Never again
La sua felicità sei tu
Quando Oliver
aprì la porta di casa
Smoak si trovò di fronte l'unica persona che sperava di non
incontrare.
"É
un piacere rivederla signor
Queen"
Anche la sua
voce fintamente
simpatica e il suo sorriso sicuro di sé non facevano altro
che aumentare
l'astio che Oliver provava per lui.
"Palmer"
cercò di essere
il più cordiale possibile ma fu più difficile del
previsto.
Strinse i pugni
lungo i fianchi
mentre Ray si faceva spazio per entrare nell'abitazione: "Sono venuto
per
vedere come sta Felicity"
"Immagino"
rispose
lasciandolo passare mentre richiudeva la porta.
Palmer
stringeva un grande mazzo di
fiori tra le mani, sicuramente come augurio di buona guarigione per
Felicity,
mentre si dirigeva a grandi passi verso la camera della donna.
"Felicity" la
chiamò
Oliver poco prima che Ray facesse irruzione nella stanza
"c'è una persona
per te"
La donna
nascose velocemente il
biglietto sotto il cuscino prima che il suo capo lo notasse.
"Ray! Che cosa
ci fai
qui?" chiese stupita di vederlo mentre Oliver li lasciava parlare da
soli.
Non avrebbe
voluto andarsene ma non
poteva di certo restare a fissarli per tutto il tempo. Si
rintanò in cucina
senza però resistere alla tentazione di ascoltare la loro
conversazione.
In fondo non
era colpa sua: la porta
della camera era aperta e loro parlavano a voce alta.
"Sono venuto a
vedere come
stavi" spiegò l'uomo porgendo alla donna il mazzo di fiori.
"Grazie. Sono
molto belli"
ringraziò posandoli sul comodino "non dovevi disturbarti"
"Allora come ti
senti?"
"Un po' stanca
e ammaccata, ma
bene. Sicuramente molto meglio di ieri sera"
"Questa si che
é una bella
notizia!" le disse senza smettere di sorridere "E ne ho una anche io
per te"
Felicity rimase
in silenzio,
aspettando che lui si spiegasse.
"Questa mattina
all'alba mi é
venuta un'idea geniale!" iniziò entusiasta "Un'illuminazione
che
porterà grandi sviluppi per ATOM"
Il suo tono di
voce si abbassò
progressivamente arrivando solo più a sussurrare l'ultima
parola, come se non
volesse che orecchie indiscrete sentissero quanto stava dicendo.
Si sedette sul
materasso, accanto
alla donna, avvicinandosi sempre di più.
"É
fantastico!" Felicity
era contenta per lui, anche se non sapeva ancora se quel piano fosse
una
brillante idea o una missione suicida.
"Però
ho bisogno del tuo aiuto
per sistemare un po' di cose" aggiunse subito dopo "quando ti sarai
rimessa ovviamente"
"D'accordo" gli
rispose.
Sapeva che gli doveva il suo aiuto, in fondo glielo aveva promesso.
"Senti"
iniziò lui
facendosi improvvisamente serio, mentre il suo sguardo veniva attirato
dal
vassoio adagiato sulle coperte "come mai Oliver é ancora
qui?"
Felicity rimase
un po' spiazzata
dalla domanda ed esitò prima di rispondere.
"Non potevo
restare sola dopo
le allucinazioni così Oliver é rimasto ad
aiutarmi nel caso ne avessi avuto
bisogno" spiegò senza realmente comprendere il motivo di
quella domanda.
"E va tutto
bene?"
"Che cosa
intendi?"
"Ieri sera
urlavi contro di lui
subito dopo l'aggressione, non volevi che si avvicinasse a te e ora gli
permetti di restare a casa tua?"
"Era colpa
della vertigo, credevo
fosse chiaro. Io mi fido ciecamente di Oliver" gli rispose sostenendo
il
suo sguardo.
"D'accordo. Ma
se ci fosse
qualsiasi tipo di problema non esitare a chiamarmi, ok?"
