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Autore: Caramel Macchiato    10/03/2015    2 recensioni
“Svegliati”
Il tuo senso dell’umorismo è piuttosto pessimo.
“ Ti sto ordinando di svegliarti”
Come se potessi. Ti manderei al quel paese, ma non so chi sei. Lasciami stare.
“ D’accordo, non mi lasci altra scelta”
Ed ecco che i miei occhi sono aperti, o meglio: nel mio sogno ho gli occhi aperti, e vedo solo bianco davanti a me. Mi giro su me stessa ma il panorama non cambia.
Che posto è questo?
“Questo è il fulcro del mondo dei tuoi sogni”
Chiedo scusa in anticipo per l'html impostato da cani!!
Genere: Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sono passati alcuni giorni da quando Castiel è comparso. Gli ho costruito una sua casa come quelle degli altri ragazzi, e ho deciso di far cominciare la scuola. Oh meglio: di usarla come punto di ritrovo giornaliero. Nonostante le iniziali critiche al riguardo, ben presto la scuola si è rivelata comoda e un nuovo luogo di svago: spesso Castiel e Lysandre(che avevano legato subito, inspiegabilmente dati i loro caratteri opposti) passavano le loro giornate nell’aula di musica, Kentin si divertiva a creare percorsi estenuanti in palestra, che eseguiva con cura maniacale, con Alexy che lo ammirava dalle piccole finestre di tanto in tanto, Nathaniel spariva per intere giornate nella biblioteca e infine Armin preferiva attaccarsi ai computer della scuola, dicendo che c’era più spazio sulle scrivanie. Anch’io avevo trovato la mia oasi di pace nell’aula d’arte, ma ancora non avevo osato toccare una tela, sentendomi appagata soltanto a girare tra i cavalletti e ad inspirare l’aria di tempera e trementina che aleggiava nella stanza.
Ma torniamo al presente: è passato da poco il mezzogiorno, sono appena uscita dalla mia camera da letto e mi sono piazzata davanti a Nathaniel, seduto sul divano a leggere. Alza lo sguardo soltanto quando arriva in fondo alla pagina, senza curarsi di nascondere il fastidio.
-    Ho deciso di recuperare la memoria-. Annuncio.
-    Ah sì?- Non mi sta ascoltando attentamente.
-    Sì. Mi farò raccontare da Castiel quello che ricorda. Qualche giorno fa ho sentito mio padre parlarmi. Ha detto che è poco più di un anno che sono in coma e… Non sanno se lasciarmi andare o no…-.
I suoi occhi diventano improvvisamente presenti, preoccupati e dubbiosi.
-    Vorrebbero spegnere le macchine dopo solo un anno?-
-    Non ne sono ancora sicuri. In effetti suona strano anche a me, si vede che c’è qualcosa di più sotto-
Si passa la lingua sulle labbra, improvvisamente nervoso.
-    Se ciò succedesse… Tu resteresti imprigionata qui, probabilmente… Oppure…-.
-    Oppure cosa?-
Scuote la testa e cerca di sorridermi incoraggiante.
-    Mha, è inutile farsi paranoie ora. È anche vero però che recuperare la memoria non ha nessuna garanzia di essere una strada certa per tornare alla realtà. Insomma: il sogno potrebbe rivelarsi una prigione, ma tentar non nuoce!-.
Pronuncia le ultime parole allegramente, cercando di sdrammatizzare il tutto. Non che serva a cambiare il mio stato d’allerta.
Lui si alza, improvvisamente di buon umore, e posa il libro sul divano.
-    Bene, andiamo a cercare quello scapestrato, allora!-.

Troviamo Castiel e Lysandre seduti fuori dal nuovo fast food che ho disegnato, specializzato questa volta in kebab e hamburger( combinazione un po’ fuori posto, lo so, ma in quel momento avevo voglia di tutti e due).
Nathaniel e Castiel si scambiano un’occhiata di disprezzo, che cerco subito d’interrompere prendendo parola.
-    Ho deciso di ricordarmi- Dico, rendendomi poi conto di quanto stupido suona.
Castiel si lascia sfuggire un sorrisetto di sbieco e annuisce.
-    Ottimo-
Lysandre sembra preoccupato invece.
-    Come mai, così all’improvviso?-
-    Diciamo che… C’è qualcosa che non mi torna, e vorrei capirlo-.
Lui mi scruta per un po’ non convinto, ma io resto impassibile.
-    Allora cominciamo subito!- Esclama Castiel, entusiasta, alzandosi dal marciapiede dov’era svaccato e stiracchiandosi.
-    Penso sarebbe meglio se ci lasciaste soli- Mi rivolgo ai due ragazzi, che strabuzzano gli occhi, per poi allontanarsi di malavoglia.
