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Autore: Tecla_Leben    26/02/2015    3 recensioni
Tutti pensano che la vita ad Hogwarts sia tutta rose e fiori. Per chi, come me, non è mai stato amante della scuola Babbana, corrisponde più o meno alla definizione di "Paradiso". Però ecco la fregatura: Hogwarts, fino a prova contraria, non esiste. O forse sì?
Dal testo:
"L’eco di Hogwarts. Così avrebbe potuto chiamarsi un ipotetico giornalino scolastico. E, sempre ipoteticamente, io avrei potuto essere una sorta di inviato speciale per qualche inedita chicca. Già, perché l’ufficio della Sprite e la sua relativa posizione era cosa ignota ai più, perché mai menzionato in precedenza, e di conseguenza avrebbe potuto costituire un discreto scoop. Ma quella volta, quando ci andai con la prof che mi spingeva spiccia ogni volta che mi soffermavo davanti a un bivio, pensavo solo alla colossale sfiga che sembrava avermi preso di mira, ben decisa a non mollarmi neanche un secondo."
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger, Nuovo personaggio, Ron Weasley, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
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L’aldilà era tiepido e profumava di lenzuola appena lavate. In quel tepore si stava tutto sommato bene, mentre galleggiavo pigramente in quel vuoto oscuro. Piano piano avvertii un formicolio irradiarsi dalla punta delle dita in tutto il corpo e sentii qualcosa di morbido sotto la schiena. Di nuovo, se riuscivo a distinguere il caldo dal freddo e il morbido dal solido, ciò significava che dovevo per forza esistere ancora, essere ancora in vita. Mi diede conferma di questa teoria il mio pugno destro, che strinse convulsamente quello che al tatto ( com’era piacevole poter distinguere qualcosa al tatto! ) sembrava un lenzuolo. Aprendo gli occhi vidi tutto sfuocato, poi la mia memoria ebbe un guizzo, un vago ricordo si agitò nella mia mente, come un pesce tirato fuori dall'acqua che, nel tentativo di respirare, muove un ultimo, debole colpo di coda. Rividi i miei occhiali a terra, frantumati e contorti e feci un sospiro profondo di rassegnazione, che parve più un sibilo sfiatato. A quel suono qualcuno, appisolato su una sedia ai piedi del letto, si scosse e si svegliò. Era una testa bionda, con i capelli tirati dietro alle orecchie, e da quel poco che vedevo sembrava piuttosto preoccupata.

<< Finalmente sei sveglia! >> urlò la ragazza, alzando la testa di scatto. Si chinò verso di me, mi strizzò in un abbraccio soffocante e represse quello che al mio cervello ancora obnubilato parve un singhiozzo piagnoloso.

<< Non ti azzardare a farmi venire un altro colpo del genere! >>

<< Ma di che diavolo stai..? >> iniziai io con un fil di voce. Cercai di tirarmi a sedere e all’istante sentii la ferita in via di guarigione riaprirsi lievemente, lasciando la sua impronta umida sulle bende che mi stringevano come una camicia di forza.

<< E di cosa potrei mai stare parlando? Ci hai quasi lasciatola buccia, ti rendi conto? Per fortuna che c’era quel Potter per attorno, altrimenti chissà cos.. >>

Io mi ributtai sui cuscini, reggendomi il fianco menomato con una smorfia dolorante.

Ecco, lo sapevo. Harry, era stato lui a sconfiggere il Basilisco, non io. Così era andata in fumo anche l’ultima chance di evitare l’espulsione. E, quel che era peggio, nessuno a parte Riddle, che però era stato ridotto a una pioggerella di brillantini, aveva potuto sentire il mio discorso ispirato sulla Casa di Tassorosso. Presi a fissarmi assorta e sconsolata la mano, umettata da una traccia scarlatta che gocciolava sul lenzuolo. Quasi richiamata da forze oscure accorse subito l’infermiera con un carico di bende pulite. Il cambio delle bende, come ebbi modo di appurare di lì a pochi istanti, era qualcosa di allucinante, perché in un modo o nell’altro la ferita si riapriva in continuazione a ogni mio movimento e di conseguenza perdevo liquidi come un colabrodo bucato, senza che ci fosse verso di fermare l'emorragia in tempi decenti.