"Ok" Felcity
iniziò a
preoccuparsi per quel comportamento così strano ma ora aveva
ben altro a cui
pensare "Devo dirti anche io una cosa, molto importante in
realtà"
"Certo" Palmer
era curioso
di sapere di cosa si trattasse.
"Riguarda
Oliver" iniziò
lei guardando l’uomo negli occhi, per assicurarsi di avere
tutta la sua
attenzione "Nessuno deve venire a sapere chi é realmente.
Quello che tu
hai scoperto, tutto ciò che sai su Arrow, il covo, il suo
team, ogni cosa deve
restare segreta. É di fondamentale importanza. Non puoi
dirlo a nessuno, per
alcun motivo"
"Neanche se
venissi arrestato
dalla polizia e mi obbligassero a confessare?" chiese accennando un
sorriso sfrontato.
"Neanche in
quel caso, Ray.
Dobbiamo poterci fidare di te o correremo tutti dei seri rischi"
"Ok" gli
rispose "non
dirò niente a nessuno"
"Promettimelo"
"Te lo
prometto. Ma solo perché
me lo chiedi tu" Ray posò una mano su quelle di Felicity,
accarezzandole
lievemente.
"Non dovresti
farlo per
me" mise fine a quel contatto tra le loro mani "dovresti farlo per la
città, per la sua sicurezza, per proteggere le persone che
traggono vantaggio
dall'operato di Arrow"
Ray
sospirò senza rispondere.
"Gli ideali che
ti spingono a
fare quello che fai, a lavorare sui tuoi progetti, non sono poi
così diversi da
quelli hanno spinto Oliver a diventare l'eroe che é ora"
continuò cercando
di convincerlo.
"Oliver non
é un eroe"
rispose lui "é soltanto un assassino che si camuffa da eroe"
"Che cosa?"
Felicity non
poteva credere a quelle parole “Questo non è
vero!”
“Davvero?
E allora perché Miller è
stato ritrovato morto con tre frecce nel petto?” lo sguardo
di sfida di Ray la
trapassò come la lama di una spada “Non
è così che si comportano gli eroi”
Felicity non
rispose: non sapeva
cosa Oliver avesse fatto a Miller ma le sue paure erano fondate.
Aveva ucciso
ancora.
Ed era solo
colpa sua.
Lei era quella
che si metteva nei
guai, lei era quella che lo costringeva a fare tutto ciò che
lui si era
promesso di non rifare.
“L’ha
fatto solo per proteggermi!”
disse mentre si sentiva in colpa per quanto successo.
“Adesso
lo difendi anche?” la voce
di Palmer risuonò velenosa nelle orecchie della ragazza .
“Lui
non è un assassino” scandì bene
le parole affinché lui capisse.
“È
molto triste che ciò che provi
per lui ti offuschi a tal punto da non vedere quello che è
realmente” si alzò
dal letto mentre continuava a parlare “Forse sei ancora sotto
effetto della
vertigo. Quando sarai di nuovo lucida probabilmente capirai”
Lei non fece in
tempo a replicare
che Ray stava già uscendo dalla stanza.
Oliver lo
accompagnò volentieri alla
porta, richiudendola dietro di sé con soddisfazione.
Aveva sentito
buona parte della
conversazione tranne qualche frase che Palmer aveva appositamente
sussurrato in
modo che lui non capisse.
Si
avvicinò a grandi passi alla
camera di Felicity trovando la bionda seduta sul letto, lo sguardo
confuso e
velato di tristezza.
Quando lei si
accorse della sua
presenza alzò lo sguardo nella sua direzione.
“Quanto hai sentito del bel
discorso di Ray?” domandò.
“Buona
parte” rispose lui mentre si
staccava dallo stipite della porta a cui si era poggiato.
