Fanfic su artisti musicali > Tokio Hotel
Segui la storia  |       
Autore: _Lollipop_    20/03/2015    1 recensioni
[Sequel di "Fate? Who knows?"]
"Un pianto dallo sfondo armonioso e delicato fece scattare la ragazza sull'attenti e, inconsapevolmente, si ritrovò a fare gli scalini a tre a tre. Si fiondò nella cameretta infondo al corridoio e, ai suoi occhi di madre inteneriti, si presentò una scena vista molte volte. Una piccola bimba graziosa dai boccoli biondi seduta sul tappetino che si strofinava gli occhietti vispi e verdi con la piccola manina. La carnagione chiara che faceva contrasto con le guanciotte rosa e tenere. La mamma si avvicinò stringendola tra le braccia come per darle conforto e proteggerla. (...)
Il telefono della cucina prese a squillare e Sara si dileguò dalla stanza, lasciando i gemellini a giocare, per andare a rispondere.
“Si pronto?”
“Saraaaaaaaaaaaaaa!” la ragazza allontanò l'apparecchio dal cellulare per evitare che il timpano le venisse fracassato.
“Bill! Cazzo ti urli?”
“Sàààà! Oddio oddio oddio!” alzò gli occhi al cielo con fare spazientito per il comportamento del cantante.
“Bill, ascoltami! Prendi aria! Ispira... espira... Ok ora parla!”
“Sà non posso crederci! Oddio si è svegliato! Capisci? Si è svegliato!” passarono secondi di silenzio prima che l'informazione arrivò al cervello. I suoi occhi strabuzzarono e il telefono le cadde di mano...
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
- Questa storia fa parte della serie 'Complicated Love'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 16: Family

 

-Mami!- una vocina acuta e urlante entrò nella stanza, facendo sbattere la porta al muro. Sara grugnì, spingendo la testa tra i cuscini. Pensò che la voce acuta della figlia fosse peggio della sveglia. La bimba gonfiò le guanciotte rosate, contrariata, battendo i piedini sul parquet. Tirò il lenzuolo della madre verso sé, ma questa non batté ciglio. Allora la piccola, sempre più contrariata, si arrampicò sulla ragazza, sedendosi sulla sua schiena e saltellando. Sara grugnì di nuovo.

-Amore- bofonchiò, da sotto il cuscino; -Tua figlia è sveglia- Tom si tirò le coperte sopra la testa. Avrebbe dormito per tutto il giorno, se avesse potuto. Oltretutto, era domenica.

-Prima delle nove di mattina, è tua figlia- continuò lui con voce assonnata. Sara sorrise, con la testa ancora tra i cuscini.

-Mami! Svegliati!- la bimba si abbassò all’altezza del volto della madre, toccandole la guancia con il dito. Vedendo che questa non reagiva, le sollevò le palpebre e si mise nel suo campo visivo. Sara sbuffò, ridendo per la sua espressione buffa.

-Che vuoi, piccola rompiscatole?- chiese con voce ovattata.

-Mami, alzati. Sonnano alla polta!- Sara ci mise qualche secondo a capire cosa volesse dire la bambina. Quando intese, si alzò velocemente e scosse il ragazzo che teneva ancora la testa sotto il cuscino.

-Tom, alzati. Cercheranno voi- disse e cominciò a sistemarsi la canotta e i pantaloncini del pigiama. Il braccio di Tom si allungò verso di lei, afferrando il suo polso e tirandola a sé, sul letto. Lei fece resistenza, ridendo, ma fu inutile e si ritrovò tra le braccia del ragazzo.

- Tom!- lo rimproverò, riuscendo finalmente a liberarsi con un sorriso divertito. Il ragazzo si voltò verso la figlia, sollevando di poco il viso dal cuscino.

-Senti bionda, perché non vai a tirare su dal letto tuo zio?- Kristel gonfiò le guanciotte e incrociò le braccine al petto, inarcando le fini sopracciglia. Sara alzò gli occhi al cielo, sorridendo. Diede una pacca al ragazzo e ritornò in piedi, correndo alla porta. La bimba intanto osservava il padre, tornato sotto le coperte.

