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Autore: Caramel Macchiato    12/03/2015    2 recensioni
“Svegliati”
Il tuo senso dell’umorismo è piuttosto pessimo.
“ Ti sto ordinando di svegliarti”
Come se potessi. Ti manderei al quel paese, ma non so chi sei. Lasciami stare.
“ D’accordo, non mi lasci altra scelta”
Ed ecco che i miei occhi sono aperti, o meglio: nel mio sogno ho gli occhi aperti, e vedo solo bianco davanti a me. Mi giro su me stessa ma il panorama non cambia.
Che posto è questo?
“Questo è il fulcro del mondo dei tuoi sogni”
Chiedo scusa in anticipo per l'html impostato da cani!!
Genere: Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sobbalzo appena la realtà sfiora la mia mente e mi fermo in mezzo alla strada. Un mese. Un mese? Cioè poi mi staccheranno le macchine e adieu?
Mi sorprendo a portarmi le mani alle guance in una perfetta imitazione dell’urlo di Edvard Munch e d’un tratto le mie gambe partono in una corsa sfrenata che potrebbe farmi volare. Dopo pochi metri percorsi in questo modo, l’adrenalina della velocità che mi fa uscire gli occhi dalle orbite, mi fermo piano piano. Avevo detto che mi sarei arrangiata per i ricordi, e invece ho incaricato Castiel di raccontarmeli. Sono una debole. E ora infatti stavo per correre dai ragazzi a dirgli tutto e ad aspettare che tirino fuori un’idea. Disgustoso.
Mi impongo di chiudere gli occhi e respirare piano, per riprendere il controllo delle mie azioni, dopodiché mi incammino più tranquillamente verso scuola.
È tutto stranamente pacifico, probabilmente perché i ragazzi non sono nei paraggi. O almeno, così sembra, finché non mi accorgo di Lysandre, appisolato contro un albero del cortile.
Il suo viso rilassato sembra quello di un angelo. Mi piacerebbe fargli un ritratto.
Inconsapevolmente mi sono avvicinata al ragazzo e mi sono accucciata per studiarlo meglio.
Lentamente le sue palpebre si sollevano e i suoi occhi bicolore si fissano nei miei. Il contatto resta per qualche secondo, terribilmente fiabesco con l’arrivo di una leggera brezza.
-    Ho qualcosa sul viso?-
-    Cosa? No! No tranquillo-
-    Allora perché mi fissi così intensamente?-.
-    Potrei chiederti lo stesso-
-    Ah ecco, per un attimo mi sei sembrata una principessa-.
-    Anche tu sembravi un principe delle fiabe, così addormentato-.
Ridacchiamo imbarazzati, poi lui si siede più comodamente contro l’albero e sposta lo sguardo attorno a sé, evidentemente turbato.
-    Uhm… Hai parlato con Castiel?-
-    Sì. Mi ha raccontato un po’ di cose. Come vi siete conosciuti. Eravamo grandi amici noi due a quanto pare, vero?-
-    Sì. Non riesco ad immaginarlo neppure io, però… Mi sembra incredibilmente vero. E il mio quadernetto lo testimonia-
Sfila da una tasca l’oggetto, lo carezza con il pollice, poi torna a guardarmi seriamente.
-    Non riesco a capacitarmene ma, dopo che Castiel mi ha parlato della nostra amicizia, i ricordi hanno preso a tornare, incoraggiati dalle annotazioni che ho scritto qui-.
-    Cioè… Castiel ti ha aiutato a ricordarti della realtà?-
-    Credo di sì-
Fa una pausa titubante, poi serra saldamente le dita attorno al quadernetto.
-    Vuoi ascoltare?-
Per un attimo tentenno, insicura di riuscire a sopportare una altra secchiata di verità. Ma mi resta solo un mese. Quelli che per me sono stati giorni e settimane, nella realtà possono essere stati mesi. Non ho tempo di esitare.
Annuisco e mi metto più comoda, sdraiandomi sulla pancia di fianco al ragazzo.
-    D’accordo. Posso confermarti con certezza che la prima volta in cui ci siamo rivolti la parola è stato il venerdì della prima settimana di scuola media. Eravamo entrambi in ritardo e rischiavamo di perdere l’autobus, ci siamo scontrati sulla porta dell’automezzo e ti ho dato la precedenza. Ci siamo riconosciuti perché eravamo in classe assieme, ma solo allora abbiamo cominciato a parlarci, avendo un argomento che ci accomunava-.
