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Autore: Fiamma Erin Gaunt    19/03/2015    2 recensioni
Amore non è soggetto al Tempo, pur se rosee labbra e gote
dovran cadere sotto la sua curva lama;
Amore non muta in poche ore o settimane,
ma impavido resiste al giorno estremo del giudizio:
se questo è errore e mi sarà provato,
io non ho mai scritto, e nessuno ha mai amato.
[Charlotte Montrose x Richard de Villiers (OC)]
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Charlotte Montrose, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 2

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Charlotte scosse la testa.

Poco importava che il suo interesse per Gideon fosse scemato con sempre maggior rapidità in quelle ore: ancora non riusciva a sopportare l’atteggiamento di Gwendolyn. Si comportava come se fosse tutto un gioco, non prestava la minima attenzione a ciò che stava provando a spiegarle e, come suo solito, guardava nel vuoto e ridacchiava di tanto in tanto.

Aveva sempre pensato che fosse senza qualche rotella e in quei momenti le confermava in maniera assoluta i suoi sospetti.

- Gwendolyn, presta un po’ d’attenzione, in nome del cielo! –

- La colpa non è sua, ma del compagno di ballo – la interruppe una voce maschile.

Non potè impedire al suo corpo di avere un lieve fremito quando la riconobbe. Richard era lì, appoggiato allo stipite della porta con distratta eleganza, e osservava la scena con un sorrisetto sghembo sul freddo volto affascinante.

- È il nostro migliore preparatore da anni. –

- Allora non oso pensare come fossero tutti gli altri. –

Poi si fece avanti, strappando senza tante scuse Gwendolyn dalle braccia di Giordano e stringendola con ferma gentilezza. La guidò lentamente nei vari passi, sorridendole di tanto in tanto, senza mai stringerla più di quanto non fosse strettamente necessario. Non stava flirtando con lei, constatò, ma aveva certamente modi molto diversi rispetto a quelli che erano stati riservati a Gwendolyn fino a quel momento. E come danzava. Ah, aveva il potere di riuscire persino a far sembrare Gideon goffo al confronto.

Terminarono il minuetto rispettivamente con un inchino e una riverenza e dovette ammettere, per quanto non le facesse piacere, che Gwendolyn si era dimostrata all’altezza della situazione in quell’occasione.

Certo, poteva anche essere stata semplice fortuna.

- Non male – decretò.

Vide sua cugina rivolgerle una buffa smorfia che probabilmente voleva essere una sua imitazione. Si sforzò d’ignorarla.

Cielo, sapeva essere così infantile.

- Presumo che lei saprebbe fare di meglio, miss Montrose? –

Sapeva riconoscere una sfida quando gliene veniva rivolta una e aveva una gran voglia di tenere testa a quel ragazzo … o avrebbe dovuto dire uomo? Il fatto che nel presente quella versione ventunenne di Richard avrebbe avuto sedici anni in più la confondeva. Non sapeva mai se pensare a lui come un giovane uscito da poco dall’adolescenza o un uomo fatto e finito.

- Ovviamente, signor de Villiers. –

- Allora mi sento in dovere di testare le vostre abilità, mademoiselle. –

Le rivolse un piccolo inchino, porgendole una mano con eleganza.

Esitò un attimo prima di accettarla, lasciandosi condurre sulla pista. Aveva un sorriso divertito e ironico sulle labbra e seppe che stava per commentare con qualcosa d’impertinente ancora prima che aprisse bocca.

- Coraggio, miss Montrose, ma ricordate: Se danzi con il diavolo, il diavolo non cambia; è lui che cambia te. –

- Dovreste sapere, signor de Villiers, che il diavolo è un ottimista se crede di poter peggiorare gli uomini. –

Richard rise, attirandola a sè.

- Ciò che l'uomo chiama immorale è ciò che mostra al mondo la sua vergogna. –

Riusciva a percepire chiaramente quanto fosse solido il suo corpo al di sotto della camicia nera che indossava. Sentì le guance accaldarsi leggermente e fu certa che le sue gote avessero assunto una sfumatura particolarmente intensa di rosa. Sperava solo di non risultare ai suoi occhi come una ragazzina impacciata e ridicolmente timida. Era solo un ballo.

