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Autore: Caramel Macchiato    15/03/2015    1 recensioni
“Svegliati”
Il tuo senso dell’umorismo è piuttosto pessimo.
“ Ti sto ordinando di svegliarti”
Come se potessi. Ti manderei al quel paese, ma non so chi sei. Lasciami stare.
“ D’accordo, non mi lasci altra scelta”
Ed ecco che i miei occhi sono aperti, o meglio: nel mio sogno ho gli occhi aperti, e vedo solo bianco davanti a me. Mi giro su me stessa ma il panorama non cambia.
Che posto è questo?
“Questo è il fulcro del mondo dei tuoi sogni”
Chiedo scusa in anticipo per l'html impostato da cani!!
Genere: Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sono ancora immobile davanti alla porta dei gemelli, quando sento una mano avvolgere il mio polso e mi fa girare: Kentin è pallido e la sua faccia sembra il riflesso della mia.
-    Hai sentito tutto?- Chiedo in un sussurro.
Si limita ad annuire poi mi tira lentamente verso casa sua, e io mi limito a seguirlo, cercando di fare ordine nei miei pensieri.
Mi tiene la porta di casa e poi la richiude alle sue spalle, per poi dirigersi in cucina con la disinvoltura di chi è a casa propria, mentre io resto in piedi come un palo in mezzo alla stanza, a giocherellare con le mie dita.
Kentin alza lo sguardo, stupito nel vedermi ancora in piedi, e mi indica con un cenno il “divano” arabo per terra. Mi ci lascio cadere sopra come una pera cotta e ci metto poco a scambiarlo per un materasso su cui svaccarmi. Kentin mi raggiunge poco dopo e mi porge una tazza di tè dal profumo speziato e caldo.
-    Hai l’aria stanca. Dovresti riposare un po’-
-    Ho riposato abbastanza negli ultimi tempi-.
-    Azzurra, non fare la testarda: hai una faccia spaventosa. Il discorso di prima a parte-
Giro la testa come se fosse un peso per guardarlo con rimprovero, per poi bere un sorso di tè, che scende caldo per la trachea e sembra intiepidire ogni fibra del mio corpo.
Lui si passa una mano sulla faccia fino all’attaccatura dei capelli, che afferra con forza, per poi lasciare la presa ed alzarsi.
-    Io vado a fare una corsa: era quello che volevo fare quando ti ho incrociata. Tu riposa un po’, d’accordo? Ne riparliamo quando torno-
Solo allora mi rendo conto che in effetti indossa i pantaloni di una tuta. Annuisco e gli sorrido con fare rassicurante, prima di tracannare un’altra sorsata di tè e sospirare con soddisfazione.
Lui indugia un attimo sul posto e sembra che sta per aggiungere qualcosa, ma poi annuisce ed esce di casa. Il silenzio mi salta addosso di botto. Vedo la luce della mattina filtrare appena dalle finestre del soggiorno, coperte da tende arancioni poco trasparenti.
In effetti, l’ambiente ha un “che” di mistico. Con questo divanetto arabo, gli attrezzi e un’amaca appesa vicino ad una finestra…
Poggio la tazza semi vuota per terra e mi stendo più comodamente sui cuscini, seguendo con lo sguardo i giochi di luce che i raggi di sole creano sulle tende e, senza farci troppo caso, chiudo gli occhi e mi appisolo…

Lo vedi? A volte ricordare è male? È male per quale ragione? Perché mette in dubbio alcune cose che davi per scontate? Per esempio. Quindi è vero? I gemelli non sono reali? Non lo so. Ma non sempre ciò che vedi è reale…

“Si è mossa! Hai visto? Dottore, si è mossa!”
“ Sì signora, ho visto, ma il suo battito cardiaco è rimasto invariato. Penso che il suo sia stato solo un tremito. Come quando si dorme e capita che le gambe o le braccia abbiamo uno scatto improvviso”.
“ Però non è mai successo…”
“ Preferisco non darle false speranze, signora…”

Mi sveglio di colpo al suono della porta d’entrata che si apre e si richiude. Alzo appena la testa, assonnata, e scorgo Kentin che si toglie le scarpe, il torace che si abbassa e alza velocemente perché sta riprendendo fiato, i capelli scarmigliati e tracce di sudore sulla maglietta.
Si rialza con uno sbuffo e si toglie la maglietta, una smorfia infastidita agli angoli della bocca. Solo dopo essersi snudato sembra ricordarsi della mia presenza, mettendomi a fuoco nella penombra della stanza. Io non mi sono curata di non fissarlo sfacciatamente, ammirandone il fisico scolpito, però ora mi sento un po’ a disagio.