-Papi, alzati dai!- lo prese per il braccio, sforzandosi di tirarlo su. Tom sorrise, tirando il viso fuori dai cuscini e guardandola. Gli faceva una gran tenerezza. Afferrò il suo esile braccino e la trascinò sul letto insieme a lui, aiutandosi con l’altro braccio, con il quale le allacciò la schiena. Lei rise calorosamente mentre il padre la sistemava sopra di sé.

-Mi hai svegliato, adesso ti faccio vedere io!- rise. Alzò la canotta del pigiama della figlia sopra la pancia, la sollevò verso sé e le fece delle lunghe e rumorose pernacchie. La bimba rideva, dimenandosi, sotto l’effetto del solletico, facendo ridere anche lui.

-Batta papi, batta!- urlò, annaspando tra le risate.

-Ti è bastato?- sorrise, fermando le pernacchie. Kristel annuì, senza smettere di ridere.

-Se vuoi che smetto devi darmi un grande bacio- continuò, picchiettandosi il dito sulla guancia. La bimba si lanciò su di lui, aggrappandosi come una scimmietta, e gli schioccò un rumoroso bacio. Tom continuò a stringerla a sé e ricambiò il bacio della piccola.

-Papà?- chiamò lei, ancora nella sua stretta. Ebbe un sussulto, sentendo quell’appellativo, e sorrise contento.

-Dimmi, principessa-

-Tu te ne andrai via ancora?- chiese, esitante, portandosi un ditino alle labbra e scrutando il padre. Tom la guardò accigliato.

-Perché dovrei andare via, piccola?-

-Perché prima non c’eri- rispose, con la schiettezza e l’innocenza di una bambina. Il cuore di Tom si strinse. Aveva la sensazione che qualcuno gli avesse infilato la mano nel petto e gli stesse stringendo il cuore. Un groppone gli si formò in gola. Si sistemò meglio a sedere sul materasso, pose la bambina sulle sue gambe e le accarezzò il volto chiaro.

-Mi dispiace di non esserci stato prima, piccola. Ma ora sono qui e ti prometto che non ti lascerò mai più. Capito?- Kristel continuava a guardarlo in volto, come a volersi assicurare che lui stesse dicendo la verità. Infine annuì e allungò il mignolo davanti al padre, il quale la osservò confuso. Poi capì e intrecciò il suo mignolo con quello della figlia. Lei si alzò e traballò fino a stringerlo di nuovo. Lui combatté per trattenere le lacrime; -Ti voglio bene, piccolina- sussurrò.

-Ti voglio bene, papà- appoggiò la testa sulla sua spalla e si sedette in braccio a lui, lasciandosi cullare nel caldo abbraccio del padre che aveva tanto desiderato.

-Tom, scendi! È David!- l’urlo della ragazza arrivò fino alla camera. A sentir quel nome, il ragazzo scattò in piedi, afferrando al volo la figlia e posandosela in braccio. Corse verso la camera del fratello, imitando il suono della tromba. La figlia lo osservò incuriosita e poi lo imitò.

-Tom, sparisci o ti uccido- bofonchiò tra i cuscini.

-Tio Bill, alzati dai!- strillò, la nipote.

-Ora capisco da chi hanno preso i tuoi figli- continuò, con voce ovattata.

-PAPPARAPPAPAPA! Forza in piedi, soldato!- Bill infilò la testa sotto il cuscino, afferrò quello a fianco e lo tirò al gemello. Tom lo evitò e si caricò la bimba sulle spalle, reggendola per le gambine. Kristel unì le manine davanti alla bocca, continuando il suono della tromba.

-Tio, Bill! Fozza, azzati!- Bill strinse più forte il cuscino sulle orecchie; -C’è David!- urlò, infine.

Bill strabuzzò gli occhi e saltò giù dal letto. Imprecò, inciampando nelle proprie ciabatte, e si infilò una maglietta bianca in corsa, per poi catapultarsi sulle scale per il piano inferiore, mentre Tom lo seguiva continuando a tenere la bimba.