Un ballo con un giovane uomo attraente e in grado di scacciare Gideon dalla sua mente. Scacciò i pensieri, lasciandosi condurre da quelle mani forti che la stringevano contro il suo corpo con molto più vigore di quanto non avessero fatto con Gwendolyn qualche minuto prima.

- Il Diavolo rimase vergognoso, e intese come il bene sia tremendo, e vide come nella sua forma la virtù sia amabile – mormorò, sorridendole in modo ben diverso rispetto a quanto aveva fatto fino a quel momento.

Frastornata da quella vicinanza e dal buon profumo che irradiava la sua pelle, impiegò qualche secondo a riconoscere la citazione.

- Milton, il Paradiso Perduto. –

Annuì appena. – Molto bene, miss Montrose. –

 

Mossero gli ultimi passi con la precisione e la grazia che aveva accompagnato tutto il minuetto e Charlotte ebbe chiaramente l’impressione che quello fosse stato il ballo più breve della storia. Quando la musica cessò, si ritrovò ancora stretta a Richard.

Sembrava che il ragazzo non avesse poi tutta questa voglia di lasciarla andare, d’altronde non poteva certo negare che la cosa le facesse piacere.

 

- Magnifique! Superbe! – esclamò Giordano, battendo allegramente le mani.

 

Persino Gwendolyn, notò con la coda dell’occhio, appariva sinceramente ammaliata.

Fu allora che la presa di Richard si annullò e si ritrovò ad osservarlo mentre si chinava a depositarle un lieve bacio sul dorso della mano.

Fremette nell’istante in cui le sue labbra incontrarono la pelle sensibile.

E, potè giurarlo, Richard sorrise in un misto di compiacimento e orgoglio per quella reazione. Tuttavia si ricompose in fretta e tornò a indossare la maschera di gelido fascino di pochi minuti prima.

 

Mentre tornava alla sua postazione al fianco di Giordano, vide che anche Gideon era stato presente durante il loro piccolo intermezzo artistico.

Bene, così avrebbe finalmente capito che non desiderava continuare quella scena d’aspirante fidanzata respinta.

 

- Ti serviva qualcosa, ragazzino? – domandò Richard, inarcando un sopracciglio all’indirizzo di Gideon.

Quest’ultimo arricciò il labbro in un’espressione contrariata. Non gli piaceva che lo chiamasse in quel modo ma, di fatto, era  più grande di lui.

- Mr George mi ha mandato a chiamarti per la trasmigrazione. –

Non aggiunse altro, certo che il viaggiatore avrebbe capito.

Infatti, Richard annuì con serietà e uscì a passi lunghi dalla sala, seguito a ruota dal Diamante.

 

Charlotte lanciò un’occhiata interrogativa a Gwendolyn, che si strinse nelle spalle. Magnifico, neanche lei sembrava saperne qualcosa.

- Riprendiamo con gli esercizi di portamento, Gwen – ordinò.

Visto lo sbuffo che la cugina non aveva neanche provato a camuffare, aggiunse: - Spero che alla soiré dimostrerai un po’ più di classe e non ti metterai a fare rumori molesti durante le esibizioni. –

- Certo, Vostra Grazia Serenissima – ironizzò.

Aveva già detto quanto la trovava infantile?

 

 

 

 

 

 

*

 

 

Stavano per fare ritorno a casa quando un rumore di passi piuttosto turbolento attirò la loro attenzione.

Gwendolyn si arrestò all’istante, allarmata. Probabilmente, a dispetto delle discussioni di quei giorni che avevano coinvolto lei e Gideon, era ancora sinceramente preoccupata per lui. E lei, suo malgrado, doveva ammettere che il pensiero che a uno dei due ragazzi fosse successo qualcosa durante la trasmigrazione le riempiva il cuore d’angoscia. Così non trovò nulla da obiettare quando sua cugina rimase imbambolata in mezzo al corridoio, in impaziente attesa.

Gideon comparve poco dopo, seguito a ruota da Falk e mr George, mentre sosteneva con qualche sforzo Richard. Il ragazzo sembrava aver perso conoscenza e, a giudicare dalla larga macchia all’altezza del lato sinistro del costato, doveva aver riportato una ferita considerevolmente grave.

