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Autore: Eibhlin Rei    27/02/2015    2 recensioni
La C.A.T.T.I.V.O. non si è limitata a seguire gli esprimenti dei gruppi A e B, ma ne ha anche condotto un altro, parallelo ai primi due. Stavolta però, le Variabili sono diverse e si tratta di un unico soggetto.
Lei deve solo osservare...
"Nonostante la sua giovane età credeva di aver smesso di avere paura, ma in quel momento la barriera che si era costruita intorno si incrinò e la realtà le arrivò addosso come una valanga: non provò più solo dolore per tutto ciò che stava abbandonando, ma anche un terrore cieco. Le avevano soltanto detto che avrebbe avuto un ruolo chiave nella cura dell’Eruzione e che avrebbe salvato la razza umana. Ma a quale prezzo? Cosa sarebbe successo a lei?"
Spoiler fino a "La rivelazione" e riferimenti a "La Mutazione".
Genere: Drammatico, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Minho, Newt, Nuovo personaggio, Teresa, Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Ehm… ecco… salve, Pive!
Scusatemi, è una vita che non aggiorno, ma sono stata sommersa dagli esami T^T ora però, per vostra (s)fortuna, sono libera come l’aria!
E niente, grazie mille ancora a chi segue/legge/recensisce questo mio delirio abissale che ho la faccia tosta di chiamare storia. Grazie mille di cuore! <3
Io e i miei pessimi discorsi passiamo e chiudiamo, buona lettura! :D

 
10.
 
L’Uomo Ratto si fermò davanti ad una porta e lei non tardò a riconoscerla: era la stessa dalla quale, la notte prima, aveva origliato quella breve conversazione. Dovette trattenersi per non lasciarsi sfuggire un sorriso soddisfatto: quella sarebbe stata la sua meta non appena fosse calato il buio.
Chissà che non riesca a trovarci qualcosa di interessante…
«Tornerò a prenderti per riportarti dai tuoi compagni», le disse soltanto l’Uomo Ratto, poi bussò alla porta e, dopo qualche attimo, la aprì per farla passare.
Mentre l’uscio si chiudeva alle sue spalle, si diede una rapida occhiata intorno. L’ufficio non aveva nulla di diverso da quello della signorina McVoy, tranne – com’era ovvio – la sua occupante, seduta dietro la scrivania.
La signorina Lichliter era molto graziosa e, probabilmente, non doveva avere più di una trentina d’anni. Aveva i capelli castani raccolti in uno stretto chignon e un viso dai lineamenti regolari ed armoniosi. Ma i suoi begli occhi grigi la fissavano con astio da dietro la sottile montatura degli occhiali e la sua espressione non era decisamente delle più amichevoli. I suoi vestiti, come quelli di tutti i suoi colleghi, erano completamente bianchi.
«Avvicinati e siediti», le ordinò freddamente, indicandole una sedia. Sentire la sua voce non le lasciò più alcun dubbio: era lei la donna che aveva sentito discutere con Jack.
Obbedì senza distogliere gli occhi dai suoi. Aveva rischiato la vita più di una volta, non sarebbe stato certo uno sguardo malevolo ad intimorirla.
«Identificati. Nome, soggetto e titolo.»
Giusto per farmelo entrare meglio in testa, vero?
«Johanna Reid, Soggetto A0. L’Osservatrice.»
Devo aggiungerci anche “Proprietà della C.A.T.T.I.V.O.?”, pensò, ma si morse la lingua e si trattenne dal dirlo: non era il momento di mettersi a fare del sarcasmo, visto che la signorina Lichliter pareva essere abbastanza acida per entrambe.
Quest’ultima le rivolse un secco cenno di assenso. Sembrava non avesse voglia di perdersi in inutili convenevoli. Lo apprezzò, nonostante l’atteggiamento scontroso.
«Bene. Sai perché ti hanno dato questo appellativo?»
Tutte le vostre spiegazioni iniziano con delle domande? È una prassi qui alla C.A.T.T.I.V.O.?
Scosse la testa, continuando a sostenere il suo sguardo. «No, signorina. Posso solo supporre che derivi dal tipo di Variabili a cui verrò sottoposta.»
Se poi lei ha intenzione di fare il suo lavoro e di darmi qualche spiegazione in merito, sappia che non mi offenderò affatto.
Quella riposta sembrò far comparire una minuscola traccia di interesse negli occhi della donna. «Sì, è esatto», confermò senza scomporsi. «Il tuo compito consisterà nell’assistere alle Prove che il Gruppo A e il Gruppo B dovranno affrontare.»
Si sentì come se la signorina Lichliter si fosse appena allungata sulla scrivania e le avesse rifilato uno schiaffo talmente forte da farla cadere dalla sedia. Per un attimo le mancò il respiro.