David era seduto al tavolo della sala da pranzo. Con davanti una tazza di caffè, parlava con Sara, e la ringraziava per la bevanda.

-Eccomi, eccomi!- urlò il vocalist, mentre raggiungeva la cucina, tenendosi il fianco. David aggrottò le sopracciglia, osservandolo.

-Hai un aspetto terribile- sentenziò. Sara scoppiò a ridere e Bill assunse un’espressione offesa, sedendosi al tavolo con loro. Tom intanto fece il suo ingresso nel salotto, raggiungendo Christian, il quale guardava la tv con grande concentrazione. Afferrò anche lui, che scoppiò a ridere, gli diede qualche bacino e, poi, portò entrambi i bambini nella sala.

-Buongiorno Tom, ti vedo di buon umore- il ragazzo ricambiò il saluto e lasciò atterra i piccoli.

-Forza amori miei, andiamo in cucina e lasciamo parlare di lavoro questi uomini- la ragazza si alzò, prese per mano i bambini e li accompagnò in cucina per fare colazione.

-Allora ragazzi- cominciò il manager, -Ho un’intervista urgente da farvi fare e sono qui apposta per chiedervi se la preferite fare oggi o domani- Bill sbuffò, controllando l’ora.

-Assolutamente domani. Oggi è domenica- rispose poi. Tom non fu d’accordo.

-No, Bill. Facciamola oggi! Domani è il compleanno dei gemelli!- Bill sbuffò di nuovo, strofinandosi la mano sul viso. Poi allargò le braccia.

-Eh va bene, facciamola oggi- David ne fu sollevato e prese il cellulare, così da avvertire anche Georg e Gustav.

-Ah, ragazzi. State pensando al tour? Dobbiamo mettere giù un calendario. Non vi ricordate più come funziona questa vita?-

-David, ma proprio di domenica dobbiamo parlare di queste cose?- si lamentò Tom. Pensare al tour lo infastidiva. Non voleva pensare di dover abbandonare la sua famiglia per molti mesi. Le sue priorità erano cambiate. Ora, Sara e i bambini erano al primo posto. Non avrebbe abbandonato la band per nessuna ragione, eppure quegli impegni ormai gli sembravano così futili. Avrebbe voluto passare più tempo possibile con la sua famiglia. E si stupì di quei pensieri: non avrebbe mai immaginato di volere così tanto una vita familiare.

Si alzò dalla sedia per dirigersi in cucina. Sara era girata: preparava l’impasto dei pancake, con lo sguardo perso al di fuori della finestra di fronte a lei. Sul volto aveva un tenero sorriso. Tom sapeva che quel sorriso era dovuto a lui, sapeva che finalmente lei era felice. E questo lo rendeva pieno di gioia. Sentiva il desiderio di proteggerla da tutto ciò che potesse farle del male, voleva renderla felice in ogni modo possibile. Ma soprattutto, voleva dimostrarle il profondo amore che provava per lei in ogni momento della sua giornata. La raggiunse da dietro, stringendole la vita tra le sue braccia e beandosi dell’odore buono dei suoi capelli vaporosi. La sentì sussultare dalla sorpresa e rilassarsi subito dopo. Appoggiò le sue graziose mani su quelle possenti di lui, lasciandosi stringere con amore. Sorrise, osservando le loro mani intrecciate.

Tom accarezzò il suo esile collo con le labbra, provocandole piacevoli brividi sulla schiena. La voltò per poterla guardare in viso. Le accarezzò una guancia e, avvicinandola a sé con la mano dietro alla nuca di lei, la baciò dolcemente e a lungo. Le sue labbra erano così dolci e morbide. Non ne aveva mai abbastanza, credeva di poterla baciarla per ore. Sara si lasciò trasportare e, mettendosi in punta di piedi per raggiungerlo meglio, si abbandonò al piacere di quel bacio, mentre con una mano accarezzava la calda pelle di lui, da sotto la maglietta. Tom avrebbe voluto staccarsi, pensava ai bambini a pochi metri da loro. Ma era come se una potentissima forza immaginaria lo tenesse incollato alle sue umide labbra rosse. La voce dei bambini li riportò nel presente e, controvoglia, interruppero quel meraviglioso contatto. Si sorrisero, quasi con imbarazzo per non essere riusciti a staccarsi.

