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Autore: Blu_Polaris    25/02/2015    1 recensioni
Tito è un topolino con il sogno di volare e l' incubo di essere braccato dal Gufo. Tutto cambia quando, dopo una disavventura, incontra Diana, una meravigliosa gazza ladra che non sa volare ...
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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~~~~~~~~Capitolo 9- Al torrente

Arrivarono al torrente quando la luna già riluceva nel cielo. Tito rimase sconvolto nel vedere il piccolo nastro d’acqua cristallina che aveva fagocitato tutto.
Adesso la sua grandezza era quadruplicata.
L’acqua era diventata nera e sembrava ribollire creando creste schiumose e scure, il topolino cercò con lo sguardo l’entrata della tana ma si rese ben presto conto che anche quella era stata inghiottita.
All’ improvviso Diana si lanciò a mille verso il muro d’acqua e quasi vi si immerse. Tito non sapeva cosa stava succedendo fino a quando non vide che la gazza manteneva nel becco un topolino piccolo piccolo. Diana l’osservò.
«Tutto bene?» chiese Tito al cucciolo che si lasciò prendere tra le zampe e poggiare sulla schiena di Diana.
«Sì, grazie! Ma … ma dov’è la mia mamma?» guardò giù e vide un ammasso di puntini grigi, marroni e bianchi tutti ammassati in un angolino «OH! È lì!».
«Diana, hai sentito?» la gazza annuì e scese giù piano.
Tito poggiò il topolino sul terreno, poco più giù del torrente nero.
«Vai!» esclamò incitando il piccolo a correre dalla madre. In quel momento, mentre seguiva con lo sguardo il cucciolo.
Gli occhi di Tito furono attratti come calamite, si alzarono e inquadrarono, tra più di cento topi, quelli bruni e brillanti di sua madre.
«Mamma…» sussurrò. Lei si fece largo tra una marea di corpicini pelosi. Emerse piangendo come non mai, tra i singhiozzi abbracciò il cucciolo che credeva avesse perso.
«Tito! Credevo fossi morto!» lo stringeva così forte da non riuscire a respirare. Quell’amore, trasformato in calore e lacrime, commossero anche il topino. Era lì! La sua mamma, la sua dolce, dolcissima mamma. Nella mente di Tito passarono veloci i ricordi di una vita: lei che lo coccolava, lo stringeva, gli sistemava il ciuffetto e lo sbaciucchiava affettuosamente.
Oh mamma, quanto mi sei mancata! Pensò il piccolo ma piangeva troppo forte per dirlo a parole.
Diana osservava la scena con un po’ di malincuore e commovendosi a sua volta.
Quando Tito riuscì a riprendersi notò una cosa sola: dov’era suo fratello?
«Mamma, dov’è Ezio?» chiese e la madre ricominciò a singhiozzare.
«L’ho perso tra la folla …credo sia finito nel torrente…» Diana non attese un attimo, afferrò il topolino e lo pose sulla sua schiena. La gazza piegò le zampe e con due bei battiti d’ali spiccò il volo, erano diretti al torrente.
«Com’è tuo fratello?» chiese Diana.
«È un grosso topo grigio, con il dente sinistro scheggiato e con un pezzo di coda in meno …» spiegò Tito in modo grossolano.
«Cavoli … ma che diamine ha passato?»
«È mio fratello …»
«OTTIMA RISPOSTA! Adesso però voliamo, tuo fratello potrebbe essere ovunque!».
Tito pensò al peggio, Ezio era stato sempre vicino a lui, a tirarlo fuori dai guai talmente tante volte da averne perso il conto. L’ aveva sempre protetto e adesso toccava a lui salvargli la pellaccia.
Il sole era completamente calato e adesso una luce lunare, pallida e eterea, illuminava la superficie dell’acqua ancora tutta gorgogliante.
Percorsero, risalendo il torrente, almeno cinquecento metri ma di Ezio non c’erano tracce.
«Dove sarà?» si chiese la gazza. Tito continuò a osservare quel tremendo turbine di detriti scuri e vorticanti trascinati e sballottati da un torrente rabbioso e schiumante.
Poi, come un veliero che solca il mare in tempesta, emerse un tronco.
Tito riconobbe immediatamente un piccolo ammasso di pelo grigiastro: Ezio, bagnato fradicio.
Il topolino non disse niente, indicò soltanto il fratello.