Le Prove dei suoi compagni…
Dato il suo epiteto, era scontato che avrebbe dovuto osservare qualcosa… ma non si sarebbe mai immaginata di dover assistere a quello. Per quel poco che ne sapeva, quelle Prove non sarebbero state affatto rose e fiori. Magari avrebbero potuto essere anche fatali.
Fino a quel momento, per qualche motivo, quella ipotesi le era sembrata lontana ed improbabile – o forse era lei che, con già due perdite alle spalle, aveva voluto crederla tale –, ma adesso che si ritrovava “esterna” alla situazione vide quella debole certezza sgretolarsi in un attimo.
Avrebbe dovuto stare a guardare dei ragazzini, tra cui i suoi amici, privati della loro memoria ed abbandonati a loro stessi in ambienti ostili. E, probabilmente, una volta finite le Prove, non li avrebbe nemmeno rivisti tutti di persona…
La paura aveva di nuovo attraversato la sua barriera e adesso le strisciava attorno, avvicinandosi sempre di più a lei, come un serpente in attesa di mordere la sua preda.
La signorina Lichliter, che era stata capace di dirle una cosa tanto terribile in una maniera così semplice, come se fosse stata completamente normale, continuava a guardarla con i suoi occhi gelidi pieni di astio.
Ancora una volta il suo autocontrollo le era venuto in soccorso, impedendole di lasciar trapelare i suoi pensieri e di scoppiare in lacrime. Era riuscita ad apparire calma e tranquilla, nascondendo perfettamente le sue emozioni, in quella che ormai era diventata un’abitudine di cui non andava affatto fiera. Ma quel lungo silenzio l’aveva tradita, in quanto non poteva certo essere passato inosservato.
«Ti aspettavi qualcosa di diverso?», le chiese la donna, sporgendosi leggermente in avanti, come per osservarla meglio.
«No, direi di no», rispose, rintanandosi di nuovo dietro il suo muro.
«Stai mentendo», ribatté duramente la Lichliter. «Ti avverto, marmocchia: le bugie usale con qualcun altro, io le so riconoscere bene.»
Quella insistenza le sembrò una cosa davvero stupida: cosa diamine poteva importare a quelli della C.A.T.T.I.V.O. dell’idea che si era fatta riguardo a ciò che avrebbe dovuto affrontare? Eppure quando l’avevano portata via da casa non si erano fatti troppi problemi su quello che avrebbe potuto pensare.
Ma una cavia che pensa troppo non è una buona cavia…
«Sto aspettando la verità, A0.»
Doveva inventarsi qualcosa, la signorina Lichliter non pareva intenzionata a rinunciare ad una risposta. E si capiva benissimo anche solo guardandola negli occhi che non si sarebbe bevuta una semplice scusa. Quindi decise di dirle la verità… o meglio, una parte di verità.
«Stavo… stavo solo riflettendo.»
«Su cosa?», la incalzò la donna.
«Sul fatto che… mi sembra strano che io debba fare proprio questo.»
L’ostilità negli occhi grigi della sua interlocutrice venne rimpiazzato da una strana confusione. «Che vuoi dire con “strano”?», le domandò, ed anche il tono della sua voce suonò molto meno autoritario. Sembrava che con quella semplice risposta l’avesse spiazzata.
«Voglio dire… io devo soltanto osservare? Non devo fare nient’altro? Davvero vi tornerà utile questa cosa?» Scoprire quale sarebbe stato il suo ruolo non le aveva suscitato certo delle sensazioni piacevoli, ma, paradossalmente, sul piano razionale questa cosa la incuriosiva e non poco.
La signorina Lichliter si irrigidì e le parve offesa da quelle domande. «Stai dicendo che stiamo lavorando su un progetto che si rivelerà inutile?»
«Sto solo cercando di capire», rispose lei, pazientemente. «A che vi serve una bambina senza memoria… seduta a guardare dei monitor senza fare nulla?»
La donna la fissava basita, ma si ricompose in un attimo, ritornando ad essere gelida e professionale. «Quello che a te sembra “nulla” è la chiave del progetto che ti riguarda», disse, ma sembrava che stesse ripetendo a memoria una poesia. Suonava poco convinta, quasi meccanica… totalmente differente dai suoi colleghi che si infervoravano quando parlavano dei disegni della C.A.T.T.I.V.O. e ne lodavano fino allo sfinimento le intenzioni.
«Con le Variabili testiamo le vostre reazioni», proseguì, «Nel tuo caso, le reazioni a ciò che vedrai. La signorina McVoy ti avrà già detto che per farlo inseriremo un dispositivo nella zona della violenza tua e dei tuoi compagni, ma a te non verrà rimossa la memoria come agli altri… sarebbe del tutto controproducente».
Lei la guardò perplessa. «Niente Filtro, quindi?»
«Niente Filtro», confermò la donna, annuendo. «Ci serve che ricordi tutto, dato che qualche volta ti verrà chiesto di aiutarci ad elaborare alcuni dati ricavati dalle giornate di osservazione.»
