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Autore: Momo Entertainment    12/03/2015    7 recensioni
[And... we are back on air.]
Unima, un anno prima degli eventi di Pokémon Nero 2 e Bianco 2.
Cinque bellissime ragazze sono state scelte, ma solo una di loro diventerà la nuova Campionessa della regione.
Insieme combatteranno e soffriranno, rideranno, piangeranno vivendo insieme l'estate della loro vita: la loro giovinezza.
Essere il Campione non significa solo lottare.
Significa anche vivere. Amare. Credere. Sognare. Proteggere.
Genere: Avventura, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shoujo-ai, Yuri | Personaggi: Anemone, Camelia, Camilla, Catlina, Iris
Note: OOC | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Anime, Videogioco
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ESGOTH 2




A story by: Momo Entertainment
Main concept and characters: The Pokémon Company
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Pokémon Black and White

Early Summer Girls

Capitolo 2Risultato immagini per new png logo

Quando tutto è nuovo, anche tu ti rinnoverai

 

Ed il giorno tanto atteso finalmente arrivò, con un mattino di sole cocente.

Appoggiata sopra la scrivania stava la seconda conferma delle cinque prescelte. Leggendola e rileggendola tutte le volte che le capitava sotto gli occhi, Iris si rendeva conto di aver fatto uno sbaglio.

Sentiva che qualcosa dovesse andare storto: quando doveva barrare la casella per accettare la partecipazione e firmare con la sua calligrafia inclinata non le aveva lasciato un tremore alle mani intenso quanto l’afferrare la maniglia dell’armadio.

E tutto iniziava da lì, in quella camera: come si sarebbe dovuta vestire?

L'abbigliamento era il suo ultimo pensiero quotidiano, eppure aveva concepito l'idea che un Allenatore di successo dovesse vestirsi in una certa maniera, in modo che tutti lo riconoscessero in mezzo ad una folla di semplici dilettanti e lo ricordassero come un modello da imitare.

Il concetto di basarsi soltanto sull'immagine per dimostrare il suo valore era un'idiozia, lo sapeva. E allora lei era la prima degli idioti, quando a tavola chiamava le varie personalità del mondo delle lotte “tizio dai capelli ics” o la “signora (che era qualsiasi donna oltre i 25 anni) con il vestito ipsilon" in attesa che fosse suo nonno a ricordarle.

«Quelle diciture stanno bene nei problemi di algebra, non per appellare persone con una serie di vittorie il triplo più lunga della tua.»

Sicuramente le altre Allenatrici non si erano poste il suo problema: loro già avevano un'immagine ed una carriera, mentre lei era solo una nullità venuta dal caso.

«Devo essere me stessa.» 

Si ripeteva invano.
Ancora si chiedeva perché Nardo avesse scelto proprio lei.

«Inutile darsi arie. Sono uno zero, non posso nasconderlo.» 

Iris si lanciò sul letto, schiacciando il viso contro il cuscino. Sentiva di aver perso. Senza neppure combattere, senza conoscere le sue avversarie, a dispetto del suo amore per le lotte e per le sfide. Non si sentiva degna di essere chiamata "Allenatrice".

Axew le saltò fra i capelli, solleticandole leggermente la testa, come faceva sempre per consolare la sua piccola amica; la ragazzina lo abbracciò forte, per sfogare nel piccolo draghetto la frustrazione che la stava divorando.

«Andiamo. Se faccio tardi farò una figura orribile.»

Si disse, indossando i suoi abiti casual ai quali non avrebbe rinunciato solo per trasformare la sua immagine in quella di un'estranea che contasse solo un poco più di lei: la maglia larga di colore giallo pallido, nelle cui maniche aveva lo spazio per tenere le sue Poké Ball, la gonna rosa, che le donava un pizzico di femminilità e le scarpe da ginnastica preferite sarebbero bastate a farla sentire chi voleva essere: se stessa al massimo del proprio potenziale.

«Vado.» Si limitò a dire questo per salutare Aristide, presa dalla tensione di quegli istanti fatidici.

«Essere Campioni non significa solo lottare. Ricordatelo, cara.»

Le rispose l'anziano Domadraghi, per fornire una perla di saggezza alla sua” nipotina”, che in quel momento era più cresciuta che mai.

Iris sembrò ignorare quel consiglio; alle sue orecchie pareva insensato e privo di logica.

«Ma non sarà uno di quei consigli che i vecchi danno per incasinarti la vita ma che ti tornano utili quando sei nei guai fino al collo?! Almeno spero che sia così...»