“Mi
dispiace” gli disse mentre l’uomo
si sedeva sul materasso “è colpa mia se hai fatto
quello che hai fatto”
“Ho
ucciso una persona, Felicity”
ribatté deciso mentre stringeva i denti e contraeva la
mascella “e questo mi
rende esattamente la persona che Palmer descrive”
“Questo
non è vero!”la ragazza
strinse le mani dell’uomo mentre lo guardava negli occhi
“Mi hai soltanto
protetta e se io non mi fossi messa in questo pasticcio tu non saresti
dovuto
arrivare a tanto”
“Avrei
potuto fermarlo in mille
altri modi, ferirlo, atterrarlo, invece l’ho ucciso. Sapevo
quello che stavo
facendo ma non sono riuscito a fermarmi, ho lasciato che fosse la
rabbia a
guidarmi e questo non mi rende un eroe. Non mi rende migliore di nessun
altro
uomo, solo un criminale, esattamente come Miller”
“No”
Felicity si avvicinò a lui, prendendogli
il viso tra le mani “C’è luce dentro di
te, Oliver. Tu aiuti le persone,
proteggi chi ne ha bisogno, rendi questa città un posto
migliore. Starling è
tornata a sorridere, anche dopo tutte le tragedie che l’hanno
colpita, e lo ha
fatto grazie a te. Tu non sei un assassino. Sei un eroe. E io
crederò sempre in
te”
L’intensità
dello sguardo di
Felicity lo ammaliò mentre si
protendeva verso di lei, stregato da quella scintilla di luce che
brillava nei
suoi occhi chiari.
“Sei
umano, Oliver” la voce della
donna si affievoliva a mano a mano che i loro visi si avvicinavano
“e come tale
soffri, provi paura, dolore, rabbia e a volte sbagli, ma ogni azione
che compi
la fai con le migliori intenzioni. E ami, con tutto te stesso. Ami
questa vita,
la tua famiglia, questa città. E lo dimostri ogni giorno
come Oliver Queen e
come Arrow”
Oliver rimase
colpito da quel
discorso, mentre ogni parola arrivava dritta al cuore facendolo
emozionare.
“C’è
qualcosa” sussurrò lui mentre i
centimetri tra loro si accorciavano “che amo più
di questa città”
“Che
cosa?” domandò Felicity, la
voce ridotta ad un flebile sospiro, mentre il cuore le batteva forte
nel petto.
“Tu”
Le labbra di
Oliver sulle sue gli
impedirono di rispondere. Chiuse gli occhi e si godette quel contatto
tanto a
lungo desiderato.
Fu un bacio
diverso da tutti gli
altri: lento ma carico di significato, un tocco leggero ma denso del
loro
amore. Quell’amore delicato come i petali di un fiore appena
sbocciato, ma
forte come una roccia, per non lasciarsi scalfire dal resto del mondo.
Lo
tirò a sé, allacciando le braccia
intorno al suo collo, mentre le mani di lui scivolavano lente sui suoi
fianchi.
Felicity
schiuse le labbra
assaporandolo più a fondo, senza riuscire a saziare la
voglia che aveva di lui
in ogni cellula del suo corpo.
Si
aggrappò al suo fisico statuario
mentre sentiva il fiato mancarle, a tal punto da obbligarli a staccarsi.
Sorrisero
entrambi, consapevoli che
tutto sarebbe cambiato da quel momento in poi.
Felicity sapeva
che non sarebbe
scappato quella volta, che l’avrebbe trovato lì ad
aspettarla, pronto a
combattere per loro.
Era la loro
occasione di essere
felici e non l’avrebbero sprecata.
Mentre il petto
si alzava e si abbassava
freneticamente in cerca d’ossigeno, lei respirava il suo
profumo, godeva delle
sua bocca sul proprio collo e della scia di baci umidi che lasciava
dietro di
sé.
E mentre si
rimpossessava ancora una
volta delle sue labbra, si innamorava di lui un po’ di
più.
Due
settimane dopo
Felicity era
comodamente seduta
sulla sua poltrona del covo, le gambe accavallate coperte solo in parte
dal
vestito arancio fluo che indossava quella sera, lo sguardo perso verso
l’alto.
Non riusciva a
concentrarsi quando
lui faceva i suoi esercizi sulla salmon ladder, non mentre si ritrovava
il
petto nudo di Oliver a qualche metro di distanza, non quando osservava
ogni suo
muscolo distendersi e contrarsi durante gli sforzi fisici.
