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Autore: rossella0806    17/03/2015    3 recensioni
Piemonte, inizi del 1900.
Adele ha appena vent'anni quando è costretta a sposare il visconte Malgari di Pierre Robin, di quindici anni più vecchio, scelto in circostanze non chiarite dal padre di lei, dopo la chiusura in convento di Umberto, il ragazzo amato da Adele.
I genitori del giovane, infatti, in seguito ad una promessa fatta a Dio per risparmiarlo dalla tubercolosi, non ebbero alcun dubbio a sacrificare il figlio ad una vita di clausura, impedendogli di scegliere una strada alternativa.
Sono passati due anni dal matrimonio e dall'allontanamento forzato da Umberto, e Adele si è in parte rassegnata a condurre quell'esistenza tra Italia e Francia, circondata da persone che non significano nulla per lei, in balia di un marito che non ama, fino a quando, una sera di marzo, giunge a palazzo una lettera di Umberto, che le confessa di essere scappato dal convento di monaci e che presto la raggiungerà per portarla via.
Genere: Avventura, Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Contesto generale/vago, Storico
Capitoli:
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Adele non sopportava più di stare prigioniera in casa, nel suo stesso palazzo, solo per i folli capricci del visconte:
"Lo odio, lo detesto, vorrei che non mi avesse mai sposata, vorrei non averlo mai incontrato! Lo disprezzo talmente tanto che spero muoia oggi stesso!".
Erano infatti tre giorni ormai, che era costretta a vivere segregata come la peggiore delle criminali.
Da quando era stata messa alle strette dal marito, dopo che questi aveva scoperto la sua imminente fuga, aveva dovuto confessargli ogni cosa: prima di tutto che era incinta -di lui, purtroppo, e non del suo Umberto- e che l'uomo che amava da sempre era un altro, non quel maledetto che avevano scelto per lei i genitori.
La cosa che aveva innervosito di più la ragazza, era stata la totale assenza di interesse per quello che aveva appena rivelato al visconte: non un riferimento, non un minimo accenno o uno scatto d’ira nei confronti del misterioso amante della moglie, sembrava quasi che non gli importasse nulla
Adele gli avrebbe spiattellato il nome di Umberto molto volentieri, compiacendosi dell’espressione indignata che sarebbe comparsa sul volto di Francesco, ma temeva che, l’imprudenza che le pizzicava la lingua, le si sarebbe potuto torcere contro: dopotutto, non era detta l’ultima parola, rimaneva ancora la carta della signorina Felicita da giocare e, con un po’ di fortuna, avrebbe potuto anche avvisare lo stesso Umberto tramite una lettera, perché venisse a soccorrerla e a portarla fuori di lì.
“Che sciocca” si disse la giovane sposa “a chi potrei affidarla, senza che mio marito lo venga a sapere? Non mi fido di nessuno, e poi non voglio correre inutili pericoli. Verrà il momento adatto per fuggire …”
Adele, seduta mollemente sulla sedia in legno di ciliegio accostata al muro su cui si apriva la finestra della camera da letto, guardava fuori verso il giardino, senza in realtà vedere nulla, gli occhi offuscati dalla nebbia dei ricordi.
Il suo pensiero, infatti, continuava a correre verso Francesco, e al suo esagerato modo di reagire appena qualche giorno prima: dopo essere stato messo al corrente dei segreti della moglie, infatti, le aveva proibito di mettere piede fuori da palazzo, se non accompagnata esclusivamente da lui.
Molto furbescamente, l'uomo aveva costretto Andreina, la cameriera personale della moglie, a non recarsi nella sua stanza quando -e se- lei l'avesse fatta chiamare, ma solo per portarle i tre pasti principali.
Adele, infatti, sebbene il visconte non l'avesse tenuta segregata in camera, ma le concedesse la libertà di aggirarsi per le stanze del palazzo, aveva deciso di non accordargli questa rivincita, perciò si era chiusa in un mutismo selettivo e testardo, stritolata tra le quattro mura della camera da letto.