Li seguì mentre lo deponevano con la maggior gentilezza possibile sul lettino dell’infermeria e, con voce tremante, domandò: - Dottor White, posso esservi utile in qualche modo? –

- Potresti portarmi della garza, del filo e un ago da sutura, mia cara. –

Recuperò il materiale alla velocità della luce e tornò verso di lui proprio mentre riapriva gli occhi.

Lo vide sbattere le palpebre due volte, probabilmente nel tentativo di mettere a fuoco meglio, decisamente frastornato.

- Non pensavo che gli angeli avessero chiome fatte di fiamme – mormorò, chiudendo di nuovo gli occhi.

Sotto lo sguardo sorpreso di Gideon, Charlotte scoprì di essere avvampata per quell’inaspettato e decisamente singolare complimento. Era forse il delirio per il dissanguamento che lo aveva fatto parlare?

- Spero solo che non si risvegli mentre lo ricucio, non sarebbe una cosa piacevole per questo povero ragazzo – disse il dottore, infilando il filo e cominciando ad assicurare i punti.

La ferita era abbastanza profonda e lunga una decina di centimetri. Era stato un colpo di spada di uno degli uomini dell’Alleanza fiorentina, aveva detto Gideon, che l’aveva raggiunto mentre gli salvava la vita.

Terminata la sutura, il dottor White vi sistemò sopra una salda fasciatura che ricopriva tutto il torace e gli fece un’iniezione di antidolorifico.

- Servirebbe qualcuno che resti accanto a lui finchè non si sarà svegliato. –

- Posso farlo io. –

Le parole le uscirono dalla bocca ancora prima che i suo cervello riuscisse a realizzare ciò che aveva detto.

- Certo, e io accompagnerò Gwendolyn a casa. –

Gwen gli lanciò un’occhiata seccata. – Non ho bisogno della balia, Gideon. –

- Questo è discutibile -, replicò lui, - Adesso sbrigati, non vorrai mica svegliarlo con le tue chiacchiere. –

Controvoglia, Rubino si lasciò condurre via. La stanza si svuotò rapidamente e Charlotte si ritrovò sola con lui.

Osservò il viso dai tratti decisi e virili, accarezzando distrattamente le scompigliate ciocche corvine. Quando stava male sua madre la coccolava e a lei sembrava che il dolore passasse più alla svelta quindi magari sarebbe stato così anche per lui.

Continuò a osservarlo per poi scendere lungo la linea del collo, le spalle larghe e i bicipiti possenti fino al torace parzialmente fasciato. Aveva un fisico asciutto, muscoloso ma ben proporzionato, piacevole a guardarsi.

- Ti piace ciò che vedi, ragazzina? –

Distolse lo sguardo, imbarazzata, e questo lo fece scoppiare a ridere. Era una di quelle risate tipicamente mascoline che sfoggiavano gli uomini quando le donne facevano qualcosa di irresistibilmente attraente.

- Come va con il dolore? – replicò per tutta risposta.

- Non lo sento quasi, è più il fastidio dei punti che tirano che altro. –

Provò a mettersi seduto, ma la mano di Charlotte lo respinse prontamente verso il basso. Toccarlo era una sensazione piacevole, si sorprese a notare, e l’idea di smettere di farlo le sembrava assurda. Doveva darsi un contegno, però, o avrebbe fatto la figura della stupida.

- Non devi muoverti, ordini del medico – disse con la sua migliore voce da comando.

- E tu chi saresti, l’infermiera? Sai, credo che madame Rossini abbia delle divise un po’ più sexy di quella che indossi in questo momento. Bisogna rispettare l’autenticità, no? –

Scosse la testa, sorridendo divertita.

Era incredibile come l’essere stato ferito da un colpo di spada e l’aver rischiato di morire dissanguato l’avessero decisamente fatto apparire più divertente.

- Non credo che cambierebbe qualcosa anche se la indossassi, visto che non sei certo nelle condizioni di fare il Casanova. –

- Il Casanova, eh? Personalmente preferisco Dongiovanni, ma suppongo che anche lui sia una valida alternativa. –

- Sia come sia, non ne sei in grado al momento. –

Gli occhi blu scintillarono maliziosi.