- Oh, scusa. Mi son dimenticato che eri qui. Dormito bene?-
S’avvia in cucina per prendere un bicchiere d’acqua, senza rimettersi la maglietta, ovviamente. Se hai qualcosa da mostrare, perché nasconderlo?
Mi metto a sedere, stringendomi le gambe al petto il più possibile, cominciando a rimpiangere di non essermene andata: mi sento nella tana del lupo.
-    Uhm… Sì. Fatto una buona corsa?-
-    SÌ… Finché Alexy non mi ha quasi ucciso con un urlo d’oltretomba. Pensavo stesse male, invece se l’è data a gambe non appena mi ha visto-
-    Riesci a convivere con questa sua… Cotta per te?-
Lui sobbalza e mi guarda con occhi sgranati, chiaramente a disagio.
-    C-cotta?-
-    Sì, non sapevi che Alexy preferisce gli uomini?-
-    Sì ma… Cioè sono io quello che ha puntato?-
-    Eddai Kentin, scendi dal mirtillo! Di certo sei il più uomo qui. In effetti ora c’è anche Castiel, però tu spicchi di più comunque…-
Le parole mi muoiono sulle labbra mentre a lui compare un sorriso poco raccomandabile e si scosta dal bancone, avvicinandosi piano piano.
-    Però probabilmente un giorno verrà a dirtelo di persona-.
Continuo, lanciando occhiate furtive alla porta.
-    Quindi sarà meglio che tu pensi a cosa rispondergli-.
Più che vederlo lo sento afflosciarsi su se stesso, a pochi passi da me. Rannicchiato sulle sue ginocchia prende a giocherellare con la frangia.
-    Perché secondo te dovrei anche pensarci?- Ribatte con tono tetro.
Mi sento sollevata nel constatare che non mi servono vie di fuga: ho già smorzato il fuoco del ragazzo con le mie parole.
Lui alza d’un tratto la testa e m’inchioda al divanetto con i suoi occhi smeraldo, persi completamente in qualche parte della sua mente.
-    Ho già visto questa scena-
-    Bello-
-    Tu mi hai già detto di pensare a una risposta da dare a quella ragazza l’anno scorso-
Mi metto sull’attenti, capendo che sta affogando nel filo dei suoi ricordi.
-    E io ti ho risposto esattamente come ho fatto ora, che non avevo bisogno i pensarci. Ma tu non hai capito il messaggio subliminale. Sei proprio tarda a capire queste cose-
-    Ehi! Non me lo faccio dire da uno come te! Cos’è che non avrei capito?-
-    Era già successo alle medie, ma alle medie ero patetico, ma tu non capisci mai! Mai proprio mai!-
-    Cos’è che devo capire?-
Sembra impazzito, ha preso a camminare avanti e indietro davanti a me.
-    Cioè, siamo amici da una vita, siamo praticamente nati assieme! Abbiamo fatto tutto assieme, ma io sono un uomo!-
Mi alzo e lo afferro per le braccia, costringendolo a fermarsi e ad incontrare i miei occhi. Sembra come se mi vedesse per la prima volta.
-    Tu hai ricordi di noi?- Gli chiedo, senza inutili giri di parole.
-    Ma certo! Tu no?-
Evidentemente non è del tutto lucido, ma se voglio capirne di più devo cogliere l’attimo. Scrollo la testa piano.
-    No Kentin, non ricordo. Ma forse puoi aiutarmi tu a ricordare? Hai detto che siamo amici fin da bambini?-
Scrolla la testa con sguardo critico.
-    Lo vedi che non ti ricordi mai di niente? Le nostre mamme sono molto amiche fin dai tempi dell’università, quindi si sono tipo messe d’accordo per avere i figli della stessa età. Voi donne siete spaventose su queste cose! Comunque: Ta-da! Ecco qui i due figli con la stessa età, come loro hanno deciso. Abbiamo imparato a gattonare assieme, a parlare, a scrivere, a tagliare con le forbici… Insomma: eravamo quasi fratelli senza legami di sangue. Abbiamo pure passato tutte le elementari nella stessa classe e giocavamo sempre agli avventurieri. Ti portavo sempre nel bosco vicino a casa mia in cerca d’avventura-.
-    I tassi-
-    Sì, una volta li abbiamo pure visti insieme! Davvero carini quegli animali!-
Sorrise, poi si grattò il naso sovrappensiero.
-    Vediamo un po’: ah sì, poi ho dovuto mettere gli occhiali, subito all’inizio delle medie-.
