Serie TV > The Walking Dead
Segui la storia  |       
Autore: Maria_2015    24/02/2015    1 recensioni
"Non so cosa credi di essere venuta a fare qui, forse a mangiare carne comodamente seduta su un trono d'argento o forse credi che due paroline messe a cazzo e un paio di mossette possano addomesticarmi. Ma questo è il mondo reale, sarà pure una merda, e su questo non ho niente da obbiettare, ma ci dobbiamo adeguare lo stesso. Quindi tira fuori le palle e affrontalo, oppure trovati un azzannatore e vivi con lui la tua appassionante storia d'amore ragazzina, perché è ora che tu decida da che parte stare. Vivi o azzannatori? Perché se decidessi di ammazzarti e per uno sfortunato caso non dovessi beccare il cervello, non credere che avrò la clemenza di farlo io al posto tuo. Quindi scegli e cerca di farlo in fretta perché non ho tempo da perdere con una mocciosetta che non sa distinguere una bambino da un zombie."
Il mio cervello è letteralmente in stand-by e non so cosa pensare.
Non solo di lui, anche di me stessa.
È vero, devo fare una scelta.
La vita infondo è come una delle piccole sfide che affrontiamo ogni giorno.
Possiamo scegliere di affrontarla o aggirarla.
Io scelgo la libertà, scelgo la vita, scelgo di provarci.
Genere: Azione, Drammatico, Erotico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Daryl Dixon
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
La fame e la sete stanno aumentando considerevolmente.
Devo trovare un rifugio per la notte.
Ormai è pomeriggio inoltrato.
Non sembrano esserci case e questo mi deprime più che mai.
Se non trovo qualcosa da mangiare entro sta notte... No, non pensarci Anna!
Eccone un altro.
Uno di 'quei cosi' mi si avvicina velocemente (per quanto possa andare veloce un morto).
Faccio per estrarre il coltello, quando mi accorgo che ce l'ho ancora in mano dall'ultimo incontro.
Aspetto che si avvicini, spingo sul suo petto con una mano, mentre l'altra applica una presa d'acciaio sul manico del coltello.
Allora il tempo comincia a rallentare.
Sento le sue costole vibrare debolmente al contatto con la mio palmo, il tessuto leggero della maglietta, l'alito e la puzza disgustosi che arrivano fino a dentro le narici sembrano attraversare l'esofago, il ringhio da film horror, le sue mani e il suo corpo proteso verso di me.
Riesco a sentire quasi il desiderio, il bisogno di carne.
A loro occorreva la vita per continuare a essere morti.
Alla morte stessa occorre la vita. 
E se non ci fosse la morte, la vita che importanza avrebbe?
Senza l'uno non c'è l'altro, buffo no?
Sono agli opposti, così simili e così diversi.
All'improvviso torno sulla Terra.
A velocità raddoppiata alzo il coltello sopra le nostre teste e glielo conficco nel cranio.
Alla fine non ha emesso gemiti, né lamenti, quasi mi fosse grato per la mia azione caritatevole.
Lo lascio disteso lì, sull'asfalto rovente.
Proseguo per un altra decina di chilometri.
Ho sprecato molte energie nella lotta oggi, né ho incontrati più del solito sulla strada.
Tuttavia, anche se comincia ad essere poco sicura, di certo non preferirei trovarmi in un bosco.
Di notte poi... Impazzirei.
Sto cominciando a delirare, quando vedo un grosso cartello giallo con su scritto "Benzinaio", mi sale il cuore in gola per l'emozione!
Comincio a correre, non curante della sete, dei piedi doloranti e del vuoto che mi riempie lo stomaco.
Arrivo a pochi metri dal bar del benzinaio, oltrepasso le pompe e creo una finestra nel vetro, scansando lo sporco.
Orrore! Ci sono almeno una decina di morti all'interno.
Sono stati chiusi a chiave nel bar.
In realtà non so se la serratura sia realmente bloccata, e non ho alcuna voglia di scoprirlo.
"Fantastico..." esclamo.
Mi accorgo di non aver ancora ripreso fiato dopo la corsa e rischio quasi di soffocarmi per la quantità di aria che riempie improvvisamente i miei polmoni.
Ma il problema reale è la tosse che ne segue.
L'inaspettato e violento scoppio dell'epidemia ha reso il mio organismo debole e delicato, cosa che non era un tempo.
All'ennesimo languore del mio stomaco, però, decido di tornare alla realtà e farmi forza.
