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Autore: La Setta Aster    26/02/2015    1 recensioni
Vi è mai capitato, scrutando il cielo, di sentire dentro di voi la sensazione che altri occhi come i vostri siano puntati al firmamento in cerca di risposte? E se vi è capitato, avete provato a parlare con le stelle? Aster, una ragazza aliena di Neo Cydonia, e James, un giovane terrestre come voi, a distanza di anni luce hanno in comune un cuore sempre in fuga dal mondo, in direzione dell'universo.
Genere: Avventura, Science-fiction, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno
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Era calata la notte, sulle torri del porto di Argo. Per tutto il giorno che seguì la visione, Aster dovette sentirsi pugnalare il cuore ad ogni occhiata della madre. Pareva aver perduto ogni diritto, e il senso di colpa era tanto forte da farle accettare ogni parola, per quanto atroce potesse essere, riferita a lei dalla donna che l’aveva messa al mondo. Non trovava pace, né sonno, e ripensava alle delusioni che aveva dato a sua madre. Non aveva nemmeno voglia di indagare sul significato del sogno ad occhi aperti della sera prima. Anzi, iniziava a convincersi che forse non era stato altro che quello: un sogno particolarmente vivido. Non era nemmeno sicura di ciò che aveva visto. Era triste. Nemmeno il panorama della notte la confortava. Non pensava ad altro che ad un futuro che diveniva sempre più labile. Qualunque cosa si fosse prefissa di fare, non sarebbe mai riuscita a portarla a compimento. Posso promettere a me stessa che la smetterò di fantasticare e inizierò a prendere la mia vita un po’ più sul serio, ma sono certa che non servirà a nulla. L’unica soluzione è fuggire da questo caos alla ricerca di una risposta alle mie domande, alle mie speranze. Voglio realizzare i miei sogni e voglio smetterla di far soffrire mia madre, ha già patito abbastanza. Quanto vorrei avere un’occasione per dimostrare quanto valgo, partire per un’avventura nella quale farò cose talmente grandi che tutti mi ameranno. Sono pensieri che forse ho ereditato dalla cultura umana, ma proprio per questo mi sento diversa dagli altri, da tutte le innumerevoli specie che fanno parte della Comunità Galattica. Sono un pochino umana, si può dire. Stavolta la musica terrestre era inviata dalla sfera blu direttamente nella mente della ragazza, a fare da colonna sonora ai suoi pensieri. Life on Mars pareva parlare proprio di lei, e come al solito David Bowie aveva capito chi fosse Aster, meglio ancora di quanto lo avesse compreso lei stessa. Ascoltando quella canzone almeno una volta al giorno, non poteva fare a meno di ripetersi ogni singola volta accidenti, sono io!  Tutt’un tratto, accadde qualcosa che sorprese Aster, e catturò la sua attenzione: durante il momento di silenzio che seguiva la fine di una canzone e precedeva l’inizio di un’altra, sentì un rumore, come un debole allarme, un ‘bip… bip’. Aster ordinò alla sfera blu di non inviare più alcun suono, e di insonorizzare la sua stanza in entrambi i sensi, di uscita e di entrata. Fatto ciò, il suono non sparì affatto.

