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Autore: Sincro    12/03/2015    0 recensioni
Una storia ambientata in Francia in un imprecisato periodo temporale.
Personaggi custodi di un destino scritto per loro da un'entità celata da una maschera.
Questo destino sarà loro gabbia o salvezza? Chi mai si spingerebbe in qualcosa del genere e perché?
Genere: Horror, Sentimentale, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 15 - La piccola Adele
Passato


Il vialetto che collegava le varie residenze differiva in base al rango della famiglia abitante; stradine in pietra come stradine d’erba o terra battuta. I segni del temporale erano ancora soprattutto visibili in quest’ultime, formando piccole pozze d’acqua nelle quali alcuni uccellini si abbeveravano. Le due gemelle correvano felici evitando le pozzanghere con molta maestria anche se alla fine una delle due ci finì dentro.
«Betty!» disse ridendo Veline «Sei caduta! Sei caduta!»
«Sta zitta stupida!» urlò Betty «Vado a casa a cambiarmi, tu prosegui, ci vediamo al burrone.»
Mentre la sorella sporca di fango si avviò, quasi claudicando, verso casa, Veline cercò di trattener le risate e di proseguire il cammino. Dopo una notte di pioggia la natura sembrava rinascere, quasi esplodere. Il sentiero era molto lungo ma era affiancato da tanti alberi che regalavano un’ombra molto gradevole. Veline aveva un passo lento e tra una pozzanghera e l’altra arrivò al capolinea. Gli alberi erano spariti per lasciar spazio ad una vista mozzafiato: un’enorme brughiera divisa dal fiume che, toccato dai raggi del sole, risplendeva. Veline si avvicinò sul ciglio del dirupo per poi sedersi comodamente con le gambe a penzoloni. Sarà stato un salto di almeno 50 metri ma la ragazza parve tranquilla, andava spesso con la sorella in quel luogo. Era il loro posto segreto dove non venivano mai disturbate, dove tutto sembrava al di fuori del tempo, ma non quella mattina. 
Distesa nell’erba, poco distante dalla ragazza, c’era una persona. Sembrava addormentata, era una bambina dai delicati tratti. Una lunga e folta chioma bionda che le arrivava quasi all’altezza delle ginocchia. Indossava un grazioso vestitino bianco e nero con una larghissima gonna, sembrava un vestito principesco. Corpo esile e un fermaglio nero con un grande fiore bianco impediva ai capelli di coprirgli il viso. Veline si avvicinò senza svegliarla ma era talmente graziosa che non resistette nello sfiorarle una guancia. Discostò i capelli che erano ricaduti sul viso e scorse un bastoncino di plastica fuoriuscirgli dalle labbra conserte. Non appena la mano della ragazza toccò la guancia della bambina dalla liliale bellezza essa aprì gli occhi, due enormi occhioni azzurri come il cielo. Non sembrò impaurita ma fece fatica a mettersi seduta; l’enorme gonna nascondeva le gambe avvolte in un paio di calze bianche con dei puntini neri e i piedi racchiusi in un paio di minuscole scarpette nere. Un rumore provenire alla destra di Veline catturò la sua attenzione: era Betty che correva come una pazza per raggiungere la sorella.
«Veline chi è questa graziosissima bambina?» chiese Betty ancora invalidata da un forte fiatone.
«L’ho trovata qui distesa nell’erba.» disse Veline per poi voltarsi verso la creatura. «Come ti chiami piccola?»
La bambina era ancora assonnata e si limitò a far saltellare lo sguardo tra le due sorelle. (Forse non capisce la nostra lingua)
Subito Betty afferrò il bastoncino che la bambina aveva tra le labbra ma appena lo fece la bambina ringhiò e, gattonando, corse a nascondersi dietro la schiena di Veline. 
«L’hai spaventata!» inveì Veline «Sei sempre la solita.»
Un’imbarazzata Betty provò a chiedere scusa ma la bambina non voleva saperne di uscire da dietro le spalle di Veline. Attimi di silenzio e di sguardi di dubbio cessarono con un flebile suono che fuoriuscì dalla bocca della bambina.
«Se non ti togli quel bastoncino dalla bocca non puoi parlare!» cercò di spiegare Betty con un tono quasi severo e scocciato.
«A-Adele.» sospirò timidamente la bambina mentre guardava Veline «B-borsa?» infine chiese.
Le due sorelle si scambiarono uno sguardo interrogativo per poi rivolgersi verso la piccola Adele.
«Ti chiami Adele, allora.» disse Betty.
«Piccola Adele hai perso la tua borsetta?» chiese Veline rivolgendosi in tono calmo verso la bambina.
«Veline! Veline!» si limitò a rispondere Adele con fare esclamativo.
Betty dopo uno sguardo della sorella iniziò a girare nei dintorni alla ricerca della borsa mentre lei provò a far parlare la piccola Adele. 
«Cos’hai in bocca piccola?» chiese Veline e la bambina subito afferrò il bastoncino per svelare un chupa chups nero. 
Veline provò ad afferrarlo ma la bambina richiuse subito la bocca e riprese a succhiare la caramella. Poco dopo ritorna una vittoriosa Betty con una borsetta e un chupa chups tra le mani: la borsetta era piena di quelle caramelle ancora incartate. Appena vide la scena, la piccola Adele cominciò ad urlare cose senza senso e Veline subito capì che il comportamento di Betty la scosse non poco. 
«Posa quella caramella nella borsa, subito!» comandò Veline mentre Betty era ad un passo dall’addentarne una.
«Che schifo!» esclamò Betty gettando la caramella nella terra «Ha un sapore bruttissimo! Come fa a tenerlo sempre in bocca?»