 
La prima notte di quella chissà quanto lunga prigionia, la ragazza aveva varcato la porta della stanza con una certa titubanza, nel terrore misto ad audacia che l'aveva condotta a fare quei pochi passi lungo il pianerottolo e giù per i gradini delle scale ma, una volta arrivata nell'ampio vestibolo, si fermò di colpo, come trattenuta per le spalle da mani invisibili:
"Cosa sto facendo? Dove posso andare conciata così, con una misero straccio e una vestaglia addosso?! E poi con il buio non é sicuro uscire ..."
Così rimase immobile per una manciata di secondi, distante una decina di metri dalla salvezza, eppure divorata dall'incertezza e- più di ogni altro sentimento- dalla paura che, se fosse stata tanto temeraria da varcare quella soglia, le fosse potuto succedere qualcosa.
"Non mi importa nulla di quello stupido di Francesco! Se anche dovesse scoprire la mia fuga, passerebbero ancora molte ore prima che se ne accorga, e poi non saprebbe dove trovarmi, perché l'indirizzo di Umberto gli é sconosciuto!"
Ancora nel buio di quella prima notte da segregata nella sua stessa casa, Adele fece qualche passo all'indietro, andando a sbattere con una spalla contro il corrimano intarsiato: questo gesto non voluto la riportò alla realtà.
Si voltò verso il punto più alto delle scale, nell'eventualità che il marito si fosse svegliato e avesse scoperto il suo tentativo di fuga, ma per fortuna non c'era nessuno a spiarla.
La giovane sposa guardò ancora una volta la grande porta di fronte a lei, poi - un'ultima occhiata verso la sala da pranzo a destra e le stanze dei domestici a sinistra- posò una mano sul corrimano e risalì stancamente i gradini.
Adesso, dopo tre giorni di quella vita così inusuale, Adele stava ripensando a quella notte e alla sua codardia che l'aveva spinta a ritornare indietro: si alzò dalla sedia in legno di ciliegio e, la vestaglia turchese con i pizzi alle maniche, fece per aprire la finestra, quando si bloccò.
"Posso entrare?" la riscosse una voce maschile, quell’odioso timbro che avrebbe dovuto sopportare ancora per mesi, se il coraggio non l’avesse aiutata a scappare.
"Cosa me lo chiedete a fare se avete entrambi i piedi già oltre la soglia?!"
La giovane sposa continuò a guardare fuori dai vetri, una rabbia crescente montava dentro di lei nel sentire la voce alle sue spalle, quasi scherzosa e profonda come le ultime volte che l’aveva sentita .
Strinse con forza le frange dello scialle che aveva addosso, stritolandole come se, al loro posto, ci fosse la faccia beffarda del marito.
L'uomo, mantenendosi sempre a distanza dalla donna, continuò in tono serio -tutto l'opposto di quello che si stava immaginando la moglie- a spiegarle il motivo della sua presenza:
"Non é una visita di cortesia, non temete. Volevo solo avvisarvi che c'è una persona che vuole vedervi. Vi aspetta dabbasso ..."
"E chi mai sarebbe?! Non aspetto nessuno, perlomeno non chi vorrei ..."
Adele voltò appena impercettibilmente lo sguardo all'indietro, verso la figura alta ed elegante del marito, per vedere se il bersaglio era andato a segno.
"Smettetela con questi capricci infantili! Se volete scendete, altrimenti farò andare via vostra sorella senza nemmeno farla salire!"
A quelle inaspettate parole, la giovane sposa si girò di scatto, un lieve sorriso -misto allo stupore luccicante negli occhi- a tradire la durezza delle parole, espressa fino a pochi attimi prima.
"Angelica é qui?! É da sola?!"
Francesco annuì, continuando ad essere imperturbabile, il volto tirato in piccole rughe e occhiaie, ma ancora perfettamente glabro, i lunghi capelli corvini tirati indietro e gli occhi grigioverdi attenti e tremendamente vivi.
