12/03/2015
1 recensioniIl titolo è una citazione di Joker del Batman del 1989.
Dedicata a Black Beauty.
Scritta sentendo Field to innocence degli Evanescence.
Cap.1 Campo di innocenza
dov'è
andato il mio cuore
intrappolato negli occhi di uno sconosciuto
I dementor
levitavano davanti alla sua cella, avanti e indietro facendo
ondeggiare i lunghi mantelli neri. Di sottofondo si udivano gemiti,
mugolii, singhiozzi e ogni tanto urla seguite da tonfi. Bellatrix vide
una serie di anime azzurrine circolari volare verso i carcerieri che le
inghiottivano con le bocche spalancate. Rabbrividì,
appoggiandosi all'angolo tra le due pareti e si strinse le spalle,
ansimando. Una delle creature sporse la testa tra le sbarre della sua
cella e iniziò ad aspirare rumorosamente, dei filamenti
candidi si staccarono dal corpo della Mangiamorte finendogli in bocca.intrappolato negli occhi di uno sconosciuto
Bellatrix scoppiò a ridere guardando la lucertola dimenarsi, strinse più forte il cappio d'erba e la guardò soffocare. La creaturina si agitò, guardò il suo petto alzarsi e abbassarsi affannoso con il battito cardiaco accelerato e la osservò accasciarsi con la lingua penzoloni.
"Ti piace fare del male alle creature più deboli?" domandò una voce maschile alle sue spalle. Bellatrix nascose la bestia dietro la gonna della casacca da strega e si voltò. Il suo battito cardiaco accelerò guardando la pelle diafana del giovane davanti a lei.
"Siamo stati smistati nella stessa casa. Io sono Tom, Tom Riddle" si presentò il giovane. Si passò una mano tra i corti capelli neri e le sorrise. Bellatrix sbatté un paio di volte le palpebre facendo ondeggiare le lunghe ciglia nere.
"Non provi ribrezzo per me?" domandò. Riddle le sorrise e il sole illuminò i suoi denti candidi.
"E' il nostro modo per prenderci una rivalsa sul mondo, per dimostrargli che siamo migliori e non ci piegherà. Io e te siamo uguali" sussurrò. Le sue iridi vermiglie brillarono.
Il dementor uscì il capo incappucciato dalla cella e si allontanò. Bellatrix allungò il braccio scheletrico fino alla finestra, le dita le tremavano e i suoi occhi erano sporgenti. Socchiuse le labbra spaccate e sporche di sangue in più punti, gli zigomi premevano contro la pelle ingrigita. Piegò di lato il capo, facendo ondeggiare i boccoli neri sporchi di cenere e sporcizia, unti in più punti. Si sentiva squittire un topo con versi agonizzanti.
"Tornerai a prendermi. Tornerai, perché siamo uguali mio signore" canticchiò con voce stridula.