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Autore: Caramel Macchiato    05/03/2015    2 recensioni
“Svegliati”
Il tuo senso dell’umorismo è piuttosto pessimo.
“ Ti sto ordinando di svegliarti”
Come se potessi. Ti manderei al quel paese, ma non so chi sei. Lasciami stare.
“ D’accordo, non mi lasci altra scelta”
Ed ecco che i miei occhi sono aperti, o meglio: nel mio sogno ho gli occhi aperti, e vedo solo bianco davanti a me. Mi giro su me stessa ma il panorama non cambia.
Che posto è questo?
“Questo è il fulcro del mondo dei tuoi sogni”
Chiedo scusa in anticipo per l'html impostato da cani!!
Genere: Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-    Fammi capire: questo posto non esiste, se non nella tua testa. Noi non esistiamo, se non nella tua testa. Però Lysandre lo conosci davvero, ma non sai né come ,né perché, né da quanto-.
Ricapitola Kentin, prendendo una sorsata del suo caffè latte, dopo aver ascoltato attentamente tutto ciò che gli avevo tenuto nascosto fino ad ora. Io annuisco, studiando il suo viso in cerca di una qualche reazione negativa, ma lui resta impassibile, rimestando la sua bevanda con il cucchiaino. Lascia andare un sonoro sospiro, poi si appoggia allo schienale della sedia e incrocia le mani sullo stomaco.
-    Fa male, dannazione! Perché non lo hai detto subito?-
-    Non volevo spaventarti… -
-    Beh, lo hai fatto ora! Come pensi che mi sento sapendo che non esisto sul serio?-
Scuoto la testa e la appoggio ad una mano, lo sguardo basso sulla mia tazza.
-    Nonostante so di esserci nella realtà in cui lei è vittima di un coma, nemmeno io ricordo con esattezza… Alcune frasi che ho letto sul quadernetto, non mi dicono assolutamente nulla-. Commenta Lysandre, accanto a Kentin
-    Penso che parta tutto da lei. Dal momento che Azzurra è la burattinaia di questo teatrino, se lei non ricorda nemmeno tu ci riesci-. Interviene Nathaniel.
-    Quindi, non la si può proprio aiutare? L’unica soluzione è che si riprenda dal coma?-
-    Non ne sono più così sicuro… Questi flashback… Non è la prima volta che li ha avuti, non è vero, Azzurra?-
Gli rivolgo un’occhiata a bocca aperta: come lo sapeva?
-    Beh, qualcosa del genere, ma più preciso… Pensavo fossero sogni, però centravate voi. A volte sento anche le voci nel presente di quelli che mi parlano-.
Kentin, che è rimasto in silenzio, immerso nei suoi pensieri, alza gli occhi su di me.
-    Tipo cosa ,su di noi?-
-    Con te, ho visto noi da bambini, in cerca dei tassi per un bosco-.
-    E quello è stato il mio primo ricordo quando sono comparso…-.
Restiamo a fissarci per un po’, una domanda in comune che ci bisbigliava nell’orecchio.
-    Se queste fossero visioni… Vuol dire che Azzurra sta attingendo inconsciamente ai suoi ricordi per creare questo mondo?-
È Lysandre a dar voce al nostro pensiero. Ci giriamo tutti e tre verso Nathaniel, ormai diventato il nostro guru del sapere.
Lui alza le mani in segno di resa.
-    Ragazzi, non lo so. Più sta storia va avanti più sono confuso. Ciò che non capisco ancora è: perché quando è comparso Kentin è comparso il prato, e quando è comparso Lysandre gli alberi, i cespugli e i fiori?-
-    Non ha senso- Concorda Kentin, incrociando le braccia.
Più cerco di trovare un aggancio nei miei ricordi, più la mia memoria me lo impedisce, diventando liscia e inespugnabile.
Mi alzo di scatto, facendo sobbalzare i tre ragazzi, poi mi dirigo in camera mia, improvvisamente colta da un’ispirazione.
-    Magari ho qualche indizio in camera!- Esclamo, dandomi della stupida da sola.
Entro senza badare alla finezza, e comincio a rovistare sulla scrivania e nei cassetti, in cerca di indizi che il mio cervello ha disegnato per me, quando ho riprodotto alla perfezione la mia stanza. Il cuore prende a battermi all’impazzata quando trovo una manciata di fotografie, che però si rivelano tutte bianche, come bruciate. Delusa prendo a trafficare nell’armadio, in cerca di qualche scatolone pieno di vecchie cianfrusaglie. Frugo addirittura tra i vestiti presa dalla forza della disperazione, e per fortuna: faccio passare con violenza i vestiti appesi, quando mi capita tra le mani una cravatta scozzese. Un capo del genere non può non attirare l’attenzione in un guardaroba come il mio; la prendo e scopro che nel taschino sulla punta c’è infilato un foglio di carta. Con mani tremanti lo sfilo, i palmi sudaticci dall’emozione non aiutano, però riesco a toglierlo dal taschino e ad aprirlo lentamente. È un volantino di un concerto. Prima di riuscire a leggerne anche solo una lettera, una fitta assassina mi spacca in due il cranio, costringendomi a lasciare la presa e ad afferrarmi la testa con ambedue le mani. Nemmeno mi rendo conto di star urlando, men che meno mi rendo conto dello schianto delle sedie che i ragazzi spostano con violenza prima di raggiungermi. Puntini colorati cominciano a giocare davanti ai miei occhi, mentre un pensiero che non sembra mio mi rimbomba in testa: smettila di sforzarti!...