Un sorriso calcolatore increspa le labbra di Castiel e, prima che posso anche solo aprire bocca, mi afferra per la vita.
-    Bella mossa, ammettilo che lo hai fatto per farci avere un po’ d’intimità-.
Scosto pazientemente la sua mano e gli rivolgo un’occhiataccia d’ammonimento, a cui lui risponde con un sospiro sconsolato, incamminandosi verso l’osservatorio.
Gli trotterello dietro, facendo quasi fatica a tenere il passo. Lui entra nella grande cupola scura e si dirige sicuro verso la porta che dà sulla terrazza sul mare, la percorriamo e ci sediamo sulla panchina, la brezza marina che gioca con i nostri capelli.
Lui mi sorride soddisfatto e torna a fissare la distesa d’acqua sotto di noi.
-    Allora- Si concentra e chiude gli occhi, in una parvenza di “ mi sono dimenticato cosa stavo facendo perché la brezza è bella”. Tira un sospiro e ridacchia.
-    Ci siamo conosciuti tramite Lysandre-
Per poco non picchio una testata sulla balaustra della passerella, dove mi sono appoggiata in attesa.
-    Lysandre?!-
-    Non è credibile, vero? E invece è stato proprio lui!-
Mi lascio ricadere sullo schienale della panca.
-    Praticamente siete amici fino dalle medie, non mi ricordo bene i dettagli, ma io ho conosciuto Lysandre al liceo, per caso in verità-
-    Maddai-
-    Eh sì-
-    E come vi siete conosciuti voi due?-
La sua espressione si trasforma in uno sghignazzo malvagio.
-    È finito per caso in una mia rissa-
-    Cosa? Si è fatto male?-
-    Oh no, niente del genere: stavo pestando un tizio del club di musica che mi mandava in bestia ogni volta che apriva bocca, e sto qua passava di lì per caso, perso ovviamente, e ci ha chiesto indicazioni, senza rendersi conto della situazione delicata. È partito in quarta in un monologo sul fatto che si era perso ed era un quarto d’ora che girava, insomma: quel coglione del club ne ha approfittato per scappare, e intanto è arrivato quel delegato pagato per rompere le palle e ha deciso che Lysandre era coinvolto-.
La sua faccia si rabbuia e sputa al di là del parapetto.
-    Siamo finiti dalla preside, Lysandre non capiva niente di quello che stava succedendo, ma per quei due eravamo colpevoli, niente da fare. Così siamo finiti in punizione e abbiamo passato una settimana ad aiutare a pulire l’aula di scienze-.
-    Cioè tu hai fatto la punizione?-
Mi lancia un ghigno.
-    Non potevo lasciare quel disastro da solo, per di più era capitato nel posto sbagliato al momento sbagliato( tipico di Lysandre). Durante quella punizione poi abbiamo scoperto di avere in comune più di quanto pensassimo-.
Schiocca la lingua nascondendo un sorriso malinconico.
-    Quando gliel’ho raccontato, qui in questo posto, per poco non mi è svenuto tra le braccia. Poi ha cominciato a blaterare su un quaderno in cui aveva scritto delle cose, sul fatto che tutto combaciava e via verso l’infinito-.
-    Ma ti ha creduto però-
-    Sì. E tu anche-.
D’un tratto mi sento a disagio e mi stringo nelle spalle con indifferenza.
-    Raccontami come ci siamo conosciuti noi due-.
Lui ridacchia e mi da una spintarella.
-    Naaa, non lo vuoi sapere davvero-.
-    Ma se te lo sto chiedendo! È così terribile?-
-    Mmm… Un pochino-
-    Oh cavolo, forse non voglio saperlo-
-    Ormai è troppo tardi, mi sta venendo voglia di raccontartelo-.
Mi giro verso di lui, pronta a fargli una lavata di capo, e me lo ritrovo a pochi centimetri da me, un sorriso accattivante che gli increspa gli angoli della bocca.
-    Però ogni cosa ha un prezzo- Sussurra con crescente divertimento.
Corrugo le sopracciglia e ricambio il suo sguardo, imperturbabile, come se fossi abituata da una vita ai suoi giochetti sporchi. Insomma, forse è proprio così.
-    Ma davvero! Sentiamo allora- Ribatto con tono noncurante.
Lui si avvicina sempre più pericolosamente e comincio a chiedermi se ho fatto bene a dargli corda, la sua mano si avvicina sempre di più alla mia coscia sinistra. Poi, così com’è cominciato, mette fine a quella sceneggiata dandomi un morso sul naso e tornando al suo posto, ridendo della mia faccia sconvolta.