-Vai a sederti, finisco io di preparare- le disse con dolcezza. Sara gli domandò se era sicuro e lui rispose che si meritava un po’ di riposo dal suo ruolo. Lei ne fu grata e, per una volta, si sedette attendendo che qualcun altro preparasse la colazione. Tom mise l’impasto a cuocere e, nel frattempo, versò del caffè per loro e per Bill, porgendolo alla ragazza.

-Cosa voleva David?- domandò la ragazza, con curiosità. Tom alzò gli occhi al cielo.

-I giornalisti ci reclamano. Tra poco dobbiamo andare a fare un’intervista, piccola- Sara sbuffò, contrariata.

-Senza nemmeno un minimo di preavviso? Io volevo passare la giornata con te- rispose, affranta. Tom sorrise, intenerito, e si sporse verso di lei per baciarle la fronte.

-Appena avremo finito, tornerò di corsa da te- Sara lo trovava così dolce. –E ho chiamato Marlene. Ti darà una mano con i bambini e metterà un po’ in ordine- continuò lui, mettendo i primi pancake su un piatto. Lei sorrise di nuovo. Richiamò i figli a tavola e pose il piatto davanti alla ragazza, che lo ringraziò.

-Bill, muoviti se vuoi il caffè. Altrimenti me lo bevo io!- urlò, infine, al fratello che arrivò velocemente. Mentre questi facevano colazione, il campanello suonò. David andò ad aprire, sapendo già chi fosse. Georg e Gustav entrarono in casa, entrambi portavano un cappellino calcato sul viso e gli occhiali da sole, che si tolsero all’entrata.

-Ragazzi, che facce avete!- esclamò Sara.

-Beh, con un manager che ti tira su dal letto, tempestando il telefono di chiamate, e avvertendoti che devi fare un’intervista…- si lamentò, il piastrato.

-Tom, da quando fai il casalingo?- continuò, Gustav ridacchiando. Sara rise e si alzò.

-Mi stava solo aiutando- disse, poi si rivolse al moro, -Parla pure con loro, continuo io- Tom tentò di protestare, ma lei lo cacciò dai fornelli. Quindi, continuò a preparare i pancake, che poi porse ai due nuovi arrivati. Mentre poggiava i piatti sul tavolo, Tom le afferrò i fianchi e la posizionò sulle sue ginocchia. Sara rise, tentando di liberarsi, ma il ragazzo era deciso a tenerla su di sé.

-Tom! Devo andare dai bambini!- continuò, ridendo. Lui la zittì con un bacio e poi le disse di lasciarli guardare la tv in pace. Ora, in quella casa le risate riecheggiavano come non accadeva da molto.

-L’intervista è prevista per mezzogiorno. Quindi alle dieci dovete essere nella limousine, belli, puliti e pronti a sfoderare il meglio di voi- i ragazzi non sembrarono entusiasti, ma a loro non dispiaceva tornare in quel mondo. David si voltò verso la ragazza, accoccolata tra le braccia di Tom.

-Tranquilla, dolcezza. Te lo riporto appena finiamo- Sara era sorridente come non lo era da molto tempo.

Un’ora dopo, i ragazzi erano pronti, bellissimi come sempre, e si avviarono alla porta. Marlene arrivò mentre loro erano intenti ad uscire. La donna si lanciò ad abbracciare la ragazza, felicissima che i due si fossero riappacificati, poi salutò calorosamente i bambini e li portò in salotto dopo aver consegnato loro due pupazzi.

Tom andò in salotto, salutò i suoi figli e chiese loro di guardarlo in tv. Poi tornò all’entrata, dove Sara lo stava aspettando. Lui indossò gli occhiali da sole e allungò le braccia al muro, intrappolando la ragazza.

-Stai benissimo- gli disse lei, incantandosi ad osservarlo. Gli sistemò il colletto della camicetta mentre lui non smetteva di fissarla, sorridendo.