Calò il silenzio e lei si prese qualche attimo per rielaborare le parole della signorina Lichliter, mentre quest’ultima continuava a squadrarla attentamente.
Se c’era una cosa che aveva capito in quei pochi giorni passati al Quartier Generale, e sulla quale non aveva il minimo dubbio, era che la C.A.T.T.I.V.O. non faceva mai niente per caso. Ogni cosa veniva decisa o accadeva per un motivo. E, certamente, anche i progetti che l’organizzazione aveva per lei non erano certo stati ideati perché un giorno qualcuno si era svegliato e si era reso conto che il cielo era più azzurro del solito.
Perché le sarebbero stati lasciati i suoi ricordi? Perché era stata scelta lei? Che cos’aveva di diverso dai suoi compagni per far parte di un altro progetto? E perché solo lei?
Alzò gli occhi, smettendo di fissare i pugni serrati posati sulle sue ginocchia e tornando a guardare in faccia la sua interlocutrice. «Perché solo io?», si decise a chiedere, rompendo quel silenzio che le sembrava durare da un’eternità.
La Lichliter scrollò le spalle con noncuranza, ma non le sembrò troppo convinta. «Non c’è un motivo particolare… semplicemente i due Gruppi erano già al completo quando ti abbiamo rintracciata, ma per alcuni miei colleghi sarebbe stato uno spreco non lavorare con te…»
O su di te.
«Ed è stata avanzata la proposta di inserirti in un nuovo progetto che in qualche modo si ricollegasse all’altro, in modo da non… perdere quest’occasione.»
«Capisco…», mormorò lei in risposta, anche se a dir la verità c’era qualcosa che non le quadrava in quella spiegazione. E, soprattutto, c’era qualcosa che non le quadrava nella Lichliter: aveva l’impressione che tutta quella faccenda del Progetto di Osservazione non le andasse troppo a genio.
«Bene, credo di averti detto tutto quello che ti dovevo dire», disse la donna con un tono più leggero, come se avesse appena portato a termine un compito molto fastidioso. «Se non hai altre domande dirò al signor Janson di venire a riprenderti.»
Non aspettò la sua risposta e sollevò alcuni dei fogli sparsi sulla scrivania, rivelando un piccolo apparecchio di forma ovale dalla liscia superficie argentata. Vi picchiettò pigramente sopra con le dita, come se stesse tracciando dei ghirigori immaginari.
Lei guardò sbalordita quello strano oggetto illuminarsi di una flebile luce rossa in uno strano disegno di punti e linee che andarono a formare la scritta “C.A.T.T.I.V.O. È BUONO”. Sentivano davvero il bisogno di inserire quello stupido ritornello ovunque…
«Signor Janson, abbiamo terminato», annunciò la signorina Lichliter, «Può riportare il Soggetto A0 alle esercitazioni, c’è voluto molto meno tempo del previsto». Non appena ebbe finito di parlare, tamburellò un paio di volte sul dispositivo, facendo sparire la scritta rossa, e si rilassò sulla poltrona, senza però smettere di lanciarle occhiate al vetriolo.
«Perché io sono il Soggetto A0 se non farò parte degli altri due gruppi?», chiese lei di punto in bianco. In un contesto normale sarebbe potuta apparire come una domanda sciocca… ma quello in cui si trovava lei non lo era affatto.
La signorina Lichliter sbuffò. «A cosa ti servirebbe sapere una cosa del genere?»
Lei fece un sorrisetto innocente, che sembrò decisamente far irritare la donna. «Sono solo curiosa», rispose, «Teresa è stata inserita nel Gruppo A e Aris nel Gruppo B, ma ci hanno detto che servirà a far capire agli altri che… le cose cambieranno. Ma io perché sono nel Gruppo A se devo osservare tutti e due i Gruppi?».
La donna si sistemò gli occhiali sul naso, sospirando, e parlò come se le stesse facendo una grande concessione, «Nel Gruppo A ci sono alcuni Soggetti… molto promettenti. Per questo l’osservazione del suddetto Gruppo avrà una leggera priorità su quella dell’altro. Soddisfatta?».
«Direi di sì, la ringrazio.»
Ladena Lichliter non era esattamente l’incarnazione dell’affabilità – come non lo era stata quella Ellen che, assieme a Jack, l’aveva scortata nel luogo in cui si trovava adesso –, ma paradossalmente si ritrovò a pensare che la preferiva di gran lunga a quel branco di individui ipocriti che tentavano di usare la gentilezza per far sembrare innocenti le loro azioni.
Non si dissero più nulla e aspettarono in religioso silenzio che Janson si presentasse davanti alla porta dell’ufficio. La signorina Lichliter non smise di guardarla con sospetto neanche per un attimo, come se fosse stata una pericolosa criminale da tenere costantemente sott’occhio…
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