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Autore: Cygnus_X1    15/03/2015    1 recensioni
Un trono usurpato. Una ragazza in cerca di se stessa. Una maledizione mortale.
~~~
Myrindar ha diciassette anni e un marchio nero sul petto. Una maledizione che l'accompagna da sempre, che le dà il potere di uccidere con il solo tocco. Salvata dal Cavaliere Errante Jahrien dai bassifondi di una città sconvolta dalla guerra, Myrindar ha vissuto in pace per cinque anni, dimenticandosi dei conflitti, con una famiglia che l'ha accolta con amore.
Tutto cambia quando nel villaggio dove abita giungono i guerrieri dell'Usurpatore a cercarla. Myrindar è costretta a fuggire, guidata da una misteriosa voce che le parla nei sogni, alla ricerca dell'esercito dei Reami Liberi e dei Cavalieri Erranti. Ma il nemico più pericoloso non è l'Usurpatore, né il suo misterioso braccio destro; è la maledizione che la consuma ogni giorno di più e rischia di sopraffarla.
Tra inganni, tradimenti e segreti del passato, tra creature magiche e luoghi incantati, Myrindar si ritroverà in un gioco molto più vasto di quanto potesse immaginare; perché non è solo una guerra per la libertà, quella che sconvolge i Regni dell'Ovest. Non quando antiche forze muovono le loro pedine sul campo di battaglia.
[High Fantasy]
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Capitolo 15

Ritorno in superficie



 

I



l fulmine violetto crepitò tra le sue mani. Le avvolgeva interamente le braccia, guizzando su e giù selvaggio e feroce. L'aveva imbrigliato, ora Aleestrya non la controllava più, non le faceva più paura.
Tese la mano: il fulmine attraversò la stanza in un lampo e si schiantò al centro del cerchio dipinto sulla parete di roccia, staccandone alcuni frammenti.
Myrindar si voltò verso Eeshiv, sapeva di avere un sorriso dipinto in volto e non si preoccupò di nasconderlo. Le potevano concedere di essere felice, ora: dopo più di due interminabili mesi di duro addestramento, il marchio, la sua più grande paura, non poteva più imporsi su di lei. Aveva superato il terrore e l’aveva dominato. Si sentiva come nuova.
«Ci sono riuscita, Eeshiv!» esultò.
Il maestro annuì appena. La giovane, in quei giorni di permanenza tra gli Elythra, aveva imparato a distinguere le emozioni sui loro volti apparentemente impassibili, e seppe che anche lui era soddisfatto.
«Devo complimentarmi con te. È raro che un’umana impari una magia avanzata come questa in un tempo così breve. Dev’essere perché hai sempre posseduto un marchio nella tua vita, ormai la magia scorre nel tuo sangue.»
«Quindi ora potrei imparare la magia?» chiese Myrindar, entusiasta. Il Kratheda non le aveva mai permesso di sviluppare i poteri che insegnavano a tutti i Cavalieri Erranti, ma forse da quel momento avrebbe potuto addentrarsi anche in quest’avventura che l’aveva sempre incuriosita.
«No. Qualunque magia che non sia quella di Aleestrya ti è preclusa. Saper imbrigliare il potere della maledizione non ti permetterà mai di sovrastarla.»
Lei abbassò la testa. Aveva sperato fino all’ultimo che non fosse così; presto però si riscosse: niente poteva scalfire la sua felicità in quel momento.
«Ora posso tornare fuori, vero?»
Eeshiv parve esitare leggermente, come se stesse per dire qualcosa ma avesse improvvisamente cambiato idea. Ma infine annuì solenne.

 
***

La ragazza raggiante entrò in casa come un lampo. Scostò la tenda chiamando Jahrien a gran voce.
Lui accorse, confuso, con un velo di preoccupazione sul viso. Non appena lo vide, la giovane gli corse incontro e gli buttò le braccia al collo ridendo e stringendolo forte a sé.
«Mir, che diamine succede?» rise lui, stupito e quasi attonito dall’improvvisa gioia della ragazza.
