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Autore: megatempest    17/03/2015    0 recensioni
Tempest è una ragazza di 17 anni, che si diletta a suonare il basso elettrico.
Proprio grazie alla sua passione e ad uno strano incontro, fatto alla fine della scuola, entrerà del mondo della musica Metal, conoscendo i più grandi pilastri del Thrash, vivendo da vicino gli avvenimenti, i litigi e i traguardi di due grandi band: i Metallica e i Megadeth.
Protagonisti assieme a lei sono l'estroverso Dave Mustaine e il solare Cliff Burton.
Ringrazio tutte quelle persone che leggeranno la mia Fan Fiction, ma soprattutto ringrazio loro, i miei idoli, per avermi insegnato che ognuno di noi è unico nel suo genere e ha le potenzialità per diventare qualcuno di grande.
Stay thrash metalheads ♥
Genere: Malinconico, Romantico, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Non-con
Capitoli:
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Hit The Lights
Capitolo III

Tempest's Pov
9.30 p.m. Il concerto! In fretta salutai Dave, che parve leggermente offeso dalla mia reazione improvvisa. Mi diede il suo numero di casa e mi disse che gli sarebbe piaciuto vedermi una volta fra il pubblico della sua band. Gli promisi che sarei di sicuro venuta a vederlo.
Uscii quasi di corsa. Mi precipitai al palazzetto. La band stava già suonando da quasi tre quarti d’ora, e il bordo del palco era già circondato. Mi buttai nella mischia. Pogai fin quando riuscii a raggiungerlo. Potevamo quasi toccare i musicisti. Mi sistemai ai piedi del bassista.
Lui, per un istante, mi guardò. Io ricambiai.
Feci headbanging e urlai per tutto il resto del concerto. Cantavo i ritornelli dei testi, che erano abbastanza facili da imparare e, assieme agli altri metallari, saltai puntando indice e mignolo al cielo.
Fu un concerto a dir poco meraviglioso. L’immagine di quel bassista mi aveva ormai catturato.
Finirono di suonare poco dopo la mezzanotte.
Quando lo show finì, fu il momento dei complimenti e dei primi autografi. Decisi che quello era il momento buono per andare a complimentarmi con il bassista.
Aspettai che la band riponesse il materiale e, quando scesero dal palco, alcuni loro amici li accerchiarono. Cominciarono a farli complimenti, a congratularsi con loro. Soprattutto, notai un po’ più gente attorno al bassista. Decisi di immischiarmi fra loro.
<< Bravissimo Cliff! >>, << sei stato un grande amico! >> e frasi simili venivano ripetute a ruota dai ragazzi che mi circondavano. Il ragazzo si limitava a ringraziare, a sorridere e a prendere qualche amichevole pacca sulla spalla. Finalmente toccò a me.
Mi feci avanti e dissi: << io… ehm… non ci conosciamo, ma ti ho visto suonare. Mi ha colpito molto il tuo stile… non ho mai visto nessuno così bravo… diventerai di certo un grande bassista >>.
La gente che mi stava attorno si zittì all’istante, mettendomi in imbarazzo.
<< Grazie mille… >> risposte il ragazzo. Era a corto di parole, notai.
<< Be… arrivederci e grazie per la musica >> conclusi io. Mi girai e me ne andai.
Uscii dal palazzetto e… mi ricordai dove ero e, soprattutto, l’ora. Quella zona di Los Angeles non era certo una delle più sicure, soprattutto la notte. Mi appoggiai in un luogo abbastanza riparato e cominciai a riflettere.
<< Vuoi che ti accompagni a casa? Non deve essere una buona idea girare da sole a quest’ora… >> disse qualcuno.
Misi a fuoco la figura. Era il bassista o, da come avevo capito, Cliff.
<< Oh… si… molte grazie! >> risposi io. Mi avvicinai piano a lui.
<< Scusa, non mi sono ancora presentato. Mi chiamo Cliff Burton >> mi disse porgendomi la mano.
Io la strinsi e mi presentai.
Ci avviammo verso casa mia.