Perciò mii fecero uscire dall’infermeria ancora convalescente e un po’ pallidina, con due brutte cicatrici sul fianco e l’avambraccio e vari cerotti sparsi un po’ ovunque. A parte qualche occasionale epistasi però non avevo riportato gravi conseguenze e così fui fuori dall’infermeria “appena” un mesetto dopo lo scontro nella Camera.

La parte peggiore dell’intera faccenda fu affrontare gli insegnanti, che mi fecero un mazzo così per la mia spregiudicatezza. Era saltato fuori che ‘sti qui si erano convinti della mia innocenza, venni a sapere, grazie alle doti di Legilimens di Piton, che attraverso i miei ricordi aveva visto il tizio del negozio applicarmi il disegno sul braccio.

Attimo di panico, possibile che avesse visto anche il libro? Ricordavo perfettamente, infatti, come il vigliacchetto avesse fluttuato nella mia mente in bella vista, al che mi sembrava quasi impossibile che Piton, Legilimens abile ed esperto, non l'avesse notato. Lui però non ne fece mai parola e io preferii non sollevare il discorso.

Poi ci fu quella volta, il giorno dopo, in cui incrociai il padre di Malfoy in Salone d’ingresso. Per la prima volta incontrai il tizio che era la causa di tutti miei guai. C’era ancora da capire come avesse fatto a trasferirmi dal mio tempo a quello che stavo vivendo adesso, e soprattutto perché proprio a me doveva capitare una cosa del genere. Ma forse,proprio come aveva detto quella volta Nina, la ragazza Serpeverde, solo i veri maniaci di Harry Potter venivano trascinati lì e tartassati finché non arrivavano ad odiarlo, proprio perché essendone ossessionati accrescevano la sua forza e così le possibilità di tener testa a Voldemort..

Comunque, decisi di fare buon viso a cattivo gioco e lanciai a Malfoy lo sguardo più candido del mio repertorio, con un sorriso a trentadue denti, anche se non ero certa che avesse capito chi aveva di fronte. Probabilmente, giudicando dalla sua espressione furente, gli bruciava ancora la liberazione di Dobby, ancora fresca di giornata, per così dire. Al mio passaggio, l’uomo tirò avanti senza fare una piega, a parte sgranare gli occhi come uova al tegamino appena tirate fuori dalla padella (a ben vedere, mi aveva riconosciuto eccome!) . Tuttavia non diede altri segni di cedimento, mi oltrepassò spintonandomi di lato e sparì oltre il portone con un fruscio del mantello.

Della serie: fate largo, bitches, arriva il nuovo testimonial del perfetto Swisssssh!

Mi feci due sane ghignate tra me e me mentre quasi mi facevo harakiri col manico della stampella scendendo in sala Comune, con l’intenzione di iniziare a farmi i bagagli. Non so se rendo, in una scuola di magia all'avanguardia come quella, c'era bisogno di ricorrere a due insulse stampelle. Di per sé non ne avevo bisogno, ma siccome a detta dell'infermiera ero ancora un po' malferma sulle gambe, me le aveva appioppate senza voler sentire ragioni. Così, trascinandomi su quei trampoli di legno, presi a scendere la scala di marmo a due gradini all'ora, per rendere un adeguato omaggio alla mia proverbiale goffaggine. Sennonché, all’imbocco dei sotterranei, già di lontano vidi tre figure che ciondolavano lì davanti, come in attesa di qualcuno. Naturalmente riconobbi i tre dell’Ave Maria a colpo d’occhio e mi feci gli ultimi cinque gradini in un balzo, andando loro incontro ignorando una leggera fitta che mi attraversò fulminea il fianco.

Notai anche che i tre avevano un comportamento piuttosto sospetto, ma non ci feci troppo caso.

I tre si voltarono in simultanea e, una volta che fui loro appresso, esibirono tre identici sorrisi imbarazzati.

<< Beh? >> sbottai allegramente, << Cosa avete da fare quelle facce? >>

Per tutta risposta, Ron e Hermione trillarono un “a dopo, Harry” terribilmente sospetto e si dileguarono su per la scala dalla quale ero arrivata io, lasciandoci soli là in mezzo al salone come due fessi.

<< Beh, siccome mi sembra di capire che oggi, i bagagli non li riesco a fare, ti va una passeggiata? >> chiesi, dirigendomi a larghe falcate verso l’ingresso, stampella permettendo.

<< Come no! >> mi rispose il ragazzo, venendomi dietro.

