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Autore: CitazioniLarry    12/03/2015    1 recensioni
«Sai cosa? Fanculo questa lettera. Freghiamocene delle Luci e anche dei soldati. Fanculo a tutti quanti in questa città. Scappiamo e basta. Lasciamo questa zona. Ho sentito che ci sono altri posti, posti che-»
«Basta», disse Riley singhiozzante. «Lasciare questa zona? Ciò che ci farà, sarà darci solamente un'altro modo per morire».
Genere: Avventura, Drammatico, Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Ellie, Joel, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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    Viaggiammo per i tetti dei palazzi. Era da tanto tempo che non mi sentivo così libera. Saltavamo da un palazzo all'altro, godendoci il momento e non pensando a niente.
    Volevamo volare.
    Riley era più avanti di me, e ad un certo punto si fermò per prendere la rincorsa. Fece un bel salto. Toccò a me. Il salto mi riuscì, ma mi sbucciai il ginocchio sinistro. Sentivo il bruciore aumentare ed il sangue uscire piano piano.
    Riley si girò, sempre correndo, a guardare se ero ancora tutta intera.
   
«Muoviti, Ellie!» gridò.
   
Dannazione, quella ragazza era velocissima, non riuscivo a starle dietro; avevo la certezza che quella non era la prima volta, a differenza della mia. Anche io scappavo dalla mia vecchia scuola, ma non ero mai stata sui tetti. Mi piaceva. Guardando giù, potevo vedere le guardie di servizio che, indifferenti, si fumavano sigarette. Speriamo non alzino lo sguardo, pensai.
   
Ad un certo punto non vidi più Riley davanti a me. Arrivata al margine dell'edificio la vidi scivolare giù dal tetto, ed io lo scavalcai benissimo con un salto. Ci sapevo ancora fare con il free-running: Là, nel vecchio orfanotrofio, un ragazzo mi insegnò qualche salto, in caso saremmo dovuti scappare. Un giorno, mi fece vedere anche una “via” che lui usava sempre per uscire.
   
Arrivate alla fine del tetto, mi acciaccai con il fiatone.
   
«E' tutto quello che sai fare?» dissi tra inspiro ed espiro.
   
Lei non mi rispose e si limitò a girare lo sguardo verso un enorme tetto di vetro a forma di piramide. Mi avvicinai a lei, osservandolo meglio. Era bellissimo, mi sarebbe piaciuto molto vederlo quando era ancora intatto. Sopra era rotto, e dalle parti, i vetri sembravano essere stati rotti da qualcuno. Forse era stata la stessa Riley a romperli, perché non sembrò sorpresa come lo fui io.
   
«Pensi mai al futuro?» tuttavia, Riley non staccò lo sguardo da quella direzione, ed io restai ancora più sorpresa da quella situazione che stava diventando alquanto imbarazzante.
   
«Intendi il futuro... con le navicelle spaziali e robe così?»
   
Riley ridacchiò.
   
«Adorabile» e, finalmente mi guardò. «No, intendo il tuo futuro. Cosa ne farai della tua vita», affermò infine, incrociandosi le mani al petto.
   
Bella domanda Riley. Il problema era che io non lo sapevo.
   
«Non c'è molto da pensare, in realtà», risposi.
   
Mise le mani sui fianchi e diventò seria.
   
«E' quello che vorrebbero che noi credessimo», iniziò. «Fai quello che ti dicono, chiudi la bocca, e poi quando hai sedici anni ti mettono una pistola in mano e ti trasformano in un piccolo soldato provetto» lo pensavo anche io, cara Riley ed era ciò che non desideravo diventare. Continuò.
   
«Non starò qui a trascorrere il resto della mia vita con qualche stronzo che mi dice a chi sparare e dove cagare»
   
Scrollai le spalle, non capendo bene cosa avesse intenzione di fare.
   
