Capitolo 16: Family
-Mami!- una vocina acuta e urlante
entrò nella stanza,
facendo sbattere la porta al muro. Sara grugnì, spingendo la
testa tra i
cuscini. Pensò che la voce acuta della figlia fosse peggio
della sveglia. La
bimba gonfiò le guanciotte rosate, contrariata, battendo i
piedini sul parquet.
Tirò il lenzuolo della madre verso sé, ma questa
non batté ciglio. Allora la
piccola, sempre più contrariata, si arrampicò
sulla ragazza, sedendosi sulla
sua schiena e saltellando. Sara grugnì di nuovo.
-Amore- bofonchiò, da
sotto il cuscino; -Tua figlia è
sveglia- Tom si tirò le coperte sopra la testa. Avrebbe
dormito per tutto il
giorno, se avesse potuto. Oltretutto, era domenica.
-Prima delle nove di mattina,
è tua figlia- continuò lui con
voce assonnata. Sara sorrise, con la testa ancora tra i cuscini.
-Mami! Svegliati!- la bimba si
abbassò all’altezza del volto
della madre, toccandole la guancia con il dito. Vedendo che questa non
reagiva,
le sollevò le palpebre e si mise nel suo campo visivo. Sara
sbuffò, ridendo per
la sua espressione buffa.
-Che vuoi, piccola rompiscatole?-
chiese con voce ovattata.
-Mami, alzati. Sonnano alla polta!-
Sara ci mise qualche
secondo a capire cosa volesse dire la bambina. Quando intese, si
alzò
velocemente e scosse il ragazzo che teneva ancora la testa sotto il
cuscino.
-Tom, alzati. Cercheranno voi- disse
e cominciò a sistemarsi
la canotta e i pantaloncini del pigiama. Il braccio di Tom si
allungò verso di
lei, afferrando il suo polso e tirandola a sé, sul letto.
Lei fece resistenza,
ridendo, ma fu inutile e si ritrovò tra le braccia del
ragazzo.
- Tom!- lo rimproverò,
riuscendo finalmente a liberarsi con
un sorriso divertito. Il ragazzo si voltò verso la figlia,
sollevando di poco
il viso dal cuscino.
-Senti bionda, perché non
vai a tirare su dal letto tuo
zio?- Kristel gonfiò le guanciotte e incrociò le
braccine al petto, inarcando
le fini sopracciglia. Sara alzò gli occhi al cielo,
sorridendo. Diede una pacca
al ragazzo e ritornò in piedi, correndo alla porta. La bimba
intanto osservava
il padre, tornato sotto le coperte.
-Papi, alzati dai!- lo prese per il
braccio, sforzandosi di
tirarlo su. Tom sorrise, tirando il viso fuori dai cuscini e
guardandola. Gli
faceva una gran tenerezza. Afferrò il suo esile braccino e
la trascinò sul
letto insieme a lui, aiutandosi con l’altro braccio, con il
quale le allacciò
la schiena. Lei rise calorosamente mentre il padre la sistemava sopra
di sé.
-Mi hai svegliato, adesso ti faccio
vedere io!- rise. Alzò
la canotta del pigiama della figlia sopra la pancia, la
sollevò verso sé e le
fece delle lunghe e rumorose pernacchie. La bimba rideva, dimenandosi,
sotto
l’effetto del solletico, facendo ridere anche lui.
-Batta papi, batta!- urlò,
annaspando tra le risate.
-Ti è bastato?- sorrise,
fermando le pernacchie. Kristel
annuì, senza smettere di ridere.
-Se vuoi che smetto devi darmi un
grande bacio- continuò,
picchiettandosi il dito sulla guancia. La bimba si lanciò su
di lui,
aggrappandosi come una scimmietta, e gli schioccò un
rumoroso bacio. Tom
continuò a stringerla a sé e ricambiò
il bacio della piccola.
-Papà?- chiamò
lei, ancora nella sua stretta. Ebbe un
sussulto, sentendo quell’appellativo, e sorrise contento.
-Dimmi, principessa-
-Tu te ne andrai via ancora?- chiese,
esitante, portandosi
un ditino alle labbra e scrutando il padre. Tom la guardò
accigliato.