Non
c’era molto da fare quella sera:
sembrava che tutti i criminali di Starling City si fossero presi un
giorno di
ferie dal loro faticoso lavoro.
“Meglio
così” si ritrovava
a pensare Felicty. Non sarebbe mai riuscita a concentrarsi quella notte.
In
più poteva godersi lo spettacolo
offerto dai pettorali di Oliver.
Arrossì
mentre alcune fantasie
prendevano forma nella sua testa e cercò di smettere di
pensarci, per evitare
di venire scoperta dagli altri membri del team. O peggio lasciarsi
scappare
qualche commento imbarazzante, che nessuno avrebbe capito, a voce alta.
Erano passate
quasi due settimane da
quando era stata aggredita da Miller, poco più di una da
quando aveva ripreso a
trascorrere saltuariamente le serate nell’Arrow Cave, mentre
mancavano ancora ventiquattro
ore al suo ufficiale rientro alla Palmer Technologies.
Oliver
l’aveva aiutata molto ad
ammazzare il tempo durante le noiose giornate di mutua, passate in casa.
Ormai si
sentiva bene: i muscoli
avevano smesso a poco a poco di farle male, i lividi stavano lentamente
scomparendo
dalla sua pelle e lei trascorreva le sue giornate in compagnia
dell’eroe di
Starling City. Non c’era nulla che potesse desiderare di
più.
Oliver si
lasciò cadere dalla salmon
ladder, atterrando in piedi con un leggero tonfo che la distolse dai
suoi
pensieri.
Lo vide
muoversi alla ricerca del
suo fidato asciugamano, per togliere il sudore che ricopriva la sua
pelle in
migliaia di piccole goccioline.
Avevano tentato
di nascondere la
loro relazione per i primi giorni a Roy e Diggle ma senza riuscirci.
Quei due avevano
capito subito che qualcosa era cambiato; in fondo nulla sfuggiva
all’occhio
attento di John, che non aveva perso occasione per dimostrare quanto
fosse
felice per loro.
Da quando
Oliver aveva deciso di
concedere loro un’opportunità, ogni cosa era
mutata: non riuscivano a starsi
lontano, ogni loro contatto elettrizzava entrambi, il più
piccolo dei gesti
assumeva significato, i loro sguardi si cercavano, le loro mani si
univano
quando pensavano di non essere visti.
“Felicity”
Oliver la chiamò ma lei
era troppo distratta per poter sentire i suoi richiami.
Solo quando le
fu vicino e le sfiorò
un braccio con le dita, chiamandola ancora, lei si destò
dalle sue riflessioni.
“Scusami,
ero distratta” gli disse
guardandolo da dietro le lenti dei suoi occhiali.
“Vado
a farmi una doccia, poi ti
accompagno a casa” le comunicò “non
c’è molto da fare qui, quindi direi che ci
meritiamo tutti un po’ di riposo”
Diggle
esultò alla proposta
dell’amico: avrebbe avuto un po’ di tempo da
trascorre con la piccola Sarah e
Lyla.
Anche Roy fu
felice, salendo al
piano di sopra per aiutare Thea a gestire la serata del club.
Rimasero solo
lui e Felicity al
covo, a guardarsi negli occhi per qualche istante.
“Felicity,
va tutto bene?”
“Sì,
certo” rispose alzandosi dalla
poltrona, arrivando a pochi passi da lui “Stavo solo pensando
che potremmo …
approfittare anche noi della serata libera”
Si
avvicinò a lui, appoggiando i palmi
contro il suo petto.
“Approfittarne
in che senso?”
domandò, la voce roca per l’improvvisa vicinanza
del corpo della donna al suo.
“Sai
bene in che senso” sussurrò
sulle sue labbra, rubandogli un bacio.
“Felicity
…” posò le mani sui suoi
fianchi tenendola saldamente vicino a sé “ne
abbiamo già parlato”
“Lo
so!” controbatté lei un po’
irritata “Devo evitare tutti gli sforzi e i movimenti
bruschi, ma Oliver … sto
bene!”
