Fanfic su artisti musicali > Green Day
Segui la storia  |       
Autore: Fauna96    05/03/2015    4 recensioni
La storia di Jimmy, Gloria e Christian: tre anime inquiete che cercano di sopravvivere nel mondo, legate da un solo destino.
Dal prologo: "Jimmy si morse il labbro. Non era giusto. A nessuno importava di lui, solo perché aveva dieci anni!
Salì di corsa le scale, con gli occhi colmi di lacrime di rabbia. Che aveva fatto di male per essere trattato come un poppante? Sì, non era ancora adulto, ma non era nemmeno uno stupido moccioso!
- Jimmy -.
Sua sorella Gloria lo guardava dalla porta della camera, infagottata in un pigiama rosa. – Che è successo? -
***
Christian si asciugò le lacrime e cercò di guardare fuori dal finestrino: il quartiere industriale dove era nato e cresciuto era sparito; si accorse con stupore che stavano attraversando la strada del centro di Detroit. Ma dove erano diretti? Davanti a lui sfilavano palazzi e case di ogni forma, macchine, persone affaccendate che camminavano sui marciapiedi.
Finalmente giunsero a destinazione. Christian scese dalla macchina e osservò l’edificio che aveva davanti: somigliava a una scuola.
- Perché ci hanno portati qui? – chiese. Nessuno dei suoi fratelli rispose."
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Christian, Gloria, Jesus of Suburbia, St. Jimmy, Whatsername
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Whatsername
 
1 Gennaio 2005
 
Era proprio lì, davanti a lui. Era di spalle, ma i lunghi capelli biondi con le ciocche colorate erano inconfondibili, così come le spalle sottili e le Converse verdi sbiadite. Aprì la bocca per chiamarla, ma si rese conto con orrore di non riuscire a ricordarsi il suo nome. Come avrebbe potuto riportarla da lui se non ricordava nemmeno il suo nome? La ragazza si voltò e con dolore Jimmy vide che era proprio lei: naso all’insù, guance piene da bambina, occhi chiari come acqua pura. Se si fosse girata ancora un po’, l’avrebbe visto... e allora...
E allora, Jimmy si svegliò.
Era disteso sulla sua branda, la coperta attorcigliata intorno alle gambe e i capelli appiccicati alla fronte sudata.
Merda. Merda merda merda. Si tirò su in un cigolio straziante, con il suo viso ancora impresso nella mente; e sarebbe rimasto lì per sempre, ma muto e senza nome, perché nonostante tutti gli sforzi, non riusciva assolutamente a ricordare come si chiamasse. Il suo volto, per quanto avesse bruciato tutte le fotografie, era rimasto lì, dolce e delicato, non meno nitido di quello di Tunny o della sua sorellina. Era sempre stato lì, pronto a balzare fuori nei momenti meno opportuni e immancabilmente lui lo scacciava con furia. Erano secoli che tentava di non pensare a lei, non aveva più pronunciato il suo nome... finché esso era diventato evanescente quanto lei. Dov’era? Stava bene? Era al sicuro? Il suo istinto e il fatto che la conoscesse bene gli dicevano che doveva essere lì, da qualche parte in mezzo ai combattenti, ai ribelli, ma introvabile. Quantomeno, introvabile per lui. Oh, se solo si fosse ricordato il suo nome... What is her name? What is her name?
 