"Posso scendere, quindi?!" domandò la ragazza, sbarazzandosi dello scialle color panna dopo averlo gettato senza troppi complimenti sul letto a baldacchino.
"Ve l’ho forse mai proibito?! Mi sembra proprio di no, perciò muovetevi, scenderemo insieme"
"Quanto lo odio! Adesso fa la parte della vittima, quando sono io quella da compatire, imprigionata nella mia stessa casa, lontana da Umberto!"
La giovane si ripromise di mostrare al marito tutta la superiorità su cui poteva contare in quel momento.
Scesero fianco a fianco, lei aiutandosi con il corrimano, spostandosi il più possibile verso la parte opposta occupata dal visconte, impedendosi così di sfiorarlo anche solo per sbaglio.
Arrivati alla fine della ventina di gradini che divideva il primo piano dall'ampio ingresso rettangolare e allungato, Adele sorrise nel vedere la non più snella figura della sorella, leggermente florida dopo due gravidanze, ma elegantemente fasciata in un completo da viaggio color tortora, un grazioso cappellino intonato a coprire il grande chignon di capelli ricci e castano scuro, proprio come i suoi.
"Angelica!" la sorella più piccola le andò incontro, stringendola a sé e appoggiando il viso smunto nell'incavo della spalla, qualche centimetro sopra il suo capo arruffato.
"Adele, come stai? Dopo la bellissima notizia che mi ha comunicato Filippo, sono venuta appena ho potuto!"
"Mi fa molto piacere, cara sorella! Ma vieni, ti prego, ho tante cose da raccontati!" la giovane sposa strinse con un impeto apparentemente ingiustificato, le mani guantate della donna.
Poi, lanciando un'occhiata carica di odio e di disappunto, domandò rivolta al visconte:
"Permettete che mi ritiri per qualche ora, marito mio?!"
Francesco, rimasto in disparte alla base della scalinata, rispose con tono serio e senza sfumatura alcuna:
"Ovvio, Adele, parlate come e quanto volete! Mi unirò a voi per prendere del the o del caffè. Quale bevanda preferite, Angelica?"
La donna chiamata in causa annuì sentendosi in imbarazzo, perché aveva percepito una nota di ironia sardonica nelle parole scambiate tra i due coniugi, tuttavia, non sapendo a cosa era da attribuire quella vaga sensazione, non poté fare altro che rispondere:
"Per me é indifferente. Scegliete voi, Francesco ..."
"Molto bene! Vogliamo spostarci tutti in salotto, dunque? Nel frattempo che vi sistemate, andrò a chiamare una delle cameriere per farci portare qualche cosa di caldo e di stuzzichevole!"
L'uomo si allontanò in direzione della zona dei domestici, dal lato opposto del salotto, il rumore dei tacchi degli stivali neri sul pavimento di marmo.
Ad Adele quella strana premura le apparve inconsueta e non giustificata, perché non era assolutamente necessario che andasse di persona a richiedere del cibo e da bere, c'era il campanello apposta e ... alla giovane sposa non importava nulla del motivo per il quale le aveva lasciate lì da sole ma, sebbene solo per pochi minuti, ne avrebbe approfittato all'istante:
"Angelica, quanto ti fermerai?" cominciò a sapere la ragazza, legando un braccio attorno a quello di lei, e spostandosi verso la stanza designata per la merenda pochi istanti prima.
"Fino a domenica, ma se non ti senti bene, posso anche posticipare la partenza. Ti vedo strana, cosa sta succedendo?"
"Niente, ora non posso raccontati nulla, però appena saremo sole ti dirò ogni cosa!"
Le due donne presero posto su due delle quattro poltrone rivestite di velluto rosa, che circondavano il tavolino rotondo di ciliegio, lontane una decina di metri dal divanetto coordinato e dalla grande cristalleria ricca di argenteria.
I passi sicuri e leggermente accelerati degli stivali neri del visconte, calpestarono il parquet e l'ampio tappeto rosso e bianco all'entrata del salottino.
"Eccomi di ritorno! Saremo subito serviti con ottimi biscotti, the e caffè caldi!"