Fu lui a rompere il ghiaccio: << allora… ti piace il modo in cui suono? >>.
<< Si, sei veramente bravo. Anche io suono, cioè… sto imparando... >>
<< Bello, non capita tutti i giorni di trovare una bassista! >> disse lui ridendo.
Mi sentii quasi lusingata.
Cominciammo a parlare. Cliff Burton era un ventenne nato a Castro Valley, vicino a San Francisco. Suonava il basso da più di cinque anni; come me, prima di suonare questo strumento aveva suonato il pianoforte. Era una persona estremamente educata; per carità, non era certo un santo! Ma in confronto ai ragazzi metallari che conoscevo, lui suonava stranamente “pulito”.
Da quello che mi raccontò, mi parve un ragazzo molto diligente, che non amava perdere molto tempo e, nelle cose che amava fare, ci metteva il cuore.
Come tipo mi piacque subito; oltre al buon carattere, era anche un gran figo. Soprattutto per quei capelli rossi. Fin dall’inizio notò che gli avevo puntato gli occhi addosso, almeno credo.
In breve tempo arrivammo a casa mia. I miei genitori e Joy dormivano già da molto. Gli chiesi se voleva qualcosa, ma gentilmente rifiutò.
Ci salutammo e rimasi ad ascoltare i suoi passi nel vialetto mentre si allontanava.
Il giorno dopo venni svegliata nel peggiore dei modi.
<< Temp! Temp! TEMP SVEGLIA! >> urlò Joy, saltandomi addosso mentre galoppavo con la fantasia nel mondo dei sogni.
<< Che ca… cavolo vuoi Joy! Non vedi che stavo dormendo?! >> le urlai io, buttandola quasi giù dal letto con uno strattone.
<< Temp c’è uno al telefono che chiede di te! >> piagnucolò lei << dice che se non ti faccio parlare con lui viene e mi rapisce! >>.
Alzai gli occhi al cielo e mi tirai su dal letto. Scesi di sotto e presi la cornetta del telefono.
<< Pronto, chi parla? >> biascicai mentre sbadigliavo.
<< Hey buongiorno! Sono Dave… >> disse il ragazzo dall’altra parte della cornetta.
<< Chi? >> dissi io, che non avevo capito cosa avesse detto, a causa di un enorme sbadiglio.
<< Dave Mustaine… il ragazzo di ieri… >> disse lui con tono meno baldanzoso.
<< Oh cazzo scusa! E’ che… la mia sorellina continua a darmi fastidio >> dissi io per giustificarmi.
<< Non è vero! >> si lamentò Joy.
<< Oh… la bambina? Si… mi ha detto che se provo a palparti o a farti qualcosa lo dice a tua madre >> disse lui ridendo.
Guardai Joy, che stava ascoltando tutto.
<< Joy, chi ti ha insegnato queste brutte espressioni ? Non usarle più o lo dico alla mamma! >> la minacciai sogghignando.
Lei corse via piagnucolando, come suo solito.
<< Comunque… ti volevo chiedere se oggi volevi venire a vedere i Metallica >> chiese Dave.
<< Uhm, non saprei, anche ieri sera sono tornata tardi… >> dissi io dubbiosa.
<< Stasera alle 10 nel locale vicino al parco >> disse << non mancare >>.
Non mi lasciò il tempo di rispondere. Attaccò la cornetta pochi secondi dopo.


Cliff's Pov
Salii sul palco e un boato ci accolse. Ero pronto a sfondare.
Cominciai a suonare e pian piano il palco venne circondato sempre di più da ragazzi. Non vidi, con un po’ di dispiacere, la ragazza del pomeriggio prima.
Mi rassegnai, non l’avrei più vista molto probabilmente. Prevalentemente suonavamo a San Francisco, ed era anche dove abitavamo tutti. Era stato puro caso che, per qualche serata, avessimo avuto l’occasione di suonare a Los Angeles; quella sera era però l’ultima della piccola serie di concerti.
Mi ricredetti però, quando vidi la ragazza sgomitare, saltare e spingere per raggiungere il bordo del palco. Quella visione mi spinse a dare ancor di più il meglio.