-    Ahhh, quanto mi mancava darti fastidio!-
-    Castiel! Ti butto giù di sotto!-
Gli salto addosso e lo afferro per il giubbotto di pelle, pronta a fargli fare un volo, ma lui sta ridendo come un pazzo e, senza alcuno sforzo, scioglie la mia presa e mi rimette al mio posto come una bambina. Non sembra, ma è dannatamente forte!
-    Dai, adesso ti racconto-
Annuisco imbronciata.
-    Praticamente Lysandre lo sai com’è fatto: si prende l’impegno e poi magari se ne dimentica. Quindi si è iscritto al club, ma erano più le volte che dovevo andarlo a prendere all’uscita della scuola che quelle che lui si presentava di sua spontanea volontà. Sai, non è bravo solo a scrivere, ma ha anche una voce pazzesca! Vabbè, chiudiamo la parentesi: un giorno si è miracolosamente ricordato del club ma aveva già un impegno, allora ti ha incaricata di venircelo a dire al club. Per tua grande sfortuna, ma grande per me, ero solo quel giorno-
Si ferma per lasciare andare una risatina.
-    La scena era questa: sei entrata, io stavo suonando la chitarra, ti ho guardata, tu hai guardato me, ti sei girata e sei uscita, hai controllato la targhetta dell’aula e sei rientrata, per uscirtene con un “ pensavo che questo fosse un club di musica”. Mi hai spiazzato di brutto e all’inizio non capivo, poi mi son reso conto che ti riferivi al fatto che ero solo e un club da soli non si fa. Volevo dartele, lo ammetto, però poi mi sono accorto che non eri niente male e che sarebbe stato uno spreco rovinarti quel bel faccino-.
Fa una pausa per farmi una carezza sfuggente sulla guancia.
-    Poi hai cominciato a snocciolare tutta la storia del perché Lysandre non ci sarebbe stato quel giorno, e ti giuro che non hai preso fiato una volta che sia una! Quando hai finito tutto il tuo tran tran, fai “ così tu suoni la chitarra”. Avrei voluto risponderti qualcosa come “ Oh no, questa qua è solo la chiave della macchina” e ci è mancato poco che mi fosse uscito di bocca… Insomma, dopo il primo catastrofico incontro, sei tornata qualche volta, quando tu e Lysandre avevate progetti per dopo, e non ti sei fatta scrupoli a farmi notare quanto la canzone che stavo componendo faceva schifo. Ti ho detto che le parole non contavano…-
-    Perché la gente prestava più orecchio alla melodia, ma io te l’ho fatta riscrivere lo stesso. Me lo ricordo-
Sorride sorpreso, ma i suoi occhi esprimono dolore. Per un attimo mi pare che mi stia per abbracciare, ma appena batto le palpebre è di nuovo tutto normale e mi chiedo se me lo sono immaginato. Castiel è tornato a fissare il mare.
-    Poi è successo che mi son reso conto che avevo sempre una fottutissima voglia di vederti, che venivo a scuola quasi contento( non esageriamo) e che avevo sempre una gran voglia di picchiare tutti i ragazzi che ti si avvicinavano anche solo per parlare. Sì, anche Lysandre a volte-.
Mi lancia uno sguardo intenso. Troppo intenso.
-    E poi il resto già lo sai-
Restiamo a fissarci per un po’. L’aria ha un che di magnetico e non mi sento padrona del mio corpo.
-    Tu non hai mai dato importanza a nessuno- Non so come faccio a saperlo.
-    No dai, non a nessuno. A Lysandre si. Anche al mio cane. E… Non mi va di parlarne. Tu però sei un gradino più su di loro-
-    Com’è possibile? E come faccio a sapere che non menti?-
Castiel interrompe il contato visivo e ammira il blu sopra le nostre teste, ragionando vistosamente, mentre si passa ripetutamente la lingua da un angolo all’altro delle labbra e socchiude gli occhi. Infine ritorna a fissarmi con una scrollata di spalle.
-    Non so, immagino che tu debba credermi e basta. Vorrei potertelo provare, ma ho paura che finirebbe molto male, quindi non restano che le parole-
-    Buffo-
-    Già-

“ Dottore, non vede proprio altra via d’uscita?”
“ Temo di no, signora Buttercup, sono spiacente. Il coma in cui è caduta vostra figlia è senza ritorno, le percentuali lo dimostrano”.
Fruscio di fogli e un verso strozzato da parte di mia madre.
“ Un mese…”
“ Sì, signor Buttercup. È il tempo massimo in cu si può sperare ancora in un suo risveglio. Dopodiché il suo corpo sarà pressoché morto”
“ Un mese” Ripete mio padre flebilmente.
Il tempo vola.
   
 
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