«Beh, e cosa farai?» chiesi, ma lei non rispose subito, anzi ci pensò bene alcuni secondi.
   
«In meno di tre mesi avrò sedici anni», mi disse «questo è quanto mi resta per pensarci»
   
Aprii le braccia, gridando.
   
«Cos'altro c'è?» volevo sapere il suo piano, perché, dannazione, sapevo che ne aveva uno e non era l'unica a voler fuggire.
   
«Sei mai stata a cavallo?», la guardai male. E adesso cosa c'entrava?
   
«Cosa? No.»
   
«Seguimi!» La vidi volare di sotto.
   
E la seguii.

 

   Come pensavo, passammo attraverso quei vetri rotti del tetto. Riley mi disse di stare attenta, perché la prima volta che venne qui si fece male. Ci calammo e scendemmo delle scale. Dove mi stava portando?
   
Intravidi dei manichini. Riley si stava incamminando, mentre io mi soffermai in quella zona, che pareva essere un vecchio centro commerciale. Peccato che fosse stato abbandonato. Mi avvicinai al manichino con una posa strana. Aveva una mano sul fianco, mentre l'altra era leggermente piegata all'insù ed anche la sua gamba sinistra lo era. Decisi di imitarla, e mi misi a ridere. Che noioso sarebbe stato essere un manichino, ma loro non avrebbero catturato la negatività che stava sopraffacendo ciò che restava di questo mondo.
   
«Inquietante!» urlai a Riley, la quale stava inconsciamente continuando a camminare per conto suo.
   
Proseguendo, vidi con la coda dell'occhio una sala giochi. L'insegna recitava “RAJA'S ARCADE”. Ne rimasi altamente stupita. Adoravo i videogiochi e trovando quel posto i miei occhi iniziarono a brillare. Riley invece, non ci fece manco caso.
   
«Riley, fermati» la richiamai e corsi verso l'entrata della sala. Il pavimento aveva una moquette con un disegno del pianeta Saturno, che si ripeteva per tutti i metri quadri del negozio, ma ormai strappata e distrutta. C'erano tantissime macchinette che contenevano pupazzi e almeno una ventina di videogiochi arcade, purtroppo, rotti anch'essi.
   
«Non ci credo, cazzo!» esclamai. Riley mi seguì calma ed io iniziai ad ispezionare i videogiochi, uno ad uno.
   
«Triple Phoneix!» gridai avvicinandomi al gioco. «Ho letto di questo gioco! E' un picchia-duro multi-giocatore super popolare. E' basato su un cartone che parla di questi tre piccioni che sono mutati e poi-»
   
«Triple Phoneix? Quel gioco è per bambini», Riley mi trascinò verso un altro arcade. «Vuoi parlare di giochi? Questo, è un vero gioco» Ok, adesso ero curiosa.
   
«uno contro uno con milioni di combo e un assurdo boss finale. Hardcore» non si fermò un secondo, ed ero incantata dalle parole. Vorrei averci potuto giocare.
   
«C'è questo personaggio che è chiamato Angel Knives. Ha questa mossa finale dove fa un pugno nel petto del suo nemico e poi, crack, gli porta via la testa» era tutto così eccitante.
   
«Cavoli... i ragazzi a quei tempi erano fortunati».
   
Riley abbassò lo sguardo. Forse anche lei, come me, la notte sognava un mondo diverso, un mondo normale, con la sua famiglia e i suoi sogni divenuti realtà. Chiusi gli occhi e scossi la testa, cacciando via quei pensieri, mentre Riley sfiorò l'arcade per poi allontanarsi.
   
«Stiamo perdendo tempo, andiamo», disse, ritornando seria.
   