Quando arrivò ai piedi del palco, si sistemò proprio sotto di me. Avrebbe potuto toccarmi allungando le braccia da quanto si era avvicinata. La guardai per un istante, e lei ricambiò.
Rimase a guardarmi per tutto il resto del concerto. La sentivo cantare le melodie e urlare i ritornelli delle canzoni, il tutto mentre saltava e faceva headbanging assieme agli altri ragazzi.
Il concerto fu meraviglioso: scesi dal palco enormemente soddisfatto e aiutai a sistemare il materiale. Quando finimmo e uscimmo da dietro il palco, venimmo accerchiati da alcuni metallari che ci chiesero autografi, più qualche nostro amico che era riuscito a venirci a vedere.
<< Bravissimo Cliff! >>, << sei stato un grande amico! >> e frasi del genere mi venivano continuamente ripetute da tutta la gente che mi compariva davanti. Mi limitavo a ringraziare, magari sorridere ogni tanto e incassare qualche pacca sulla spalla dai conoscenti.
Mi trovai davanti poi la ragazza. Ricordo che ne fui stupito. La gente attorno a noi fece di colpo silenzio, mettendola in evidente imbarazzo.
<< Io... ehm... non ci conosciamo, ma ti ho visto suonare. Mi ha colpito molto il tuo stile... non ho mai visto nessuno così bravo...  diventerai di certo un grande bassista >> mi disse, inceppandosi di tanto in tanto mentre parlava.
<< Grazie mille... >> risposi. Fui a corto di parole. Avrei voluto dire qualcosa in più, magari chiederle il suo nome, ma non ero un tipo così aperto e discorsivo.
<< Be… arrivederci e grazie per la musica >> concluse lei, vedendo che rimanevo in silenzio. Girò sui tacchi e se ne andò, seguita da alcuni sguardi di curiosi.
Pian piano la piccola folla scemò, e finalmente riuscii a riprendere un poco di fiato. Decisi che mi sarei fatto quattro passi prima di tornare all’hotel dove stavamo.
Vidi, mentre camminavo, la ragazza appoggiata ad un muro piuttosto riparato, intenta a riflettere, forse sul da farsi. Subito pensai che era leggermente maleducato passarle davanti senza spiaccicare parola e, soprattutto, non offrirsi (come galanteria comandava) di accompagnarla nel posto dove abitava.
<< Vuoi che ti accompagni a casa? Non deve essere una buona idea girare da sole a quest’ora… >> le dissi, avvicinandomi.
La ragazza, dopo avermi messo a fuoco, annuì e mi venne in contro.
Dopo esserci presentati e aver imboccato una strada che portava nel suo quartiere, cominciammo a parlare.
Era una diciassettenne molto sveglia, che amava la musica sia Metal sia Jazz, e per questo si guadagnò subito la mia stima. Come me, suonava il basso elettrico, cosa che mi fece molto piacere.
Tempest parlava in modo piuttosto concitato, tenendo un tono di voce molto basso per non disturbare il vicinato. Avevo ragione, non era per niente come le ragazze che conoscevo: aveva sempre vissuto in un ambiente dove per ottenere qualcosa bisognava lavorare duro, e mi parve una ragazza molto determinata e tosta. Aveva un atteggiamento piuttosto sciolto e a volte leggermente mascolino, e non si faceva mettere sotto da nessuno. Era diretta, e non  si faceva problemi ad esprimere le sue idee, accettandone sempre le conseguenze.
Avevo capito che come tipo le dovevo piacere parecchio, visto che non mi scollava gli occhi di dosso. Questo ebbe un doppio effetto su di me: ero davvero entusiasta, soprattutto perché persone particolari come lei non erano comuni; l’altro lato della medaglia era che purtroppo quella sarebbe stata la prima e l’ultima occasione di vederla, visto che abitavamo in due zone della California che, sia per me sia per lei, erano piuttosto difficili da raggiungere.
