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Autore: Bijouttina    24/02/2015    12 recensioni
Un biglietto da visita, una scommessa con gli amici e una piscina basterebbero a capire il significato della storia.
La gelosia e la dolcezza in persona, Marco e Serena.
Marco è un rappresentante e affascinante pallanuotista, Serena una dolce e sensuale commessa in un outlet.
Una storia frizzante e divertente, con personaggi molto particolari che vi conquisteranno.
***
« Ora la mia missione è conquistarla e farla innamorare di me.», mi sento bello deciso e carico.
«E se ci riuscissi? Poi che cosa faresti? Tu non resisteresti neanche due minuti in una relazione stabile. Facciamo una nuova scommessa. Tu la porterai in villa dai tuoi, la farai conoscere ai coniugi Rossini, se non scapperà, vorrà dire che è davvero innamorata di te, e se questo succedesse, tu le farai la proposta.».
«Sei per caso impazzito?».
Che cosa ha bevuto?! Che cosa si è fumato?!
«No, affatto. Se tu la porterai da loro, vorrà dire che sarai innamorato di lei, non lo faresti altrimenti. E se sarai innamorato di lei, metterai la testa a posto. Per la gioia della tua mammina. Che ne pensi? Ti va di rischiare?».
Ho voglia di farlo? Non molta, ma non mi tiro mai indietro.
Genere: Commedia, Erotico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La serie del rischio'
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28. Capodanno da favola
«Si può sapere dove vuoi portarmi stasera?».
Serena mi sta dando il tormento da giorni ormai, da quando le ho detto che avremmo passato un ultimo dell’anno solo noi due e che avevo in programma qualcosa di speciale. Non le avrei dovuto dire niente per non alimentare la sua curiosità patologica, ma gli amici ci avevano chiesto se festeggiavamo tutti insieme e io ho dovuto spifferare che avevo altri programmi per questa sera. Lei, ovviamente, continua ad indagare senza ritegno, buttandomi ogni tanto qualche domandina all’apparenza insignificante, ma che non lo è affatto. Non mi frega. Le ho solo detto di mettere qualche vestito caldo in un piccolo trolley e uno elegante per stasera. Fra poco scoprirà dove siamo diretti, deve avere soltanto un po’ di pazienza.
«Non te lo dico», rispondo lisciandomi il cappotto elegante che ho indossato per questa occasione speciale.
Fuori sta nevicando, qualche fiocco qua e là, ma è sempre comunque neve. Io amo la neve, se devo stare in casa tutto il giorno davanti al caminetto acceso. Se devo viaggiare in macchina, invece, ne farei volentieri a meno. Mi sono fatto prestare il quattro per quattro di mio padre, con quello posso andare ovunque. Non che dobbiamo andare chissà dove, ma è meglio essere prudenti. Non mi va di rischiare per strada, visto che la serata non promette una temperatura gradevole.
«Sei crudele», mugugna allacciandosi al collo il ciondolo che le ho regalato a Natale.
Per l’occasione ha indossato un vestito nero molto elegante che fascia il suo corpo alla perfezione e mette in risalto le sue curve mozzafiato. Si è raccolta i capelli in un elegante chignon, lasciando ricadere due riccioli lungo il suo viso. Non riesco a credere che questa donna meravigliosa sia mia. La aiuto a indossare il suo cappotto, anch’esso nero e le lego al collo la sciarpa rosa regalata dalle mie sorelle. Mi incanto a guardarla e lei mi sorride radiosa.
«Io sarò anche crudele, ma tu sei di una bellezza unica». Lo dico in un sussurro e le sue guance si arroventano in un attimo. È così tenera quando arrossisce e lo fa spesso, nonostante i mesi passati insieme. Sfioro le sue labbra con le mie, lievemente per non toglierle il rossetto, non voglio rovinarle il trucco dopo tutto il tempo che ha impiegato per farsi bella per me. Non ne avrebbe bisogno, ma ora con quelle labbra così rosse, i suoi grandi occhi verdi messi in risalto dall’ombretto, la matita e il mascara, è ancora più bella.
«Ho dimenticato i guanti in camera, torno subito». Mi allontano con una scusa per recuperare una scatolina importante. Sposto il quadro sopra la sedia in camera nostra e apro la piccola cassaforte. Recupero al volo l’oggetto incriminato e rimetto tutto a posto. Ripongo l’anello nella tasca del cappotto e torno da lei. Sta indossando i guanti di lana e si sistema la borsa sulla spalla.
«Hai dimenticato ancora qualcosa?», chiede regalandomi un sorrisetto divertito.