Armin richiude con cura il cancello alle sue spalle e lo fissa per un po’ con le mani alzate, pronto per qualsiasi tipo di reazione innaturale, ma quello se ne sta immobile, da bravo cancello. Armin lascia andare un sospiro di sollievo, poi si affretta ad affiancare il gemello, fermo in mezzo alla strada acciottolata con le mani sui fianchi.
-    Dimmi Armin: quando eravamo dall’altra parte mica era notte?-
-    Sì-
-    Com’è che ora il sole sta sorgendo?-
-    Mha… Ho smesso di farmi domande…-
-    Ma siamo appena arrivati! Non senti l’ebrezza dell’avventura?-
-    No, sento solo la brezza, che mi sta congelando-.
Alexy gli rivolge un’occhiata critica, borbottando qualcosa sul romanticismo scomparso nella generazione della tecnologia.
-    Piuttosto: siamo di qua, e ora?-
Armin si guarda attorno con sguardo rassegnato, poi comincia a grattarsi un braccio, sentendo un improvviso prurito.
-    Lì c’è una sorgente d’acqua… Dici che sarà pulita?-
-    Ma che ne so, guardaci dentro!-
Il gemello con gli occhi di ghiaccio continua a grattarsi, sempre più irritato, sia dal prurito che dall’entusiasmo insensato del gemello, che ora si sta voltando verso di lui con un sorriso gigantesco, che subito gli muore sulle labbra non appena incrocia il suo sguardo. Lo afferra per le braccia con gli occhi fuori dalle orbite.
-    Armin! Mi senti! Che ti succede?-
In effetti ora il ragazzo si sente la testa girare e uno strano ronzio irregolare nelle orecchie.
-    Armin stai scomparendo! ARMIN!-
Il ragazzo stringe i denti e cerca di tornare in sé, lo stomaco che comincia a fare le bizze.
Non ha mai creduto nel feeling che sembrano avere i gemelli, eppure sembra l’unica soluzione: blocca lo sguardo violetto del fratello nel suo e pensa intensamente a ciò che ha bisogno. Gli occhi del fratello si accendono di consapevolezza e, senza lasciargli andare le braccia, lo accompagna alla sorgente. Armin non ci crede: ha capito davvero?
Alexy lo fa inginocchiare tra i sassi e d’un tratto, gli ficca la testa nell’acqua cristallina.
Armin torna fuori sputacchiando e tossendo come un pazzo.
-    Ma sei diventato scemo? Ti ho chiesto di farmi bere non di diventare figlio unico!- Ruggisce, paonazzo sia per la rabbia che per il tossire.
-    Pensavo che almeno ti mettevi apposto la testa, e infatti ora sei tornato normale. Prima stavi… Sbiadendo!-
Armin scrolla la testa, facendo volare goccioline d’acqua tutto attorno, e si rende conto che in effetti il malessere sta passando.
-    Non so che diavolo di posto del menga è questo, ma già non mi piace-. Borbotta, lanciando un’occhiata diffidente alla prateria che li circonda. …

Sono seduta sulla spiaggia, il cielo si è rapidamente coperto sopra la mia testa e un manto di nuvole nere sta borbottando, indecise se scaricare la loro pioggia o aspettare. Mi avvolgo più strettamente le braccia attorno alle ginocchia e vi appoggio la testa, sfinita e demoralizzata.
Dopo essere tornata in me mi sembrava di ricordare ancora meno: i ragazzi avevano cercato di tirarmi su di morale, dicendo che mi ero sforzata troppo per oggi, ma io avevo sentito il bisogno di stare sola, così ero uscita ed ero arrivata qui, vedendo appena le nuvole che piano piano si erano ammassate nel cielo. Dovevo distrarmi, ma ogni cosa che provavo a fare non riusciva a tenere la mente lontana dalla tristezza. Nonostante mi stessi divertendo in quel Mondo fatto di piccoli capricci e giornate piene di cose da fare, c’era sempre quel piccolo barlume di consapevolezza che mi sussurrava all’orecchio come stavano veramente le cose. Tutto questo è solo un rifugio dove nascondermi. Sono solo una specie di Alice, caduta nel Paese delle Meraviglie.
