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Autore: Blu_Polaris    24/02/2015    1 recensioni
Tito è un topolino con il sogno di volare e l' incubo di essere braccato dal Gufo. Tutto cambia quando, dopo una disavventura, incontra Diana, una meravigliosa gazza ladra che non sa volare ...
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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~~~~Capitolo 8- Ho bisogno di te

Diana era tornata in un giorno di sole, il suo piumaggio era lucido e le zampe lunghe non sembravano neanche più le stesse. Era cresciuta in così poco tempo?
Tito non parlò, non disse nulla, rimaneva bello rigido sul muretto e osservava la gazza sui rami più alti dei cespugli. Saltellava da un rametto all’ altro con eleganza, bilanciandosi con la lunga coda o aprendo le ali per mantenere l’equilibrio. Con il becco lungo e sottile coglieva le bacche e i semi con una destrezza quasi inverosimile.
Una sera, sul tardi e con un vento freddo e gelido, Tito si addormentò sotto la sua foglia mentre aspettava Diana.

«Tito? TITO!» urlò Ezio, oltre il torrente immenso e turbinante c’era il grosso topo grigio che lo chiamava, le zampette sventolate in alto per farsi notare che si agitavano come banderuole al vento.
«EZIO! Sei tu?» Urlò il topolino ma sotto le sue zampe il torrente tuonava e ruggiva, gorgogliava e ribolliva di rabbia.
Tito non riuscì a vedere più niente, adesso il torrente sembrava un mare e il piccolo topolino si perse nel nulla.
Osservò sopra di se e vide la recinzione di un nero pece, coronato da un lunghissimo e tortuoso filo di ferro. Su di esso, come impalati e crocefissi c’erano topolini e uccellini.
La recinzione si piegò su se stessa e come una frana si buttò su Tito.
Lui cercava di liberarsi da quella morsa ma inutilmente, si dibatteva, veloce, veloce.
La recinzione era come un serpente, lo stringeva, lo strangolava… Di fronte a lui Ezio era inerme, anch’esso avvolto dal filo. I loro occhi si osservavano l’un l’altro.
Nero.

Il piccolo roditore si svegliò terrorizzato, osservò giù e si rese conto di essere ad una ventina di centimetri da terra, sentiva una lieve pressione sul collo e girandosi vide Diana che lo stringeva forte per la collottola.
«Sei tornata …» disse tra gli sbadigli. La gazza lo posò dolcemente davanti la porta del casolare diroccato e si abbassò per ascoltarlo e parlargli.
«Non sono mai andata via … avevo solo bisogno di stare un po’ da sola. Ho capito anche alcune cose …» disse mentre il topo l’ammirava. Da vicino Diana sembrava molto più robusta ed elegante di quanto già non fosse e il suo meraviglioso ed elegante piumaggio sembrava un lunghissimo abito di seta, di quelli che si indossano per le più importanti occasioni.
«Cos’hai capito?» chiese Tito.
«Beh … Ho capito che le cose accadono, sempre e comunque …» sorrise e, con un’espressione molto furba disse: «E che un certo topolino voleva e vuole tornare a casa grazie a una certa gazza …».
Tito arrossì molto, per quanto potesse farlo un topo, e abbassò lo sguardo.
«Non preoccuparti, Tito. Tu vuoi la tua famiglia e lo capisco … lo voglio anch’io».
Diana spiegò che le sue ali gli avevano insegnato molto, che quel volo («Quel meraviglioso sentimento, Tito! È bellissimo, vedere le cose piccole così, non avere barriere …») poteva essere anche eterno perché adesso era libera. Poi, da sola, avvicinò il lungo becco vicino a Tito e lo strinse a se.
«Vuoi tornare a casa?» chiese, osservò il piccolo amico ma si sorprese nel vederlo piangere «Non piangere Tito …».
«Mi piacerebbe tornare a casa … mi piacerebbe andarci con te …».

Tito si era reso conto che il casolare distava diverse miglia dal torrente e dal meraviglioso pino e che, senza allenamento, Diana non sarebbe mai riuscita a raggiungere.
La paura del Gufo cresceva gradualmente visto che Saltabuche era stata una sola delle numerose vittime. Diana e Ella avevano legato ancora di più ma la topolina era così terrorizzata dall’ altezza che non osava salire sulla schiena della gazza.
Era arrivato marzo, con il suo buon odore di primavera appena sbocciata e di vento tiepido. Con lui anche il sole aveva deciso di essere più caldo (le piogge no, sembravano voler restare fino all’ estate). Erano passati sei mesi o giù di lì da quando il Gufo l’aveva fatto cadere nella cisterna.