Il cammino per la Lega Unima non era più impervio e difficile: la vecchia Via Vittoria era stata chiusa e un passaggio più agevole collegava la città di Boreduopoli con la Lega.

In poco tempo Iris, in tutta la sua piccolezza, si ritrovò davanti l'edificio più maestoso che avesse mai visto in vita sua: un'enorme scalinata introduceva gli sfidanti a un ampio padiglione dorato, che si ramificava in quattro scalinate (dovevano condurre alle stanze dei Superquattro).

Le pareti ritraevano dipinti con scene di lotte, vittorie e sconfitte di chi aveva lanciato la stessa sfida prima di lei e delle altre ragazze, contribuivano a rendere quel posto talmente spettacolare che a stento si riusciva a distaccarvi lo sguardo: il Campione doveva averla progettata così per far sentire gli sfidanti che vi entravano infimi ed insignificanti. E l'effetto aveva rivelato la sua efficacia su Iris, che non si era mai sentita così piccola e impotente.

Salita la gradinata, la ragazzina riprese fiato: stupore, paura e curiosità si mescolavano nel suo cuore, sentiva esploderle nel petto. Dopo poco capì di non essere sola, o meglio, la sola: due ragazze, sicuramente più grandi di lei di qualche anno, erano sedute a ridosso dell'enorme statua che si erigeva nel centro dell'aurea sala.

Iris, in silenzio, le analizzò attentamente, spinta da forte curiosità: una si mordicchiava nervosamente le unghie, fissando lo schermo del cellulare; aveva capelli rosso fuoco un po' disordinati legati in una coda sul lato, la carnagione abbronzata simile alla sua ed uno sguardo preoccupato, che però lasciava intravedere un’espressione gentile dietro due grandi occhi azzurro cielo.

Iris aveva voglia di andarle a parlare, almeno di potersi presentare. Ma dovette resistere, seppellire la sua indole di bambina curiosa e nascondersi dietro la freddezza ed indifferenza di un'Allenatrice adulta.

«Ma a quindici anni... Si è già adulti?» Pensò.

Cercò di focalizzarsi sull'altra, che pareva l'esatto opposto della rossa: capelli neri - tinti probabilmente - con una singolare acconciatura che somigliava ad un semplice taglio corto, se non per due lunghi ciuffi che le ricadevano lungo le spalle, arricciati vagamente come una saetta o un tuono.

Un'altra cosa che Iris non poté fare a meno di notare era l'abbigliamento delle due giovani: una tuta di colore azzurro, molto attillata, che copriva il petto della rossa, lasciando scoperta la pancia, e il top color argento della mora, con una scollatura che lasciava intravedere il seno in maniera intrigante ed esibizionista.

La ragazza, dalla pelle bianca e diafana, continuava a sistemarsi il mascara, guardando superba il suo riflesso nello specchietto, come se fosse inconscia del fatto che intorno a lei ci fossero altre persone.

«Chissà perché so già chi non sopporto... Il tipo di persona che ha almeno due Pokémon rosa in squadra e si fa insegnare le mosse dal suo fidanzato, ma cosa ci fa qua? Almeno non sono io quella presa peggio…» 

Pensò Iris, continuando a fissarla con aria incuriosita e disgustata allo stesso tempo.

Ma appena la mora sentì che qualcuno la fissava con così tanta presunzione, chiuse violentemente lo specchietto e fulminò Iris con lo sguardo più freddo e accusatorio che la ragazzina avesse mai visto.

Incrociare i suoi occhi la spaventò a morte.

«La smetti di fissarmi, ragazzina?!»

La mora le graffiò l'autostima con quelle parole velenose. Le fece stringere le palpebre per un attimo, un sollievo nel dischiuderle e ritrovarla impegnata con il suo trucco, lontana dalla sua visibile paura.

Iris sentì il sangue gelarle nelle vene: sarebbe sopravvissuta contro avversarie che avrebbero fatto di tutto pur di metterle i piedi in testa?

Una voce maschile chiamò le tre ragazze, non per nome, disse semplicemente: «Entrate».

Un ascensore era nascosto sotto la statua al centro del padiglione: dopo essere sceso di un paio di piani, una grande scalinata di marmo si erigeva di fronte a loro.

Lei e la rossa continuavano a fissare tutto con immenso stupore; la mora invece, sembrava del tutto indifferente, come se avesse visto di meglio nel corso della sua vita.