Scopro di essermi seduta con le spalle al muro. 
Mi alzo, asciugo alcune lacrime di impotenza e giro impercettibilmente la maniglia della porta, alla fine sento un piccolo "TAC" che mi comunica sottovoce che è aperta.
Sinceramente? Speravo fosse chiusa, speravo di non dover lottare, speravo di non dover avere altre alternative se non arrendermi.
"No Anna, non dirlo neanche per scherzo!"
Ho urlato? Ho veramente urlato? Stupida stupida stupida stupida stupida!!!!
Devo fare silenzio, non devono sapere che sono qui.
"Ora calmati" sussurro a me stessa.
Rifletti, quali sono le opzioni?
Posso dare fuoco alla pompa di benzina... Questo attirerà loro fuori ed io potrò nascondermi nel bar.
Ma per quanto allettante, l'idea è fin troppo rischiosa.
Appiccare un incendio... E con quali conseguenze? Un' orda di 'quei cosi davanti al mio rifugio! No no, non se ne fa niente!
Dopo un'ora di riflessione comincio a dare di matto.
Questo lo deduco principalmente dal fatto che ho pensato SERIAMENTE di chiedere l'aiuto da casa ai telespettatori del mio programma immaginario.
E la fame, il mal di testa, la sete e la stanchezza non aiutano.
Comincia a fare buio e quindi decido per l'unica soluzione possibile: ucciderli, uno ad uno.
Faccio uscire il primo e chiudo la porta.
Coltello alla mano e "ZAC", fuori uno.
Mano a mano che vado avanti mi accorgo che in realtà non ne sono neanche dieci.
Quando finisco di ripulire il bar si sono fatte le 22.00 circa, visto che il cielo si è scurito e sono apparsi i corpi celesti, padroni della notte.
Se prima il cielo era "niente male", ora è un miracolo ai miei occhi.
È come se qualcuno lassù ci volesse dire che, nonostante tutto, la vita è bella.
Già... preziosa, unica e imprevedibile, mutevole, gelosa della sua bellezza... come il cielo.
Dopo che molti degli impianti elettrici delle città, delle fabbriche, ecc... furono danneggiati, il cielo ha ricominciato a brillare, non più posto in secondo piano dalle luci artificiali.
So che è pericoloso rimanere fuori a quest'ora, ma il cielo è così... così vivo.
Sembrava quasi che tutte le stelle, i pianeti e la luna rimanessero immobili, solo per me.
Chissà se c'era qualcun altro che ora li stava guardando sfilare nel cielo.
Solo la fame ad un certo punto, letteralmente a calci nello stomaco, mi spinge dentro il bar.
Allora blocco l'entrata con un "oggetto pesante non identificato" e comincio a scartare un lecca-lecca.
Per mia sfortuna, infatti, tutta la merce commestibile del bar era stata trafugata. Rimangono solo una decina di lecca-lecca (appunto) e qualche tramezzino ammuffito.
Non credo che detto questo qualcuno si farà più domande sul perché abbia scelto la caramella.
                                                             
                                                                     ~


La notte scorsa è stata fredda.
Odio dormire da sola fin da piccola, ancora prima che il mondo diventasse il set per un film horror.
Denise diceva sempre che la notte era la parte più bella, dove potevi dare sfogo alla tua fantasia attraverso i sogni.
Ah i sogni! Lei li definiva nuvole di zucchero filato, noncuranti di chi si avvicinava per dare un morsetto.
Forse si, forse può essere stupenda, forse la parte migliore sono i sogni, forse sono come nuvole di zucchero filato... ma solo se riesci a dormire.
E non riesci a dormire se delle facce insanguinate, deturpate, sfigurate, marce, con la pelle che scende fino a sotto la mascella, premono insistentemente sul vetro, staccandosi arti a vicenda per poter essere in prima fila.
No, non così, così non si dorme. 
E le nuvole di zucchero filato diventano chiazze di sangue.
La mattina dopo decido di lasciare quel posto, non può offrirmi nulla che non abbia già.
Il problema maggiore è la sete, non ho trovato un goccio d'acqua all'interno del bar e, se non me ne vado al più presto, comincerò a pensare sul serio alla benzina come alternativa.
Rassegnazione, dolore, tanto dolore.
È questo che provo, sono tutti parte di me e vengono fuori quando meno vorrei: quando sono debole, sull'orlo del precipizio e loro sono puntualmente lì, cercando di farmici andare dentro.