-Tom, devi andare- ridacchiò lei. Lui le sorrise e la baciò con passione. Mentre le mani di lei stringevano la nuca di lui, le sue braccia la sollevarono. Strinse le gambe intorno alla sua vita, lasciando che la propria schiena aderisse al freddo muro. Le mani vagavano sui loro corpi e le loro bocche si bramavano, sempre più passione annebbiava la loro mente. Il forte rumore di un clacson li fece bloccare. Sorrisero l’uno sulle labbra dell’altro, con gli occhi ancora chiusi.

-Torno presto, piccola mia- le disse, schioccandole baci leggeri più volte.

-Sarà meglio per te- rispose lei, mordendosi il labbro con malizia. Tom sorrise, rimettendola in piedi. La salutò e scappò in macchina, scusandosi per il ritardo.

***

 

La mora accese la tv, sedendosi sul divano insieme ai figli, aspettando che l’intervista cominciasse. Marlene stava pulendo i pavimenti e Sara le domandò se volesse sedersi lì con lei ad assistere.

-Oh cara, ti ringrazio. Ma i ragazzi mi pagano per aiutarti con la casa, non per stare seduta sul divano- rispose, cordialmente. Sara, però, non demorse e insistette perché si prendesse una pausa. La donna si convinse quando la televisione mostrò la band. I bambini urlarono entusiasti, con il faccino appiccicato allo schermo. Gli urli delle fan erano così acuti da costringerla ad abbassare il volume. I ragazzi sembravano raggianti e lei era contenta di vederli felici. Tom era meraviglioso. Il suo sorriso era spettacolare e lei aveva occhi solo per lui. Un pizzico di gelosia attanagliava il suo stomaco a vedere tutte quelle ragazze urlare per lui. Poi scosse la testa con un sorriso, sono le altre che dovrebbero essere gelose di lei che poteva averlo.  La donna cominciò annunciandoli e ricordando il loro album. Finalmente cominciarono le domande, le quali per la maggior parte vertevano intorno al tour e alle date. Sara sbadigliò: sempre le stesse cose. A un certo punto, una domanda attirò velocemente l’attenzione della ragazza. La donna si voltò verso Tom e le domandò della sua carriera da Sexgott. Sara si mise a sedere con più attenzione. Tom sorrise abbassando lo sguardo, divertito, poi lo rialzò verso la donna.

-Non c’è più nessun Sexgott- la donna sembrò sorpresa. Balbettò per qualche secondo, presa alla sprovvista.

-Come nessun Sexgott?- quella domanda sembrò uscirle d’istinto, per la sorpresa. Tom sorrise di nuovo, scuotendo il capo. –E come mai hai abbandonato questo ruolo, Tom?- continuò.

- Perché ho già tutto ciò di cui ho bisogno- rispose, con un grande sorriso. Bill si voltò verso il fratello, stupito dalla risposta sincera. La donna si accigliò. A quanto pareva non si aspettava assolutamente una notizia simile.

-Cioè, Tom, ci stai dicendo che hai una ragazza?-

-No- Sara rimase di stucco, mentre il suo cuore accelerava i battiti; -Non ho una ragazza qualsiasi. Ho la ragazza migliore del mondo-

A quella risposta, il suo cuore sembrò esplodere dalla felicità.

-Oh, questa sì che è una notizia. Il Sexgott è impegnato ormai! Ma questo non avrà a che fare con la tua ragazza dei tempi?- lui sorrise, compiaciuto. Si sentiva quasi sollevato nel poter dichiarare il suo stato di ragazzo fidanzato. Era come se dicesse: “Ora sono una persona seria. Sono cresciuto e sono innamorato. Voglio annunciare il mio amore a tutto il mondo”.

-Sì. È sempre lei, l’unica donna della mia vita- Sara si lasciò scivolare sul divano, con l’espressione più ebete che potesse assumere. Non si sentiva così da quando si era innamorata di lui, all’inizio. Le sembrava di librarsi nell’aria. Marlene le diede un buffetto affettuoso, contenta quanto lei.