Arrivammo al campo da Quidditch senza dire una parola, lanciandoci occhiate curiose di sottecchi l’un l’altra. Ci sedemmo sul baluardo più alto e prendemmo a chiacchierare allegramente del più e del meno. A un tratto Harry se ne venne fuori con questa frase:

<< Lo sai, all’inizio dell’anno, a guardarti bene non mi dicevi un granché. Eri molto anonima e te ne stavi volentieri per i fatti tuoi, sempre imbronciata col mondo. Poi è come scattata una molla e.. puff! Senza un perché ti sei messa a chiedere autografi a destra e manca. Poi hai iniziato a provocare Malfoy e lì ho capito che mi stavi simpatica. Pian piano ti ho vista abbandonare il tuo guscio, sei diventata più esuberante ed estroversa. E poi ho visto il tuo tatuaggio e ho pensato che tu fossi una spia di Tu-Sai-Chi e me ne sono stato alla larga. Quando poi sei venuta a salvarci nella foresta a bordo della macchina di Ron, ero confuso più che mai. Non sapevo più cosa pensare. Infine ti ritrovo agonizzante nella Camera dei Segreti con Riddle che si fa quattro risate lì accanto. In quel momento ho avuto.. sì, beh,un po’ paura. Se fossi morta,mi saresti mancata, capisci? >>

Io, che fino a quel momento lo stavo ascoltando solo distrattamente, quasi cascai giù dallo spalto per la sorpresa, ficcandomi la dannata stampella nello stomaco e rischiando di provocare un’esondazione del Nilo di sangue. Insomma, se il cervello non mi si era bevuto da solo, stavo assistendo a una confessione in diretta! Chissà, magari c’era anche dell’altro...

<< Insomma, ho capito che per me eri e sei una persona importante, ma non è che sappia molto altro sul tuo conto... >>

Tranquillo amore, possiamo rimediare dopo il matrimonio!

<< Ma una cosa devo assolutamente chiedertela.. >> continuò lui, adesso con tono esitante.

Sì, certo che voglio stare con te, Harry! Ho passato anni a sognare questo momento, e adesso, finalmente..

<< Sì, Harry! >> gridai come spiritata.

<< Grandioso! Allora, come hai fatto? >>

Attimo di perplessità.

<< Fatto cosa? >>

<< A sapere dove fosse la Camera dei Segreti, no? >>

La solita Incudine della Delusione mi si schiantò silenziosamente sullo stomaco, congelandomi il sorriso sulle labbra.

<< Aaaah, quuuuuello... ..Beh, non è stato difficile, sai? >>

<< Ah no? E come ci sei riuscita? >>

<< Ecco.. io.. l’ho ..vista! sissì, l’ho proprio vista.. uhm, nella mia mente! >> aggiunsi, annuendo energicamente.

<< Sei una Veggente? >> chiese lui, dubbioso.

<< Ecco sì, bravo! È proprio come dici! Sono una Veggente! riesco a capire dove si trovi qualcosa solo pensando intensamente alla cosa stessa! >> risposi senza neanche prendere fiato, manifestando l’approvazione agitando l’indice.

<< Caspita, deve essere utile quando non trovi qualcosa.. Ehi! Ecco come hai fatto a trovarci nella Foresta! >> disse lui, battendosi il pugno sul palmo.

<< Eh già, a volte è proprio comodo... >>

Passarono alcuni minuti, in cui io mi concentrai a far ciondolare le gambe in preda a un misto di imbarazzo e delusione.

<< Posso chiederti un’altra cosa? >> chiese di nuovo lui, dopo qualche attimo passato in sovrappensiero.

<< Mh-mm? >>

<< Perché hai deciso di affrontare Riddle da sola? >>

Altro attimo di panico.

Come spiegarglielo, adesso?

<< Mah? E chi lo sa? Penso perché, in quel modo, forse, avrei potuto risollevare il nome della mia Casa, e far vedere a tutti che non siamo mollaccioni come voialtri siete abituati a pensare! >>

<< Io non penso che siate una Casa di mollaccioni! >> protestò Harry, guardandomi negli occhi. Siccome io avevo sgranato due occhi come uova al tegamino, lui si mise a recitare una filastrocca, che io del resto conoscevo molto bene.