«No, ho tutto. Almeno credo. Se mi fossi dimenticato qualcosa, ne farò a meno. Andiamo, amore». Le metto una mano sulla schiena e la accompagno fuori, chiudendoci la porta alle spalle. Saliamo in macchina e partiamo verso la nostra destinazione segreta.
«Non mi vuoi proprio dire quello che hai in mente, vero?». Non si dà per vinta e continua a torturarmi anche ora che siamo in viaggio.
Alza il riscaldamento al massimo e si stringe nel cappotto. Non so come faccia a stare con questa temperatura tropicale, mi sembra di soffocare.
«Assolutamente no. Come fai a respirare con tutto questo calore che esce dai bocchettoni?». Guardo attentamente la strada. Sono le cinque di sera e ormai fa già buio. La neve continua a cadere lenta e soffice, attaccandosi sul terreno ghiacciato. Fortunatamente lo spargisale è già passato, assieme allo spazzaneve, e le strade sono abbastanza pulite.
«Fa un freddo del diavolo! La temperatura dovrebbe essere ancora più alta!», brontola lei.
«Ah beh, se è del diavolo dovrebbe essere sicuramente una temperatura infernale», commento io scoppiando a ridere.
Lei mi guarda e sbuffa sonoramente. «Non sei poi così spiritoso, Shark. Credo di avertelo già detto altre volte, ma a quanto pare non lo hai ancora capito», bofonchia e poi riprende il discorso precedente. «Quanti gradi ci sono fuori?».
Si allunga per guardare sul cruscotto e legge ad alta voce: «Meno due? Oh mamma, per forza ho freddo perfino dentro le ossa».
Rabbrividisce e a me viene da ridere. Io sto sudando qua dentro e mi viene la tentazione di abbassare il finestrino per tornare ad una temperatura normale. Ho paura che se lo facessi, mi prenderebbe a calci.
«La cosa che mi preoccupa di più è l’escursione termica. Meno due fuori, quaranta dentro l’abitacolo di questa auto!».
«Quaranta? Tu sei fuori! Ce ne saranno al massimo dieci, ma a far tanto», borbotta incrociando le braccia al petto.
«Sì, certo, l’importante è che tu ci creda». Imbocco l’autostrada in direzione Verona e proseguo il viaggio osservando di tanto in tanto la mia donna imbronciata al mio fianco. Le prendo la mano e me la porto alla bocca.
«Sei bellissima anche quando fai lo scontrosa, perciò puoi anche smettere perché non ho alcuna intenzione di abbandonarti lungo la strada. So che lo stai facendo per liberarti di me, ma non ce la farai mai». La prendo in giro dandogli un buffetto sulla guancia.
«Sei davvero un idiota, ma il problema è che ti amo talmente tanto che farò finta di non aver sentito», mugugna dandomi uno piccolo scappellotto.
«Ha ragione tuo fratello quando dice che sei manesca e io che ho provato in ogni modo a difenderti». Scuoto la testa.
Percorriamo il resto del tragitto prendendoci in giro e ridendo come dei pazzi, il tempo passa più velocemente in questo modo. Un’ora e mezzo dopo siamo arrivati. Serena osserva a bocca aperta il luogo dove soggiorneremo le prossime due notti: il castello di Bevilacqua.
«Noi». Lo indica con l’indice, protendendo il braccio in quella direzione.
«Noi dormiremo in questo castello del trecento e saluteremo il nuovo anno tra queste mura», le spiego baciandole la tempia. «Spero che la sorpresa sia riuscita».
Lei si volta verso di me e lo stupore non ha ancora abbandonato il suo viso. «Io, io non so che dire. Riesci sempre a sorprendermi».
Mi bacia con ardore, togliendomi il respiro. «Grazie».  
«È un piacere», dico un attimo prima di riprendere a baciarla, mandando a monte l’idea di non rovinarle il trucco. Credo di aver divorato buona parte del suo rossetto, non ho potuto farne a meno.
Dopo una sessione di baci poco casti, prendiamo le nostre cose e raggiungiamo la reception. Serena si guarda intorno con gli occhi sgranati, ammirando la bellezza di questo posto incredibile. Ero già venuto qui, volevo fare un sopraluogo e ho prenotato queste due notti. Se avessi aspettato ancora un po’, non ci sarebbe stato più un posto libero e il mio piano sarebbe andato a monte.