«Benvenute, aspiranti Campionesse!» Le accolse Nardo, che stava in cima alla gradinata di fronte a loro.

Quella scala... Doveva rappresentare il loro cammino, lungo e impervio per diventare ciò che sognavano.
E salire fino in cima... Il privilegio di guardare tutti dall'alto, di poter sottovalutare i propri nemici, di potersi sentire grande...

Persa nei suoi pensieri, Iris notò con sorpresa che a loro tre si era aggiunta un'altra ragazza.

Cercò di non fissarla a lungo, per evitare di scatenare in ella la stessa reazione della mora di un attimo prima: dimostrava più o meno vent'anni. Aveva capelli mossi e lunghi, color biondo chiarissimo e il loro dolce profumo di vaniglia li rendeva i capelli più belli che Iris avesse mai visto.

Non riuscì a guardarle bene tutto il viso, perché la sua attenzione era stata catturata dagli occhi di lei: non erano i classici occhi profondi che attirano l'attenzione con i loro riflessi di luce, di questi ne aveva visti miriadi nei film e nelle pubblicità; erano occhi vitrei e vuoti, che quella teneva quasi socchiusi, in un’espressione che non faceva trasparire alcun sentimento.

E Iris ne era alquanto spaventata, anche se continuava a fingere un atteggiamento calmo e rilassato, come le sue avversarie.

A ridestare la sua attenzione fu la prorompente voce di Nardo.

«Ragazze... Sono commosso. Sapevo che nessuna di voi avrebbe rifiutato questa possibilità. Vi chiederete perché proprio voi. Ma questa non è la domanda a cui ho intenzione di rispondere. Infatti voglio spiegarvi cosa dovrete fare se vorrete arrivare quassù, dove sono io...»

«Questi discorsi non mi fanno paura...» Pensò Iris, assaporando quel retrogusto di pericolo e di sfida che si celava dietro a quelle parole.

Ma le azioni del vecchio Campione contrastavano totalmente con i pensieri della ragazza: alle sue spalle un enorme braciere d'improvviso si accese e la sua ombra era proiettata al cospetto delle ragazze: grande, nera e minacciosa danzava tra le fiamme rosse al suono di una risata spaventosamente potente.

«Mi correggo, questo fa paura!» Riuscì a ribattere la ragazzina, in preda a quell'improvviso spavento. Tutte le ragazze avevano già avvertito che la loro sfida per diventare Campionesse non sarebbe stata semplice.

«Non fatevi alcuna illusione! - Riprese Nardo - non dovrete combattere l'una contro l'altra. Non osate neppure considerarvi "avversarie"!

Le regole sono semplici: vi sottoporrò a una serie di prove di lotta di vario genere: in singolo, in doppio, multipla... E a prove di altro tipo. Vi insegnerò tutti i trucchi e le nozioni per essere in grado di guidare una regione e allo stesso tempo di eccellere nella lotta.

Alla fine della stagione vi scontrerete l'una contro l'altra nel Torneo Regionale di Unima Femminile, che per ragioni di tempistica potrete abbreviare con la sigla TRUF, e da qui sarà decretata la nuova Campionessa in carica da quest'anno.

Non conoscerete alcun risultato dalle vostre prove e per evitare che tra di voi vi siano contrasti e rivalità sarò io stesso giudice e arbitro di ogni prova e siete tutte e cinque molto belle e dotate, non farò alcun favoreggiamento. Detto questo...»


Nardo si interruppe bruscamente.

A causa della vecchiaia doveva aver dimenticato cosa dire; è normale, quando si deve formulare un accurato discorso d'incitazione o si ha di fronte ben quattro ragazze in età prematura.

«Detto questo...» La rossa cercò di invitarlo a riprendere il senso della frase.

«Questo lo ha già detto.» Ammise con aria sarcastica la mora, che tratteneva a stento una risata di commiserazione.

Se è vero che quattro secondi bastano a creare imbarazzo, il momento aveva già perso la sua serietà da un bel pezzo.

«Nardo, non mi hai ancora presentata a queste adorabili ragazze. Mi dispiacerebbe passare inosservata.»

Una voce femminile, profonda e dolce ravvivò immediatamente il calore perduto con il gelarsi dell'atmosfera.
Più che ad una ragazza sembrava appartenere ad una donna.

L'attenzione delle quattro ragazze era stata attirata come da una calamita: scendendo la gradinata con passo leggero e aggraziato, si avvicinò a loro.