«TITO!» lo chiamò la gazza passandoci la lunga coda sul muso per svegliarlo. Quella sera, dopo molto tempo, non aveva piovuto durante la notte e un sole caldo filtrava dalla finestrella del casolare illuminando la polvere ballerina al suo interno. 
«Cosa c’è?» chiese Tito ancora tutto intontito. Diana lo prese nel becco per farlo alzare.
«TI va di volare un po’?» gli chiese, lasciandolo andare proprio affianco ad una Ella ancora profondamente addormentata.
«SI! Certo!»
«E che ne dici di invitare Ella?».
I tre così si introdussero nel bosco che, con il sole, emanava un aura di luce verde e di calore.
Secondo la gazza quella era stata un’idea simpatica, almeno fino a quando non aveva iniziato a volare nel piccolo fazzoletto di prato dove aveva iniziato a fare pratica, furono costretti a lasciare Ella a terra visto che era letteralmente terrorizzata solo dall’ idea dell’osservare i due volare.
«Che ne dici di divertirci?» chiese Diana a Tito, bello ritto sulla sua schiena mentre compiva un giro largo e tranquillo proprio al centro della radura, a poco più di sei metri da terra.
«Divertirci in che modo?».
«OH! Così!».
Diana iniziò a salire di quota, repentina e Tito non riusciva proprio a trattenere l’euforia. Le ali sbattevano regolarmente ma ad intervalli incalzanti. Quando furono ad un’altezza di circa venticinque metri, talmente in alto da non vedere più Ella né i fiori sbocciati da poco, il ritmo diminuì.
Un battito, un altro ed un altro ancora, poi Diana chiuse le ali, portandosele ai fianchi.
«EI! Che combini?» chiese Tito impaurito ma l’uccello non gli rispose. Rimasero uno o due secondi sospesi nel vuoto senza neanche muoversi. Tito sentì il corpo della gazza precipitare solo in seguito.
«DIANA!» urlò disperato.
Lei si mise in posizione, roteò su se stessa e mirò dritta dritta al terreno ma non aprì le ali, si lasciò attrarre dalla gravità.
Ella iniziava a delinearsi man mano che i due scendevano di quota; adesso era un pallino candido posto nel bel mezzo del verde. «APRI LE ALI!» pregò il topino nascondendo il musetto nelle piume bicromate di Diana. Lei, invece, rideva.
Ora anche i fiori erano ben visibili. «MORIREMO!».
Tito si specchiò negl’ occhi di Ella per quanto fossero vicini a quest’ ultima. «Apri! Apri queste stramaledette ali!>>. Diana non lo ascoltava, manteneva la sua posizione.
Quando furono al punto di schiantarsi le sue ali si dischiusero leggermente ma non si aprirono. Velocemente virò fino a trovarsi parallela all’erba, solo allora le sue ali si spiegarono e presero quota in una piroetta leggiadra.
«DIANA! Mi hai quasi fatto morire di paura!» le urlò Tito, la gazza rise ma non rispose.
«È stato fortissimo! MA NON RIFACCIAMOLO!» squittì eccitata Ella. Diana la teneva per la coda, l’aveva afferrata poco prima di virare. La gazza girò la testa e se la pose sulla schiena. La topina era così terrorizzata che si era messa le zampette sugl’occhi.
«Ella, sei qui sopra per vedere il panorama, no? Non coprirti gli occhi…» Tito le scostò le zampe e Ella vide il tappeto verde, giallo e marrone puntellato di macchiette variopinte. Il vento gli scompigliava i ciuffetti e le orecchie tonde erano come stendardi.
«Quant’è bello da quassù! Sei fortunata a poter volare, Diana!».
«Anche voi state volando, giusto?»
«TITO! Potrai tornare a casa!» esclamò Ella. Tito, per la prima volta da quando era arrivato lì, pensò a quanto quel posto gli avesse insegnato. Nella colonia vicino al torrente non era mai stato molto considerato e così sarebbe stato per sempre ma, nella sua nuova casa, con Ella, si era integrato perfettamente.
Osservò Diana, a cosa era diventata grazie a lui e come lui stesso fosse migliorato grazie a lei e ad Ella.
«Sì, è vero… credo però di poter aspettare un altro po’». Ella si sporse verso Diana, specchiandosi nel suo occhio tondo e azzurro, si guardarono speranzose del futuro.

 

Il tempo passò e ormai Tito si era completamente scordato della famiglia che viveva oltre il torrente. Aveva pensato anche di mandargli, tramite Diana, un messaggio per dirgli tutto quello che serviva.