-Perché dovrei andare via,
piccola?-
-Perché prima non
c’eri- rispose, con la schiettezza e
l’innocenza di una bambina. Il cuore di Tom si strinse. Aveva
la sensazione che
qualcuno gli avesse infilato la mano nel petto e gli stesse stringendo
il
cuore. Un groppone gli si formò in gola. Si
sistemò meglio a sedere sul
materasso, pose la bambina sulle sue gambe e le accarezzò il
volto chiaro.
-Mi dispiace di non esserci stato
prima, piccola. Ma ora
sono qui e ti prometto che non ti lascerò mai
più. Capito?- Kristel continuava
a guardarlo in volto, come a volersi assicurare che lui stesse dicendo
la
verità. Infine annuì e allungò il
mignolo davanti al padre, il quale la osservò
confuso. Poi capì e intrecciò il suo mignolo con
quello della figlia. Lei si
alzò e traballò fino a stringerlo di nuovo. Lui
combatté per trattenere le
lacrime; -Ti voglio bene, piccolina- sussurrò.
-Ti voglio bene, papà-
appoggiò la testa sulla sua spalla e
si sedette in braccio a lui, lasciandosi cullare nel caldo abbraccio
del padre
che aveva tanto desiderato.
-Tom, scendi! È David!-
l’urlo della ragazza arrivò fino
alla camera. A sentir quel nome, il ragazzo scattò in piedi,
afferrando al volo
la figlia e posandosela in braccio. Corse verso la camera del fratello,
imitando il suono della tromba. La figlia lo osservò
incuriosita e poi lo
imitò.
-Tom, sparisci o ti uccido-
bofonchiò tra i cuscini.
-Tio Bill, alzati dai!-
strillò, la nipote.
-Ora capisco da chi hanno preso i
tuoi figli- continuò, con
voce ovattata.
-PAPPARAPPAPAPA! Forza in piedi,
soldato!- Bill infilò la
testa sotto il cuscino, afferrò quello a fianco e lo
tirò al gemello. Tom lo
evitò e si caricò la bimba sulle spalle,
reggendola per le gambine. Kristel unì
le manine davanti alla bocca, continuando il suono della tromba.
-Tio, Bill! Fozza, azzati!- Bill
strinse più forte il
cuscino sulle orecchie; -C’è David!-
urlò, infine.
Bill strabuzzò gli occhi e
saltò giù dal letto. Imprecò,
inciampando nelle proprie ciabatte, e si infilò una
maglietta bianca in corsa,
per poi catapultarsi sulle scale per il piano inferiore, mentre Tom lo
seguiva
continuando a tenere la bimba.
David era seduto al tavolo della sala
da pranzo. Con davanti
una tazza di caffè, parlava con Sara, e la ringraziava per
la bevanda.
-Eccomi, eccomi!- urlò il
vocalist, mentre raggiungeva la
cucina, tenendosi il fianco. David aggrottò le sopracciglia,
osservandolo.
-Hai un aspetto terribile-
sentenziò. Sara scoppiò a ridere
e Bill assunse un’espressione offesa, sedendosi al tavolo con
loro. Tom intanto
fece il suo ingresso nel salotto, raggiungendo Christian, il quale
guardava la
tv con grande concentrazione. Afferrò anche lui, che
scoppiò a ridere, gli
diede qualche bacino e, poi, portò entrambi i bambini nella
sala.
-Buongiorno Tom, ti vedo di buon
umore- il ragazzo ricambiò
il saluto e lasciò atterra i piccoli.
-Forza amori miei, andiamo in cucina
e lasciamo parlare di
lavoro questi uomini- la ragazza si alzò, prese per mano i
bambini e li
accompagnò in cucina per fare colazione.
-Allora ragazzi- cominciò
il manager, -Ho un’intervista
urgente da farvi fare e sono qui apposta per chiedervi se la preferite
fare
oggi o domani- Bill sbuffò, controllando l’ora.
-Assolutamente domani. Oggi
è domenica- rispose poi. Tom non
fu d’accordo.
-No, Bill. Facciamola oggi! Domani
è il compleanno dei
gemelli!- Bill sbuffò di nuovo, strofinandosi la mano sul
viso. Poi allargò le
braccia.
-Eh va bene, facciamola oggi- David
ne fu sollevato e prese
il cellulare, così da avvertire anche Georg e Gustav.
-Ah, ragazzi. State pensando al tour?