Continuava a sorridere, scostandosi i lunghi capelli biondi dal viso, con un gesto perfetto della mano.

A vederla da vicino pareva finta; era abbastanza bella da aver attirato l'attenzione di tutte e quattro le giovani, che non riuscivano a staccarle gli occhi di dosso.

Iris si sentì avvolta dalla sensazione più strana della sua vita, che superava anche la frustrazione e l'imbarazzo degli attimi precedenti: sentiva le mani sudarle, tastando con le dita gocce calde che scendevano lungo i palmi bagnati.

Avrebbe voluto dirle qualcosa ma, in quel posto esageratamente grande, di fronte ad una persona così importante si sentiva troppo piccola perfino per proferire parola.

Si limitò a fissare i suoi occhi: grigio platino, lucenti come gocce di rugiada al sole, dai lineamenti perfetti e naturali. Sul viso non sembrava avere make-up, cosa di cui si compiacque parecchio, dato che neppure lei si truccava.

«Sono Camilla Kuroi, Campionessa della regione di Sinnoh. Non parteciperò effettivamente a questa competizione: semplicemente vi aiuterò nel vostro cammino grazie ai miei anni di esperienza. In poche parole sarò la vostra leader.
Sarà un piacere per me lavorare con delle ragazze carine come voi.»

Iris la fissava, come tutte le altre del resto, ma con la sensazione di aver tralasciato qualcosa.

Lo sguardo della ragazzina fu attirato da altro: abbassando il viso, le sue voglie di bambina vennero represse da uno stimolo adulto, che la spingeva a non staccare le pupille da una visione tanto dolce quanto oscena.
Si sentiva spaventata, non più dalla ragazza che aveva di fronte, ma da se stessa e dalle sue voglie irrefrenabili e perverse.

Iris chiuse gli occhi per un secondo, cercando di dimenticare ciò che aveva fatto, anche solo vagamente. Era lì da neanche poco tempo e già si stava trasformando.

«Cosa cavolo ho appena fatto? Nulla, ho... solo guardato per un secondo, senza toccare. Toccare sarebbe... - Continuava a bisbigliare agitata nella sua mente, come se le altre la potessero sentire e giudicare come perversa. - Eh?! Basta, basta, basta... Non è successo niente e non succederà niente.»

Iris tirò un sospiro di liberazione, cercando quasi di esalare quegli attimi di paura ed agitazione. Con un briciolo di ottimismo, provò a ribaltare la situazione a suo vantaggio, per trovare una giustificazione alle sue gesta assolutamente paranormali.

E ci riuscì.

«Se ho sentito il desiderio di vederle il seno... Significa che non sono più una bambina... Si! Diventerò più grande. Diventerò più forte... Diventerò più adulta.»

Ed eccolo, il fatidico momento.

La tensione era paragonabile a quella di un primo giorno di scuola: nuove compagne, completamente sconosciute, dalle quali non si poteva prevedere alcun gesto o alcuna risposta. Bisognava solo essere se stessi.

Ora che erano sole, loro cinque, come se il destino avesse voluto far incontrare proprio lì e vederle crescere insieme, essere loro stesse sarebbe stato difficile per tutte.

Infatti nessuna proferiva parola. Solo un lungo e vuoto silenzio riempiva la sala.

Per un'ultima volta Iris, confidando in tutto il suo coraggio, cercò di capire chi avesse di fronte: una mora sarcastica e viziata, una rossa che sembrava determinata ma nascondeva un velo di paura dietro ai suoi occhi azzurri, e due bionde: una disinteressata e assorta, ed un'altra che sorrideva con orgoglio alle sue apprendiste.

E lei: una ragazzina. Ma non trovava gli aggettivi adatti a descrivere chi fosse.
«Sono solo una ragazzina.» Iris giunse a questa conclusione solo perché la mora esibizionista le aveva sputato quell'etichetta in viso pochi minuti prima.

Ad interrompere le sue riflessioni fu la voce della ragazza dai capelli rossi che, con chissà che coraggio, si era sforzata di sorridere e di presentarsi per sciogliere quell'atmosfera gelida come il ghiaccio.

«Io mi chiamo Anemone Reyez. Ho diciassette anni e sono Capopalestra a Ponentopoli... Se la conoscete. Piacere.»

Si era limitata all'essenziale, non avrebbe potuto fare altro.

L'unica che sembrò ricambiare la presentazione fu la bionda sorridente che le diede due baci sulle guance come atto di gentilezza, ridendo dolcemente per ricambiare il suo coraggio.