Lui sorrise,
divertito dalla sua
testardaggine: “Continui a dirlo dal terzo giorno di
convalescenza, anche se ti
faceva male il più piccolo dei movimenti”
Lei
sbuffò senza però riuscire a
nascondere un piccolo sorriso sul viso.
Adorava la
dolcezza di Oliver che
stava scoprendo in quei giorni. Lui, l’inflessibile Arrow che
in realtà aveva
un cuore gentile e dolce sotto il suo costume.
Le era rimasto
accanto, aiutandola
ad affrontare ogni più piccola difficoltà durante
quelle settimane,
coccolandola quando stava male e cullandola fino a farla addormentare
quando
gli incubi sembravano non aver intenzione di lasciarla riposare.
“Potremmo
avere meno tempo per noi
in futuro” cercò di convincerlo guardandolo negli
occhi “Riprenderò a lavorare,
la sera verrò qui ad aiutarti a combattere i cattivi, la
notte avremo bisogno
di dormire”
“A
proposito di questo” Oliver
interruppe il suo discorso “devi proprio tornare al lavoro
così presto?”
“Sono
in mutua da due settimane … ho
bisogno di tornare alla mia vita normale. E tu ancora non mi paghi per
lavorare
nel team perciò sì, devo tornare in
azienda”
“Ma
dopo quello che è successo con …”
anche solo pronunciare il suo nome lo infastidiva.
“Ray?”
gli chiese “Capirà. Insomma
il suo discorso ha spiazzato anche me ma è una persona
intelligente. Probabilmente
già sa di aver sbagliato”
“Non
è solo questo. È che …”
Oliver
non sapeva come dirglielo, suonava ridicolo già alle sue
orecchie figuriamoci a
quelle di qualcun altro.
“Non
ci posso credere” disse mentre
realizzava quello che lui tentava di dirle “Tu sei
geloso!”
“Non
è vero” rispose lui, ma la poca
convinzione nella sua voce non avrebbe convinto nessuno
“D’accordo, forse un
po’”
Felicity rise
mentre si avvicinava
di nuovo al suo viso.
“Non
ce n’è alcun motivo” lo
rassicurò.
Questa volta fu
lui a baciarla,
cingendole la schiena con le braccia.
“Faresti
bene a non cambiare
discorso così in fretta, signor Queen” lo
avvisò lei con il sorriso sulle
labbra “Non mi hai ancora risposto”
Oliver rimase a
guardarla, in tutta
la sua bellezza.
La desiderava
con tutto sé stesso ma
voleva che fosse davvero guarita, non voleva vederla star male solo
perché non
riusciva ad attendere un altro paio di giorni.
“Sto
benone” gli ripeté come se
conoscesse perfettamente i suoi pensieri “e lo voglio con
tutta me stessa”
Si era fatta
incredibilmente seria e
il suo sorriso era stato sostituito da un’espressione
concentrata.
Fece scontrare
il profilo dei loro
nasi mentre scrutava con attenzione i suoi occhi.
Oliver la
fissò, sorprendendosi ad
ogni istante di più della sua determinazione.
Sapeva come
ottenere ciò che voleva
e non avrebbe ceduto fino a che non l’avrebbe avuta vinta.
“Voglio
fare l’amore con te, questa
notte” sussurrò al suo orecchio, solleticandolo
con il suo respiro caldo “ho
voglia di te”
Sentì
immediatamente l’effetto che
le sue parole avevano avuto su di lui, poteva percepire chiaramente
quanto
anche lui la desiderasse, quanto il suo corpo avesse risposto bene ai
suoi
stimoli.
Tutto accadde
così velocemente che
Felicity neanche se ne rese conto: solo quando sentì il muro
dietro la sua
schiena realizzò che Oliver l’aveva spinta verso
la parete, prendendole il viso
tra le mani e impossessandosi voracemente della sua bocca.
Ansimò,
mentre sentiva il desiderio
bruciarle nelle vene, che aumentava ad ogni piccolo morso lasciato da
Oliver
sulla pelle sensibile del suo collo.
Si
staccò d’improvviso lasciandole
un bacio lieve sulle labbra prima di allontanarsi un poco:
“Devo andare a farmi
una doccia” le comunicò come se fosse la cosa
più normale da dire in un momento
come quello.