Cara mamma, caro Ezio. Io sto bene, no, di più! Sto benissimo. Ho molti amici, anche stranieri! Ho una carissima amica, forse anche qualcosa in più di un a semplice amica … comunque io ho deciso di vivere qui. Un giorno tornerò e vi racconterò tutto, fino ad allora vivete tranquilli, io tornerò da voi.

 Aveva pensato mille volte a fare una cosa del genere ma poi, com’era arrivata l’idea, questa se ne andava.
Quel pomeriggio il sole scaldava debolmente il casolare e gli animi dei suoi abitanti.
Le rane e gli altri animali uscirono dal casolare e si diressero nel bosco promettendosi di rincontrarsi l’inverno successivo.
Tito e Diana volavano continuamente e il loro legame era più forte e fermo. Il tempo però non sembrava voler migliorare e le piogge, seppur non fredde come le precedenti, erano comunque frequenti.
La gazza e il topolino volavano sopra la grande cisterna accompagnati da Ella, ancora terrorizzata da quell’altezza. Diana fu costretta a scendere ulteriormente di quota per calmare la topolina e fu allora che videro, sul bordo della grossa cisterna, le rane che si stavano godendo un sole tiepido e pallido. Nella notte, un classico temporale primaverile aveva riempito l’aria di pioggia e fulmini. Saltabuche rimaneva in disparte su una roccia grossa e alta che permetteva di sentire il chiacchiericcio post inverno.
Da quando il Gufo aveva quasi ucciso la povera rana tutto in lei era cambiato. Il suo modo di fare si era ribaltato completamente e ogni cosa era studiata nei minimi dettagli, anche il solo saltellare.
Era divenuta taciturna, ascoltatrice di consigli, poco vispa e prudente a tal punto da non uscire più dal casolare. Ultimamente i suoi amici l’avevano convinta a stare un po’ nell’acqua tiepida della cisterna ma lei si era sistemata su quel sasso e non si era più mossa.
Tito e Ella erano molto preoccupati per lei e Diana, più volte, le offrì un voletto sopra il casolare ma nulla l’aveva riportata alla normalità.
«Tito, che ne dici di andare a fare due chiacchiere con Saltabuche?» chiese Ella, Diana non attese neanche una risposta, con una manovra veloce ma aggraziata percorse tutto il tratto che li divideva dalla cisterna, toccò l’acqua con la punta delle ali e risalì lievemente per atterrare con perfetto equilibrio su un ramo, sopra la testa della rana. Le sue ali adesso erano cosparse di perle traslucide.
«Signora! Allora cosa c’è di nuov …» cercò di dire la gazza ma le sue parole furono immediatamente zittite dalla rana.
«SHHH! Sto ascoltando» gracidò.
«Cosa? Ancora con il gossip? Guarda che lo sanno tutti che le apre ha avuto una storia con …» Ella guardò la gazza con un’espressione impressionata e curiosa mentre Tito, con un’espressione seria fece intuire che doveva star zitta. Diana osservò di nuovo la topina «Te lo dico dopo…».
«Che cosa dicono?» chiese Tito rivolto alla rana.
«Pare ci sia stato un incidente …» gracidò «…al torrente …ieri notte …».
Diana e Ella osservarono Tito. Il suo musetto era lungo e distorto dall’espressione di terrore che l’aveva prevalso; le orecchie erano basse e gli occhi sgranati e lucidi.
«Che tipo di incidente?» chiese il piccolo roditore con voce tremante. Saltabuche gracidò qualcosa e subito gli risposero.
«Il torrente … ha straripato … molti danni …» Tito rimase immobile.
«Lì c’è la mia famiglia …» sussurrò cercando di non pensare al peggio. Diana respirò profondamente e nella sua mente ripercorse i suoi più oscuri tormenti.
Lei aveva patito cose che non avrebbe augurato a nessuno.
«Scusatemi …» sussurrò il topino correndo via, come aveva potuto dimenticarsi di loro? La mamma aveva già sofferto tanto! Ed Ezio? No, doveva tornare.
L’ idea di chiedere a Diana un passaggio gli sembrò una vera cattiveria in quel momento e in più correre gli sembrava un ottimo modo per diminuire la tensione e il nervoso.
Osservò il casolare, poi corse via nel bel mezzo del bosco. Superò di gran velocità le pozze d’acqua e la quercia, quella dove aveva incontrato Diana, la piccola radura e poi … si ricordò di non aver mai esplorato oltre quella distanza. Salì velocemente su un piccolo arbusto contorto e scrutò in alto. Niente, non riusciva a vedere oltre le fronde degli alberi a nord. Maledizione! Pensò tra se.