«Il piacere è mio.» La accolse calorosamente.

Ora era il momento di farsi avanti.

Iris raccolse in un intrepido respiro tutta la sua audacia, ricordandosi che anche le sue compagne, per quanto autoritarie e fredde potessero sembrarle, erano umane e quindi potevano, anzi dovevano, serbare un po' di ansia, o la situazione sarebbe rimasta bloccata a quel gelido silenzio in eterno.

«Il mio nome è Iris Calfuray, piacere di conoscervi. Ho quindici anni e vengo da...»

Iris si interruppe un attimo, per decidere che dire, per decidere che impressione dare a quelle ragazze. Avrebbe davvero rivelato le sue origini? Voleva che le sue avversarie la commiserassero? E se invece di commiserarla se ne fossero altamente fregate, o peggio, l'avessero derisa?

Non serviva una bugia. Una mezza verità sarebbe bastata a coprire quella parte di lei che riemergeva con ogni genere di ambiguo pretesto.

«... Boreduopoli. Non sono ancora un'Allenatrice qualificata ma - e qui una frase ad effetto ci stava proprio bene - spero di diventarlo.»

Ovviamente Camilla la accolse con i classici baci sulle guance, il premio che Iris si aspettava dopo aver dimostrato il proprio coraggio, nel suo piccolo.

«Quindici anni... Come sei giovane! Sei la più piccola del gruppo, sai?»

Iris non riusciva ad essere sarcastica, a risponderle un secco "grazie, fin lì c'ero arrivata anch'io".
Non stava parlando con una ragazzina come lei, ma con una donna bella e fatta alla quale poteva solo portare rispetto (e quindi evitare di farsi trip mentali in sua presenza).

Ora l'atmosfera era più calda. Non ancora calda come una coperta di lana, ma non più fredda di un blocco di marmo, una situazione già più piacevole.

Camilla la ispirava davvero tanto. Se voleva davvero diventare Campionessa lei era il modello giusto da seguire. E magari sarebbe potuta perfino diventare sua amica, con un briciolo di fortuna.

Ma, come in tutte le situazioni non totalmente calde, ancora si sentiva un pizzicante refrigerio nell'aria.

Infatti la mora e la bionda spenta non avevano ancora proferito parola, ma non per via dell'ansia: i loro volti (uno sorrideva perfidamente, mentre l'altro non lasciava trasparire alcuna emozione) non parevano umani. Gli umani percepiscono il caldo ed il freddo e la felicità, l'ansia e anche la paura.

Camilla camminò davanti ad Iris con il suo passo deciso, porgendo una mano alla ragazza vuota, che sembrò stupita e un po' disturbata dal gesto della Campionessa di Sinnoh.

«Catlina, dovresti presentarti anche tu. Sono certa che queste ragazze sarebbero molto contente di conoscerti.»

Iris si sentì un po' turbata da quell'affermazione. Si sentiva invadente, anche se non poteva averne colpa. Del resto, prima o poi avrebbe dovuto conoscerne almeno il nome.

Camilla si rivolse di nuovo a lei e alle altre due ragazze.

«Io e lei ci conosciamo già, veniamo entrambe da Sinnoh. -E sorridendo alla bionda, che sembrava innervosita e imbarazzata allo stesso tempo, la invitò a farsi avanti. - Siamo amiche d'infanzia.»

«S-Sì... - la giovane si bloccò un attimo, per riprendere respiro da quella situazione snervante - Sono Yamaguchi-Haato Catlina, lavoro qui alla Lega, piacere di conoscervi.»

Ancora Iris non aveva capito.

Non capiva perché avesse così tanta paura di presentarsi, perché continuasse a guardare tutti con quello sguardo spento e annoiato, perché i suoi capelli continuassero ad accarezzarle il naso con quello strano odore di vaniglia.

Non capiva neppure come facesse una ragazza aperta e gentile come Camilla ad essere stata amica di un cadavere parlante del genere...

Ma nessuno è se stesso nei momenti gelidi. Se avesse aspettato di vederla in un altro stato era sicura che sarebbe stata diversa.

«Hai dei capelli bellissimi, Catlina.» Disse la ragazzina, imitando la tattica che aveva usato Camilla su di lei.

E quella non si dimostrò del tutto insensibile, del resto.
Le tornò indietro un "grazie", in un misto fra il nervosismo e l'imbarazzo.
Interessante. Iris non poté non pensarlo.