- Ma vorresti che ne fossi capace? – la punzecchiò.

- Sai, comincio a pensare che ti preferivo da addormentato. –

- Certo, perché in quel modo avresti potuto continuare ad approfittarti di me. Ho visto come mi guardavi, tigre. –

Tigre?

Beh, se non altro era meglio di ragazzina.

- Hai le allucinazioni per la ferita, è evidente. –

Scosse la testa, continuando a sorridere con quell’aria fastidiosamente compiaciuta. – Mi trovi assolutamente irresistibile, questo è evidente. –

Sbuffò.

- Sei insopportabilmente arrogante, lo sai? –

- Non mi dici nulla di nuovo – confermò.

Ah, persino insultarlo era impossibile.

- Comunque -, aggiunse poi, - Hai delle belle gambe, tigre. –

Avvampò come mai prima di quel momento le era capitato. In effetti, dubitava persino che qualcuno potesse essere in grado di arrossire in quel modo. Era certa che la sua faccia avesse ormai assunto il colorito di un bel pomodoro maturo.

Lo colpì su un braccio con uno schiaffo mentre si dipingeva sul volto l’espressione più indignata del suo repertorio.

- Ahia, non sai che non si picchiano i malati? Un’infermiera carina, ma pessima con i pazienti, farò rapporto al dottore. –

- Sì, immagino che il dottor White prenderà molto sul serio le tue rimostranze. In fin dei conti … -

Venne interrotta dalla mano di Richard che le accarezzò gentilmente una guancia. Le ravviò una ciocca di capelli che le era sfuggita dalla treccia, portandogliela dietro all’orecchio. Poi si drizzò quanto gli consentivano i punti, avvicinandosi al suo volto. Rimase immobile, completamente impreparata, finchè le labbra del ragazzo non si posarono sulle sue. Fu un contatto lieve, assolutamente casto, perché subito dopo Richard dovette lasciarsi ricadere nuovamente sul materasso.

- Merda – ringhiò tra i denti, tastando la ferita al di sopra del bendaggio per assicurarsi che tutto fosse al suo posto.

Charlotte dal canto suo si alzò in piedi di scatto, realizzando solo in quel momento ciò che era accaduto: si era lasciata baciare volontariamente da quello che, di fatto, era un perfetto estraneo.

Si posò le mani sulle labbra, assaporando ancora il lieve retrogusto di fumo del ragazzo.

- Perché l’hai fatto? – domandò, flebile.

- Per ringraziarti per esserti presa cura di me mentre ero svenuto. Non mi sembra che ci sia stata la fila per stare al mio capezzale. –

Avrebbe voluto obiettare, ma la verità era palese. Neppure Falk, che di fatto era suo fratello maggiore, aveva avanzato la richiesta di rimanere accanto a lui nell’attesa del suo risveglio.

Il fatto però che l’avesse baciata solo per quel motivo la colpì come un pugno allo stomaco.

- Quindi mi hai baciata solo perché ti sentivi riconoscente? – chiese aspramente.

Riecco che quel sorrisetto compiaciuto compariva sul volto di Richard. Dio, avrebbe davvero voluto prenderlo a pugni.

- No, non solo per quello, infatti non intendo baciare mr White perché mi ha ricucito – ironizzò.

- E allora perché mi hai baciata? –

- Perché se mi si offre la possibilità di baciare una bella ragazza non mi tiro indietro – replicò, stringendosi nelle spalle.

Una bella ragazza.

Dunque la trovava bella, malgrado quelle battute sul fatto di essere una ragazzina o di dimostrare quattordici anni.

L’idea la fece sentire incredibilmente allegra.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Eccoci con il secondo e penultimo capitolo. Spero che l’abbiate apprezzato anche solo la metà di quanto a me é piaciuto scriverlo. Credo che l’ultimo aggiornamento sarà fatto sabato (nel caso a qualcuno interessi). Ora vi lascio, l’università chiama (>.<). Alla prossima.

Baci baci,

Fiamma Erin Gaunt

  
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