Angelica sorrise discretamente, controllando con la coda dell'occhio l'eventuale reazione della sorella, ma né un gesto né un'espressione del viso o una parola, tradirono la rabbia che Adele stava trattenendo egregiamente.
"Allora, avete fatto un buon viaggio?" esordì Francesco una volta seduto anche lui.
"Sì, grazie, il tempo per fortuna é stato clemente: era da tanto che non venivo a farvi visita, eppure la strada mi é sembrata inspiegabilmente corta!"
"Ecco che arriva la nostra cameriera!" la interruppe l’uomo, indicando la nuova venuta.
Una giovane sui ventitré anni entrò facendo un lieve inchino, poi posò il grande vassoio d'argento con due brocche, sul tavolino in mezzo all'ospite e ai padroni di casa.
Un'altra domestica – poco più grande d’età- fece capolino in perfetta sincronia con la prima, dopo che questa riprese il vassoio.
Una volta che anche la seconda ragazza compì il suo dovere, appoggiando il piatto con i biscotti, uscirono con un altro inchino, strette nelle loro divise nere con il grembiule bianco e la cuffietta inamidata, gli occhi chiari timidi ma scrutatori.
"Dicevamo?" riprese il visconte "ah, sì, di quanto il viaggio vi sia apparso breve! Forse é per il fatto che ci siamo incontrati da poco, al matrimonio di vostro fratello! A proposito, state tutti bene? I bambini e i vostri genitori sono in salute?"
Angelica sorrise, replicando entusiasta che sì, non si potevano lamentare, che la situazione era rimasta invariata da quando il cognato era ripartito due settimane prima, dopo appunto le nozze di Alberto.
Adele ebbe voglia di strozzare il marito, così pacifico e cortese, amichevole solo per farle un dispetto: cominciò a pregare che non andasse a rivangare la bugia che gli aveva propinato ormai un mese addietro quando, per andare all’incontro con Umberto, il primo dopo due anni di lontananza, gli aveva detto che invece sarebbe andata dalla sorella.
Quindi, per scongiurare l'inizio di quel discorso spiacevole, la giovane sposa deviò prontamente:
"Ho molte cose da chiederti, cara sorella, riguardo la gravidanza! Tu che hai avuto due figli, mi saprai certamente dare dei consigli!"
Adele si avvicinò con il busto verso di lei, un sorriso di circostanza stampato sul volto pallido.
"Mia moglie ha ragione, cara cognata! Saprete indirizzarla al meglio sulla crescita di nostro figlio o figlia che sarà! Prima di parlare di queste cose da donne, però, facciamo onore alla nostra eccellente cuoca e ai suoi biscotti che ha provvidenzialmente preparato, quasi sapesse della vostra visita! Prego, a voi l’onore di prendere il primo!”
 
 
Avevano terminato di cenare da poco più di mezz'ora, il fuoco nel camino a riscaldare quella fredda serata di aprile resa tale dal vento che si era alzato.
Francesco si era accomiatato dalle due donne per ritirarsi in camera da letto, non prima di aver sussurrato alla moglie un’inequivocabile invito:
"Vi aspetto di sopra. Per le due notti che vostra sorella si fermerà a palazzo, non vorrei farle nascere qualche dubbio riguardo la nostra felice vita coniugale"
Adele non lo guardò in faccia, ma si sentiva impotente sotto il soffio caldo dell'alito del marito, che penetrò fastidiosamente nell'orecchio come l'acqua salata del mare.
Una volta sole, nel salottino con gli specchi dorati e le poltrone di velluto rosa, la giovane sposa agguantò con improvvisa rapidità la mano di Angelica, invitandola a sedersi.
"Ho bisogno di parlarti" esordì la ragazza, accostando la massiccia porta di legno decorato con grandi rose rosse.
"È da quando sono arrivata questo pomeriggio che ti vedo diversa! Che cosa ti è successo, Adele?!"