-Le tue fan saranno molto gelose- ma Tom non diede peso a quell’affermazione. Era così felice di aver annunciato al mondo le sue intenzioni serie che non gli importava di nient’altro. Bill e i ragazzi si spartirono le altre domande, Tom non aprì più bocca. Per il resto dell’intervista rimase in silenzio, con un sorriso felice stampato in volto.

***

 

-Mami, cota fai?- domandò il bimbo. Sara gli lanciò la guanciotta paffuta.

Volteggiava per la stanza con il figlio in braccio, imitando un valzer e canticchiando una musichetta. Kristel e Marlene erano in giardino: la donna spingeva la bimba sull’altalena. La ragazza uscì continuando a ballare con Christian in braccio.

-Marlene, mi guarderesti le pesti mentre esco a prendere delle cose?- domandò, canticchiando. La donna sorrise, scuotendo la testa.

-Certo, cara. Attenta a sorridere così tanto, ti si paralizza la faccia- Sara ridacchiò e posò il bimbo per terra, che corse a giocare. Si infilò gli stivaletti, gli occhiali da sole, prese la borsa e uscì, avviandosi a piedi verso il più vicino centro commerciale. Il giorno dopo, sarebbe stato il compleanno dei bambini. Voleva comprare loro un regalo. Estrasse le cuffiette dalla borsa, infilandosele nelle orecchie e facendo partire le ultime canzoni dell’album. Era così contenta. Ora la sua famiglia era al completo. Osservò il cielo azzurro, sorridendo sorniona. Niente avrebbe potuto metterla di cattivo umore quel giorno.

 

***

 

Uscì soddisfatta da un negozio per bambini, con due sacchetti tra le mani. A Kristel aveva preso un peluche di Olaf, il dolce pupazzo di neve del cartone Disney “Frozen”, che poteva anche dire le frasi più famose del personaggio. Lei lo avrebbe adorato. A Christian, invece, aveva preso un modellino telecomandato di un Audi R8, uguale a quella del padre. Era contenta, loro sarebbero stati molto felici dei regali. Ad un tratto, si era sentita leggermente a disagio. Aveva l’impressione che la gente la stesse osservando, ma poi scosse la testa credendo che fosse una sua impressione. Man mano che girava per il centro commerciale, quella sensazione aumentava di intensità, ma lei non riusciva a spiegarsi la ragione. Preoccupata, cominciò ad avviarsi verso l’uscita. Quella sensazione non le piaceva. Non riusciva a spiegarsela e non era sicura se derivasse dalla sua testa o se fosse fondata. Eppure qualcosa le suggeriva di uscire velocemente da quel posto e tornare a casa. Aumentò il passo, mentre di tanto in tanto lanciava occhiate alle sue spalle. Quando però girò l’angolo, quella sensazione si tramutò in certezza: quattro ragazze la seguivano da quando era uscita dal centro commerciale. Non ebbe il tempo di distinguere il rumore dei passi di qualcuno che corre che si ritrovò con la schiena al muro. Le ragazze la circondarono. Era così frastornata che nemmeno assimilò la situazione, non capiva cosa stesse succedendo. Quelle si misero a ridere.

-Così tu sei la famosa ragazza di Tom, giusto?- Sara era sempre più confusa, si chiedeva cosa volessero da lei. Non le aveva nemmeno mai viste.

-Non sei cambiata molto da allora e non sei nemmeno questa gran bellezza, cosa ci troverà Tom in te?- la mora aggrottò le sopracciglia.

-Magari se le sfiguriamo questo bel visino, Tom la lascerà- allora cominciò a capire. Quelle ragazze la stavano davvero minacciando solo perché era la ragazza di Tom? Mentre quella consapevolezza cominciava a impadronirsi di lei, ebbe paura. Temeva che quelle ragazze potessero farle del male.