Picchio la fronte sulle mie ginocchia, una, due, tre volte, poi mi fermo ed esalo un lungo sospiro, sentendo sopra di me un borbottio più forte degli altri e le prime gocce di pioggia ticchettare sul mare. Alzo lo sguardo e rimango affascinata dalle piccole schegge d’acqua che si tuffano nel mare e sulla sabbia, lasciando colo piccoli puntini scuri a testimoniare la loro breve esistenza. Soltanto quando sono fradicia decido che forse sarebbe il caso di spostarmi, neanche per la pioggia, ma piuttosto per non venire travolta dal mare irritato che si sta gonfiando.
Saltello nella sabbia bagnata e mi metto a correre non appena tocco la strada lastricata, senza una direzione ben precisa in testa: sono confusa in tutto.
Sorpasso il fast food e mi accorgo di una nuova strada che porta ad un cantiere in fase di costruzione. Sono talmente sorpresa che mi avvicino, dimenticandomi della pioggia. L’edificio in costruzione è grande, in cemento armato, molto geometrico. Un grande porticato con tanto di parco e serre lo contorna a modi recinzione. In effetti, ha tutto l’aspetto di…
-    Una scuola- Mormoro sbalordita.
Sento un gran starnazzare alle mie spalle e quando mi giro, faccio in tempo a vedere due figure sfrecciare sulla strada, le braccia alzate contro la pioggia, per poi entrare come due razzi nel fast food. Torno a fissare allucinata la scuola. D’un tratto mi rendo conto che ci sono due persone e una scuola! La domanda di Nathaniel riguardo la comparsa inspiegabile di prati e vegetazione mi ritorna in mente come un campanello, poi le mie gambe si muovono prima del cervello e mi ritrovo a correre verso il fast food. Entro come un tornado e mi fermo a riprendere fiato.
-    AAAARGH! UN MOSTRO!- Una voce pericolosamente alta mi perfora le orecchie.
Alzo lo sguardo e mi ritrovo due paia di occhi che mi guardano sbalorditi. Ad urlare è stato un ragazzo dai capelli di un innaturale azzurro cielo, gli occhi color ametista sbarrati, e le braccia comicamente alzate. L’altro ragazzo, quello con capelli neri e occhi color del ghiaccio, mi sta guardando con una smorfia incredula che mi farebbe scoppiare a ridere in una situazione normale. Il tutto è coronato dal pancake’s boy dietro il bancone, con il suo solito sorriso perplesso, e le ragazze in roller che si sono fermate allarmate dal nostro casino. Faccio passare lo sguardo da uno all’altro, osservandoli più attentamente, poi capisco.
-    Ma siete gemelli!- Esclamo, scostandomi una ciocca di capelli fradici dagli occhi.
-    Così ci han detto-. Borbotta il ragazzo con i capelli neri, distogliendo lo sguardo.
L’altro mi sta ancora fissando spaurito, una mano sul cuore.
-    Alexy, è un essere umano!-
Quello si riscuote e mi si avvicina guardingo, le mani sui fianchi.
-    Dì un po’: ti sembra il momento adatto per un allegro bagno nel mare?-
Sorrido e scrollo la testa, i primi brividi di freddo che mi fanno tremolare.
-    Ho preso la pioggia… Ma piuttosto: siete appena arrivati? Ho visto la scuola, prima non c’era…-
Mi blocco, vedendo i loro sguardi persi.
-    Beh, che ne dite di un pancake? Ah, a proposito: il mio nome è Azzurra!-
-    Azzurra- Ripete il gemello con i capelli neri, come preso da un’ispirazione, poi scrolla la testa e mi porge una mano.
-    Armin. E lui è Alexy-.

Dopo svariate spiegazioni e un paio di pancake, i gemelli si scambiano un’occhiata.
-    Un mondo dei sogni, eh?- Ripete Armin.
-    È fantastico! Puoi fare tutto quello che vuoi? Volendo puoi anche disegnare un gigantesco parco dei divertimenti?-. Continua l’altro, i grandi occhioni che brillano d’entusiasmo.
-    Beh sì, però ho uno spazio limitato… Non siete spaventati, o delusi?-
Alexy mi rivolge un’occhiata stupita, la cannuccia del bicchiere in bocca, mentre Armin si gratta la testa.
-    Beh, è strano. Però almeno si spiegano un paio di cose, come la sparizione improvvisa e quel moneto in cui io stavo sparendo- Risponde, scrollando le spalle.
-    Parlando di questo: dove siete finiti quando siete scomparsi?-
I due si scambiano un’occhiata eloquente prima di rispondere.
-    E chi lo sa, era un tutto e niente, era bianco ma colorato, era pieno ma vuoto… Più mi sforzo di ricordare, più la mia memoria si confonde- Risponde Alexy, misurando le parole con cura.
Mi massaggio le tempie, sentendo quella sensazione che avevo catalogato come “ rifiuto del mio cervello a ricordare”, poi sollevo lo sguardo e incrocio gli occhi di Armin, leggendogli lo stesso pensiero che sta attraversando la mia materia grigia: io ti ho già visto.
   
 
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