Dopo aver scoperto che la mamma e Gloria se n’erano andate, aveva lasciato definitivamente Jingletown. Che gli importava di quel cazzo di posto, se non ci abitava più nessuno di cui gli importasse? Era definitivamente senza casa e senza nessuno: se n’erano andati tutti, tutti. A quel punto, l’unica cosa che poteva fare era tornarsene in città: lì almeno aveva un tetto sopra la testa.
Il viaggio di ritorno rimase nebuloso nella sua testa; forse aveva dormito, o forse aveva semplicemente fantasticato, gli occhi persi lungo il paesaggio che gli sfilava davanti. Era scivolato giù dal treno e i suoi piedi lo avevano portato automaticamente verso casa; non aveva fatto molto caso alla gente in subbuglio che correva qua e là; solo dopo aveva iniziato a sentire l’odore di gas.
Quella era l’ennesima dimostrazione di... be’, della sua sfiga. Che la chiamassero un po’ come volevano... destino, karma, ma stava di fatto che ogni volta che la sua situazione sembrava stabilizzarsi, tranquillizzarsi, arrivava qualcosa a distruggere tutto. Che palle.
Ed ora si trovava in una cantina, con la schiena a pezzi e la punta delle dita costantemente fredde. Oh, ed era di nuovo a capo di un gruppo anarchico, come ai vecchi tempi.
Insomma, parecchie cose erano cambiate: non andava più in giro a spaccare vetrine per il gusto di farlo, non era più una delle pecore nere della sua cittadina tranquilla. Era un criminale. Un fuorilegge. E così i suoi compagni, che avevano alzato la voce contro il regime militare instaurato in città.
Sapeva che non erano i soli: altre città erano nelle loro stesse condizioni e dunque c’erano altri gruppi come loro, logico. Ma erano isolati dal resto del mondo e costretti a nascondersi come topi, se volevano salvarsi e riuscire a combinare qualcosa di concreto. Buffo come in quegli anni, che avrebbero dovuto essere i più spensierati e felici della sua vita, quante volte si fosse ritrovato a lottare per la pellaccia e soprattutto a capire cosa diavolo doveva fare per dare un senso alla vita che si era guadagnato. E quando diceva buffo, intendeva orribile.
Non aveva chiesto lui di diventare un leader anarchico, eppure era successo ed era assolutamente ignaro di cosa fare. Era capitato, come ogni cosa, e lui... be’, l’aveva accettato. Come al solito senza pensare sul serio a ciò a cui andava incontro.
Una ragazzina si alzò dal giaciglio improvvisato e si avvicinò a lui; doveva essere la sorellina di qualcuno e il pensiero gli riportò l’amaro in bocca. Gloria...
- Lo sai? – bisbigliò la bambina. – Oggi è il primo giorno dell’anno? –
Jimmy abbozzò un sorriso. – No – ammise – non lo sapevo -.
Non lo sapeva davvero: aveva perso il conto dei giorni trascorsi ad acquattarsi, scappare, urlare ordini sommati a quelli passati nel sotterraneo.
- L’anno scorso – continuò lei – la mamma per l’ultimo dell’anno ha cucinato tanto. Aveva fatto una torta buonissima – fissò Jimmy, che non osò chiederle dove fosse ora la madre. – Ho fame – pigolò.
Jimmy si sentì terribilmente in colpa. Non poteva certo attingere alle razioni di tutti per dare qualcosa di più a lei...
- Come ti chiami? –
- Lilly – rispose. – Io lo so come ti chiami tu: Jimmy – Sì, era quello il suo nome: non Jesus, solo Jimmy.
- Ok, Lilly – si alzò in piedi. – Vado a prenderti qualcosa di buono. Tu resta qua da brava e tornerò subito -.
La ragazzina si accigliò. – Posso venire con te? –
- No – tagliò corto Jimmy e se la svignò prima che quel visetto sporco riuscisse a fargli cambiare idea. D’accordo, erano le sei di mattina ed era altamente improbabile un attacco, ma non avrebbe messo in pericolo la vita di una bambina.
Non lontano dal loro rifugio, c‘era uno dei pochi negozi rimasti in piedi. Era diventato più che latro un emporio aperto ventiquattr’ore su ventiquattro in cui si vendeva di tutto e in cui la gente arraffava ciò che poteva in fretta e pagava (se pagava) con qualunque cosa avesse sottomano.
La via sembrava sgombra. Jimmy entrò in fretta, pensando a cosa avrebbe potuto comprare coi pochi dollari accartocciati in tasca. Anche solo un po’ di schifezze, tipo cioccolato e caramelle, per tirare su Lilly e gli altri ragazzini.
Se avesse dovuto dar retta alla sua proverbiale fortuna, non sarebbe uscito vivo da lì: avrebbero sganciato una bomba proprio sopra la sua testa, una scarica di mitragliatrice avrebbe trapassato la vetrina e i muri... una cosa del genere. Invece, qualcuno o qualcosa doveva aver chiuso un occhio stavolta, perché arrivò indenne fuori, con in mano anche uno dei rari giornali. Era utile sapere cosa succedeva nel resto del mondo, se si fossero degnati di dare le vere notizie.
Ovviamente, i bambini furono oltremodo felici di avere qualcosa con cui ingozzarsi e pasticciare; Jimmy lasciò nelle mani di Lilly la borsa di plastica e si ritirò, osservandoli con un mezzo sorriso e stupendosi di quanto si sentisse vecchio. Dio, al massimo poteva avere dieci anni in più del più piccolo tra loro... Scosse il capo, aprendo svogliatamente il giornale e leggiucchiando qua e là. Mmm, strano: rivolte, scontri tra polizia e manifestanti... nulla di nuovo sotto il sole.
Osservò qualche foto, sfocata e confusa, e il cuore gli mancò di un battito. Merda. Era... era... cazzo, era lei! Oh, ne era sicuro, avrebbe messo una mano sul fuoco; sfiorò con dita tremanti la sagoma sfumata, sforzandosi con tutte le forze di ricordare. What is her name? What is her name?
Come, in nome di Dio, era mai possibile ricordare ogni singolo istante che avevi passato con una persona e non ricordarti il nome di quella persona? Senza il suo nome era perso, non poteva cercarla, chiedere notizie, niente.
- Capo – trasalì. Giusto: era lui il capo. Fissò il ragazzotto che si era autoproclamato suo vice o qualcosa del genere. – Che facciamo? –
- Non lo so – confessò Jimmy. Lasciò cadere il giornale a terra. – Pensiamoci -.
What is her name?
 



Non potete immaginare che fatica scrivere questo capitolo. D’altronde, non potevo buttare giù pagine di pippe mentali di Jimmy su Whatsername, quindi è venuta fuori questa cosa. Grazie mille a OriginalPrankster e SweetRevengeMCR e a chiunque non si sia ancora rotto della sottoscritta :) Ora scappo perché la maturità incombe *fa ciao ciao con la manina*
  
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Green Day / Vai alla pagina dell'autore: Fauna96