Non con spintoni, minacce o altro, ma di mia spontanea volontà.
Loro lavorano nella parte più interna della mente, dove inconsciamente ti distruggono, pezzettino per pezzettino.
Così, proprio per questo, mi ritrovo a sperare che tutto finisca.
O forse no, forse lo voglio davvero.
Non lo so!!!! È come se ogni scelta valesse 10 volte di più ora, ogni singolo passo è un ripensamento, ogni sorgere del sole è un peso sul cuore pensando che poteva esserci qualcun altro al tuo posto.
Qualcuno migliore.
Sempre che i migliori non siano già nel luogo giusto...
A volte ripenso a mamma e papà, una realtà così lontana, e non sento nulla.
Non capisco perché.
Mi sento in colpa perché penso che dovrei provare del dolore, della nostalgia. 
Invece no, nulla.
Ancora più del desiderio di acqua, vorrei che ci fosse un essere umano nei dintorni.
Intendo un vero e non imputridito.
Improvvisamente, davanti alla strada che non ricordavo di aver già intrapreso, trovo una dozzina di morti raggruppati in cerchio.
Sento delle urla... Che faccio?
Mi avvicino abbastanza da intravedere una persona.
Lì vicino c'è anche un cartello pubblicitario abbastanza grande da farmi da nascondiglio.
Non posso ucciderli tutti, non ce la faccio, sono troppi!
"Aiuto!!!" sento dal mezzo del gruppo.
È una voce femminile, sento persino il respiro strozzato
Sono nel panico, tante che anche a me viene da gridare aiuto.
Ma non c'è nessuno. 
Nessuno oltre me.
Devo fare qualcosa!
Subito!
Ci sono!
Di corsa mi dirigo verso il benzinaio, e sono felice di vedere che mi sono allontanata solo di un centinaio di metri.
Prendo una scatola di fiammiferi dallo zaino.
Ne accendo uno con la mano tremante e lo butto sulla benzina che ho sparso per terra.
Correndo più veloce di quanto le mie forze mi permettano torno nel luogo dove ho visto l'aggressione.
È ancora tutto come prima, urla comprese.
Uso di nuovo il cartello come scudo e rimango in silenzio.
"BOOOOM".
Ecco quello che aspettavo; il fuoco ha raggiunto le pompe ed è saltato tutto in aria.
Resto con il fiato sospeso, nonostante ne sia a corto.
Uno ad uno i morti si girano troppo attratti dal fuoco e dal rumore dell'esplosione.
Mano a mano che cominciano a diradarsi in direzione del benzinaio, riesco a inquadrare meglio la scena.
A terra c'è una donna ansimante, ha un morso all'altezza del collo e vari altri sparsi per tutto il corpo.
Mi avvicino cercando di non vomitare alla vista di quell'orrore.
Ha l'intestino completamente aperto.
Piange.
Quando arrivo nel suo campo visivo tende una mano verso di me.
Sento anche un altro rumore, una specie di mugolio indistinto.
Non so che fare: se prenderle la mano, avvicinarmi, o ucciderla subito e non farla soffrire.
"Hai... Hai... Appiccato tu... L'In... L'incendio?"
Annuisco alla sua domanda.
"Grazie"
Annuisco di nuovo, anche se non so il perché.
"Promettimi... Che... Ti prenderai... Ti prenderai cura di lui!!"
Solo ora la donna alza leggermente il braccio destro rivelando una piccola testolina da neonato.
È da lui che proveniva quel mugolio sommesso.
"PROMETTILO!" la donna urlò inaspettatamente, utilizzando il poco fiato che le rimaneva.
Rimango ancora lì impalata, incapace di parlare, con il sangue gelato.
Sta morendo, dovrei rassicurarla, ma non ci riesco.
Quando ricomincia a piangere trovo il coraggio e mi inginocchio vicino al suo corpo insanguinato.
Le accarezzo delicatamente la fonte.
"Te lo prometto, starà bene" di tutta risposta trae un sospiro di sollievo e abbandona il braccio a terra, ancora in difesa del bambino.
Respira ancora.
Aspetto.
Dopo qualche minuto non succede nulla, quando ha un attacco di tosse.
Macchia l'asfalto con schizzi di sangue, e anche la mia maglietta bianca qua e là assume tonalità rossastre.
Dopodiché si accascia di nuovo al suolo.
Il cuore mi batte forte, ma la cosa importante è che lo faccia il suo.
Controllo.
È morta. 