<< È forse Tassorosso la vostra vita, dove chi alberga è giusto e leale? Qui,la pazienza regna infinita… >>

<< ...E il duro lavoro non è innaturale, già. Però sai, a me sarebbe piaciuto di più stare nella tua Casa. Ho sempre ammirato il coraggio che vi contraddistingue... >>

<< Ma scusa, solo perché è Grifondoro, non significa che siano tutti coraggiosi, quelli della mia Casa! Così come non è detto che non ci sia gente con coraggio nelle altre! Guarda te, per esempio! Hai dimostrato molto più coraggio di molta gente che conosco, scendendo là sotto! E senza una ragione effettiva, per di più! Sei una tipa molto speciale, Tec! Non devi sminuirti così! >>

Ok, col suo ragionamento ero andata fuori di testa già a “Casa”, figurarsi il resto del discorso. E vogliamo parlare del furore che gli vidi balenare negli occhi quando mi afferrò le mani con tanta foga da ridurmi le dita a salsicciotti scarlatti? Mai probabilmente quanto il mio volto, che sentivo letteralmente in fiamme. Era ormai più che palese che lui tenesse a me, anche se non nel senso che avrei sperato io. Però già questo mi bastava, perché non è che fosse cosa di poco rilievo. Tra le mie amicizie, seppur poche, potevo vantare quella del leggendario Harry Potter, e voglio proprio vedere quanti altri Potterheads possono dirsi titolari di un lusso simile!

Per non scoppiargli a piangere in faccia lo acchiappai per le spalle e lo abbracciai di slancio.

<< Harry, >> gli mormorai all’orecchio, << te lo devo dire. All’inizio ero innamorata persa di te, ma ora ti vedo come un fratello, una parte indissolubile di me e della mia stessa vita. La tua nascita è stata una vera Manna, non solo per il popolo Magico, ma anche per me. Se non ti avessi conosciuto, non so se sarei qui a raccontartelo... >>

Sì, lo so, che smielata, direte voi. Anche io, ripensandoci adesso, mi chiedo come cavolo è possibile che me ne fossi uscita con una dichiarazione del genere. La Tecla che conoscevo avrebbe potuto esprimersi in mille altri modi, ma mai così! Ci avrei visto meglio un bel rutto roboante, o magari una battuta di spirito, ma mai come una sbarbina in preda agli ormoni! Il fatto è che ormai avevo perso la trebisonda e non capivo più una fava di quello che stavo facendo. Sentivo solo i suoi capelli negli occhi, il battito del mio cuore contro il suo petto e i miei singhiozzi incontrollabili. Ok, tentativo Tecla-don’t-cry fallito. Harry prese a farmi pat-pat sulla schiena come a un poppante bisognoso del ruttino, cercando di consolarmi.

<< Beh, dopo questa direi che possiamo anche tornare indietro, eh? >> dissi, tirando su col naso e alzandomi, puntellandomi sulle ginocchia, << Non sia mai che mi salto la cena per due sentimentalismi! >>

Il giorno dopo, alzarmi dall’ormai familiare letto con il baldacchino intagliato fu un’impresa particolarmente ardua. Trascinai di malavoglia il mio baule fin nella sala comune. Decisi di bigiare la colazione e farmi un ultimo glorioso giro turistico del castello. Avevo a disposizione circa un’oretta, che per un posto di tali dimensioni non era molto, perciò uscii sparata dalla catasta di botti, mandando deliberatamente a quel paese la solita stampella, e schizzai al primo sito che mi venne in mente: l’aula di Pozioni.

Giunta sul posto, non è che ci fosse molto da vedere: i banchi, vuoti e desolati come una cornice senza foto; i calderoni, spariti; l’armadio con gli ingredienti, sigillato a tripla mandata; la lavagna, nera, pulita e lucida come un vetro fumé; la cattedra inabitata, ordinatamente parcheggiata contro la scrivania sgombra dai ninnoli che la occupavano di solito.

La visione generale mi diede un brutto senso di malinconia e abbandono: per un mese intero, il posto in prima fila che di solito occupavo io avrebbe vissuto un periodo di quiete e tranquillità, senza esplosioni di nessun genere.

<< Che stai facendo, Leben? >> disse una voce bassa alle mie spalle, facendomi trasalire dallo spavento. Mi voltai e vidi Piton, unticcio e inquietante come sempre, ma con una strana espressione in volto.

<< Ehm.. veramente.. stavo solo dando un’ultima occhiata in giro prima di partire.. >> spiegai esitante, reggendomi il fianco ormai come d’abitudine, con aria vagamente colpevole.