Ci accompagnano nella nostra stanza e veniamo avvertiti che il veglione di Capodanno sarebbe iniziato alle nove. Una volta soli, ispezioniamo la stanza: è enorme, con un letto a baldacchino. La cosa che attira maggiormente la mia attenzione è la vasca idromassaggio nel bagno, ci sono dei petali di rosa ovunque e rendono l’atmosfera davvero romantica. Ho fatto mettere dei mazzi di rose rosse ovunque. Voglio che questa serata sia indimenticabile e che non possa mai dimenticarla.
«È tutto perfetto, amore. Sembra di essere dentro a una favola, mi sembra di sognare», commenta con il naso all’insù mentre osserva il soffitto affrescato.
«Fai finta di essere una principessa finché saremo qui, la mia principessa». La scatolina all’interno della mia tasca sembra pesare una tonnellata, ma non è questo il momento di tirarla fuori. Voglio aspettare ancora qualche ora, devo trovare il momento perfetto.
«Non sarà difficile con un principe come te al mio fianco». Allaccia le braccia intorno al mio collo e si stringe a me, baciandomi le labbra.
Si stacca da me e passa una mano sulla trapunta decorata finemente. «Ci stai su questo letto? Mi sembra un po’ corto. Vabbè che nel trecento gli uomini erano leggermente più bassi».
«Vorrà dire che mi raggomitolerò accanto a te, staremo anche più caldi, visto che qualcuno qui ha sempre freddo. Fossimo al Polo Nord potrei capirlo, ma -». Mi raggiunge a passo spedito e mi ficca la lingua in bocca per zittirmi.
«Smettila di prendermi in giro», bofonchia con le labbra premute sulle mie.
«Okay», balbetto frastornato.
«Penso che sia ora di scendere». Mi informa lei facendo scivolare la sua mano nella mia, le dita si intrecciano automaticamente.
«Sì, lo credo anch’io». Confermo baciandole la tempia e inebriandomi del suo profumo.
Raggiungiamo la grande sala preparata per l’occasione. Serena continua a guardarsi in giro con gli occhi sgranati, come se non avesse mai visto nulla di simile. Mi ritrovo a sorridere, osservandola con la coda dell’occhio, e mi convinco di aver scelto il posto giusto per farle la mia proposta. Questo castello sprizza romanticismo da ogni angolo.
Ci accompagnano al nostro tavolo e ci accomodiamo uno di fronte all’altra.
«Sei felice di essere qui, o avresti preferito essere con i nostri amici?». Azzardo muovendo nervosamente le gambe sotto al tavolo. Ogni tanto la mia sicurezza va a farsi un giro, abbandonandomi da solo e facendomi fare la figura dell’imbecille. Se fino a un attimo fa ero convinto della perfezione di questo castello, ora i dubbi cominciano ad assalirmi. Ho paura di aver esagerato e, se lo avessi fatto, mi mangerei le mani. Non vorrei mai mettere a disagio la mia donna.
«Sono felice, amore. È tutto così affascinante». Alza lo sguardo verso il soffitto e rimane con la bocca aperta. «Non sono mai stata all’interno di un castello prima d’ora ed è tutto perfetto. I nostri amici possiamo vederli tutte le volte che vogliamo e poi non sono mai stata un’amante dei grandi festeggiamenti per la notte di San Silvestro. Stare da sola con te per me è stupendo».
Mi rilasso sensibilmente dopo le sue parole, è riuscita a rassicurarmi con il suo splendido sorriso. Poso una mano sulla sua e ne accarezzo il dorso. L’ansia comincia a impadronirsi di me e lo stomaco si chiude. E se facessi la figura del cretino mettendomi in ginocchio davanti a lei? Se rifiutasse? Avevo smesso di pensare a queste cose, ma più il momento fatidico si avvicina, più divento nervoso. Comincio a sudare freddo. Fingo sicurezza e continuo a parlare con lei come se niente fosse, ma dentro di me sto urlando e mi sto agitando come un forsennato. Sono sempre stato piuttosto sicuro di me, ma in questo momento non scommetterei nemmeno un centesimo sul sottoscritto. Faccio fuori un bicchiere di vino in brevissimo tempo. Forse se mi intontisco con l’alcol, avrò più possibilità di non impazzire.
«C’è qualcosa che non va?», chiede lei accigliandosi.
«No, perché?». Le regalo un sorriso tirato e continuo a muovermi come tarantolato. Mi sembra che il peso della scatolina nella mia tasca sia aumentato, nonostante abbia sfilato il cappotto. Infilo una mano per controllare che si trovi ancora lì e mi tranquillizzo un po’. Ci mancherebbe anche che me lo portassero via!