Non appena uscii fuori, mi voltai per un ultimo sguardo alla sala giochi ed iniziai ad immaginare. Immaginare come quella sala, prima di tutto questo, fosse piena zeppa di bambini e ragazzi che si divertivano; La mia mente vagava: era dentro ad ogni gioco e faceva vincere ogni ragazzino. La grande insegna sul muro davanti all'entrata era ora accesa e splendeva come se fosse stata il sole. Sopra recitava “il posto più divertente”. L'atmosfera era abbracciata da milioni di colori e tante luci che facevano apparire quella stanza come un mondo fantastico, dove l'unica preoccupazione era bearsi delle piccole cose.
   
Ma tutte le cose belle erano destinate a svanire, a dissolversi in illusioni.
   
E poi li vidi lì. L'intero spazio diventò tenebroso, sanguinoso, i corpi erano distesi, alcuno senza arti, altri senza testa. Il posto più divertente si era ora trasformato nell'inferno.
   
«E' troppo tardi...» dissi fra me e me.
   
E mi allontanai, con una lacrima che mi rigò la guancia livida.

 

   «Che cosa ci facciamo qui?» chiesi a Riley.
   
Mi aveva portata, in quello che doveva essere la corte principale del centro commerciale. La cosa triste era che al posto delle persone, adesso c'era un'enorme tenda da campeggio con un falò spento.
   
«Vedrai» mi rispose.
   
Riley si avvicinò all'entrata della tenda.
   
«Sei lì dentro, vecchio?» ulrò Riley. Conosceva il tizio? Chissà quanto tempo passava qui dentro. Il signore comparve. Aveva un cappello ed un cappotto lungo e una barba altrettanto lunga che non tagliava da molto tempo.
  
«Smetti di urlare, non sono sordo» ribatté lui. «E chi è questa? Diamine Riley, ogni volta che trascini un nuovo ragazzino qui, rischi di mettermi in pericolo» sentenziò, ma Riley, era indifferente ai suoi rimproveri.
  
«Calmati, è ok. Ellie, questo attraente individuo è Winston» disse, indicandolo.
  
«Winston, questa è Ellie», e indicò me.
  
«Hey...» lo salutai con la mano e poi me le misi in tasca.
  
«Mi hai almeno portato qualcosa?»
  
«Cortesia dello stronzo di quel capo di scuola» disse Riley, tirando fuori dal cappotto rosso una bottiglia di alcol. «Sono sicura che voleva dartelo ugualmente, per il duro lavoro che fai proteggendo questo posto».
  
Riley passò la bottiglia a Winston. Quindi era per questo che era scappata. Stavo iniziando a credere che questo posto veniva spesso frequentato da Riley.
  
Winston diede un'occhiata all'etichetta della bottiglia.
  
«Glenfiddich Solera,conservato da quindici anni, malto singolo, direttamente dalla Scozia...» Stappò la bottiglia e sorseggiò con gusto. «Ok, Riley. Quanto mi costerà?»
  
«Sono offesa. Non posso solamente portare ad un vecchio amico un regalo dal profondo del mio cuore?»
  
Winston la guardò socchiudendo gli occhi.
  
«No» affermò «non tu».
  
Riley sospirò e mi guardò. «Voglio insegnare alla piccola Ellie come cavalcare» annunciò. «Non è mai stata a cavallo»
  
Winston si alzò con fatica, ma sempre con la sua bottiglia in mano. «Tutto qui?»
  
Riley annuì sorridente ed io rimanevo dietro di lei, perplessa. Perché voleva proprio portarmi a cavallo?
  
«Beh, sai dove trovare la vecchia» suggerì lui.
  
Riley fece un cenno come per ringraziare Winston e ci dirigemmo verso una stanza che l'uomo aveva trasformato in una stalla. Il cavallo era bellissimo. Era bianco con una criniera tra l'argento e il grigio scuro. Non mi ero mai avvicinata ad un cavallo ed avevo un po' di paura.
  
Riley sembrò leggermi nel pensiero.
  
«Qui, tienila per un secondo» mi disse lei ed io presi lentamente la corda. «Non preoccuparti, non morde».
  