Dobbiamo mettere giù
un calendario. Non vi ricordate più come funziona questa
vita?-
-David, ma proprio di domenica
dobbiamo parlare di queste
cose?- si lamentò Tom. Pensare al tour lo infastidiva. Non
voleva pensare di
dover abbandonare la sua famiglia per molti mesi. Le sue
priorità erano
cambiate. Ora, Sara e i bambini erano al primo posto. Non avrebbe
abbandonato
la band per nessuna ragione, eppure quegli impegni ormai gli sembravano
così
futili. Avrebbe voluto passare più tempo possibile con la
sua famiglia. E si
stupì di quei pensieri: non avrebbe mai immaginato di volere
così tanto una
vita familiare.
Si alzò dalla sedia per
dirigersi in cucina. Sara era
girata: preparava l’impasto dei pancake, con lo sguardo perso
al di fuori della
finestra di fronte a lei. Sul volto aveva un tenero sorriso. Tom sapeva
che
quel sorriso era dovuto a lui, sapeva che finalmente lei era felice. E
questo
lo rendeva pieno di gioia. Sentiva il desiderio di proteggerla da tutto
ciò che
potesse farle del male, voleva renderla felice in ogni modo possibile.
Ma
soprattutto, voleva dimostrarle il profondo amore che provava per lei
in ogni
momento della sua giornata. La raggiunse da dietro, stringendole la
vita tra le
sue braccia e beandosi dell’odore buono dei suoi capelli
vaporosi. La sentì
sussultare dalla sorpresa e rilassarsi subito dopo. Appoggiò
le sue graziose
mani su quelle possenti di lui, lasciandosi stringere con amore.
Sorrise,
osservando le loro mani intrecciate.
Tom accarezzò il suo esile
collo con le labbra, provocandole
piacevoli brividi sulla schiena. La voltò per poterla
guardare in viso. Le
accarezzò una guancia e, avvicinandola a sé con
la mano dietro alla nuca di
lei, la baciò dolcemente e a lungo. Le sue labbra erano
così dolci e morbide.
Non ne aveva mai abbastanza, credeva di poterla baciarla per ore. Sara
si
lasciò trasportare e, mettendosi in punta di piedi per
raggiungerlo meglio, si
abbandonò al piacere di quel bacio, mentre con una mano
accarezzava la calda
pelle di lui, da sotto la maglietta. Tom avrebbe voluto staccarsi,
pensava ai
bambini a pochi metri da loro. Ma era come se una potentissima forza
immaginaria lo tenesse incollato alle sue umide labbra rosse. La voce
dei
bambini li riportò nel presente e, controvoglia,
interruppero quel meraviglioso
contatto. Si sorrisero, quasi con imbarazzo per non essere riusciti a
staccarsi.
-Vai a sederti, finisco io di
preparare- le disse con
dolcezza. Sara gli domandò se era sicuro e lui rispose che
si meritava un po’
di riposo dal suo ruolo. Lei ne fu grata e, per una volta, si sedette
attendendo che qualcun altro preparasse la colazione. Tom mise
l’impasto a
cuocere e, nel frattempo, versò del caffè per
loro e per Bill, porgendolo alla
ragazza.
-Cosa voleva David?-
domandò la ragazza, con curiosità. Tom
alzò gli occhi al cielo.
-I giornalisti ci reclamano. Tra poco
dobbiamo andare a fare
un’intervista, piccola- Sara sbuffò, contrariata.
-Senza nemmeno un minimo di
preavviso? Io volevo passare la
giornata con te- rispose, affranta. Tom sorrise, intenerito, e si
sporse verso
di lei per baciarle la fronte.
-Appena avremo finito,
tornerò di corsa da te- Sara lo
trovava così dolce. –E ho chiamato Marlene. Ti
darà una mano con i bambini e
metterà un po’ in ordine- continuò lui,
mettendo i primi pancake su un piatto.
Lei sorrise di nuovo. Richiamò i figli a tavola e pose il
piatto davanti alla
ragazza, che lo ringraziò.
-Bill, muoviti se vuoi il
caffè. Altrimenti me lo bevo io!-
urlò, infine, al fratello che arrivò velocemente.
Mentre questi facevano
colazione, il campanello suonò. David andò ad
aprire, sapendo già chi fosse.
Georg e Gustav entrarono in casa, entrambi portavano un cappellino
calcato sul
viso e gli occhiali da sole, che si tolsero all’entrata.
-Ragazzi, che facce avete!-
esclamò Sara.
-Beh, con un manager che ti tira su
dal letto, tempestando
il telefono di chiamate, e avvertendoti che devi fare
un’intervista…- si
lamentò, il piastrato.