«Ci sono riuscita! Eeshiv ha detto che il mio addestramento è finito. Possiamo tornare!»
Anche Jahrien rise, la sollevò da terra e la fece girare in aria con una mezza piroetta.
«Ma è una notizia meravigliosa! Sapevo che ce l’avresti fatta.»
La prese tra le braccia e la sfiorò con un bacio. Myrindar sorrise ancora di più.
«Prepariamo tutte le nostre cose e chiediamo udienza alla Regina. Voglio tornare il prima possibile!»

 
***

«La Regina ha disposto di incontrarvi ora» disse un’eterea ancella dall’acconciatura fitta di trecce e perline.
Myrindar scambiò uno sguardo con Jahrien e la seguì. Il corridoio aveva un soffitto altissimo e quasi interamente buio, su cui spiccavano i disegni contorti e spiraleggianti che costellavano le pareti del palazzo reale. A intervalli regolari, cristalli luminescenti incisi nelle più disparate forme astratte erano appesi alle pareti al posto delle torce.
La porta per la sala del trono era altrettanto imponente, ma, nonostante fosse interamente di pietra e quindi pesasse uno sproposito, bastò che l’ancella posasse una mano su uno dei battenti e questa si aprì silenziosamente.
Come Myrindar ricordava, la sala era disorientante. Le ciclopiche colonne si innalzavano per metri e metri verso un soffitto vertiginosamente alto, quattro cristalli purissimi agli angoli della sala si ergevano fin quasi a sfiorare la volta e le incisioni sulle pareti si avvolgevano e attorcigliavano come serpenti, nuvole spazzate da un vento furioso, sogni sfuggenti.
Al centro di tutto questo tripudio di grandezza, la Regina sembrava minuscola. Sedeva a gambe incrociate su una lastra di ossidiana liscia, nera e lucida. Il suo corpo quasi traslucido tradiva la sua inimmaginabile età: emanava un’aura lievissima, del colore del cielo al crepuscolo e dalla sua figura quieta, pressoché immobile e solenne proveniva una tranquillità senza pari, una calma che solo una profonda saggezza può dare.
Myrindar aveva chiesto a Eeshiv perché la stanza del trono fosse così smisurata, e la Regina invece così semplice: l’unico dettaglio del suo abbigliamento che la distingueva dagli altri del suo popolo era un diadema, di ossidiana anch’esso, nero sulla fronte bianca della sovrana. Lui le aveva risposto che non era l’aspetto della Regina che l’immensa sala doveva celebrare, ma la sua saggezza.
L’ancella che li aveva accompagnati si inchinò, imitata dai due giovani, e poi scomparve oltre la porta. La sovrana posò gli occhi neri su Myrindar.
«Hai conseguito il tuo obbiettivo» disse con voce lieve ed echeggiante. «Il tuo maestro mi ha riferito oggi stesso il tuo trionfo.»
La giovane annuì. Non proferì parola: la Regina la metteva in soggezione.
«La tua permanenza in questi luoghi è dunque terminata. Nel tuo mondo ti attendono le insidie che hai abbandonato e molte altre segneranno il tuo futuro, giovane Aleestrya. Sento che ne sei consapevole tu stessa.»
Myrindar non era sicura di aver compreso il senso della frase, si limitò a inchinarsi di nuovo e ringraziare sinceramente la sovrana per tutto ciò che aveva fatto per loro.
«Non devi ringraziarmi per questo, Aleestrya. Siamo gli eredi delle Fate, è nostro compito fronteggiare chi è corrotto dai Demoni; così ci è stato ordinato dalle nostre madri e così faremo. C’è un’unica cosa che vi chiedo da parte di Eeshiv. Ha chiesto di proseguire il viaggio al vostro fianco.»
Myrindar sollevò la testa sbalordita.
«Vuole venire con noi?»
«Così ha parlato. Ha detto che per un’intera vita ha perseguito la strada della conoscenza, eppure non ha mai avuto il coraggio di salire nelle vostre Terre del Cielo. Ha detto che così la sua conoscenza è incompleta.»