Iniziò a scendere ma appena si diede lo slancio per saltare giù si sentì afferrare forte: Diana l’aveva afferrato di nuovo per la coda, e per non permettergli di darsela a gambe, era salita di quota.
«Dove credi di andare?» chiese la gazza ancora con lui nel becco.
«Dalla mia famiglia!»
«OTTIMA IDEA! Eh, dimmi, come credi di arrivarci da solo? In mezzo ai pericoli? Con serpenti grandi come vacche? EH? Dai! Sorprendimi!» la gazza gli rispose in modo divertito ma con una punta di aleggiante ramanzina nelle sue parole.
«Oh! Sembri mia madre! “Dove credi di andare” … “hai intenzione di farti ammazzare, Tito?”»
«Bene, almeno andremo d’accordo!» Diana stava volutamente sballottando Tito da una parte all’ altra.
«TU non verrai con me, Diana!» disse il topolino ma la gazza non sembrò molto felice della sua scelta. Il suoi occhi bluastri lo fissarono, poi, con una virata mozzafiato, si diresse dritta verso l’alto. Roteò su se stessa per far girare la testa al topino, arrivarono a più di cinquanta metri d’altezza.
«Puoi ripetermi le tue parole?» Diana si era fermata, adesso rimaneva in posizione nel bel mezzo del cielo. Allungò il collo e costrinse il roditore a guardare dritto sotto di lui. Tito deglutì terrorizzato, il sudore freddo gli faceva venire i brividi. Erano in alto, molto in alto.
«…Non …non … non verrai … D…DIANA! Perciò lasciami andare!» squittì.
«Ok, me l’hai detto tu!» e lo lasciò cadere, mollando la presa dalla coda. Tito precipitò roteando sgraziatamente. Si sentiva un proiettile piccolo, marrone e peloso.
Diana stava scendendo con lui, alla stessa velocità. Il topo la vide affacciarsi alla sua sinistra, continuando a cadere.
«Io ho le ali, Tito. Posso fermare questa caduta. Devi solo dire: “Sì, Diana! Accetto il tuo aiuto!”» disse imitando la sua voce perfettamente.
«No!»
«Tu hai aiutato me, Tito e io aiuterò te! Ma lasciamelo fare!».
Il topo sapeva bene che Diana non l’avrebbe mai lasciato spiaccicare sul freddo terreno ma conosceva bene la testardaggine di una gazza; la osservò. Volava, grazie a lui e proprio per quello erano diventati amici. Che strano, proprio adesso capiva che i loro destini si erano intrecciati indissolubilmente. Diana e Tito; Tito e Diana.
«Sì, Diana!»
«“Sì, Diana”, cosa?»
«Sì, DIANA! HO BISOGNO DEL TUO AIUTO! Adesso però salvami!».
La gazza sbatté le ali, virò un po’ e si pose proprio sotto il topolino. Tito atterrò perfettamente sulla sua schiena. Diana spiegò le ali, sfruttando il vento a suo favore. In un attimo erano di nuovo su nel cielo, a volare in alto.
Il paesaggio scorreva sotto le ali come un fiume verde, il volo fu sereno e lento. Tito sentiva il cuoricino battere forte. La sua famiglia era vicinissima!
«Dov’è Ella?» chiese il topolino che, solo in quel momento, si rese conto della mancanza dell’amica.
«Al casolare, le ho promesso che sarei tornata a prenderla dopo averti recuperato …» spiegò in breve. Adesso stavano sorvolando un bellissimo prato ghermito di cervi e fiori.
«Ma noi non lo faremo, vero?»
«WOW! Come hai fatto a capirlo?».

 
Ok, anche questo capitolo volge al termine e come al solito mi arrabatto per dire qualcosa di dubbia importanza; molto bene, vero??
Tito si è riscoperto, se prima il suo desiderio era quello di tornare a casa adesso vuole continuare a volare ma la famiglia chiama! Come andrà avanti? Qualche idea? (Io non ve lo dico).
Come al solito segnalatemi errori, idee e datemi consigli!
Curiosità: prima di decidere i nomi tutti i personaggi hanno avuto mille versioni, in più me li sognavo pure di notte! PSICOPATIA ALLE STELLE! Evviva!
Un esempio è Ella, questa topolina all’inizio doveva essere un maschio di nome Chicco. Il nome poi è cambiato in Elmo (come il personaggio rosso dei muppet) e infine si è trasformato in una femmina. Ella e Chicco (o Elmo) hanno una sola cosa che è rimasta uguale in entrambe le versioni: il colore!
  Bene, dopo questa rivelazione io vado a finire il nono e decimo e ultimo capitolo! Avverto che sarà un po’ più lungo! Ciao! 

   
 
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