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Autore: monsieur Bordeaux    16/03/2015    0 recensioni
Sembrava un giorno come tanti, quando Dutch entrò nel covo della Lagoon Company con un nuovo incarico. Lui e il suo gruppo di mercenari dovevano recuperare, per conto di Balalaika, un carico di merce fermo a Saipeng, un piccolo porto sulla costa malesiana. Un lavoro molto semplice all'apparenza, da chiudere nel giro di una notte, ma in realtà quella missione non aveva niente di ordinario...
Genere: Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Benny, Dutch, Nuovo personaggio, Revy, Rock
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2 - Nell'oscurità che avvolge il porto


Col passare dei minuti, il duo sceso dalla Black Lagoon si rese conto che trovare il deposito che stavano cercando non era così semplice come previsto. Non solo al buio i magazzini si assomigliavano l'uno all'altro, ma nell'oscurità ogni targa o scritta erano difficili da trovare e senza punti di riferimento i due stavano letteralmente girando a vuoto. Se da una parte Revy stava per perdere la pazienza a forza di perder tempo, Rock si concentrò osservando con attenzione l'ambiente circostante, nonostante le continue lamentele della mercenaria. Cercò qualche segno di attività recente sulle saracinesche, ma quasi tutte quelle nei paraggi erano chiuse con lucchetti e catene, con impressi dei numeri che ormai erano sbiaditi e poco leggibili. Il giapponese poi rimase sorpreso dal fatto che non ci fosse anima viva nei dintorni, tutto era avvolto in un silenzio quasi irreale, se non fosse stato per qualche rumore in sottofondo. Oltre alle onde del mare che si infrangevano sui moli e il rombo di qualche vettura proveniente dalle strade circostanti, l'unica attività presente in zona era quella di alcuni marinai, che in maniera frettolosa stavano caricando una grossa nave commerciale con l'utilizzo di una pesante gru. Era così distratti dai loro impegni che non si erano nemmeno accorti dell'arrivo dei due scesi dalla Black Lagoon.
«Trovato niente?» domandò Rock, vedendo tornare Revy dopo aver controllato un altro deposito. Poco prima aveva letteralmente sfondato la porta d'entrata a suon di calci.
«Niente... merda!» esclamò la pistolera.
«Forse le casse sono in un magazzino più interno» ipotizzò il giapponese. «A parte qualche eccezione, qui mi sembra tutto abbandonato a se stesso.»
«E allora muoviamoci!» replicò Revy con rabbia. «Sto iniziando ad odiare questo posto!»
Superati la prima fila di depositi, quelli più vicini al molo, i due percossero a ritroso una stretta stradina laterale, arrivando ben presto ad una piazza di forma circolare. Come i raggi di una bicicletta, da quest'ultima partivano diverse strade, Rock ne conto almeno sei, larghe abbastanza per far passare due veicoli in contemporanea. A differenza della zona vista in precedenza, qui erano presenti anche degli uffici, ma erano tutti abbandonati e stavano cadendo a pezzi. Le porte e le finestre erano tutte sfondate e all'interno i pavimenti erano pieni di macerie, nulla sembrava essersi salvato dalla furia degli elementi o dai vandali.
Come fatto in precedenza, il giapponese si guardò nuovamente attorno, in cerca di nastri o cartelli sospetti, ma anche qui trovare qualcosa di utile si rivelò essere difficile: oltre che alla scarsa illuminazione, in quella zona del porto i magazzini erano praticamente tutti uguali e individuare quello che volevano sembrava come cercare il proverbiale ago nel pagliaio.
Ci voleva del tempo per trovare quello giusto, ma all'improvviso Rock si fermò di colpo, spaventato da un imprevisto scatto da parte di Revy. Dando le spalle al giapponese, in un lampo la mercenaria aveva preso in mano le pistole e stava puntando lo sguardo in alto, fisso su uno degli uffici che aveva da poco passato. Ancora impaurito da quella reazione così improvvisa, Rock si rivolse alla pistolera con voce titubante.
«Che... sta succedendo Revy?»
«Ho visto qualcosa muoversi, là in cima!» affermò, tenendo lo sguardo fisso su una delle finestre.
«Ne sei sicura? Questo ufficio ha l'aria di essere abbandonato da anni!»
«Stai zitto!» esclamò Revy, voltandosi verso il giapponese. Quest'ultimo, vedendo lo sguardo infuriato della mercenaria, preferì non interferire. Era meglio evitare di litigare con lei, visto che l'ultima volta aveva ricevuto un bel pugno in pieno volto, in una situazione simile.