Riley mi lasciò con il cavallo. Credevo se ne fosse andata, ma mi rassicurò dicendomi che era andata a prendere la sella.
  
«Ok, allora, lui ti insegnerà le basi. Ricorda solo di stare calma. Se ti agiti, anche lei lo farà» si raccomandò.
  
Le accarezzai il muso. Lei si agitò un pochino, ma dopo aver sbuffato, prese fiducia e si riavvicinò. Riley mi aveva sorpresa in tutti i modi possibili.
  
«Sai, ha un buon odore» dissi io.
  
«Ovvio. Non è come il bestiame che abbiamo a scuola». Montò la sella sotto ad una coperta scozzese. «I cavalli hanno un profumo. Sono le mucche e i maiali che puzzano».
  
Mi passò le redini del cavallo.
  
«Oh, Winston è pigro. Non lasciare che interrompa la tua visita qui. Sii sicura che, almeno una volta, ti faccia fare il giro di tutto il centro commerciale»
  
Mi voleva per caso lasciare da sola? Voleva scappare senza di me, e l'unico modo era farmi distrarre con un cavallo? Così le chiesi che intenzioni aveva.
  
«Stai cercando di farti cacciare?» Riley, che stava finendo di legare la sella al cavallo, s'impietrì. «Infrangi delle regole e ti buttano fuori con le persone normali. E' questo quello che farai?» Riley non si mosse e non mi guardò. La vidi abbassare la testa e avvicinare le braccia al petto.
  
«No. Risposta sbagliata. A quelle persone viene assegnato qualche lavoro di merda per la città e a malapena ricevono abbastanza razioni per sopravvivere»     Non potevo darle torto, perché lei sapeva molto più di me, era brava ad ascoltare, soprattutto di nascosto, era brava a non farsi beccare; sapeva fuggire e nessuno l'avrebbe fermata, qualsiasi cosa avesse avuto in mente. «Sarai sempre uno schiavo del sistema»
  
Rimanemmo in silenzio per cinque minuti buoni. Io continuavo ad accarezzare il muso del cavallo e Riley, imbarazzata, finì di allacciare le fibbie.
  
«Senti... divertiti e basta, okay?»
  
«Okay».

 

 

  «Hop hop!»
  
Winston mi aiutò a salire su Principessa, così si chiamava il cavallo. Riley restò lì e Winston, come se non bastasse, la riprese un'altra volta.
  
«E' il mio Alcol, Riley. Tieni le zampe lontane»
  
«Ma per favore. Ho le mie scorte segrete» urlò, ridendo, mentre noi ci allontanavamo sempre di più.
  
Iniziava il mio tour.
  
«Quella ragazzina... E' un guaio» Winston ridacchiò sotto i baffi folti, mentre teneva a bada il cavallo, tenendolo calmo.
  
«Già... mi piace». Era vero. Riley mi stava simpatica, nonostante fosse il mio opposto.
  
Winston mi fece strada verso il corridoio principale. Alcuni negozi avevano le saracinesche abbassate, altri erano completamente distrutti. Mi colpì particolarmente un negozio d'abbigliamento per neonati, ormai sopraffatto dalle erbacce.
  
«Com'era questo posto? Intendo... prima dell'infezione» chiesi. Ero curiosa di saperlo, come lo ero stata poco tempo prima, immaginando il RAJA'S ARCADE pieno di vita.
  
«Beh, quando avevo la tua età, anche io marinavo la scuola» cominciò a raccontarmi. «Mi incontravo con gli amici, prendevamo un panino e guardavamo un film» C'era un cinema qui dentro? Questo posto era enorme.
  