«Non lo so, mi sembri strano. Non è che ti stai prendendo l’influenza?». La sua mano finisce sulla mia fronte, controllandomi la temperatura. «No, sei bello fresco. Non farmi preoccupare».
Farla preoccupare è l’ultima cosa che vorrei, devo per forza darmi una calmata!
«Scusami, vado un attimo al bagno», le dico alzandomi di scatto dalla sedia.
Raggiungo la mia destinazione a grandi falcate ed entro borbottando da solo come un pazzo. Poso entrambe le mani sul lavandino e butto fuori un po’ per volta l’aria che ho incamerato nelle guance. Faccio scorrere l’acqua e riempio le mani, bagnandomi il viso. L’acqua gelata potrebbe farmi rinsavire. Mi guardo allo specchio e mi schiaffeggio da solo.
Ripigliati, cazzo! Devi solo chiederle di sposarti, non devi mica disinnescare una bomba!
Fosse facile!
Un uomo appare alle mie spalle, lo vedo attraverso il riflesso dello specchio.
«Tutto bene?», chiede lui lavandosi le mani poco più in là.
«Abbastanza», rispondo in un sospiro.
«C’è qualcosa che non va?». Lui è gentile, per carità, ma non può andare a farsi un giro da un’altra parte così posso continuare a prendermi a parole e a schiaffi da solo? Ne ho tutto il diritto!
Invece di cacciarlo, mi ritrovo a sfogare con lui le mie ansie.
«Devo chiedere alla mia compagna di sposarmi e me la sto facendo sotto», ammetto sconfitto. Devo sembrare così patetico in questo momento.
«Auguri!», commenta lui sarcastico scoppiando in una risata amara. «Io ho portato mia moglie qui per festeggiare il nostro ventesimo anniversario di matrimonio e da quando siamo arrivati non fa altro che lamentarsi di ogni santissima cosa. Se tornassi indietro non mi sposerei più, questo è certo!».
Bene, ora mi sento decisamente meglio! Ma chi me l’ha fatto fare a sfogarmi con uno perfetto sconosciuto, che non sopporta la moglie per giunta!
«Allora perché si è sposato? Se non sono troppo indiscreto». Ho il diritto ora di sapere.
«È stata lei ad insistere e io non ho saputo dire di no. Sai, era davvero una bella ragazza all’epoca e io ero pazzo di lei. Poi con il tempo lei ha preso trenta chili, è diventata identica a sua madre e non fa altro che brontolare dalla mattina alla sera». La sua espressione disgustata mi fa impressione. Davvero si diventa così dopo tanti anni di matrimonio? I miei non sono mai arrivati a questo punto e sono sposati da molto più tempo di loro. Ho come l’impressione di aver chiesto consiglio alla persona sbagliata.
Sento tirare lo sciacquone e, un attimo dopo, un uomo sulla sessantina fa la sua apparizione accanto a me. Mi scosto per lasciargli il lavandino e lui mi ringrazia con un sorriso.
«Lascia perdere, non ti sposare», ripete ancora una volta il pazzo prima di uscire.
Mi ritrovo a fissare la porta che sbatte alle sue spalle, le sue parole riempiono ancora il grande bagno. Se diventassi come lui, vorrei essere soppresso prima. Dovrò scriverlo nel mio testamento.
«Non badare a quello che ha detto quel tipo. Non sa nemmeno che cosa vuol dire sposare la donna della propria vita, credimi». L’uomo mi sorride attraverso il riflesso dello specchio e ricambio incerto.
«Io sono felicemente sposato da quarant’anni con la stessa bellissima donna che ho conosciuto quando avevo quindici anni. Lo rifarei altre mille volte e non me ne pentirei mai. Tu ami la tua donna? Stai bene con lei? Non riesci a guardare altre donne da quando c’è lei? Ti fa ridere? Ti rende felice? Sono tante domande, lo so, ma se hai risposto affermativamente a tutte, allora sai quello che devi fare. Non hai bisogno di alcun consiglio, men che meno da gente come quello là». Indica la porta con un movimento del pollice. Mi dà una pacca sulla spalla e torna anche lui nella grande sala.
Amo Serena, sto bene con lei, non esiste nessun’altra donna per me, mi fa morire dal ridere, mi rende immensamente felice. Voglio passare il resto dei miei giorni con lei.
Ora sono pronto!