Calmato a suo modo l'ex impiegato, Revy ricontrollò la finestra che stava tenendo d'occhio, ma con grande stupore vide che in quel punto non c'era più nulla di visibile. Era tutto nero e a quel punto, innervosita per i secondi persi a discutere con Rock, la mercenaria partì di corsa per raggiungere l'entrata dell'ufficio. Superando di slancio la porta, che a causa del degrado era caduta sul pavimento, Revy si precipitò per arrivare al piano superiore, ma lo trovò completamente vuoto. Era impensabile che qualcuno si fosse nascosto in quel punto, non c'era nemmeno l'ombra di un riparo in cui nascondersi.
Qualche attimo dopo anche Rock entrò nell'ufficio, rimanendo al piano inferiore, e dopo aver perlustrato l'area con una piccola torcia elettrica, arrivò alla stessa conclusione di Revy. Le uniche cose degne di nota erano delle lamiere arrugginite e alcuni imballaggi lasciati alla rinfusa, il tutto coperto da uno spesso strato di polvere così fitto che il giapponese a fatica trattenne gli starnuti.
«Qui non c'è niente, Revy!» affermò, tirando un sospiro di sollievo. «No, Rock! Sono sicura di aver visto qualcuno dietro a quella finestra!»
«Forse si trattava solo di un riflesso su un vetro rotto. Però adesso andiamocene, questo posto mi sta mettendo i brividi!»
Per nulla soddisfatta, la mercenaria scese dal piano superiore e senza mezzi termini mandò a quel paese il suo compagno di team, che la seguì uscendo dall'ufficio. Era convinta che ci fosse qualcuno, appostato a quella finestra, ma preferì tagliare corto e continuare con il lavoro lasciato in sospeso. Dutch era un tipo fissato con la puntualità e l'ultima cosa che Revy voleva era un altro richiamo da parte del mercenario di colore.

Una volta ripreso in cammino, nella mente di Rock iniziarono a sorgere non poche preoccupazioni. Da quando lui e Revy avevano messo piede nel porto non avevano incontrato nessuno e ciò era veramente molto strano, se non per dire inquietante. Inoltre, per completare al meglio quell'atmosfera così sinistra, la mercenaria poco prima aveva intravisto qualcosa riflessa in un vetro, ma lui era sicurissimo di non aver notato nulla di particolare, come testimoniato anche del controllo successivo in quell'ufficio. Tutto questo gli faceva ricordare la trama di quei film dell'orrore visti in compagnia di un collega quando lavorava a Tokyo... meglio lasciarsi alle spalle certe cavolate, pensò Rock, cercando di rimanere concentrato nonostante tutto.
Qualche minuto più tardi, dopo aver rovistato un po' giro, finalmente l'ex impiegato trovò il magazzino che insieme a Revy stavano cercando. Non potevano esserci molti dubbi a riguardo: sulla porta d'ingresso, a differenza di quelle adiacenti, c'erano attaccati due nastri gialli e sopra di essi un avviso, scritto in lingua locale e in inglese. Come confermato dal messaggio e dal timbro che riportava, quello era il deposito messo sotto sequestro dalla guardia costiera, per conservare il carico raccolto in mare nei giorni precedenti.
Bisbigliando, per fare meno rumore possibile, Rock richiamò Revy, che in un lampo lo raggiunse dall'altra parte della strada. Appena vide l'avviso, la mercenaria si lasciò andare ad un leggero sorriso.
«Finalmente ne fai una giusta!» affermò la mercenaria, dando una forte pacca sulla spalla all'ex impiegato.
«Eccolo finalmente! Ora basta trovare un modo per entrare...» commentò Rock, ma fu subito interrotto da Revy, che davanti a quella frase scuoté la testa.
«Ah Rock... tu su certe cose proprio non ci arrivi!»
Senza pensarci troppo, la pistolera tirò un forte calcio alla porta, che senza fare troppa resistenza si spalancò. Il giapponese non accettò di buon grado quel metodo per entrare, avrebbe preferito fare qualcosa di meno rumoroso.
«Ma sei fuori?» esclamò preoccupato. «Se c'era qualcuno nei dintorni, di sicuro ci ha sentiti!»
Revy sogghignò e prese nuovamente in mano le pistole dalle fondine. «Se è così, vorrà dire che stanotte ci sarà un po' di movimento da queste parti...»
Contrariamente a ciò che Rock pensava, nessuno fu allertato da quel fracasso e i due poterono entrare indisturbati nel magazzino. Dopotutto il porto di Saipeng era piccolo e il livello di sicurezza non era dei migliori...
Dando una veloce occhiata in giro, fu subito evidente che il deposito era diviso in due parti ben nette: la prima, più amplia, era riservato alla conservazione delle merci e vi erano accumulate molte casse, diverse tra loro per dimensioni e materiali; l'altra stanza, di forma allungata, era invece un piccolo ufficio, usato probabilmente per registrare ogni movimenti di merci. Osservandolo nel suo complesso, il magazzino aveva l'aria di essere una costruzione appena terminata, infatti le finestre erano tutte coperte da un velo di plastica, che in futuro sarebbe stato sostituito da una più solida lastra di vetro. Le pareti erano spoglie, dovevano essere ancora dipinte e anche l'ufficio, che se non fosse stato per la presenza di una scrivania, non faceva eccezione, se non per qualche pacco appoggiato a terra. Accanto all'entrata del deposito, quella sfondata da Revy in precedenza, era situato il portone d'ingresso per i camion, chiuso saldamente da un gancio fissato a terra.