Diana scese fino ad arrivare a poco meno di venti centimetri dal tronco ma le acque agitate non riuscivano a mantenerlo stabile. Ezio era costantemente bersagliato dalle onde schiumose e nere. Quando si rese conto che in sella alla gazza che gli si era avvicinata c’era Tito quasi cadde per la sorpresa.
«TITO! Sei tu?»
«Sì! Sono vivo! È bello vederti!»
«Credevo fossi morto!» squittì, un masso fece roteare il tronco su se stesso.
«Ehm … non per mettervi fretta ma credo, credo solo, che dovreste darvi una mossa!» Tito le diede ragione.
La gazza stava per afferrare Ezio quando un’ombra inconfondibile venne tatuata sull’acqua. Tito alzò lo sguardo di colpo.
«IL GUFO!» esclamò con tutto il fiato che aveva in gola. Diana fu meravigliosamente agile, con una giravolta schivò il grosso rapace ma non fu altrettanto svelta nell’impedirgli di ghermire Ezio.
Com’era piombato sul topo così risalì, sembrava un tornado di piume scure.
«EZIO!»
«Reggiti forte, Tito!» disse la gazza e, con un solo colpo d’ali, partì all’ inseguimento.      
Diana puntò dritto dritto alla cassa toracica del Gufo e, con un avvitamento ben controllato si scagliò sul suo stomaco. La botta fu tale che Tito perse la presa su Diana e, contemporaneamente a Ezio, precipitò. I due topi si strinsero uno con l’altro mentre la gazza, ancora scombussolata dall’urto, volava sgraziatamente verso di loro.
«Diana! Sei Stata grande!» esclamò Tito, la gazza stava ricominciando a riprendersi.
«Basta complimenti, cercate di avvicinarvi…» spiegò ma proprio mentre la gazza stava per afferrarli con le zampe il Gufo ricomparve. Colpì Diana sulla parte destra del corpo.
I due roditori videro l’uccello rotolare a terra come un peso morto.
Tito e Ezio ricaddero tra le fronde di un albero. Non attesero un secondo, scesero un po’ zoppicanti e cercarono di raggiungere l’amica.
Tito la vide poco distante dal sottobosco, con il corpo ripiegato verso sinistra e la ferita provocata dal Gufo ben in vista: un lungo taglio sanguinava sulla destra ma non le aveva impedito di muovere l’ala.
«DIANA! DIANA, VIENI!» urlò il topo marroncino cercando di non uscire dai confini del bosco. La gazza si alzò, cercando di non zoppicare e costatando che le sue ali erano ancora in grado di volare.  
«TI sei fatta male?» chiese Ezio osservando la ferita.
«Tu devi essere un genio dell’ovvio! Ezio, giusto?» chiese. Tito sapeva che la sua amica scherzava ma Ezio sembrò irritato.
«Simpatica la tua amica…» commentò sarcastico mentre Diana cercava il Gufo nel cielo puntinato di stelle argentee.
«Tito, vai con tuo fratello, ci vediamo al pino, ok?».
«Cosa? Che vuoi fare? Sei matta!?».
Diana osservò il piccolo roditore, grazie a lui lei volava, rideva, esplorava ed era diventata una vera gazza. Era libera, come l’aria, come quel semplice venticello che le permetteva di staccarsi da terra e di vivere!
Un topolino così piccolo era stato capace di liberarla dal filo spinato e di donarle speranza, quella speranza che aveva perso quel giorno. Il vento le aveva portato via i genitori, il cuore.
Il vento e un topolino glielo avevano ridato.
La gazza si abbassò all’altezza dell’amico, l’osservo con gli occhi blu pieni di dolce affetto.
«Sai cosa si dice di noi gazze, Tito?» il topolino fece un’espressione corrucciata «Che siamo attratte da ciò che luccica …» Tito sembrò ancora più confuso «…Ma a me non è mai successo…».
«Diana! Che cavolo stai dicendo?».
«Dico, Tito che tu hai visto un po’ di luce in me … un luccichio, è vero, ma l’hai visto! Lascia che adesso ti permetta di dimostrarti che non ti sei sbagliato …».
Tito le si avvicinò di colpo «Che vuol dire?» chiese, era decisamente agitato, si stava preoccupando.
«Vuol dire che tu hai il cuore di una gazza! Voglio dimostrarti di avere il coraggio che hai tu!».
Le sue ali si erano spiegate ed era volata via con un paio di battiti, Tito si sentì cadere il mondo addosso.
«DIANA! Ti rendi conto, vero? IO SONO UN TOPO!»
«Il più grande di tutti!» e proseguì il suo volo con estrema attenzione.
 