 
***
 
Marco si comporta in maniera davvero strana stasera. In effetti è da Natale che il suo comportamento mi preoccupa parecchio. Non so che cosa gli prenda e mi auguro che non sia niente di brutto. Se avesse voluto lasciarmi, dubito che mi avrebbe fatto tutti questi regali super costosi. Mi ritrovo ad accarezzare il ciondolo a forma di cuore che ho appeso al collo. Non avrebbe dovuto spendere tutti quei soldi per farmi dei regali, non ce n’era bisogno. Mentirei se dicessi che i suoi doni non sono stati graditi, ma a volte mi spaventa un po’ indossarli quando vado in giro. Non sono abituata ad avere dei diamanti al collo e alle orecchie. Mi guardo intorno e tutti i tavoli sono occupati da coppie sorridenti intente a bere e a mangiare gli antipasti che sono appena stati serviti.
Che fine ha fatto Marco? Sarà in bagno da dieci minuti ormai e sto cominciando a preoccuparmi. Sento arrivare un messaggio sul mio cellulare, magari è lui. Controllo, ed è Luca.
“Allora? Dove ti ha portato il tuo pezzo di manzo? Dai, su, non puoi tenerci sulle spine fino al tuo rientro!”.
Sono tutti a casa sua a festeggiare insieme, sarebbe piaciuto anche a me passarlo con loro. Sia chiaro, sono felice di essere qui con Marco, ma non lo so, tutto questo mi sembra fin troppo eccessivo perfino per lui. Non capisco perché mi abbia portato in questo castello meraviglioso, proprio stasera per giunta. Potevano esserci altre occasioni.
“Siamo in un castello e mi sento una principessa questa sera”. Vorrei aggiungere che vorrei essere lì con loro e spupazzarmi Stella che da quando aspetta un bambino da Lorenzo è di un coccoloso oltre ogni immaginazione. Sembra così radiosa, felice e non ho nemmeno mai visto Lorenzo così entusiasta di diventare padre. Sono tanto contenta per loro. Una lacrima rotola lungo la mia guancia, finendo sulla tovaglia immacolata. Perché cavolo sto piangendo ora? Non mi sembra davvero né il luogo né il momento per farlo.
“Wow! Tesoro! Divertitevi e poi ci devi raccontare TUTTO! Ti vogliamo bene”.
Oh, il mio Luca. “Vi voglio un bene immenso anch’io”.
Rimetto il cellulare in borsa ed estraggo lo specchietto per controllare che il mascara non mi coli sul viso. Fortunatamente quella lacrima non ha rovinato il mio trucco.
Devo andare a cercarlo? Proprio mentre stavo pensando di chiamare una squadra di soccorso, lo vedo tornare da me, con un sorriso meraviglioso a illuminargli il volto. Mi bacia le labbra.
«Scusami, non pensavo di trovare la coda in bagno». Si giustifica lui tornando a sedersi di fronte a me.
«Oh, non fa niente, stavo per chiamare uno squadrone di recupero, munito anche di cani da salvataggio». Mi stringo nelle spalle e lui scoppia a ridere. «Per fortuna sei arrivato appena in tempo, stavo già per allertare la protezione civile».
«Sei sempre la solita esagerata», sbotta senza smettere di ridere. Mette una mano sopra la mia e la stringe lievemente.
«Sarò anche esagerata, ma mi stavo preoccupando sul serio, non tornavi più», dico ora tornando seria. «E poi mi sembri strano. Mi stai forse nascondendo qualcosa?».
O la va, o la spacca. Cerco di capire il suo comportamento, di carpire ogni indecisione, ma non sono mai stata brava in questo genere di cose e mi sembra impassibile, il sorriso non abbandona le sue labbra.
«Non ti sto nascondendo assolutamente niente», risponde sicuro di sé.
I camerieri arrivano proprio mentre stavo per sommergerlo con altre domande. Sono certa che mi stia nascondendo qualcosa e prima o poi sarebbe ceduto. Ora, però, non posso più farlo. Che tempismo hanno avuto! Marco non smette di sorridere, io ricambio, cercando di nascondere la mia ansia. Sento che c’è qualcosa che non mi torna, ma non riesco a capire che cosa sia e tutto questo rimuginare mi sta facendo venire il mal di testa. Parliamo, ridiamo, scherziamo fino alle undici e mezza e poi non ne posso più. Ho bisogno di uscire da questa stanza, l’aria si è fatta irrespirabile e sto boccheggiando.
«Ti dispiace se esco un attimo? Il vino mi ha fatto venire un mal di testa tremendo e ho bisogno di aria fresca».
Marco mi guarda con aria preoccupata. «Ti accompagno».