-    Cosa?! Tu con gli occhiali?-
-    Purtroppo si. E ai tempi ero un fan sfegatato di Harry Potter e, per assomigliargli, scelsi un paio di occhiali rotondi e obbligai mia madre a farmi il suo stesso taglio di capelli. Mia madre non è parrucchiera e non sapeva da dove cominciare, perciò mi mise la scodella dell’insalata in testa e mi tagliò i capelli seguendo quella-
Scoppiai a ridere, mentre lui assumeva un cipiglio corrucciato al ricordo.
-    Ero così deluso che non osai dirle che aveva completamente cannato, perciò mi tenni il mio taglio da Beatles. Tu mi hai preso in giro un sacco, ma lo facevi in modo affettuoso quindi non ci davo troppa importanza. Però alle medie abbiamo smesso di essere in classe assieme, ti sei allontanata e hai stretto amicizia con uno… Come si chiamava-
-    Lysandre-
-    Eeeh?! Era Lysandre?!-.
-    Sì. Chi è che non ricorda mai niente?-
Lui resta con gli occhi sbarrati e meravigliati, la bocca semi aperta e il corpo leggermente piegato indietro, riassaporando i ricordi con la consapevolezza che il mio amico era Lysandre, e non un perfetto sconosciuto.
-    Lysandre-
-    Sì-
-    Caspita-
-    Non ti azzardare… Continua, per favore-
-    Mmm… Ah. Appunto, ti sei allontanata, completamente presa da questo nuovo amico, e io ho capito che non potevo più fare affidamento solo su di te e cercai di stringere amicizia con i miei compagni. Non ci riuscii: mi guardavano tutti strano e deridevano la mia adorazione infantile per Harry Potter. Ben presto diventai lo zimbello della classe e la scuola cominciò a diventare un peso. Però tu eri sempre la stessa con me, e probabilmente è stato questo a farmi continuare in quella situazione fino al liceo. Al liceo è cominciato l’inferno-
Nonostante le sue parole trasudano disgusto, i suoi occhi mi guardano con dolcezza e, prima che me ne renda conto, mi avvolge la vita con le sue braccia appiccicose. Non so come reagire e ho un po’ di paura, ma lui non fa altro che guardarmi con dolcezza, dalla sua altezza.
-    E si, al liceo ho capito che mi piacevi proprio, come donna. Però tu non mi filavi di striscio, ed è normale: ero inguardabile. E oltre alle mie fantasie d’amore, le prese in giro delle medie si trasformarono in vere e proprie cattiverie gratuite e a volte perfino in pugni-.
Scioglie l’abbraccio con un sospiro pieno di sconforto. Io resto immobile come un pezzo di marmo, una piccola scintilla di consapevolezza e che mi dice che non voglio sapere il seguito.
-    C’erano due principali attaccabrighe che sono arrivati per fino a rompermi gli occhiali. Non ricordo chi, ma so che l’odio che provo per loro è uno dei più puri che ho mai provato. Però devo in parte a loro quello che sono oggi: se non mi avessero trattato come uno schifo, forse non mi sarei mai reso conto di esserlo stato. E se non mi avessero fatto a pezzi gli occhiali, probabilmente non avrei mai avuto il coraggio di fare ciò che ho fatto-
-    Cos’hai fatto?- Pendo dalle sue labbra, non c’è scampo.
Lui mi rivolge un’occhiata  grave, poi afferra la sua maglietta e se la rimette, rabbrividendo al contatto del sudore gelato sul tessuto.
-    Mio padre lavora in un campo militare come addestratore. Gli ho detto che volevo andarci-
Beh, tutto tornava ora: il suo comportamento selvatico, il suo corpo da body builder, la sua agilità…
-    Mio padre aveva sempre cercato di convincermi ad allenarmi, perciò quando gliel’ho proposto di mia spontanea volontà per poco non mi si è messo a piangere sui piedi. Mia madre invece era contro questa cosa: è sempre stata piuttosto apprensiva. Ma ormai avevo già deciso e non volevo avere il tempo di ripensarci: quella stessa sera partii per il campo con mio padre. Ricordo che ti ho appena salutato. Eri completamente presa alla sprovvista, ma non ti ho lasciato il tempo di concretizzare la cosa: me ne sono andato sulla jeep di mio padre senza guardarmi indietro-
Prende una lunga boccata d’aria e chiude gli occhi. Per un attimo mi viene il dubbio che si è addormentato in piedi, ma riapre gli occhi di scatto e mi sorride raggiante.
-    Oh! Sei ancora qui? Io vado a farmi una doccia, poi parliamo d’accordo?-
Resto confusa a cercare qualcosa da rispondergli, ma lui si toglie di nuovo la maglietta e si dirige verso il bagno fischiettando allegramente.
Si direbbe che la sua memoria è tornata brevemente, per poi dileguarsi. Questo non ha veramente senso. No, nulla ha senso. Nemmeno cercare un senso nel non sensato ha senso.
   
 
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