandosi il cappotto.
- Siamo ad un piano di differenza, cosa vuoi che succeda?- si grattò la testa irritata infilandosi le scarpe, afferrando la borsa.
- Magari ci sono dei malintenzionati- suppose mettendole una mano sulla spalla, facendole cenno di uscire.
- L’unico malintenzionato sei tu - rettificò la mora.
Mairu e Kururi salutarono i due andandosene per la loro strada, saltellando allegramente come in un campo fiorito. Da quanto tempo Sumiko non percepiva la stessa libertà di quelle due? Dal festival? No… era ben prima già da quando, ignara di tutto, aveva per puro errore conosciuto Izaya Orihara.
- Senti Oriha…- lui la bloccò con un solo dito alzato e il solito ghigno compiaciuto.
- Prima chiamami per nome, poi potrei anche decidere di ascoltarti- ridacchiò precedendola con un solo passo.
- D’accordo signor Izaya…- si fermò un secondo a contemplare quel nome che non era mai riuscita a pronunciare in circostanze normali, lei non era una tipa formale quindi chiamava molto spesso la gente per nome senza aggiungere suffissi cortesi, ma lui, che tanto detestava, nella sua mente era semplicemente Orihara, nient’altro.
- Va molto meglio, ora ti concedo di proferire la tua domanda, sappi che - si avvicinò portando il suo viso a qualche centimetro dalla donna tramutando la sua voce da canzonatoria a sensuale e provocatoria - la risposta è sempre sì-
- Sfortunatamente non è una “Yes/No question” quindi mettitela via che non ti chiederò cose che tu potresti liberamente fraintendere, è un quiz che ha una sola domanda a risposta aperta…- fece una pausa per inumidirsi le labbra, era piuttosto nervosa però darlo a vedere sarebbe stato un autentico suicidio - risponderai lo stesso?-
Il moro annuì senza alcun segno di timore, cosa mai avrebbe potuto chiedergli?
- Perché lo hai fatto?- era stata secca, decisa, precisa, fredda, seria, sicura e spaventata. Vide per la prima volta una crepa in quel ghigno, un qualcosa di falso che le fece perdere i battiti, cosa gli prendeva?
- Tu mi chiedi il perché?- si lasciò sfuggire uno sbuffo rovesciandosi successivamente in una risata canzonatoria che pur tuttavia aveva della bugia - La risposta è semplice -
Lo aveva sentito tante volte quel tono, era quando lui non stava bene, quando sapeva di essere stato messo alle strette e si chiudeva a riccio ferendo con i suoi aculei aguzzi la candida pelle della sicurezza altrui, delle altrui paure che venivano liberate e messe a nudo cosicché egli potesse schiacciarle con un solo movimento semplice e delicato. Se c’era una cosa in cui Izaya era davvero bravo era fare del male, sia fisicamente che psicologicamente. Sapeva trovare tutti i modi per farti sentire allo stesso modo in cui in quel momento si sentiva lui e la cosa tormentava la mente della giovane come una zanzara che ha trovato la carne scoperta sotto l’armatura ed è pronta a succhiare il sangue.
- Perché ti voglio-
Quelle tre parole le si conficcarono una ad una nel cuore costringendola ad indietreggiare, stava tremando, stava sudando, si piantava le unghie nella pelle della mano per sentire se quello era un incubo.
La luna le bagnava il viso, era il ritratto del terrore e l’uomo la trovava semplicemente adorabile, era una specie di coniglietto ferito che tremava di freddo, ci avrebbe pensato lui a curarlo e poi se lo sarebbe mangiato lentamente affinché gli sforzi di curarlo non fossero stati vani. Quel coniglietto doveva essere buono e sano altrimenti non avrebbe avuto senso portarlo a casa e nutrirlo, no?

ANGOLO DI ZOICHI:
Dandandaaaaaaaaaaan! Sono tornata alla carica dopo un secolo, tremate PLEBEI che aggiornano ogni giorno MUAHAHAH!! Ahem… vedo che siete arrivati fin qui eh? Beh grazie infinite u.u ma potreste anche farvi sentire in campo recensione ogni tanto… state facendo lavorare Sufycchi xD ! Vorrei anche ringraziare alcune persone che bacerei per quello che hanno fatto(scherzo ragazzi eh!xD):
Juke Box e Tsukomo per aver messo la storia tra le preferite;
Mangaeater per le ricordate;
bellatrixchick e Sufycchi per le seguite …
Cioè grazie!!!!!!!!!!!!