«No, non ti preoccupare, faccio presto». Prendo il mio cappotto, lo indosso al volo e scappo verso l’uscita. Ci sono altre persone all’esterno, intente a fumare e a parlottare tra di loro. Io mi allontano da loro, stringendomi nel mio soprabito e mettendomi in un angolo appartato. Prendo dei respiri profondi e trattengo le lacrime. La neve sta ancora scendendo copiosa, la pace e la tranquillità che emanano quei soffici fiocchi mi fanno singhiozzare. Non so nemmeno io perché sto piangendo, mi sembra di essere una stupida. Il comportamento strano di Marco mi ha messo parecchia agitazione addosso, soprattutto quello di stasera. Prima di sparire nel bagno sembrava teso, nervoso, cercava di nasconderlo e io ho fatto finta di niente. Non lo so, sapere che mi sta nascondendo qualcosa non mi piace affatto. E se avesse incontrato un’altra donna negli ultimi tempi e avesse capito che io non sono poi così importante per lui? Se avesse cambiato idea sulla convivenza solo dopo due mesi? Un nodo alla gola mi opprime, fatico a respirare. E se non mi amasse più?
«Amore, che succede?». La sua voce alle mie spalle mi fa sussultare. Mi asciugo velocemente la traccia delle lacrime dal mio viso.
«Mi ami ancora?», chiedo tremante, fissando un punto imprecisato davanti a me.
«Che cosa stai dicendo?». Mi gira intorno e mi prende il viso tra le mani. «Io ti amo più della mia stessa vita».
Una lacrima si fa strada lungo la mia guancia e lui la asciuga prontamente.
«Allora perché sei così strano? Mi hai tradito con un’altra donna? Ti prego, Marco, sto impazzendo. Io non voglio perderti». Ora le lacrime scendono copiose, non riesco a fermarle.
«Amore mio». Mi avvolge in un abbraccio e mi tiene stretta a sé. «Come potrei tradirti o pensare di lasciarti. Senza di te io non vivrei, sei il mio ossigeno. Lo so, sono stato strano ultimamente e mi scuso tantissimo. Non avrei mai pensato di causarti tutte queste ansie, non avrei mai voluto».
«Allora dimmi che succede, dimmi che cosa c’è che non va, ti supplico». Lo imploro con il viso premuto contro il suo petto.
Il suo cuore sta battendo fortissimo, lo sento agitarsi e, dopo quelli che sembrano minuti interminabili, si stacca da me.
«Avrei voluto aspettare almeno la mezzanotte per farlo, ma non credo che ormai abbia più senso. Rischierei solo di aumentare la tua ansia e anche la mia». Chiude gli occhi e lo vedo deglutire più volte a vuoto. Quando li riapre, rimango senza fiato: c’è una luce nuova, diversa in quelle sue iridi azzurre come il cielo e mi toglie il respiro.
«Serena, tu sei l’amore della mia vita, la mia migliore amica, complice, amante, sei tutto questo per me. Non avrei mai immaginato di innamorarmi perdutamente di te, dopo quello che hai fatto alla mia piccola. Invece mi hai rapito il cuore, mi sei entrata nelle vene, nella testa e rivoluzionato la mia vita. Mi hai reso migliore, mi hai insegnato ad amare e nessuno mai potrebbe prendere il tuo posto nel mio cuore, quello è soltanto tuo, per l’eternità».
Prende un bel respiro e un attimo dopo lo ritrovo ai miei piedi, con un ginocchio nella neve e una scatolina protesa verso di me. La apre e appare un solitario con un diamante a forma di cuore. Mi porto una mano alla bocca e comincio a piangere a dirotto, come una ragazzina.
«Serena, amore mio, vuoi diventare mia moglie?».
La sua proposta arriva inaspettata, la sua voce è rotta dall’emozione e le sue mani stanno tremando visibilmente. Che cosa dovrei fare ora? Una strana euforia mi pervade e cado sulle ginocchia davanti a lui, ora i nostri occhi sono incatenati da una forza invisibile.
«Non voglio altri che te nella mia vita, amore», rispondo buttandogli le braccia al collo e facendolo cadere di schiena sulla neve. Mi ritrovo sopra di lui, le nostre labbra incollate tra loro.
«Era un sì?», domanda incerto.
«Decisamente». Riprendo a baciarlo senza dargli il tempo di reagire.
Rimaniamo stessi sulla neve a lungo, scambiandoci dei baci infuocati. Sussultiamo quando sopra di noi appaiono dei magnifici fuochi d’artificio.
«Buon anno, amore mio», soffia sulle mie labbra.