“aumenta la luminosità della stanza” disse. La vetrata che fungeva da muro inclinato fin sopra al letto, s’illumino lentamente, mostrando i poster olografici di diversi film terrestri, di gruppi musicali e cantautori. Fra di essi spiccava quello cartaceo del cantautore preferito di suo padre, lo stesso che con sole tre o quattro canzoni conosciute aveva stregato la giovane Aster: proprio David Bowie. Proveniva direttamente dalla Terra, quel grosso pezzo di carta rettangolare, e per lei era una reliquia alla quale teneva moltissimo. Il padre della ragazza aveva visionato anche un vecchio film che lo vedeva protagonista, ma lei non ricordava il nome; pensava spesso a quale potesse essere il titolo di quel lungometraggio, si tormentava per trovarlo, perché sarebbe stato un modo di onorare suo padre, e di portare avanti ciò in cui loro due credevano. Era importante, ma fino a quel momento il nome del film era rimasto un peso nel cuore della ragazza. Uno scaffale in legno costruito a mano apposta per lei, con legno degli alberi di Neo Cydonia, era straboccante di libri, anch’essi fatti apposta per Aster: erano racconti terrestri, captati dalle pattuglie sulla Terra, e che l’intraprendente ragazza aveva trascritto su carta, con una penna ad inchiostro che si era fabbricata. Per i coetanei di Aster, ma anche per gli adulti, i vecchi ed i bambini, lei era strana, fissata con gli esseri umani e mai concentrata su ciò che faceva. ‘persa nelle sue fantasie’, così la definivano gli scienziati della mente. Ma né loro né altri avrebbero mai capito Aster, solo Hypatia, suo padre e se stessa. Il rumore proveniva dal vecchio baule dei ricordi, dove Aster teneva gli oggetti che avevano segnato diversi momenti della sua vita. Era da tempo che non aggiungeva nulla a quei ricordi. Incuriosita, prese la chiave dal suo comodino – persino quello in legno, sul quale era posata una lampada fluttuante – e aprì il lucchetto. Fece tutto con molta lentezza, un po’ per timore, un po’ per convincersi che stava accadendo qualcosa di importante. Le dita scorsero sull’apertura, fino ai bordi laterali, poi, sentendo i polpastrelli che tastavano con eccitazione la fessura, spalancò il baule. Sotto a mille oggetti, strani agli occhi degli altri, Aster vide illuminarsi ad intermittenza una luce rossa. Scostò con delicatezza e cautela le cianfrusaglie e le vestigia di una giovane vita, fino a scoprire che la luce proveniva dalla pietra posta al centro di un bizzarro amuleto, che era appartenuto a suo padre, e che fu lui stesso a donare alla figlia. Lo ispezionò a lungo, finché decise che troppe domande necessitavano una risposta. Così, si vestì con vestiti comodi e scuri, e si diresse da Hypatia, l’unica che l’avrebbe aiutata ad entrare in una zona militare riservata, dove l’astronave di suo padre, sede, credeva lei, di informazioni sull’amuleto, era tenuta all’ancora. Un coltellino multiuso mi sarà più che utile, e prese un piccolo cilindro argentato che creava oggetti solidi su una estremità con una tecnologia di metallo liquido plasmabile. Infine, indossò i suoi occhiali con visore notturno, e fu pronta per partire alla ricerca di risposte. Quando la curiosità e un pizzico di pazzia si alleano col cuore di un giovane, nulla sembra troppo grande per essere affrontato.

Aster inviò attraverso il suo orologio – che aveva mille e uno usi, oltre a quello di ricreare oggetti solidi – un messaggio vocale all’amica, che ben presto si affacciò alla finestra.

“Aster! Che ci fai qui? È notte fonda!” domandò.

La ragazza, mimetizzata nell’ombra grazie alla sua pelle scura e agli indumenti neri che indossava, alzò l’amuleto per mostrare la luce rossa lampeggiante. Hypatia si sporse per vedere meglio. “arrivo” disse poi. Si cacciò addosso qualcosa e raggiunse Aster.

“che cos’è questo coso?”

“è un vecchio oggetto appartenuto a mio padre, me lo aveva portato da una delle sue avventure”

“e perché lampeggia e continua a fare ‘bip’?”

“non so, ha iniziato stanotte, ma so che se voglio risposte, dovrò cercarle nel computer di bordo della nave di mio padre”

“ma, Aster!” esclamò l’altra “si trova ormeggiata in un capanno militare, ed è sotto stretta sorveglianza!”

Infatti, quel mezzo era stato ritenuto ‘potenzialmente pericoloso’, in quanto avrebbe potuto contenere oggetti o addirittura creature ostili, raccolte durante i molti viaggi per la galassia, schizzando da un pianeta all’altro.

“c’è solo una persona che ha l’autorizzazione, la chiave d’accesso e lasciapassare per entrare nella nave”

Aster annuì. “mia madre”

“non ti consentirà mai di entrare”

“e avrei anche l’autorizzazione a requisire la nave” continuò la ragazza, ignorando gli avvertimenti dell’amica.

“che intendi fare, allora?”

Gli occhi color quarzo divennero due fessure. “la ruberò”