Infatti mi aspettavo che Piton mi cacciasse fuori in malo modo, con la solita scusa del -fuori-è-una-bella-giornata-vai-a-goderti-l’aria-aperta, e invece il professore riuscì a stupirmi per l’ennesima volta.

<< Va bene Leben, se proprio ti fa piacere.. >> e fece per ritirarsi nel suo ufficio. Passandomi accanto mi posò una mano sulla testa, cosa questa del tutto fuori luogo, per uno come lui. Rimasi un quarto d’ora buono a fissare la porta dal quale si era eclissato, torturandomi un ciuffo di capelli con la bocca spalancata. Poi mi resi conto di quanto tempo prezioso avessi sprecato e corsi fuori dall’aula in cerca di altri lidi da salutare. In un altro quarto d’ora avevo fatto tappa in quasi tutti i posti che mi interessavano, compresi il bagno al secondo piano, le varie aule dove si tenevano le lezioni (avendo cura di girare alla larga da Difesa contro le Arti Oscure,ancora piena della presenza di Allock-Piaga-Umana) e le rive del Lago Nero.

Mi stavo appunto sciaguattando i piedi nell’acqua bassa che mi sentii chiamare in lontananza. Voltandomi, vidi tre figure che si avvicinavano a passo molleggiato. Riconobbi Ger e Lory, mentre non riuscii a identificare il ragazzo che le accompagnava, con il braccio stretto attorno alle spalle di quest’ultima.

<< Tec! Eccoti qua, dài, che stiamo andando! >> urlò Ger agitando una mano. Io risposi al saluto agitando la mano a mia volta e presi a riallacciarmi gli anfibi.

Raggiunsi il terzetto con aria non troppo entusiasta, squadrando il tipo con curiosità.

Era un bel ragazzo, con occhi sottili, ambrati e gentili, e i capelli biondi legati in una treccia che gli partiva dalla nuca. Mi ricordava vagamente il protagonista di un manga che se ne andava sempre in giro vestito di nero e giacca rossa e un braccio meccanico, di cui adesso non ricordo il nome.

<< Piacere, Edward. Tu sei Tecla, giusto? Lory mi ha parlato un po’ di te! Come butta? >> si presentò il ragazzo, stringendomi la mano.

<< Non c’è male. Ma che, voi due filate insieme? >> chiesi con la mia solita delicatezza, squadrandolo col sopracciglio alzato.

<< Detta a quel modo è un po’ rude, ma è così! >> sorrise il ragazzo, lanciando alla mia compagna uno sguardo zuccheroso. Mi ero sbagliata, il protagonista del mio manga era famoso per la sua scarsa delicatezza e untuosità, e in tutta onestà lo preferivo di gran lunga al tizio che mi stava davanti, decisamente troppo melenso per i miei gusti.

<< Vedo hai lasciato perdere Malfoy allora, eh? >> chiesi a Lory dandole di gomito.

<< Troppo snob. Ho scoperto di preferire i cervelloni. Edward sta in Corvonero! >> fece lei, tutta contenta, strattonando il biondino.

Buon per lei, a me i secchioni non hanno mai detto un granché. A meno che non si trattasse di cervelloni nerd, possibilmente del mio stesso fandom. Ma si sa, i fanboy sono una specie ormai quasi estinta, perciò era molto probabile che sarei rimasta zitella a vita.






Angolo autrice:

Beh? Come va la vita? In questa settimana me n'è successa di ogni, ma nonostante tutto mi è difficile dimenticare l'appuntamento del Giovedì pomeriggio! Ero un po' indecisa, in realtà, dato che il capitolo precedente non ha ottenuto i risultati che speravo. In fondo è quello che più mi sono impegnata a fare, e quello che mi piaceva di più anche prima della seconda stesura. E mi ha lasciato un po' perplessa il fatto che non avesse ottenuto un granchè. Ma siccome mi piace pensare positivo, non mi sono abbattuta e sono tornata puntuale come un orologio svizzero. Con un po' di magone, perchè questo è il penultimo capitolo di quella che mi piace chiamare la mia primogenita, a cui come ho detto sono molto affezionata. Ma ora basta fare i sentimentali, che se no facciamo sera!

Vi aspetto come sempre la prossima settimana, che ahimè sarà anche l'ultima. No ok, stavolta la pianto davvero. Manco stessi andando a morire, poi!

See yah!

Tec


  
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