«Buon anno, Shark».
Delle voci sempre più vicine ci richiamano al mondo reale. Mi tiro su a fatica e offro le mani al mio uomo, che afferra con decisione. Lo aiuto ad alzarsi e, in un attimo, mi ritrovo fra le sue braccia. Una giovane coppia si avvicina a noi e ci squadra con aria interrogativa. Che cavolo vogliono? Non si può nemmeno limonare in pace in mezzo alla neve. Marco li fulmina con lo sguardo e si allontanano immediatamente.
«Incuti terrore». Lo prendo in giro io.
«Oh sì, Flounder, la gente è terrorizzata da me. Sarà questa mia espressione rabbiosa». Ringhia sonoramente e io scoppio a ridere come una pazza.
«Dovresti scappare a gambe levate, non dovresti ridere», commenta Marco pizzicandomi una guancia.
«Non mi fai paura», dico con una certa sicurezza.
«Sbagli a non averne». Si avvicina pericolosamente al mio viso e mi morde il labbro inferiore, per poi succhiarlo e rilasciarlo con uno schiocco.
Gli do una sonora pacca sul sedere. «Sei un villano e pure maleducato».
Mi fingo offesa e lui diventa improvvisamente serio.
«Hai ragione, sono un villano. Sto continuando a fare l’idiota e non ti ho nemmeno infilato l’anello al dito. Come ho potuto dimenticare una cosa del genere?». Si stacca da me quel poco che basta per aprire la scatolina, ma un urlo esce involontariamente dalla mia bocca quando mi rendo conto che è vuota.
«Cazzo!», sbotta Marco completamente nel panico.
«Cerchiamo di rimanere calmi». Provo a dire muovendomi nervosamente sul posto.
«Giusto, hai ragione». Si porta una mano alla fronte e un attimo dopo lo trovo in terra, entrambe le ginocchia affondate nella neve, che sta cercando in quello strato bianco.
Lo raggiungo un attimo dopo e sbatto il ginocchio destro sul cemento sottostante. Trattengo un urlo, che male!
Smuovo la neve con entrambe le mani, sono un pezzo di ghiaccio e sto perdendo la sensibilità alle dita. Non può essere andato perso! Gli sarà costato un occhio della testa e non è ancora riuscito a darmelo. Oh mamma, mi viene nuovamente da piangere.
«Mi dispiace, è tutta colpa mia», riesco a dire tra i singhiozzi.
«Non dirlo nemmeno, non è colpa tua». Mi bacia la fronte e riprende a frugare tra quella neve ghiacciata. «Trovato!».
Lo tiene trionfante tra il pollice e l’indice, il respiro accelerato per la folle ricerca. Afferra la mia mano e la bacia.
«Credo che starà meglio sul tuo dito». Lo infila all’anulare, entra alla perfezione, senza alcuno sforzo.
Lo osservo con gli occhi ancora umidi per le lacrime di frustrazione versate: è semplicemente meraviglioso. Lo colpisco ancora una volta al petto con un leggero pugno.
«Ora basta spendere un patrimonio per me, va bene? Basta, Marco, ti prego». Lo ammonisco con un’occhiataccia.
«Farò il possibile», dice lui con un sorriso.
Si alza da terra e si pulisce i pantaloni. Mi aiuta ad alzarmi e noto del sangue dove sono caduta. Il mio ginocchio sta sanguinando nel punto dove ho sbattuto.
«Amore, dobbiamo andare a medicare quella ferita».
«Non è niente, è solo un graffio». Lo tranquillizzo io con un sorriso.
«Lascia a me giudicare l’entità del trauma, ero un dottore in un’altra vita». Mi strizza l’occhio.
Mi prende per mano e mi trascina all’interno del castello. Si ferma alla reception, si fa dare del cotone, disinfettante e cerotti, portandomi poi quasi di corsa nella nostra stanza. Mi fa sedere sul letto e si inginocchia sul tappeto davanti a me. Mi alza il vestito, con un sorriso malizioso su quelle sue labbra perfette, mi sfila le calze pesanti.
«Se mi volevi spogliare, bastava che me lo dicessi», farfuglio stordita da questa serata folle e inaspettata.
«In effetti non vedevo l’ora di toglierti questo vestito di dosso, ma prima devo disinfettarti questo taglio». Imbeve un batuffolo di cotone con l’alcol e me lo passa sul ginocchio. Stringo i denti, brucia tantissimo. Pulisce bene il taglietto e poi mi mette un cerotto.