Cerco d’immaginarmi un Lysandre attorno agli undici anni, ugualmente stravagante, ma più basso e simile ad un angioletto. In un lampo di lucidità, mi viene in mente la piccola Azzurra, grezza e mascolina in quegli anni. Un bel contrasto che spiega perché non ci eravamo mai parlati prima.
-    È incredibile, ma da quel giorno è nata la nostra amicizia: mangiavamo assieme, svolgevamo i progetti di classe assieme, parlavamo di tutto e passavamo quasi ogni week end insieme a giocare. Eri proprio buffa. E schietta: invidiavo questo tuo carattere così solare ed estroverso, mentre io dovevo convivere con una timidezza incontrollabile. Quando hai preso a parlarmi regolarmente, mi sei sembrata un angelo-.
Mi rivolge un’occhiata triste.
-    Vuoi dire che nessun’altro ti parlava?-
-    No. Certo, alle ragazze piacevo, ma i maschi mi detestavano appunto per quello, e per il mio carattere poco mascolino… Da sempre è stato così, e in più la mia timidezza m’impediva di cercare l’amicizia di qualcuno. L’unica soluzione era che qualcuno si offrisse di sua spontanea volontà, come hai fatto tu-.
Fa una pausa e il suo viso torna a splendere quando un sorriso ammorbidisce le sue labbra.
-    I ricordi continuano felici da quel momento. Poi, in seconda media, ti sei infatuata di mio fratello maggiore, Leigh-.
Sento la mia faccia deformarsi in un espressione ebete, mentre lui ridacchia al ricordo.
-    Hai un fratello?-
-    Sì, ha quattro anni più di me-.
-    Ti assomiglia?-
-    No, per niente. Tranne per il gusto nel vestire-
Cerco d’immaginarmi un Lysandre più vecchio, con gli occhi dello stesso colore e i capelli di svariati colori naturali, ma il risultato non mi convince, così lascio cadere la testa dalle braccia direttamente nel prato.
-    Leigh fa il sarto. Ha sempre amato i vestiti e la moda, perciò ha seguito una scuola superiore di sartoria e ora sta facendo un’università specializzata, lavorando in un negozio di vestiti nel tempo libero. Tu ti eri innamorata persa di Leigh, cercavi di passare più tempo possibile a casa nostra e gli stavi appiccicata tutto il tempo, e poi ti confidavi con me. Mi dicevi quante volte ti aveva guardata quel giorno, quale frasi potevano essere interpretate come romantiche. Disegnavi cuoricini ovunque, e le vostre iniziali. Però se ti dicevo di farti avanti, visto che eri così sicura, diventavi rossa come un pomodoro e sproloquiavi sul fatto che doveva essere l’uomo a fare il primo passo-
-    Come… Come fai a ricordarti così bene?- Mi sento nauseata dalla mia idiozia adolescenziale.
-    Oh, me ne hai parlato per così tanto… Per quasi due anni sei rimasta infatuata di mio fratello, anche quando lui trovava occasionalmente una ragazza, che solitamente scappava per via della sua mania per  moda e vestiti-.
Lysandre sembra divertito, ma non si rende conto che ora ricordo perfettamente anch’io quella fase della mia vita. Una fase da dimenticare.
-    Senti, piuttosto: prima che comparissi ho vissuto un ricordo dove tu scrivevi il quadernetto e mi dicevi che forse un giorno avrei potuto leggerlo-
Cambio precipitosamente argomento, ma l’effetto non è quello che ho sperato: Lysandre strabuzza gli occhi e arrossisce.
-    Ti ho detto che te lo avrei fatto leggere?-.
-    Precisamente-
-    Non ricordo di aver mai detto qualcosa di così compromettente-.
-    Perché, quello che scrivi è indecente?-
-    Oh no! Azzurra, non dipingermi così male!-
Sembra ancora più imbarazzato, mentre abbassa lo sguardo e si torce le mani.