Ora ne mancava una; mancava la più tosta però.

Iris si sentiva forte: due su tre già la consideravano una a posto, ed era un buon risultato per una che era partita con il presupposto di non potercela fare.

Scambiò un'occhiata con Anemone, intendendola al volo (o almeno sperando di avere inteso, altrimenti avrebbe solo fatto la figura della stupida), e si diresse davanti alla ragazza mora, che non smetteva di sorridere nascondendo a fatica quanto ritenesse in realtà tutto ciò patetico.

«Vorrei sapere che ci trova da ridere... Ma del resto il riso abbonda sulla bocca degli stolti...» 

Pensò Iris, cercando forza nella saggezza. Un make-over totale di trucco e capelli non poteva arrivarle in dieci secondi, ma era comunque abbastanza tempo per elevarsi per intelligenza rispolverando armi usate da generazioni di ragazzine insicure.

Iris aveva bisogno di forza morale per affrontare gli occhi di quella ragazza, quegli occhi che prima l'avevano trucidata e che continuavano a perforarle la pelle, paralizzandole le membra.

Almeno con lei c'era un'altra, che doveva essere immune alle sue prepotenze, e quindi le avrebbe garantito sicurezza, come quando si affronta un bullo non con qualcuno più grande, ma uguale all'ostacolo.

Iris provò ad attaccare bottone, con la frase più lecita in quel momento.

«Ciao. – la salutò dolcemente, cercando di dimostrare una minima felicità nel conoscerla - Tu sei...» Cercò di invitarla a risponderle.

Grave errore. Grave, gravissimo errore.

Tutte le ragazze, persino Camilla, si erano accorte dello sbaglio enorme, del crimine contro la persona, dell'oltraggio al mondo adulto che aveva involontariamente commesso.

Una ragazza libera e ribelle come Iris, che viveva le travagliate vicende dell'adolescenza in bilico tra una bambina ingenua e un'adulta emancipata non poteva leggere riviste, stare sui social network o chattare: ma la mora non sembrava averlo capito; come dice il proverbio, non conoscendo poteva solo disprezzare e per farlo si sarebbe servita della sua arma migliore: i suoi occhi azzurri.

«Davvero non sai chi sono? È un po' strano, vedendo come mi fissavi prima...»

Ecco che iniziava con una delle sue freddure, che potevano abbattere anche un muro.

«S-Scusa, abbiamo iniziato con il piede sbagliato - cercò di scusarsi chinando leggermente il capo la ragazzina, che era tornata a sentirsi piccola ed impotente con una sola frase - ti chiedo di perdonarmi. Mi chiamo Iris, piacere.»

«Riesco quasi a toccare la paura che provi in questo momento, - rispose guardandola dritto negli occhi, fingendo di tastare qualcosa di astratto con la mano - se fossi davvero dispiaciuta scoppieresti a piangere. Miliardi di mie fans lo fanno quando glielo chiedo. Ma tu sei troppo piccola e lo considereresti crudele...

...Almeno quanto detesti il fatto che tutte le ragazze in questa stanza abbiano le tette più grandi delle tue.»

Solo sentendo quella frase, Iris era letteralmente morta nell'animo.
Quelle parole erano state definitivamente crudeli, aveva ragione quella ragazza, erano così dolorose che stavano per farla piangere.
Quella modella l'avrebbe schiacciata come un Rulloduro.

«Non è divertente, smettila di comportarti come se fossi in una anime.» Anemone si pose con scioltezza davanti alla modella, come per difendere Iris.

La rossa non avrebbe permesso che tra le due nascesse un'antipatia che si sarebbe protratta fino alla sfida finale: sapeva benissimo che una ragazzina non può competere contro le elaborate, spietate e pesanti offese che quella mora sapeva lanciare.

Perché sì, Anemone aveva avuto l'occasione di leggere in una rivista di quella ragazza dai capelli nero tinto.

Camelia si fece più seria. Si avvicinò alla rossa, sorridendole beffarda come se quella avesse assestato un colpo assolutamente nullo.

«Sta' zitta tu. I tuoi vestiti valgono la metà di te, io mi farei delle domande.»

Anemone si paralizzò, come un Tipo Volante colpito da una forte scarica elettrica... Si notava così tanto che i suoi vestiti erano di seconda mano?

Continuò a fissarla, sperando di non essersi messa ancora contro la persona sbagliata.
Sarebbe stata una gara di sguardi ed avrebbe vinto chi avesse ridotto l'altra a distogliere lo sguardo per l'umiliazione.