I due ragazzi si scambiarono uno sguardo.
«Capiamo le sue ragioni. Se così vorrà, verrà con noi» asserì la giovane.
«E così sarà» concluse la Regina. «Che le stelle vi siano favorevoli e assistano il vostro cammino.»

 
***

L’ultimo tratto del cunicolo, Myrindar lo attraversò di corsa. La luce dell’apertura che conduceva all’esterno si riversava là sotto, abbagliante, bianca, tagliente. Le feriva gli occhi con la sua irruenza ma alla giovane non importava: era fuori, era a casa.
Mosse gli ultimi passi fino a immergersi in quella luce che tanto le era mancata. Cieca, per qualche secondo stette immobile oltre lo stipite dell’ingresso al regno degli Elythra, attendendo di abituarsi nuovamente.
Prima ancora di riaprire gli occhi, sentì il vento freddo avvolgerla nel suo abbraccio gelido, autunnale. L’aria aveva un profumo diverso, in superficie. Aprì gli occhi e il mondo le parve incredibile, impregnato di sfumature: ammirò il verde puro delle conifere nel bosco circostante, i colori vibranti e pieni del cielo del primo mattino, solcato da scie e filamenti di candide nuvole sfilacciate, l’oro della resina colata sulla corteccia e il suo odore pungente, di cui l’aria era impregnata. Si scoprì a ridere, felice di essere nuovamente a casa.
Posò lo sguardo sui suoi compagni di viaggio. Jahrien, dopo tanto tempo senza la luce del sole, aveva perso la lieve abbronzatura ed era ancora più simile alla sorella, anche se non era etereo e longilineo quanto un Elfo.
Eeshiv, invece, era completamente diverso. Se nei sotterranei degli Elythra la sua pelle era lattiginosa e chiara, là fuori, alla luce del sole, era nera come la notte, e così anche le sue vesti. Solo i lunghi capelli intrecciati restavano candidi e lievemente luminescenti. Myrindar si chiese il perché di questo cambiamento, sbalordita, ma non riuscì a immaginare una risposta.
«E così, queste sono le vostre terre» disse Eeshiv, voltandosi intorno nella luce. «Sono diverse da come credevo.»
Chissà come aveva immaginato il mondo e il sole, si chiese la ragazza. Lo osservò estrarre dalla sacca che si era portato un foglio e un carboncino e annotare qualcosa nella sua strana lingua.
I tre viaggiatori si misero subito in marcia: non avevano più i cavalli, che avevano liberato nel bosco prima di addentrarsi nel cuore delle montagne, e il villaggio più vicino distava parecchi giorni di cammino da là.

 
***

Anser bussò nervosamente alla porta. Quando Temeh lo mandava a chiamare nel bel mezzo di un turno di guardia non era mai un buon segno. Deglutì e torse le ciocche selvagge che sfuggivano alla coda disordinata, attendendo che l’uomo gli desse il permesso di entrare.
«Vieni, moccioso, vieni» disse l’uomo dall’interno. Il giovane si costrinse a prendere un respiro profondo prima di obbedire all’ordine. Non voleva che la sua impulsività lo mettesse nuovamente nei guai. Temeh adorava innervosirlo e farlo arrabbiare, perché sapeva che avrebbe reagito.
Non questa volta. Questa volta lo deluderò, si disse.
Spinse il battente. La casa di Temeh si alzava su due piani, a differenza degli altri edifici della minuscola cittadina, perché lui era il Capo.
Aveva tradito suo padre e l’aveva ucciso per prenderne il posto, quel bastardo. Ma lui si sarebbe vendicato.
Oltrepassò il minuscolo ingresso e si ritrovò nel salotto della casa. La casa di suo padre.
Scorse lo sguardo sulle tre poltrone bordeaux rivolte verso il tavolo di legno scuro, il tavolo su cui suo padre gli aveva insegnato a scrivere. Le ricordava, quelle poltrone. Erano le sue preferite, quando era bambino.