Comincio a tremare e a piangere.
Forse se avessi deciso diversamente, se avessi elaborato un piano più... veloce... forse sarebbe sopravvissuta...
Mille dubbi mi riempiono la testa, quando ricordo cosa successe a Denise.
Dopo la morte divenne una di loro.
Non permetterò si trasformi, e così faccio, trafiggendole il cranio con il coltello.
Solo ora rivolgo lo sguardo al bambino.
È rimasto lì tutto il tempo, aggrappato al vestito della madre.
Come potevo dirglielo... Come potevo dirle che non ero in grado di proteggere il suo bambino?
È stato meglio così, almeno lo crederà al sicuro.
Lo prendo in braccio e lui piange.
Non so come tranquillizzarlo.
Stanno tornado, l'incendio si è quasi estinto.
Corro.
Dopo un'ora mi fermo sul ciglio della strada per riprendere fiato e penso al corpo di quella donna.
Ormai sarà irriconoscibile.
L'avranno circondato di nuovo come avvoltoi.
Sono disperata. 
Come faccio? Piango insieme al bambino, il quale non aveva smesso da quando non si trovava più tra le braccia della madre.
Se lo avessi lasciato lì non avrebbe sofferto, si sarebbe addormentato e al suo risveglio i suoi occhi avrebbero visto il Paradiso.
Passa un giorno con due gocce d'acqua a testa.
La cosa peggiore è sapere di non poterlo aiutare.
La notte scorsa abbiamo dormito insieme sul ciglio della strada, dormito per modo di dire.
Cerco di andare avanti, davvero. 
Ci sto provando.
Ma il bambino ha fame, non bastano i lecca-lecca per saziarlo.
Oggi ha piovuto per una decina di minuti, è stato bellissimo e ho potuto riempire la mia bottiglia.
Forse possiamo farcela.
                                                                       

                                                                       ~ 

Avevo veramente creduto che ce l'avremmo fatta, insieme.
Che avrei trovato del cibo.
Che l'avrei cresciuto come un figlio.
Che avrei trovato un rifugio.
Che non sarebbe morto.
Probabilmente quando lo presi già non mangiava da molti giorni.
Forse la mamma non riusciva ad allattarlo.
Fatto sta che due giorni dopo è morto.
Stavo camminando, sentivo il suo respiro regolare sulla pelle.
Il suoi occhi azzurri scrutavano in cielo sereno.
Sentivo anche un lieve formicolio sul collo, dove si teneva stretto.
Poi smise di respirare e abbandonò le braccine ossute.
Sentii il mio cuore spezzarsi e poi rimarginarsi, ma solo per spezzarsi ancora.
Avevo l'impressione che ogni mio respiro fosse stato tolto a lui.
Lo posai a terra, sulle mie ginocchia.
Cercai di rianimarlo ma aveva deciso di tornare da sua madre.
Piansi e piansi ancora, fino a quando mi posi il problema della tomba.
Non sapevo dove seppellirlo, c'era solo asfalto.
Allora decisi di continuare a portarlo in braccio finché non avessi trovato un posto adatto per seppellirlo.
Sono passate parecchie ore, ancora nulla.
Non so se i bambini così piccoli possono trasformarsi ma non m' importa.
Lui è lui, non mi farà fatto del male.
Quando apre nuovamente gli occhi non me ne accorgo.
Poi vedo la sua gamba muoversi e ne sono felice.
Una felicità malinconica.
Continuo a tenerlo stretto a me anche sapendo del pericolo che corro.
Poi realizzo che mi sta mordendo.
Il caso vuole che i suoi denti incontrino la spalliera del mio zaino.
"No, non farlo! Tu mi conosci! Sono io, Anna! Guardami ti prego, sono io!" piango e parlo allo stesso tempo.
Ma non serve a nulla.
Lo tengo sotto un' ascella, distante da me, in modo che non possa farmi del male.
Il suo volto è deformato da una smorfia, e ancora una volta vedo il desiderio di carne nei suoi occhi.
Per un momento sono tentata di farglielo fare, ma sono troppo vigliacca per aiutare un bambino.
È l'unica possibilità che ho per fare qualcosa per lui.
"Gliel'ho promesso" sussurro a me stessa. 
Lo avvicino, spostando la testa di lato per fargli mordere la mia giugulare.
Quando una freccia gli trapassa il cranio e smette per sempre di muoversi.




 
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > The Walking Dead / Vai alla pagina dell'autore: Maria_2015