Gli
amori di Sir Gwaine e Lady Morgana
2) Un ricordo inopportuno
Morgana
osservava mesta il regno dormiente dalla sua camera, gli occhi umidi per il
recente pianto. Nonostante il re si fosse mostrato gentile, non era comunque
stato in grado di colmare il vuoto che sentiva nel petto: suo padre era morto
in battaglia da pochi giorni e lei era stata portata a palazzo da un compagno
d’armi di Gorlois, un uomo cortese ma eccessivamente reverenziale.
Tutto
quello di cui aveva bisogno erano le forti braccia che l’avevano stretta con
amore quando aveva avuto paura e le goffe carezze che ogni notte aveva ricevuto
prima di addormentarsi; ora invece era da sola in una stanza immensa e fredda
che la faceva singhiozzare ininterrottamente.
«Perché
piangi?» domandò una vocina dall’uscio, spezzando il pesante silenzio: la
bambina si asciugò frettolosamente gli occhi e si voltò con apparente calma,
cercando di apparire tranquilla.
«Non
sto piangendo!» esclamò sprezzante, decisa a non farsi vedere debole da quello
sconosciuto, non le importava che si trattasse del futuro sovrano di Camelot:
suo papà le aveva sempre detto di essere forte e indipendente e lei non lo
avrebbe deluso. Peccato che quel pensiero l’avesse resa nuovamente triste,
costringendola a lottare contro un’altra ondata di lacrime.
«Sì,
invece!» replicò Arthur, avvicinandosi alla nuova arrivata e porgendole un
piccolo fagotto di stoffa. «Ho pensato che avessi fame, perciò ti ho portato un
po’ di frutta»
Morgana,
che aveva messo il broncio per la cocciutaggine del suo interlocutore, stava
per ribattere, ma il suo stomaco brontolò rumorosamente, facendola arrossire
per l’imbarazzo.
«Gaius
dice che piangere è come ridere: è sempre meglio farlo in compagnia...»
continuò il principino con un’espressione sicura che mal si conciliava con la
scarsa convinzione del suo tono di voce.
«Questa
è la cosa più stupida che abbia sentito dire» disse la bambina
inarcando un sopracciglio, tuttavia non riuscì a trattenere un timido sorriso
di fronte a quella faccia buffa.
«Lo
penso anch’io...» concordò sovrappensiero, per poi voltarsi di scatto e
chiederle: «Ma allora perché stai sorridendo se non ti ho convinta?»
«Perché
avevi un’espressione ridicola!» esclamò lei con una risata argentina, così pura
da far sorridere anche Arthur, nonostante l’offesa; insieme aprirono il fagotto
e mangiarono l’uva al suo interno, parlando dei loro genitori e di come fosse
la vita nel castello. Quando entrambi sentirono le palpebre appesantirsi,
Morgana tornò a essere triste: aveva finalmente trovato qualcuno con cui confidarsi
e ora doveva tornare a stare da sola.
«Se
non filo in camera, mio padre non mi farà usare la spada domani...» annunciò
mortificato, così prese le mani della bambina tra le sue e, guardandola negli
occhi, aggiunse: «Dopo l’allenamento verrò a trovarti, te lo assicuro!»
«Non
serve, piuttosto fammi un’altra promessa: giurami che saremo come fratello e
sorella e che ci confideremo sempre tutto!» esclamò lei con crescente
agitazione: il principe non poté tirarsi indietro e le diede la sua parola.
«Lo
giuro!»
Morgana
si svegliò di soprassalto, turbata da quell’inopportuno ricordo: possibile che
il bacio di Gwaine avesse riportato a galla i suoi vecchi sentimenti?