-Facciamo così- continuò una di loro, -Tu stai lontana da Tom, lasci che lui torni ad essere il nostro amato Sexgott, e noi la finiamo qua. Altrimenti, sappiamo dove si trova la casa dei Kaulitz, quindi possiamo rintracciarti facilmente- Sara rimase in silenzio, spaventata. Il suo primo pensiero andò ai bambini, ora che il mondo sapeva, doveva stare attenta a lasciarli uscire in giardino da soli. Almeno questo, preferiva non si sapesse. Una di loro si alterò, vedendo che lei non rispondeva, e le afferrò i capelli sciolti, tirandoli verso il basso.

-Stiamo parlando con te! Hai capito o sei stupida?- strillò. Sara gemette, strizzando gli occhi.

-Okay, ragazze, ora basta. Non esagerate- esclamò una, cercando di calmare l’amica che le teneva i capelli.

-Ha ragione! Rachel, dovevamo solo spaventarla- continuò un’altra. Sara guardava quella attaccata ai suoi capelli, senza dire nulla, per non darle soddisfazione. Quest’ultima, allora, mollò la presa con uno strattone, sbuffando.

-Ricordati quello che ti ho detto, stupida puttanella- le intimò. Prima di andarsene, le fece cadere i sacchetti con i regali dalle mani e, finalmente, ridendo se ne andarono. Sara allora si lasciò uscire un singhiozzo. Con la schiena appoggiata al muro, si lasciò scivolare sull’asfalto. Non versò una lacrima. Raccolse il pupazzo di Olaf che era uscito dal sacchetto quando questo era caduto atterra. Lo prese in mano e lo colpì un paio di volte, per assicurarsi che non si fosse sporcato. Poi lo ripose nel sacchetto. L’occhio destro le doleva. Se lo sfiorò con l’indice e notò del sangue. Doveva averla graffiata e colpita mentre le afferrava i capelli. Sbuffò, preoccupandosi di come avrebbe giustificato quei graffi. Soprattutto con i bambini. Si infilò gli occhiali da sola per coprire i segni e si alzò, decidendo di raggiungere casa velocemente, per evitare altri spiacevoli incontri. Non era spaventata dall’accaduto, più che altro era scossa. Ne aveva passate così tante che ormai poche erano le cose che potevano spaventarla. Ringraziò, piuttosto, che Tom avesse invitato a casa Marlene, perché se avesse avuto dietro i figli e quelle ragazze avessero fatto loro qualcosa, non se lo sarebbe mai perdonato. Immersa nei suoi pensieri, quasi non si accorse di essere arrivata a casa. Imprecò mentalmente, notando la limousine parcheggiata nel vialetto esterno. Si sistemò meglio gli occhiali da sole e varcò la soglia di casa, sfoderando il suo migliore sorriso. I ragazzi erano nel giardino, li sentiva parlare. Pensò di approfittarne per scappare di sopra a coprire i segni con il trucco, ma a quanto pare Tom la aspettava in salotto poiché non fece in tempo a salire il primo scalino che subito se lo trovò dietro.

-Piccola, dove sei stata? Mi hai fatto preoccupare- esclamò, prendendola tra le braccia.

-Tom! Mi hai spaventato, non ti avevo visto- rispose lei, con il cuore che rimbombava. Il ragazzo le prese il viso tra le mani e le baciò le labbra. Sara fece una smorfia, mentre le mani di Tom sfioravano il suo zigomo destro.

-Che hai qua?- domandò, prendendole un sacchetto e accompagnandola di sopra. Sara sorrise e tirò fuori i regali dei bambini dai sacchetti.

-Ne saranno entusiasti!- continuò lui, con un grande sorriso. Entrarono nella camera della ragazza e nascosero i sacchetti sopra l’armadio. Tom si avvicinò a lei, allacciandole la stretta vita.

-Allora? Non mi dici niente dell’intervista?- domandò.

-Beh, ti dico che sei stato dolcissimo- rispose, baciandogli le labbra.

-E?- continuò lui, sorridendo e facendo sorridere anche lei.

-E ti amo da impazzire- Tom sorrise di nuovo. Poi le baciò le labbra, accarezzandole la guancia. Le scappò un’altra smorfia, che attirò l’attenzione di Tom.