-    Però ricordo quando ho cominciato a scrivere. Rileggere le prime righe mi ha fatto tornare tutto in mente. È stato in terza media. Stavo guardando una coccinella che stava faticosamente scalando la piramide di libri che avevo accatastato sul mio banco per poter sonnecchiare a lezione senza farmi notare. Mentre la fissavo, le parole mi sono uscite da sole: erano semplici, uscivano dalla mente di un ragazzino di dodici anni, ma il loro suono mi scaldava. Tornato a casa le ripetei a mia madre…- Fa una pausa e percepisco il dolore che prova a rievocare quel ricordo – Lei stimolava sempre me e mio fratello a coltivare i nostri interessi. Sembrò entusiasta della mia piccola poesia e mi regalò questo quaderno, con la dedica… L’hai vista-
-    Sì-
Fece un sospiro e alzò gli occhi verso il fogliame sopra le nostre teste. Non aveva bisogno di continuare, sapevo cos’era successo e mi stringeva il cuore. Mi avvicinai al ragazzo e posai la testa sulle sue gambe.
La madre di Leigh era costretta in carrozzella per una paralisi alle gambe, successa nell’incidente in macchina in cui il marito l’aveva abbandonata per darsela a gambe, troppo codardo e spaventato per accertarsi che la moglie fosse effettivamente deceduta. Se solo lui fosse stato un buon marito e padre, forse le gambe della donna non sarebbero mai rimaste paralizzate. I due fratelli, di cinque e nove anni ai tempi, accettarono la scomparsa del padre e la paralisi della madre con una forza inaudita per dei bambini.
-    Mia madre è sempre stata un angelo. Se facevamo qualcosa di sbagliato ce lo faceva notare con gentilezza, per poi aiutarci a porne rimedio. Se facevamo qualcosa di buono, le si riempivano gli occhi di lacrime e ci lodava, premiandoci con coccole e dolcetti. Era perfetta-.
-    Era?- Non sono sicura di voler sapere il perché del verbo coniugato al passato.
-    Sì. È deceduta quando tu eri in coma. Ha avuto un problema ai polmoni nel sonno. Lo aveva spesso. Solo che l’ultima volta non ha più voluto combattere, troppo stanca di andare avanti. Così ci ha lasciati. Me, Leigh e i nonni-
Mi alzo di scatto a sedere, non riuscendo a credere a quello che mi ha detto. I suoi occhi sono pieni di sofferenza, eppure asciutti. Deve aver pianto troppo. Ma io…
Le lacrime sgorgano come una diga in piena e, senza nemmeno accorgermene, sono tra le braccia del ragazzo a singhiozzare come un’ossessa.
Conoscevo bene Rose, la madre del mio migliore amico. L’avevo ammirata e quasi dipinta come un’eroina. E ora non c’era più. E quel che è peggio, è che se n’è andata quando io non potevo saperlo.


Piango per quasi un’ora e quando finalmente smetto, la mia teta è pesante, così come le palpebre. Mi brucia tutta la faccia.
-    Ti senti un po’ meglio?- Mi chiede il ragazzo dolcemente.
Mi limito ad annuire.
-    Di certo ora sta meglio. Ha patito molto nella sua vita-
Annuisco di nuovo, poi porto di nuovo lo sguardo sul ragazzo. Ricordo tutto di noi. Non solo ciò che mi ha raccontato, ma ogni singolo giorno che abbiamo passato insieme. Perfino quelle rare litigate che avevano incrinato il nostro rapporto.
-    Ne abbiamo passate così tante assieme- Commento con voce roca e traballante.
-    Sì. Quasi otto anni ormai-
-    Sì. Che coppia-
Ridacchia, poi mi fa una carezza sulla testa affettuosamente.
-    Ora che ricordi, sappi che se c’è anche solo una minuscola cosa che ti preoccupa, non devi esitare a dirmela, d’accordo?-
Annuisco, sentendomi una bambina protetta dal suo tocco.
Restiamo per un attimo in silenzio in quell’atmosfera primaverile, la brezza che scuote appena le foglie sopra le nostre teste.
-    Pensi che mi risveglierò?-
-    Ne sono certo. E io ti aspetterò anche tutta la vita, se necessario-
Riesco a ricambiare il suo sorriso, nonostante mi sembra di avere un sasso nello stomaco.
 
   
 
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