Dopo aver chiuso la borsetta di Adele, le due presero ognuna una mano della bambina ma quando Betty si avvicinò alla sua mano Adele la ritrasse subito abbracciando la coscia di Veline e affondando il viso nel suo pantaloncino. 
«Si può sapere che ha?!» strillò una sempre più scocciata Betty. 
«Betty non alzare la voce, non vedi che la spaventi?» disse Veline per poi abbassarsi all’altezza della bambina «Devi portare i tuoi occhi alla sua altezza per farla sentire tranquilla, con i bambini si fa così. Prova!»
Betty ubbidì e si accovacciò come la sorella e provò a parlare con la bambina ma questa scappò nuovamente dietro la schiena di Veline. 
«Basta! Mi arrendo, andiamo a casa ho fame.» concluse Betty.
Un brontolio risuonò dallo stomaco della piccola Adele che subito arrossì in viso. Le due sorelle la fissarono per poi scoppiare a ridere e dirigersi verso casa. 

Per tutto il viaggio di ritorno Adele restò incollata alla gamba di Veline, quasi stritolandogliela. Il cielo cominciò a riempirsi di nuvole così le tre affrettarono il passo prima dell’avvento della pioggia. Il clima era molto instabile ultimamente. Arrivate a casa la trovarono vuota, i genitori era partiti per un breve viaggio di lavoro. Veline aprì il frigorifero e trovò un biglietto con su scritto: 

Il pranzo è nella scodella verde, fate le brave mi raccomando! Torneremo prima di cena.

«Polpette!» urlò Veline richiamando le due nel soggiorno «A tavola!»
Non era la prima volta che la madre delle gemelle lasciava un pasto pronto accompagnato da un biglietto che nascondeva, dietro quell’apparente dolcezza e apprensione, intimidazioni. Dovettero mettere due cuscini sopra la sedia di Adele per farle raggiungere l’altezza del tavolo. Betty senza aspettar nessuno appena ebbe il piatto di polpette iniziò subito a divorarle. Veline tolse la caramella dalle fauci della bambina per poi cercare di imboccarla ma la bambina non voleva saperne. Ma il profumo di quelle polpette era troppo intenso e, messo da parte l’imbarazzo, afferrò una forchetta con la sua piccola mano e senza esitazione infilò un’intera polpetta in bocca. La divorò così come tante altre fin quando il suo stomaco non sembrò scoppiare. Veline inizialmente preoccupata per l’ingordigia della bambina si tranquillizzò e terminò anche lei la sua porzione. 
Dopo quel lauto pasto poggiarono la bambina sul divano per farla riposare un po’. Si rilassarono anche loro in compagnia del televisore ma ad un certo punto la loro attenzione fu catturata dalla bambina che iniziò a respirare affannosamente con il viso rosso e gli occhi chiusi. Le due sorelle provarono a svegliarla ma Adele era sotto shock così Betty chiamò subito un’ambulanza. 