Sentì
il suo corpo scivolare lontano
dal suo mentre tentava di tornare a respirare normalmente.
Lo
bloccò per un braccio, prima che
potesse fuggire nel piccolo bagno del covo.
“Non
puoi lasciarmi così” riuscì a
dirgli mentre tentava di regolarizzare il battito del suo cuore.
“Così
come?” chiese con un ghigno
soddisfatto sul viso.
Felicity
sbuffò sonoramente. Odiava
quel suo maledetto sorriso, così irritante ma al tempo
stesso così attraente ed
irresistibile.
“Insoddisfatta”
gli disse mentre
combatteva la voglia di baciargli ancora le labbra.
“Felicity”
la chiamò lui prendendole
la mano “Ho davvero bisogno di una doccia. Ma sarò
tutto tuo il più presto
possibile”
Sorrise con
dolcezza mentre lei lo
minacciava scherzosamente: “Sbrigati!” lo
ammonì mentre sfiorava leggera la sua
bocca con la propria “Ti aspetto qui”
Lo vide
voltarsi e attese che
sparisse dietro la porta prima di sospirare.
L’avrebbe
uccisa con quel suo modo
di fare, prima o poi.
Preparò
la borsa, infilando tutto
ciò che aveva sparso sulla scrivania durante la serata
mentre sentiva l’acqua
scorrere nella doccia.
Prese i due
caschi per la moto,
posandoli sul tavolo in metallo accanto alla sua borsa,
afferrò il cappotto e
lo infilò con un movimento rapido.
Lo chiuse,
spingendo ogni bottone
nella sua asola con lentezza, per far passare il tempo.
Quando fu
pronta iniziò a camminare
nervosamente avanti indietro per il covo, i tacchi che si risuonavano
nell’aria
silenziosa del seminterrato.
Oliver
uscì dalla doccia,
rivestendosi il più in fretta possibile.
Non riusciva a
smettere di
sorridere, desideroso di raggiungere Felicity che lo aspettava
nell’altra stanza.
Sapeva che
averla accanto sarebbe
stato meraviglioso ma mai avrebbe potuto immaginare quanto lo avrebbe
fatto
sentire bene, in pace con sé stesso.
Le ultime due
settimane erano state
le più belle da quanto era tornato a Starling dopo
l’esperienza sull’isola.
Aprì
la porta, cercando di fare meno
rumore possibile, e la trovò di spalle, il fisico snello
avvolto in uno dei
suoi amati abiti corti, le gambe scoperte e le scarpe a tacco alto che
slanciavano
la sua figura.
Con un
movimento rapido Felicity
infilò il cappotto nero e lo abbottonò con cura
mentre la sua solita coda lunga
e bionda oscillava pigramente ad ogni suo movimento, oscurando
parzialmente la
vista del collo roseo e delicato.
Oliver si
avvicinò lentamente,
raggiungendola in pochi passi mentre ancora gli dava le spalle.
Le
circondò un fianco con un
braccio, la mano posata sul suo ventre, mentre la attirava a
sé facendo aderire
la sua schiena al suo petto, avvertendo il suo profumo delicato
riempirgli le
narici.
“Oliver”
lo chiamò, colta di sorpresa “mi hai
spaventato”
Lui le
lasciò un bacio alla base del
collo e Felicty sentì una lunga scarica diffondersi rapida
sulla sua pelle,
riaccendendo il desiderio nel suo corpo.
“Mi
dispiace” le sussurrò in un
soffio caldo sul viso, mentre stringeva la presa sui suoi fianchi e la
prendeva
inaspettatamente in braccio.
“Che
cosa fai?” gli chiese sorpresa,
sentendo mancare il contatto tra i suoi piedi e il pavimento.
“Ti
porto a casa” rispose mentre
afferrava i due caschi e si dirigeva verso l’uscita sul retro.
Felicity
sentì l’aria fresca della
sera accarezzarle le gambe mentre nel vicolo, solitamente deserto e
silenzioso,
rimbombava la musica del Verdant.