L’uomo che ne occupava una in quel momento era alto quasi due metri, e muscoloso quanto una montagna. Aveva i capelli rasati e la testa completamente tatuata, con linee nere che si inseguivano dalla fronte alla nuca e agli zigomi. In quel momento indossava i soliti abiti in pelle, come se stesse per partire per la caccia, e teneva un lungo coltello dalla lama sbeccata in più punti sguainato sul tavolo, accanto a una bottiglia di vino aperta e quasi finita.
Ecco da dove proveniva il forte odore di alcol che l’aveva assalito quando era entrato. Temeh era mezzo ubriaco.
«Mi avevi chiamato?»
«Oh, eccoti, Anser. Siediti, siediti» lo esortò, indicando le due restanti. Il giovane si chiese come mai fosse solo. Era un fatto raro: di solito era circondato perennemente da una o due ragazze svestite e pronte a compiacerlo in qualunque modo lui intendesse. Soprattutto quando era sbronzo.
«Vino?» gli chiese, indicando la bottiglia. Anser fece un cenno di diniego e l’altro scosse la testa con disapprovazione. «Non imparerai mai, moccioso.»
Di nuovo, Anser non raccolse la provocazione. «Perché sono qui?» tagliò corto.
«Sai,» iniziò Temeh, piegando la testa di lato e fissandolo con una strana espressione sul viso «ho sempre pensato che fossi stupido, ma fino a questo punto...»
Respira, Anser, controllati, si disse il ragazzo per cercare di tranquillizzarsi.
«Mi sono giunte diciamo, delle voci sul tuo conto.»
Il ragazzo sentì un colpo al cuore. Come aveva fatto? Era stato attento, stavolta. Dove aveva sbagliato?
«Secondo queste voci, staresti, come si dice? Ah, già, complottando qualcosa. Qualcosa contro di me, che riguarda una certa vendetta... ti do un’informazione gratis, moccioso: sei un perdente, un debole, tanto quanto lo era tuo padre. Nessuno ti ascolterà. Nessuno si mette mai contro di me!»
«È falso.» La sua voce tradiva la tensione. Stava tremando, ma non di paura. Di rabbia.
«Sei esattamente come lui. Non sai fare altro che piagnucolare. Avresti dovuto vederlo, il tuo tanto celebrato padre, che mi implorava di risparmiargli la vita, quando ha capito che non poteva battermi...»
«Tu l’hai tradito!» Il ragazzo scattò in piedi gridando, interrompendolo. «Eri il suo compagno d’armi. Eri come un fratello per lui, e l’hai tradito!»
«Non vorrai cominciare di nuovo, moccioso, spero! Tutti questi discorsi sull’onore e la lealtà e bla bla bla... onore e lealtà sono da deboli, e lui era un debole.»
Il giovane afferrò il coltello e lo puntò alla gola di Temeh. Aveva il respiro accelerato ed era furioso come non era mai stato.
L’uomo rise sguaiatamente, come faceva sempre. «Attento con quel coltello, potresti fare del male a qualcuno!»
«Sta’ zitto. Sta’ zitto o ti uccido» gli sibilò.
«Oh, invece no. Non lo farai. E sai perché? Perché sei come lui. Debole
In quel momento Anser si rese conto di quello che stava succedendo. Temeh aveva vinto. Era riuscito a farlo arrabbiare, ancora.
Aveva ragione lui. Era un debole.
Scagliò il coltello contro il muro con un grido di frustrazione, conficcandolo nella parete di legno.
Uscì di corsa dalla casa, inseguito dalle risate di Temeh che lo perseguitavano come fantasmi.






 
******* Famigerato Angolino Buio *******
Boh. Sinceramente, tranne che per l'ultima parte, non sono molto soddisfatta del capitolo... ma a me i capitoli di passaggio non piacciono. Nel prossimo succederà di tutto per cui forse ci vuole un capitolo noioso lento, prima XD
Spero di non avervi annoiato ^^
Alla prossima

Vy
 
   
 
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