Sebbene i due scesi dalla Black Lagoon avesse trovato il magazzino giusto, ora avevano un altro ostacolo da superare. Le casse presenti erano così tante e accatastate uno sopra l'altra che avevano formato un vero e proprio labirinto, difficile da controllare anche a causa della poca luminosità presente.
Per velocizzare la ricerca, Rock e Revy decisero di dividersi le zone da perlustrare, concentrando la loro attenzione sulle casse più vicine all'entrata. Facendo molta attenzione, com'era immaginabile visto la sua passata esperienza, l'ex impiegato esaminò molte casse, focalizzandosi soprattutto sui codici presenti all'esterno dell'involucro, nonostante molti di essi fossero sbiaditi o poco leggibili. Il giapponese perse molto tempo, scrutando ogni angolo che poteva raggiungere, ma ad un certo punto la sua torcia illuminò un contenitore dall'aspetto particolare, posizionato per terra. Era fatto in plastica nera e lungo circa un metro, con una maniglia al centro, ma quello che Rock notò quasi subito fu il lungo codice stampato sul lato e immediatamente andò a prendere il foglietto che Dutch gli aveva dato alla partenza. Confrontò con cura le cifre e dopo una veloce verifica, poté confermare che i codici erano identici, era proprio una delle casse che stava cercando. Sospettando che le altre dovevano essere in zona, Rock frugò vicino a sé e in poco tempo, dopo aver spostato un po' di roba, trovò le altre due, identiche per aspetto a quella esaminata sul pavimento. Contento e sollevato per aver finalmente trovato quello che stava cercando, il giapponese si sedette e si prese una piccola pausa, aspettando qualche secondo prima di avvertire Revy. Ma quella mossa si rivelò una scelta sbagliata, una leggerezza che avrebbe pagato a caro prezzo...
Improvvisamente Rock si ritrovò immobilizzato, qualcuno lo aveva sorpreso alle spalle e con forza rimesso in piedi, tenendo saldamente una mano davanti alla bocca. Il giapponese non riusciva a crederci, era rimasto così spiazzato che provò ad urlare, ma inutilmente. Superato quel momento di poca lucidità, collegata in parte anche nel ripensare a qualche scena di film horror, la mente di Rock iniziò a ragionare, cercando di capire cosa gli stava capitando.
Da come era stato immobilizzato, il suo aggressore doveva essere ben allenato e forse aveva pure un esperienza militare, era riuscito a renderlo inoffensivo praticamente all'istante. Di sicuro non era il guardiano del deposito e d'istinto l'ex impiegato ripensò a ciò che era accaduto poco prima di trovare il deposito. Forse era proprio lui quello che Revy aveva intravisto da dietro la finestra, che per qualche oscura ragione li stava inseguendo.
Temendo per la sua vita, Rock provò a richiamare l'attenzione tirando un calcio ad una cassa al suo fianco, ma l'aggressore in risposta strinse ancora di più la presa e a bassa voce lo minacciò all'orecchio. Ma ormai il danno era stato fatto e in sottofondo si sentirono dei passi, che velocemente stavano per raggiungere la posizione di Rock.
Se chi aveva acciuffato il giapponese era rimasto sorpreso nel vedere qualcuno vestito da impiegato aggirarsi da quelle parti, la sua sorpresa fu massima quando vide sbucare, da dietro una pila di casse, una ragazza con un vistoso tatuaggio sul braccio e armata con ben due pistole. Ma il particolare che lo impressionò di più fu lo sguardo di Revy: sembrava come posseduta da un demone, oltre che essere terribilmente incazzata...
«Vaffanculo Rock! Perché devi sempre cacciarti in queste situazioni di merda!?!»
«Fa qualcosa, presto!» mormorò Rock, con la bocca tappata e respirando a fatica.
Sempre tenendolo sotto mira, la mercenaria cercò di capire chi era il suo avversario, anche se non riusciva a vederlo perfettamente a causa del buio. Sicuramente però non era uno del posto: aveva i capelli biondi, pelle chiara, era un po' più alto di Rock e aveva gli occhi di un profondo blu. Capendo il pericolo che stava correndo, di scatto l'aggressore impugnò con la mano libera la sua semiautomatica, che teneva nascosta nella giacca, e la puntò contro Revy. Era ben chiaro che non era un dilettante, si era preparato per un'eventualità del genere, ma adesso stava riflettendo su come uscire da lì, un problema tutt'altro che facile da risolvere.


Continua...
  
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