La giovane sposa si era appena seduta di fianco alla sorella, quando il viso scarno e pallido fu attraversato da un lampo di angoscia che la fece balzare in piedi.
"Ma dove stai andando?!" la sollecitò Angelica, le sopracciglia aggrottate nel volto allungato e contornato dai ricci castani raccolti sul capo.
"Forse è meglio riaprire la porta! Così potremo capire se lui ci sta spiando e, se necessario, cambiare discorso per non insospettirlo!" le spiegò a bassa voce.
"Chi, Adele?! Di chi e di cosa stai parlando?! Tu sei impazzita, stai vaneggiando!"
La sorella minore non si lasciò scomporre dalle parole dell'altra donna, anzi, tornò a sedersi composta e sorridente come un attimo prima.
"Molto bene! Ora possiamo parlare, cara Angelica!" esordì nuovamente la giovane sposa, stringendo le mani dell’altra.
"Esigo una spiegazione, Adele!" rispose lei, ritraendole all’istante.
"Hai ragione, adesso ti spiegherò ogni cosa, però promettimi che mi aiuterai, che mi ascolterai e non mi giudicherai! Promettimelo … giuramelo, per favore!"
"Avrai il mio aiuto solo se è necessario. Questo tuo comportamento bizzarro potrebbe nuocere al figlio che aspetti! Devi essere più riguardevole e non agitarti per nulla!"
L'alta figura florida della sorella, avvolta in un elegante ma non troppo ricercato tubino blu notte di velluto con una fascia nera dello stesso tessuto ad esaltare le forme generose del seno, strinse a sua volta le mani fredde di Adele che, un sorriso maniacale a incurvarle le labbra, rispose:
"Tutti che parlate e vi preoccupate di questo maledetto bambino, di questo essere che porto in grembo! Non capisci che di lui non mi importa nulla?! Che non lo amo, che lo vorrei vedere morto, marcire nella terra fredda e profonda, finalmente lontano da me?!"
"Dio mio, ma come fai a parlare in questo modo di tuo figlio?!"
Nel volto impallidito di Angelica, l'orrore prese il sopravvento sull'incredulità.
"Ma non sto parlando del bambino! Sto parlando di quel maledetto di mio marito!" spiegò Adele, come se fosse la cosa più evidente ed ovvia del mondo.
"Io lo odio, mi tiene segregata qui dentro” continuò ancora più accalorata, gettando occhiate ansiose verso la porta  “non mi permette di passeggiare neppure in giardino, se non è lui ad accompagnarmi! Capisci adesso perché ho bisogno del tuo aiuto? Lui vuole portarmi via il bambino se nascerà maschio, mentre se sarà femmina ha detto che me la lascerà crescere solo per vederla svergognare davanti a tutti, a causa mia, perché sono una moglie fedifraga!"
"Adele, ti prego calmati! Non stai ragionando! Forse ti ha fatto male qualche cosa che hai mangiato! Vieni, ora ti accompagno da tuo marito, nella vostra camera, così potrai fare un buon sonno e riposarti dalle fatiche di oggi!"
La donna fece per alzarsi e invitare la giovane sposa a fare lo stesso quando, la sorella più piccola, stizzita e rossa in volto, allontanò malamente la sua mano dal suo braccio.
"No, Angelica, no!” urlò.
Poi, terrorizzata che l’aguzzino potesse sentirla, proseguì con voce fremente ma bassa:
“Non ti sto raccontando tutto questo per farmi trattare come una pazza inferma! Ascoltami, prima di giudicarmi! Devi credermi: Francesco è un mostro, lui vuole solo distruggermi e farmi del male! Ti supplico, siediti, ho bisogno del tuo aiuto!"
L'altra donna fece come le era stato chiesto e, scuotendo il capo, domandò:
"Perché mi stai dicendo queste cose ... orribili? Perché tuo marito vuole impedirti di crescere vostro figlio se sarà un maschio? E perché ti ha definito una fedifraga?! Adele, sono accuse gravissime, te ne rendi conto?!"