Tito vide l’enorme figura del Gufo uscire nuovamente dagli alberi.
Il rapace volava guardingo, gli occhi come fari puntati sul terreno. Vide qualcosa e, proprio mentre si preparava ad attaccare, Diana gli piombò addosso con un Crack assordante, facendolo cadere pesantemente tra la boscaglia.
Silenzio. Solo pioggia e tuoni.
Ezio sembrava già pronto ad esultare ma Tito rimase con il naso all’ insù ed eretto sulle zampe posteriori.
Wrum! Come una scheggia il Gufo uscì dalla boscaglia come un proiettile, era pronto a ghermire Diana. Aveva il becco storto e le piume della coda accartocciate e malaticce.
La gazza, molto più leggere e agile di lui, iniziò a salire, salire e salire. Tito ed Ezio dovettero strizzare gli occhi per vederla.
Poi successe qualcosa di inaspettato. Proprio come aveva già fatto con Tito, Diana chiuse le ali e si lanciò nel vuoto, questa volta non puntò a terra ma al Gufo.
Questi non sembrava intimorito, anzi, portò le zampe tozze e forti verso la gazza, ritte davanti al muso.
Diana riaprì le ali a pochi centimetri dal rapace e gli conficcò una zampa nell’ occhio.
Tito vide del sangue schizzare via e brillare di un bel color cremisi sotto i raggi lunari.
Un tuono solenne e un lampo fortissimo.
Dopo vi fu solo un mischiarsi di penne scure e chiare.
Lentamente i due combattenti caddero a terra. Tito capì che entrambi gli uccelli erano finiti nel torrente, ormai in piena.
«DIANA!» urlò.
Dall’acqua nera e vorticante uscì il Gufo. Non aveva più un occhio, una delle zampe era penzoloni. Fece pochi metri e poi ricadde sul terreno, la lotta gli aveva rotto un ala.
Tito attese e attese di vedere Diana volargli incontro ma ciò non accadde, con un paio di balzi superò la boscaglia e corse verso l’argine straripato del torrente, ancora impetuoso.
Non vi era traccia di Diana, le piume che galleggiavano sull’acqua sembravano silenziosi petali, Tito ne colse una.
«Tutto bene?» chiese Ezio affacciandosi, dietro di lui c’era l’intera colonia.
  Si diresse al pino, come concordato e attese ancora e ancora. Fino all’alba.
Il sole stava spuntando da dietro le montagne illuminando di luce gialla e calda tutto ciò che le capitava a tiro. Le ombre lunghe e dinoccolate, il verde del bosco e la stessa aria erano diventati membri del bosco in un tutt’uno che sembra eterno.
Il tutto era etereo e gli uccellini iniziarono a cinguettare. Diana non si vide.
«Tito … io …» Ezio provò a parlargli ma il fratello lasciò la piuma alle radici del pino e corse via. 


 

Ok, lo so che non dovevo pubblicare così presto ma ho già finito di scrivere tutto e voglio finalmente vedere questa mia storia conclusa.
Siamo quasi alla fine! Sì, avete capito bene!
Capitolo difficile, devo ammetterlo. Io stessa sono molto affezionata ai miei personaggi ma qui si spiega il perché ho voluto inserire la voce “triste” e soprattutto perché il rating è giallo.
Allora, io sono praticamente sconvolta più di voi ma voglio comunque dirvi che tutto era già ben delineato e la scelta è stata fatta per rendere il tutto più maturo. Proprio perché il capitolo è così non metterò la rubrica curiosità. Perdonatemi, vado a piagnucolare sulle mie idee malsane. Ritornando a noi, avete riscontrato errori?
Fatemi sapere! Il prossimo capitolo avrà molti disegni XD

   
 
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