In ospedale alcuni infermieri caricarono la bambina su una barella per poi sparire dietro una porta. Le due sorelle erano in sala d’attesa in silenzio. Pensavano a cosa avrebbe potuto causar quella reazione alla bambina. Le polpette le avevano mangiate anche loro, eppure stavano bene. Dopo un’apparente eternità un medico si avvicina verso di loro, era un medico che già ebbero modo di conoscere qualche tempo prima per via del Signor Craft.
Il medico subito le tranquillizzò dicendo che la bambina si era calmata. Le condusse nella sua camera; la bambina era ancora rossa in viso ma era sveglia e tranquilla. Subito salutò le due sorelle con un grande sorriso mentre era impegnata a colorare un disegno, in bocca aveva un nuovo chupa chups.
«Posso parlarti un attimo?» chiese il medico rivolgendosi a Veline.
«Betty resti tu con…» non fece nemmeno in tempo a terminar la frase che Betty annuì per poi avvicinarsi timidamente al letto della bambina. 
Il medico accompagnò Veline in una sala piena di libri e con al centro una scrivania alla quale era seduto un medico.
«Ti presento il Dottor Duval, ha monitorato lui la bambina, ti lascio con lui.»
Veline inizialmente era imbarazzata per essere in presenza di un medico che non conosceva ma subito spezzò quel silenzio.
«La ringrazio tanto per aver salvato la bambina.»
«Non devi, io non ho fatto nulla.»
«Ehm, eppure…»
«Io non posso curare quella bambina.»
«Non può curarla? Cosa intende? Non mi dica che si tratta di una malattia grave.»
«No, se si trattasse di una malattia umana, potrei trovar un rimedio.» disse il Dottor Duval «Ma lei non è umana. Lei è interamente e scientificamente artificiale.»
«Aspetti, Adele è… artificiale?
«Sì.» si limitò a rispondere il Dottor Duval.
«In pratica… sarebbe un essere umano creato artificialmente?»
«Esatto.»
«Andiamo non può essere…»
«Suppongo che sia normale reagire così. Il senso comune imporrebbe di credere che sia impossibile, ma, a volte, ci sono persone che tentano di superare tale senso.» il viso di Veline sembrò perdere colore «Analizzando le proteine costituenti il suo corpo, ho scoperto che nessuna di esse è riscontrabile in natura. Comunque, lei non sembra consapevole di essere diversa dagli altri. Il suo aspetto è assolutamente normale e anche le sue funzioni corporee non differiscono dalle nostre, ma c’è un problema. Come parte del suo processo metabolico le sue cellule secernono spontaneamente un veleno.»
«Un veleno?» chiese stupita Veline con una mano davanti la bocca.
«Sì, purtroppo. Se lasciato indisturbato si accumulerà nel corpo e ne arresterà le funzioni organiche, uccidendola. »
«Ma cosa?!» urlò Veline «Ma ora sta beniss…»
«È per via di quei lecca lecca. Contengono un composto in grado di neutralizzare il veleno. Si può dire che sono l’unica cosa a tenerla in vita.»
«Quindi non può sopravvivere senza?»
«Non so perché l’abbiano creata così. Potrebbe trattarsi di un difetto tecnico imprevisto, o forse è stato fatto intenzionalmente. In ogni caso gli unici a poter sanare questo difetto sono coloro che l’hanno creata.»
«Chi può aver creato questa bambina?!» chiese a se stessa Veline con tono arrabbiato «E per quale motivo?!» 
«Ricordo di aver sentito, qualche anno fa, di un gruppo di ricercatori che stavano tentando di creare artificialmente gli esseri umani. Ma poi dopo un po’, queste voci erano cessate.» disse il Dottor Duval «Dove avete trovato la bambina?» 
Veline non sapeva cosa rispondere, come sapeva il medico che l’avevano trovata? Poteva essere loro cugina o chiunque altro. Sì limito a borbottare parole senza senso.
«Non importa.» disse il Dottor Duval «Ogni caramella è capace di bloccare il veleno per 3 ore.»
Il Dottor Duval dopo questa ultima sconcertante notizia si alzò e lasciò l’inerme Veline avvilita ad una parete.
Dopo un po’ tornò in camera della bambina e scoprì che Betty era sul lato con gli occhi rossi e traboccanti di lacrime e che la bambina si era riaddormentata. Il senso di colpa l’aveva invasa e approfittando della solitudine si lasciò andare. Appena vide la sorella alla porta si asciugò gli occhi con la coperta del lettino. Veline ignorò volontariamente la sorella per non farla imbarazzare ulteriormente e posò lo sguardo sulla bambina che sembrava immersa in un piacevole sogno. Dopo quasi un’ora di silenzio ritornò il Dottor Duval che richiamò Veline con un cenno di mano.