La giovane sposa sospirò profondamente, mordendosi le labbra per cercare di non lasciare spazio alle lacrime che temeva sarebbero prontamente scese dai suoi occhi incavati e stanchi.
"Non ti ho mentito, Angelica, ti giuro che ogni parola che ti ho appena raccontato corrisponde alla verità! Mio marito mi tiene segregata qui a palazzo, e ha detto che continuerà a farlo fino alla nascita del bambino o bambina che sia! E tutto questo perché io gli ho scioccamente confessato di amare un altro, di essere ancora innamorata di Umberto!"
Lo stupore e l'incredulità tramutarono il volto nuovamente attento della sorella più grande.
"Umberto? Ma lui è in convento!" cercò di farla ragionare, la voce materna e comprensiva, certa che tutto quello fosse solamente il delirio di una donna spaventata per l’imminente maternità.
Adele sorrise beffardamente, e prese a raccontare l'intera vicenda con lo stesso trasporto con cui l'aveva narrata a Nina, la sua balia, appena dieci giorni prima.
"Non riesco a crederci ... tu sei impazzita, hai dalla tua solo questa scusante, se così si può definire! Io ti chiedo una cosa, Adele: dimenticalo, fallo per te e per il bambino che hai in grembo! Tuo marito sarà sicuramente comprensivo, ti perdonerà e quell'orribile affermazione che ha fatto su vostro figlio, rimarrà un lontano ricordo! Fidati di me, io ti voglio bene e desidero solo la tua felicità!"
"Anch’io ti chiedo solo una cosa, Angelica, solo una! Poi farò come mi hai appena chiesto!"
Uno sguardo compassionevole si fermò negli occhi color ambra della donna che, rassegnata, accondiscese ad ascoltarla:
"Se mi prometti che metterai in atto i miei consigli, farò qualsiasi cosa tu mi chiederai, Adele ..."
Un sorriso colmo di riconoscenza accompagnò il rossore sulle guance della giovane sposa, mentre accompagnava le sue parole con una forte stretta di mano su quella chiusa a pugno della sorella.
"Domani mattina vorrei andare a fare un giro al mercato, giù al paese. Se mi accompagnerai, Francesco non avrà nulla da ridire. Lo farai?"
Le parole caratterizzate dal tono implorante della giovane, sortirono il loro effetto tanto sperato.
"Va bene, ti porterò al mercato. Sono sicura che ti farà bene! Ora però andiamo a dormire, si è fatto tardi!"
"Non puoi nemmeno immaginare che toccasana rappresenterà per me! Finalmente potrò rivedere la signorina Felicita! La mia prigionia si sta avviando al termine!"
Il vento continuava a soffiare con foga, picchiando con forza incomprensibile sui vetri del salottino: la ragazza si voltò verso la finestra e rabbrividì, mentre si arrese a salire le scale, fiduciosa che quella sarebbe stata una delle ultime volte in cui avrebbe compiuto quel gesto.
 
 
 
NOTA DELL’AUTRICE:
 
Ciao a tutti! Spero che il capitolo vi sia piaciuto! Abbiamo conosciuto un po’ di più Angelica, la sorella maggiore di Adele, alla quale avevo fatto un accenno per il matrimonio di Alberto.
E’ una donna molto diversa dalla nostra protagonista: dedita alla famiglia, ai figli e al marito (Filippo, il giovane medico che, nel capitolo precedente, aveva confermato la gravidanza di Adele), insomma una perfetta padrona di casa, madre e moglie.
Anche lei non appoggia la sorella, sebbene questa non le abbia rivelato nulla a proposito del suo piano di fuga: cosa succederà il giorno dopo al mercato? Riusciranno ad andarci? Francesco le seguirà? La signorina Felicita vorrà aiutare Adele?
Vi lascio con questi interrogativi!
Grazie a tutti i fantastici lettori e recensori, a chi ha inserito la storia tra le preferite, le ricordate e le seguite: non vi nomino ad uno ad uno, ma vi ringrazio ad uno ad uno!!!
A presto!
 
   
 
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