Detto questo, corse di nuovo a casa, seguita dall’amica. Entrarono nell’abitazione senza far rumore, sulle punte dei piedi. Erano silenziose come felini. Rubare in casa mia, che mi son ridotta a fare. La tessera doveva trovarsi nello studio della madre, dove lei organizzava gli articoli per il videogiornale dove lavorava. Aster si pose davanti alla porta, e posò una mano sul pannello che fungeva da maniglia, ed essa si aprì, sibilando. Sperò che quel rumore non avesse ridestato la donna che dormiva al piano superiore. Lo studio era un gran caos, colmo di piccoli schermi per gli appunti, sparsi ovunque, e computer. Inoltre, la finestra che dava sulla piana dove Aster amava riposare sull’amaca era aperta, e il vento, attirato dall’apertura della porta, fece tintinnare delle campane tubolari, collegate ad uno scaccia sogni. Hypatia richiuse immediatamente la porta, ma nella fretta fece rumore coi piedi. Digrignarono entrambe i denti, col cuore che pulsava isterico. Aster prese a cercare nella cassettiera dove sua madre teneva i documenti del padre. Ed eccola là: una busta di un materiale simile alla plastica terrestre, contenente dei vecchi fogli di carta – vecchi quanto la nave – e, insieme a quelli, una piccola cornice rettangolare, che, se attivata da un apposito scanner laser, si sarebbe illuminata e avrebbe rivelato la sua natura di contenitore dati virtuale, concedendo al possessore – se corrispondente alle descrizioni che la tessera avrebbe inviato allo scanner una volta attivata – di visitare o riappropriarsi del mezzo. Presa dall’eccitazione, Aster agguantò il malloppo, e fuggì via contraendo i muscoli delle gambe per diminuire l’impatto dei piedi e fare meno rumore. Subito dietro di lei, la seguiva Hypatia. Una volta fuori e lontane dalla casa, le due ragazze si guardarono.

“hai trovato quel che cercavi?” domandò Hypatia, speranzosa di veder felice l’amica.

“sì, Hypatia, ce l’ho!” disse, mostrando la tessera rettangolare.

“e adesso che farai?”

Una brezza scompigliò i capelli delle amiche. Aster sapeva cosa avrebbe fatto, ma le parole parevano voler restare nella bocca e non uscire. Si fece forza. “entrerò nella nave di mio padre, ma ora, pensando… sento che le risposte che cerco non le troverò là”

Hypatia rimase muta per un tempo che parve essere infinito.

“le troverò sulla Terra”

Gli occhi dell’amica si fecero umidi, poi lucidi. Prese le mani di Aster fra le sue. “amica mia, sorella” le disse “so che le risposte ai quesiti di tutta la tua vita stanno a migliaia di anni luce da qui, ed è sempre stato tuo destino fare follie per ottenerle”

Gli occhi di entrambe, ora, lasciavano sfuggire delle lacrime, protette dalla notte, che brillavano, toccate dalla luce lunare.

 “grazie, Hypatia, sei tutta la mia vita!”

Le due ragazze non sapevano che quello che si diedero in quella notte fu l’ultimo di una lunga serie di teneri abbracci che le avevano accompagnate in ogni orario della loro esistenza. Avrebbero dovuto attendere diverso tempo prima di poter provare di nuovo le stesse emozioni d’amicizia, e ormai sarebbero state entrambe donne.

“non ti dimenticherò mai”

“neanche io, sorellina, neanche io”

Quando si allontanarono da quella stretta d’affetto, Hypatia disse ad Aster di correre verso la sua meta, e di non voltarsi indietro. Ma Aster lo fece. Se fosse stata sua madre a dirglielo, o chiunque altro, avrebbe obbedito, ma per Hypatia fece un’eccezione, rivolgendole sguardi bagnati e salati, con occhi gonfi e rossi.
Quando giunse alle porte del forte militare dove era tenuta l’astronave di suo padre, Aster dovette asciugarsi le lacrime e schiarirsi la voce. Una barriera bloccava l’ingresso, e davanti ad essa vi era un piccolo capanno montato solo per lo scopo di ospitare le sentinelle. Un sottufficiale era di guardia, e fermò Aster non appena si avvicinò.

“ferma! Chi sei?”

“mi chiamo Aster, ho un lasciapassare”

“e qual è il motivo della tua visita a quest’ora?”

Il militare era armato di un fucile energetico, che sparava proiettili singoli o piccole raffiche, concentrando l’Energia Cosmica in un colpo letale, che bruciava alla temperatura di una stella, ma convogliando tutto il calore in una sfera grande quanto un pollice, senza che esso potesse disperdersi.

“è passata la mezzanotte, oggi divento maggiorenne” mentì “e volevo battezzare la maggiore età visitando il passato di mio padre, la sua astronave”

Detto questo, Aster porse la tessera all’uomo. Questo la prese, e utilizzò uno scanner per far accendere un piccolo schermo azzurro nel riquadro color acciaio. La tessera trasferì le informazione allo scanner, che era munito a sua volta di una piattaforma su cui leggere ciò che conteneva.

“Teti, figlia di Leonta, si avvale di questa dichiarazione di Diastin, marito di Teti e figlio di Anfiarao, per requisire, per un tempo indeterminato e per scopi privati, il mezzo per viaggi spaziali di proprietà dello stesso Diastin” il sottufficiale leggeva con tono apatico e sistematico, come una macchina.