«Ho consultato alcuni miei colleghi ai quali ho illustrato nei dettagli la situazione.» disse il Dottor Duval «La bambina partirà con me domani mattina.»
Veline sobbalzò e chiese al medico dove l’avrebbe portata ma il Dottor Duval si limitò nel dirle che sarebbero volati verso il sud della Francia; in quel luogo c’erano alcuni esperti desiderosi di studiare la bambina.
«Studiare? Potrà essere anche artificiale ma è pur sempre una vita!!» urlò Veline attirando a se l’attenzione di un’infermiera che passava lì vicino.
«Riuscirò a salvarla.» disse il Dottor Duval mentre afferrò le sudate mani di Veline. «So quanto possa essere terribile perdere una vita che ti sei promesso di proteggere. La salverò.» 
Il tono del medico infuse una strana tranquillità nel cuore della ragazza che si calmò per poi abbracciare il Dottor Duval. Non sapeva per quale motivo ma si fidava di quell’uomo. Sembrava sincero.

Veline subito dopo tornò nella camera della piccola Adele e scoprì che insieme alla bambina si era addormentata anche la sorella. Si avvicinò a quest’ultima e con un leggero tocco la svegliò facendola sussultare. Veline spiegò, mentendo, la situazione alla sorella, disse che la bambina era fuori pericolo e che i genitori l’avevano già reclamata, l’indomani sarebbero andati a prenderla. Gli occhi di Betty si riempirono di lacrime gioiose e dopo aver baciato la fronte della bambina poggiò la sua borsetta sul cuscino ed uscì dalla stanza.
«Non vieni Veline? Andiamo a chiamare mamma, è quasi sera.»
«Si avviati, la saluto e ti raggiungo.»
Betty capì e subito sparì dalla stanza lasciando sola la sorella. Veline si avvicinò al petto della bambina e scoppiò a piangere bagnando tutte le lenzuola del lettino.
«P-perché Veline piange?» chiese una vocina debole.
La bambina si era svegliata ma tra le labbra non aveva altro che un bastoncino di plastica vuoto, Veline subito si affrettò a scartare un lecca lecca.
«Ti senti meglio piccola?» chiese Veline asciugandosi gli occhi con le mani. 
«S-sì! Adele è felice che Veline sia venuta a trovarla!» disse Adele «Tornerà anche domani a trovare Adele?»
Veline non riuscì a trattenere le lacrime, si limitò ad annuire con la testa e dopo aver baciato sul capo la bambina la salutò per poi chiudere la porta dietro le sue spalle.

Ormai era sera e Veline si affacciò alla finestra dell’ospedale ad osservare il profondo cielo nero. Non c’erano stelle per via di una luminosa luna. La sera successiva sarebbe stata piena. Il giorno dell'appuntamento.

   
 
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