Arrivammo presto a casa sua. Mi chiese se volevo qualcosa, ma le risposi che dovevo tornare in hotel.
Mentre percorrevo la strada di ritorno, mi maledissi più volte per non avere accettato, anche se ero piuttosto scorretto visto che avrei di sicuro disturbato.
Sbuffai quando vidi l’insegna dell’hotel spuntare da dietro l’angolo; una volta tanto nella vita avrei voluto tornare indietro e ricominciare tutto da capo.

Dave's Pov
Decisi di chiamarla.
Non riuscivo a togliermi la sua immagine dalla testa. In quel momento mi sembrava la ragazza più bella che avessi mai visto, con quel bel davanzale e quegli occhi profondi.
Tirai fuori l’elenco telefonico e cominciai a spulciarlo impaziente. Finalmente trovai il numero e lo composi.
<< Pronto chi parla? >> disse una voce infantile. Doveva appartenere ad una bambina.
<< Potrei parlare con Tempest Jackson? >> chiesi, cercando di non far percepire il mio tono piuttosto sbrigativo.
<< Si ma chi sei! >> esclamò quella. Mi cominciai ad innervosire, detestavo le bimbette insolenti.
<< Sono un suo amico >> risposi.
<< Ma ce l’avrai un nome! Oppure sei uno dei soliti ragazzi con una scopa in testa che vogliono toccarle le tette e il culo? Guarda che lo dico alla mamma! >> insisté lei.
Non ce la facevo più. Trattenni il ‘vaffanculo’ che mi stava partendo in automatico e risposi in modo più “cortese”: << stai tranquilla, non le farò nulla di male. Devo solo dirle due cose e poi non le do più fastidio, ma se continui a scassarmi i coglioni vengo a casa tua, ti rapisco e ti faccio sbranare dai miei cani >>.
Dovevo essere stato abbastanza convincente, visto che la bambina mugolò spaventata e prese a correre su quelle che mi parvero scale.
<< Temp! Temp! TEMP SVEGLIA! >> urlò poi con la sua vocetta acuta, che mi fece sobbalzare dalla sedia su cui ero seduto.
<< Che ca… cavolo vuoi Joy! Non vedi che stavo dormendo?! >> urlò Tempest. Riconobbi subito la sua voce.
<< Temp c’è uno al telefono che chiede di te! >> piagnucolò la bambina, terrorizzata << dice che se non ti faccio parlare con lui viene e mi rapisce! >>.
Ridacchiai a sentirglielo dire.
<< Pronto, chi parla? >> biascicò la ragazza, mentre sbadigliava.
<< Hey buongiorno! Sono Dave… >> risposi io.
<< Chi? >> chiese lei; probabilmente si era già scordata della sera prima.
<< Dave Mustaine… il ragazzo di ieri... >> dissi io. Mi si abbassò lievemente il tono di voce, forse per la delusione.
<< Oh cazzo scusa! E’ che… la mia sorellina continua a darmi fastidio >> esclamo lei. Quelle parole mi sollevarono.
<< Oh… la bambina? Si… mi ha detto che se provo a palparti o a farti qualcosa lo dice a tua madre >> ridacchiai.
<< Joy, chi ti ha insegnato queste brutte espressioni ? Non usarle più o lo dico alla mamma! >> la sentii dire a sua sorella.
<< Comunque... ti volevo chiedere se oggi volevi venire a vedere i Metallica >> le chiesi appena sentii quello sgorbietto correre via.
 << Uhm, non saprei, anche ieri sera sono tornata tardi... >> disse in tono dubbioso.
<< Stasera alle 10 nel locale vicino al parco; non mancare >>. Attaccai il telefono senza lasciarle il tempo di rispondere. Utilizzavo quella strategia quando le ragazze erano titubanti: alla fine si presentavano sempre, per evitare di sembrare maleducate.
Tempest non era una ragazza difficile; anzi, era meno complicata di altre. Sapevo perfettamente che quella sera l’avrei vista, e non vedevo l’ora di incontrarla.
Non me ne resi subito conto, ma quella ragazza cominciava a piacermi sul serio.
   
 
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