«E provavamo a pomiciare con Roberta Coen». Mi scappò da ridere. L'amore adesso non esisteva più, vero? «Pioggia o sole, questo posto era sempre pieno zeppo. Durante le vacanze sembravamo un branco di sardine»
  
Winston si rattristì. «Mi... mancano le luci di Natale. Tutti erano stressati cercando di comprare più regali possibile, ma riuscivi a sentire quella sorta di...» Mentre mi raccontava mi immaginai tutto. «... spirito magico nell'aria» Mi guardai intorno, fantasticando sulle parole di Winston. Già... doveva essere proprio magico.
  
«Sto diventando troppo nostalgico e ti sto annoiando».
  
«Nessun problema»
  
La verità è che sarei stata ad ascoltarlo per altre sei ore se fosse stato possibile.
  
Tornammo alla tenda di Winston dopo un'oretta. Winston mi piaceva, era un brav'uomo e sarebbe stato un buon amico.
  
«Allora, com'è andata?»
  
Riley era seduta e stava leggendo un libro.
  
«La piccoletta ci sa fare, ha imparato subito»
  
«E' stato fico. Grazie Winston». Lo ringraziai e poi raggiunsi Riley.
  
«Adesso sono sicuro che questo cadrà nel vuoto, ma perché non tornate a casa e cercate di non mettervi nei guai?»
  
«Beh, devono scoprirti per essere in pericolo»
  
«Ok, ascoltate-»
  
Winston non parlò, perché subito dopo udimmo un forte baccano. Qualcosa era scoppiato e Principessa cominciò a nitrire e ad agitarsi.
  
Eravamo in pericolo?

 

  Quando alzammo lo sguardo, vedemmo sopra di noi un'enorme nuvola di fumo. Il mio corpo si irrigidì ed indietreggiai.
  
«Merda. Devo andare a cercare la mia unità» Winston montò a cavallo. Sperai veramente che ne uscisse vivo. «Riley, non ti sto prendendo per il culo, Torna a casa! Ora!» sbraitò, e fuggì.
  
Lo guardai allontanarsi da noi e ancora una volta rimanemmo da sole. Winston aveva ragione, dovevamo tornare a casa; la faccenda stava diventando seria e i coinvolti non eravamo solo io e Riley.
  
«Forse dovremmo ascoltarlo» dissi a Riley.
  
Mi girai e la vidi gingillare con qualcosa in mano. «Riley?»
  
«Aspetta».
  
Non potevo crederci. In mano aveva un walkie-talkie o stavo vagheggiando?
  
«Quello è un Walkie-talkie?»
  
«Zitta un secondo. Sto cercando di scoprire come funziona questo coso».
  
Era un walkie-talkie. Diavolo! Mi aveva usata come prevedevo! Riley...
  
«Oh mio Dio! Mi hai usata come diversivo così da poterglielo rubare! Per tutto questo tempo-» rabbuffai Riley ma ci rendemmo conto che quella cosa funzionava davvero.
  
«-Bzzt- Esplosione nel dodicesimo settore -Bzzt- nemici -Bzzt- ci sono gruppi ostili, presumibilmente affiliati alle Luci. -Bzzt-»
  
«Non pensavo succedesse stanotte, ma è fatta. Questa è la nostra uscita», mi proferì. «Troveremo le Luci».
  
Riley era felice. Io sgranai gli occhi non appena sentii quella parola. Perché voleva tanto trovare le Luci? Forse era una Luce anche lei e non voleva dirmelo. Perché?
  
«Le Luci?!» schiamazzai. «Cosa sei, fuori di testa?»
  
Riley mi guardò con sguardo bieco mentre rimetteva il walkie-talkie in tasca. Non era colpa mia se si voleva cacciare nei guai.
  
«Bene», si incamminò da sola. «fai come ti pare».
  
No. Riley non poteva lasciarmi sola. Non sapevo la strada del ritorno, non avrei saputo come fare senza di lei. Dopotutto, era una ragazzina come me, che voleva esaudire i propri sogni.
  
Buttai fuori un respiro bello grosso e la rincorsi. Mi fidai per la seconda volta. 

   
 
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