Iris però era stufa. Non voleva farsi odiare.
Lo aveva detto anche Nardo che non erano avversarie, ma compagne.

E l'intervento salvatore di Camilla glielo fece ricordare.

«Sei Camelia Taylor, la top model più famosa di Unima... Vero? - domanda retorica, non sapere chi fosse lei era pari a non sapere chi fosse Arceus - Dovresti accettare le scuse di questa ragazzina. Non credo avesse cattive intenzioni, mi sembra troppo giovane per pensare a quel genere di cose. Per favore riflettici, non intendeva insultarti.»

Iris non aveva seguito tutto il discorso, si era fermata a "quel genere di cose", chiedendosi se Camilla fosse troppo ingenua per considerarla una pervertita o se fosse lei un'ottima attrice.

Ma era certa di una cosa: Camilla le aveva salvato la pelle. Ancora.
E spettava a lei completare l'opera, considerandosi definitivamente un'ottima attrice.

«Scusami tanto. Se ti fissavo - iniziò, con tono adulatore - è perché sei molto bella... I tuoi fan te lo avranno già fatto notare, ma io ti ho conosciuta solo adesso e già ti ammiro molto. Se sei così attraente d'aspetto, sarai anche un'Allenatrice fortissima...»

E lì si interruppe, ansiosa di vedere la reazione della tanto divina quanto fredda Camelia.

«E va bene, ti perdono. - e sorridendo sarcasticamente ancora una volta - Del resto, sei più piccola di tutte noi. In tutti i sensi... - poi si rivolse alle altre tre apertamente - non è vero?»

Poi la modella si girò, accarezzandole con la punta delle dita la guancia: sentire quel tocco caldo sul viso la fece leggermente rabbrividire.

Quali potessero essere le sue intenzioni, cosa volesse trasmetterle con quel gesto ancora non le era chiaro.

Ma l'unico modo per far svanire tutte le domande, tutti i dubbi e tutte le incertezze di quel momento era aspettare: forse in poco tempo si sarebbero rivelate grandi amiche...

O forse no.

Come c’è sempre un lato positivo, in tutto ce n'è anche uno negativo.

Nella vita ci sono amici e nemici, ed una semplice regola non poteva impedire alle ragazze di serbare odio l'una per l'altra; in una competizione ci sono vincitori e vinti., quindi una vincente e ben quattro perdenti. C'era quindi maggiore probabilità di restare a mani vuote per lei.

Iris non sapeva più che cosa pensare. Voleva andarsene da tutta quella paura e a tutti quegli sbalzi d'umore che la stavano portando ad un esaurimento nervoso.

Si era presentata, aveva rivelato il suo nome, le sue presunte origini ed il suo ruolo nella società.
Ora, dicendo addio, desiderava sparire nel suo anonimato, nella sua piccolezza ed insignificanza.

Sicuramente le sue compagne si sarebbero comportate in maniera più adulta di lei.

«O forse no...» 

Pensò Iris, osservando quelle ragazze che per ragioni a lei ignote non riusciva ancora a chiamare "compagne".

«È incredibile, no, anzi, terribilmente imbarazzante! Com'è possibile che a io quindici anni non abbia neppure un accenno di seno?! Ci sono sempre passata sopra, era un dettaglio abbastanza trascurabile... Finché quella maledetta tettona non me lo ha rinfacciato!

Su cinque ragazze quattro - e mi vergogno più ad averlo notato che a dirlo - hanno le tette incredibilmente grandi! Okay, detto così non sembra terribile.

Immaginate di essere completamente piatte... No aspettate, probabilmente chi legge è un maschio. Quindi, ricominciamo.

Immaginate di essere una femmina quindicenne completamente piatta, che si ritrova a dover convivere con delle ragazze con le tette enormi, che solo a guardarle si sciolgono le palpebre per l'invidia e che tu sogni di avere da quando sei nata.
Ma così sembra la trama di un manga pornografico... Immaginate ancora una volta, per favore. Immaginate... le mie compagne (le chiamo così solo per formalità).

Anemone (è molto carina secondo me...), capelli rossi, grandi occhi azzurri e tipico seno da anime-ecchi; ha anche la pelle del mio stesso colore.

Camelia, capelli neri, trucco in ogni centimetro della faccia e fisico da classica modella francese (ma sinceramente, quelle freddure le vengono al momento o se le fa scrivere?).