“legga più sotto”

“al compimento dell’età matura, Aster, figlia di Teti e di Diastin – proprietario del mezzo – potrà avvalersi di tutti i vantaggi contemplati dal possesso di questa tessera”

Così, dicendo solo che era autorizzata e senza fare altre domande, restituì la tessera ad Aster e aprì i cancelli. Quella era la Zona Militare: chilometri e chilometri di magazzini, basi sperimentali, laboratori, rampe di lancio, hangar e caserme, oltre ad un piccolo spazioporto personale. Il sottufficiale che aveva accolto Aster incaricò un’altra guardia di scortare la ragazza fino all’astronave descritta dalla tessera. E così fu: dopo aver camminato in mezzo alle fioche luci notturne dei lampioni, per almeno un quarto d’ora, l’uomo in divisa si fermò davanti ad un hangar chiuso.

“questo è il posto” disse, prima di pigiare un bottone di fianco al portone d’ingresso “ecco, ora il soffitto all’interno si sta aprendo, casomai volessi far decollare la nave. Hai compiuto la maggiore età, giusto? Dovresti essere valida per il volo, allora”

Senza pensarci due volte, Aster ringraziò e chiese di aprire il portone. È incredibile, basta una tessere valida per avere tutto questo potere! La burocrazia è davvero fuori da ogni logica. Con la pressione di un altro pulsante, questo si spalancò, mostrando ciò che conteneva. Gli occhi di Aster si spalancarono tanto da uscire quasi dalle orbite. Il vascello aveva ancora lo scafo – una volta eburneo, ora sporco – ammaccato, danneggiato, e ogni ferita inflitta nel metallo poteva raccontare una storia emozionante. Sul dorso s’innalzava un pilone che si concludeva sulla sommità con una grossa sfera trasparente, ma nonostante fosse translucida era molto più resistente del resto dello scafo, in quanto costruita con un materiale più moderno, lo stesso hyle, e questo lasciava intendere che quella parte del vascello fosse stata aggiunta in seguito. Eccitata come non era mai stata, Aster si diresse subito verso il portellone d’entrata, lo aprì, ed entrò. Era piuttosto grande, come astronave con equipaggio di sei persone. Ma per Aster non fu difficile trovare la strada per la cabina del capitano, suo padre. Non appena il suo piede si posò sul pavimento della stanza, questa s’illuminò di decine di terminali, schermi, che a loro volta rendevano visibile un gran disordine di carte, agende olografiche e altri oggetti sparpagliati su scrivanie e per terra. Una sfera blu come quella di Aster comparve dal nulla e le si piantò davanti al naso.
“bentornata, Aster” disse una voce femminile. Lei era sgomenta, ma chiese ugualmente chi fosse a parlare.

“il mio nome è Kibernete, che nell’antichissima lingua significa ‘pilota’. Per tutti questi anni ho vegliato su di te senza avere il permesso di dialogare, fino al momento in cui tu saresti tornata. Sono l’astronave di tuo padre, e ho una coscienza come ce l’hai tu”

Queste parole lasciarono Aster di pietra. Non sapeva cosa dire, non sapeva cosa chiedere. Aveva appena scoperto che la sfera blu lasciatale da suo padre altro non era che la sua stessa nave, a quanto pare cosciente. Una vera e propria intelligenza virtuale.

“come sapevi che sarei venuta?” chiese infine.

“non lo sapevo. E nemmeno tuo padre lo sapeva. Ma lui contava sulla tua curiosità. Per un motivo o per un altro, saresti venuta, pronta per ereditare le sue ricerche, e matura abbastanza da portarle avanti. Dunque, io so, ho visto quale motivo ti ha spinta qui. Un richiamo: ciò che porti nella tua tasca ha le sembianze di un amuleto, ma è un congegno che tuo padre ha creato per avvertirlo se la nave avesse ricevuto messaggi, e con quelle fattezze avrebbe potuto utilizzarlo anche durante viaggi su pianeti arretrati; a quanto pare, c’è un messaggio”

“ha smesso solo poco fa di fare uno strano rumore”

“non appena il messaggio giunge a me, quel dispositivo inizia a lampeggiare; se viene ignorato per diverso tempo, emette il suono che tu hai sentito, a intervalli di un’ora. Adesso, giovane Aster, vuoi sentire cosa ha da dirti quell’amuleto?”

Aster era ancora più incerta, ma la curiosità era il difetto e il pregio che in lei brillava con più forza.

“riferiscimi il messaggio”

ANGOLO DEGLI AUTORI:
Un colpo di scena infittisce la trama, e ormai Aster non può più tornare indietro: è decisa a partire, abbandonare Neo Cydonia per intraprendere unìavventura! Nei prossimi capitoli accompagnerete la ragazza Cydonense nel suo viaggio fino alla Terra! ;-)

 
  
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