Si fece
rimettere a terra e si
diressero verso la moto di Oliver, mano nella mano.
Era una
sensazione piacevole potersi
concedere piccoli momenti di intimità come una coppia
normale, ma entrambi
sapevano che quelle occasioni erano piuttosto rare, soprattutto in
pubblico.
Felicty non
voleva ancora finire sui
giornali e rischiare di essere definita dai paparazzi come la nuova
fiamma
dell’ex-miliardario Oliver Queen.
Così
quando c’erano troppi testimoni
nei paraggi assumevano un comportamento distaccato e professionale, ma
che
finiva appena ritrovavano un po’ di privacy.
Lontano da
occhi indiscreti, quando
ebbero svoltato l’angolo, le loro mani tornarono a cercarsi e
le loro dita si
intrecciarono finché giunsero davanti alla moto di Oliver.
Si fermarono,
guardandosi negli
occhi, poi lui si avvicinò al suo viso e le sfilò
delicatamente gli occhiali,
decisamente scomodi sotto il caso integrale.
Piegò
le stecche con cura e le passò
il casco che lei infilò prontamente, dopo aver sciolto la
coda.
Salì
in sella alla moto e aspettò
che la donna facesse altrettanto.
Sentì
le sue piccole mani
aggrapparsi a lui, le braccia intorno ai suoi fianchi e il petto che
sfiorava
la propria schiena in una piacevole tortura.
Mise in moto,
diretto verso casa
Smoak, mentre Felicity stringeva la presa su di lui.
Guidò
velocemente tra le strade
della città, impaziente di giungere a destinazione, beandosi
del contatto del
corpo di lei aggrappato al suo.
L’aria
fece rabbrividire Felicity
per il freddo mentre lei si guardava intorno, osservando il traffico
della
città, le auto che sfrecciavano accanto a loro, le persone
che si godevano la
serata tra locali del centro e club esclusivi.
Nel cielo scuro
e privo di stelle,
solo la luna dominava la scena, illuminando debolmente la
città sotto di sé.
Per un istante giurò di aver visto una scia luminosa
lassù ma durò un solo
istante, sparì così in fretta che Felicity si
convinse di essersela solo
immaginata.
Si
aggrappò ad Oliver mentre lui
svoltava a destra dopo che il semaforo scattò sul verde,
avvicinandosi a casa
sua.
Il suo
personale eroe rallentò,
parcheggiando la moto davanti al vialetto d’ingresso di casa,
per poi sfilarsi il
casco.
Felicity fece
lo stesso, scendendo
dalla moto e prendendolo per mano, un grande sorriso ad illuminarle il
volto.
Lo
baciò con dolcezza, nell’aria
fredda di Starling City, prima di trascinarlo con sé verso
la porta d’ingresso.
Cercò
le chiavi nella borsa e con le
dita sfiorò ognuna di esse in cerca di quella giusta, mentre
Oliver la seguiva,
le loro dita ancora intrecciate.
E mentre
varcavano la soglia nessuno
dei due si accorse di un uomo in lontananza che li osservava
attentamente nel
buio della sera, chiuso in un’armatura metallica.
L’uomo premette un piccolo pulsante posto sul braccio della sua tuta tecnologica e si librò in aria, lasciando dietro di sé soltanto una scia.
E siamo giunti alla fine!
Scusate l'attesa un pochino più lunga del previsto per questo ultimo capitolo ma volevo dare un finale dignitoso a questa storia e spero tanto di esserci riuscita.
Volevo ringraziarvi per tutto l'affetto che avete dimostrato per questa storia attraverso le vostre recensioni, davvero non riesco ad esprimere quanto siano gradite!
Mi sono divertita molto a scrivere questa piccola storia e a scavare dentro ogni personaggio, per immaginare come ognuno di loro avrebbe potuto reagire davanti ad avvenimenti simili... e spero che voi vi siate divertiti leggendo!
Ho un paio di idee che mi frullano in testa, vedremo se riuscirò a mettere presto qualcosa nero su bianco!
Non mi resta altro che salutarvi, sperando di rileggerci presto ;)
Buona notte e ancora grazie a tutti voi!