Catlina, con i capelli di una principessa, gli occhi di uno spettro, e il petto che sembrava esploderle in quel vestito così raffinato (chissà che shampoo usa...).

E Camilla... Non so se essere spaventata o incantata da lei. Di solito le ragazze belle come lei vantano un meraviglioso fidanzato... Come deve essere fortunata, la nostra leader.

Non vi chiedo però di immaginare me: dicendo di essere piatta, mi sono tolta qualsiasi speranza di farmi apprezzare.»


j

Behind the Summery Scenery #2

1. Nelle prime fasi della pubblicazione della storia ho avuto diversi problemi con l'htlm sopratutto per quanto riguardava le spaziature, il carattere e la dimensione del font e soprattutto la disposizione delle frasi. Senza l'aiuto di Barks non sarei mai riuscita ad impaginare decentemente la storia. Questo problema penso sia la maggior causa dell'insuccesso della storia durante i primi momenti della pubblicazione.

2. Il titolo di questo capitolo è leggermente cambiato ancora: prima era “Quando tutto è nuovo, anche te stesso”, poi "Quando tutto è nuovo anche tu lo sei".

3. Non capisco perché, ma cliccando sul titolo della storia dal menù delle ultime aggiornate verrete indirizzati qui al secondo capitolo invece che al primo, e ancora non riesco a spiegarmi il perché dopo sei mesi.
Update 2.0: falso allarme, sono riuscita a risolverlo. Mi sento una hacker, lol.

4. La scena in cui da un braciere infuocato l'ombra di Nardo si proietta minacciosa è puramente reale: nella Hall of Fame in Pokémon Nero e Bianco c'è davvero un braciere, spento però. Inoltre, riguardandola bene, la struttura esterna della Lega Unima è tutt'altro che maestosa e ammaliante: sembra un'aborto figlio di un tempio greco, una ziqqurat e la Cappella Sistina. 

5. Ho adorato descrivere la scena in cui Camelia rinfaccia ad Iris l'avere un seno piccolo e ancor di più ho adorato scrivere il monologo finale: penso che questa insicurezza renda il personaggio di Iris più sexy dal punto di vista caratteriale. E no, non ho nulla contro le sue tette, se ve lo stavate chiedendo.

6. Questo è l'ultimo capitolo in cui le ragazze indossano i loro vestiti originali del gioco/anime/manga fino alla fine della storia.

7. Ho fatto una modifica nella versione 3.0 della storia. "Grazie per aver avvisato adesso, mongoloide." Sì, grazie.

Parto dicendo che dare dei cognomi a dei personaggi in un franchise che dà nomi di persona così eccentrici non è facile.

Inventi dei cognomi tu: ti senti un cretino. Scegli dei cognomi preesistenti: ti senti un cretino poco originale. Mescoli le due opzioni: ti senti un doppio cretino. E, cosa incredibile, non mi piace sentirmi più cretina di quello che già sono.

Ora, prima le ragazze avevano tutte e 5 dei cognomi giapponesi. Perché, se Unima è ispirata all'America queste 5 whitebeasts devono fare cultural appropriation ed avere dei cognomi che non rispecchiano la loro nazionalità? 

Quindi, ho detto, proviamo così.

Catlina e Camilla sono effettivamente giapponesi (Sinnoh = Hokkaido = isola nord del Giappone. Due giapponesi bionde e tettone, ma pur sempre giapponesi, lol), quindi i loro di cognomi, Yamaguchi-Haato e Kuroi rimangono uguali. Guardate, ve li so scrivere anche con i kanji 山口・心音 e 黒井、sono tutti kanji facili da scrivere.
Così sì mi diverto a scrivere 50 e 84 tratti, giappominchia che non sono altro.

Tornando a noi: Anemone fa di cognome Reyes ora. In qualche modo è latina/messicana e questo cognome me gustava, olé. No, non me ne frega niente se gli spagnoli nella realtà non dicono olé.

Per Camelia, un mio amico simpatico e poco razzista, ha scelto Taylor, perché appena senti Taylor pensi subito ad una bianca (mep) con gli Ugg ai piedi (che ho anch'io) che beve un caramel macchiato da Starbucks (come piace a me) e usa "totally like" ad ogni interiezione (this is like, totally me, n'stuff). 

Per il Calfuray di Iris ho dovuto fare ricerche, quindi link qui perché sono stufa di scrivere.

Ancora scusatemi per aver scombussolato l'ordine del cosmo a metà storia.

  
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