-Ehi, cos’hai?- le chiese, preoccupato. Sara finse un sorriso per rassicurarlo e rispose che aveva un po’ di mal di testa. Ma Tom non sembrò convinto e la osservò con espressione corrucciata.

-Perché non ti togli gli occhiali? Siamo in casa- continuò, prendendole gli occhiali e tentando di levarglieli. Ma lei reagì istintivamente, portando la mano sulla sua nel tentativo di bloccarla.

-Sara, che succede?- domandò, sempre più preoccupato. La ragazza sospirò e lasciò che lui le togliesse gli occhiali da sole. Gli occhi del ragazzo si spalancarono.

-Che accidenti hai fatto?- quasi urlò. Sara abbassò il volto, intimidita, ma lui glielo sollevò con la mano per osservarla meglio. Le sfiorò lo zigomo con delicatezza, provocandole un gemito. Poi la prese per le spalle e la accompagnò di sotto.

-Andiamo a metterci del ghiaccio- disse. La fece sedere al tavolo della cucina, prese dei cubetti di ghiaccio dal freezer, li arrotolò in un asciugamano e lo poggiò delicatamente sullo zigomo della ragazza. Poi si sedette accanto a lei e le prese la mano libera, stringendola tra le sue.

-Piccola, cos’è successo?- le chiese. La sua voce era molto preoccupata. Sara sospirò abbassando lo sguardo.

-Delle vostre fan mi hanno minacciata- sussurrò. Tom rimase sbalordito. Le domandò di ripetere perché credeva di aver capito male. Allora lei gli raccontò cos’era accaduto in quel vicolo. Lui era incredulo. Alla fine del discorso, senza dire nulla, sbatté un pugno sul tavolo, facendo sussultare la ragazza.

-Scusa, non volevo spaventarti- esclamò, accarezzandole i capelli. Poi le tirò un braccio, accompagnandola sulle sue gambe, per poterla stringere.

-Mi dispiace così tanto- soffiò con un fil di voce. Ma lei scrollò la testa, prendendogli il viso tra le mani.

-Stai tranquillo, non è nulla. La mia paura più grande era pensare a cosa sarebbe successo se non ci fosse stata Marlene e fossi uscita con i bambini- Tom la guardò spaventato, probabilmente non ci aveva pensato.

-Ti avevo promesso che ti avrei lasciato fuori da questo mondo. Dovevo essere lì, a proteggerti- sussurrò, mortificato. Ma lei scosse la testa, lasciandogli un bacio, e lo rassicurò dicendo che non poteva saperlo.

A quel punto, si alzò di colpo, dirigendo la ragazza in giardino dagli altri.

-David- chiamò il ragazzo. Tutti i presenti si voltarono verso di loro. Marlene si catapultò da lei, preoccupata.

-Oh tesoro, ma che ti è successo?- Sara sorrise.

-Non preoccuparti, Marlene. Sto bene, non è niente- la donna la obbligò a sedersi mentre lei tentava di convincerla che stesse bene.

-Chi diavolo è stato?- strillò Bill. Tom si fermò davanti a David, irato.

-Delle nostre cosiddette “fan”. L’hanno minacciata e le hanno messo le mani addosso. David, questo non doveva succedere. Né lei né i bambini devono essere coinvolti in cose del genere. Cosa sarebbe successo se lei fosse uscita con i gemelli?- asserì il chitarrista, fuori di sé. I ragazzi tentarono di calmarlo.

-Hai ragione, Tom. Queste cose non dovrebbero accadere. La affiderò a delle guardie del corpo. La seguiranno da lontano per non invadere il suo spazio. Alzeremo la recinzione in giardino e faremo in modo che non si veda dentro, così i bambini potranno uscire a giocare lo stesso. Ogni volta che lei uscirà, non sarà sola, delle guardie del corpo andranno con lei. E vedrò se posso fare una denuncia. Inoltre ne parlerò con la stampa- Tom pensava non fosse abbastanza. Era troppo alterato per passare sopra alla cosa. Lei era la sua famiglia, lui doveva proteggerla.

 

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Tokio Hotel / Vai alla pagina dell'autore: _Lollipop_