«Ecco, ora è tutto a posto». Sfiora le mie gambe con i polpastrelli, lentamente, risalendo fino all’elastico delle mie mutandine di pizzo rosso. «Che ne dici di festeggiare il nostro fidanzamento ufficiale?».
Annuisco inebetita.
Raggiunge il piccolo tavolo e prende una bottiglia di spumante che era nel ghiaccio. Si siede accanto a me sul letto e la stappa, offrendomi il primo sorso. Niente bicchieri, perciò bevo dalla bottiglia. Un po’ di spumante mi cola dalla bocca, ma non faccio in tempo a pulirmi, le labbra di Marco lo fanno al posto mio. La sua lingua scorre lungo il mio collo, sensualmente, chiudo gli occhi, godendomi appieno le sue attenzioni. Gli passo la bottiglia e anche lui ne beve un sorso, prima di poggiarla sul comodino. Contorna la linea della mia mandibola con dei piccoli baci mentre mi abbassa la cerniera del vestito, slacciandomi anche il reggiseno. Con l’altra mano scopre il mio corpo, scendendo immediatamente con la bocca sui miei seni. Lambisce un capezzolo, lo sugge, lo morde lievemente, facendomi impazzire. Riserva lo stesso trattamento anche all’altro, mentre la mia mano si infila all’interno dei suoi pantaloni, dopo averli slacciati. Il suo membro pulsa di desiderio e io mi sento letteralmente in fiamme. Le sue dita scendono a sfiorare la mia intimità, la sua lingua sta ancora torturando i miei seni. Mi ritrovo ad ansimare sotto al suo tocco delicato e non capisco più niente. Mi lascio andare sul materasso e lo trascino sopra di me. Le nostre labbra si cercano avide di baci, le nostre lingue danzano fameliche. Gli slaccio la camicia e gliela sfilo, dopo aver lanciato via la giacca del completo. Si scosta per levarsi i pantaloni, li lancia sul pavimento, assieme ai boxer. Si fa rimirare per alcuni secondi, prima di adagiarsi nuovamente sopra di me e penetrarmi con decisione. Stringo le coperte tra le dita mentre si muove rapido, facendomi gemere ad ogni colpo. La sua bocca e la sua lingua non mi danno tregua, mi lascio torturare da loro con moltissimo piacere. È sempre spettacolare fare l’amore con lui, ma stasera sembra diverso dal solito, sembra esserci una nuova passione, che mi inebria e mi toglie il respiro. Esce da me lasciandomi insoddisfatta e torna a sfiorare il mio corpo con le labbra, la sua lingua crea dei disegni invisibili sulla mia pelle, che brucia ad ogni suo tocco. Le mie cosce si allargano, bramando ancora di sentirlo dentro di me. Mi sta torturando, ne voglio ancora. Ruota sul materasso, trascinandomi sopra di sé. I nostri occhi si cercano, leggo un desiderio indescrivibile nei suoi. Mi siedo su di lui, è meraviglioso sentirlo ancora in me. Le sue mani cercano i miei seni, le mie accarezzano lentamente il suo petto. Chiude gli occhi e lascia che sia io a prendere in mano la situazione. Cerco le sue labbra e mi sfamo di loro. Gli sussurro un ti amo, continuando a muovermi. Raggiungiamo l’apice del piacere nello stesso momento, perdendomi un istante dopo nei suoi occhi. Mi scosta una ciocca di capelli, baciandomi poi le labbra.
Sembra prendere un bel respiro e, all’improvviso, dice tutto d’uno fiato: «Facciamo un bambino».
Apro la bocca per lo stupore, non esce alcun suono. Forse è il troppo vino a parlare per lui.
***Note dell'autrice***

Serena era andata completamente nel panico... credeva che Marco le nascondesse qualcosa. Beh, in effetti qualcosa le stava nascondendo davvero, ma non era esattamente quello che credeva lei. Ovviamente non poteva dire di no a quella proposta. Vi è piaciuto come è accaduto il tutto? Anche Marco era totalmente in crisi e si è sfogato con l'uomo sbagliato lol. Per fortuna che l'altro signore è andato in suo soccorso! E dell'uscita finale di Marco che cosa dite? Alla fine le ha detto quello che gli passata per la testa da un po'. Come credete la possa aver presa Serena? A martedì prossimo per avere queste risposte lol :*
Una valanga di grazie a tutti voi che leggete, commentate e passate ♥ vi adoro ♥
Un bacione, Ire ♥

Ho scritto un secondo capitolo interamente su Luca, lo trovate qui se avete voglia di leggerlo :)
Ansia da Natale



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