-Tom, da quando fai il casalingo?-
continuò, Gustav
ridacchiando. Sara rise e si alzò.
-Mi stava solo aiutando- disse, poi
si rivolse al moro, -Parla
pure con loro, continuo io- Tom tentò di protestare, ma lei
lo cacciò dai
fornelli. Quindi, continuò a preparare i pancake, che poi
porse ai due nuovi
arrivati. Mentre poggiava i piatti sul tavolo, Tom le
afferrò i fianchi e la
posizionò sulle sue ginocchia. Sara rise, tentando di
liberarsi, ma il ragazzo
era deciso a tenerla su di sé.
-Tom! Devo andare dai bambini!-
continuò, ridendo. Lui la
zittì con un bacio e poi le disse di lasciarli guardare la
tv in pace. Ora, in
quella casa le risate riecheggiavano come non accadeva da molto.
-L’intervista è
prevista per mezzogiorno. Quindi alle dieci
dovete essere nella limousine, belli, puliti e pronti a sfoderare il
meglio di
voi- i ragazzi non sembrarono entusiasti, ma a loro non dispiaceva
tornare in
quel mondo. David si voltò verso la ragazza, accoccolata tra
le braccia di Tom.
-Tranquilla, dolcezza. Te lo riporto
appena finiamo- Sara
era sorridente come non lo era da molto tempo.
Un’ora dopo, i ragazzi
erano pronti, bellissimi come sempre,
e si avviarono alla porta. Marlene arrivò mentre loro erano
intenti ad uscire.
La donna si lanciò ad abbracciare la ragazza, felicissima
che i due si fossero
riappacificati, poi salutò calorosamente i bambini e li
portò in salotto dopo
aver consegnato loro due pupazzi.
Tom andò in salotto,
salutò i suoi figli e chiese loro di
guardarlo in tv. Poi tornò all’entrata, dove Sara
lo stava aspettando. Lui indossò
gli occhiali da sole e allungò le braccia al muro,
intrappolando la ragazza.
-Stai benissimo- gli disse lei,
incantandosi ad osservarlo. Gli
sistemò il colletto della camicetta mentre lui non smetteva
di fissarla,
sorridendo.
-Tom, devi andare-
ridacchiò lei. Lui le sorrise e la baciò
con passione. Mentre le mani di lei stringevano la nuca di lui, le sue
braccia
la sollevarono. Strinse le gambe intorno alla sua vita, lasciando che
la
propria schiena aderisse al freddo muro. Le mani vagavano sui loro
corpi e le
loro bocche si bramavano, sempre più passione annebbiava la
loro mente. Il
forte rumore di un clacson li fece bloccare. Sorrisero l’uno
sulle labbra
dell’altro, con gli occhi ancora chiusi.
-Torno presto, piccola mia- le disse,
schioccandole baci
leggeri più volte.
-Sarà meglio per te-
rispose lei, mordendosi il labbro con
malizia. Tom sorrise, rimettendola in piedi. La salutò e
scappò in macchina,
scusandosi per il ritardo.
***
La mora accese la tv, sedendosi sul
divano insieme ai figli,
aspettando che l’intervista cominciasse. Marlene stava
pulendo i pavimenti e
Sara le domandò se volesse sedersi lì con lei ad
assistere.
-Oh cara, ti ringrazio. Ma i ragazzi
mi pagano per aiutarti
con la casa, non per stare seduta sul divano- rispose, cordialmente.
Sara,
però, non demorse e insistette perché si
prendesse una pausa. La donna si convinse
quando la televisione mostrò la band. I bambini urlarono
entusiasti, con il
faccino appiccicato allo schermo. Gli urli delle fan erano
così acuti da
costringerla ad abbassare il volume. I ragazzi sembravano raggianti e
lei era
contenta di vederli felici. Tom era meraviglioso. Il suo sorriso era
spettacolare e lei aveva occhi solo per lui. Un pizzico di gelosia
attanagliava
il suo stomaco a vedere tutte quelle ragazze urlare per lui. Poi scosse
la testa
con un sorriso, sono le altre che dovrebbero essere gelose di lei che
poteva
averlo. La donna
cominciò annunciandoli
e ricordando il loro album. Finalmente cominciarono le domande, le
quali per la
maggior parte vertevano intorno al tour e alle date. Sara
sbadigliò: sempre le
stesse cose. A un certo punto, una domanda attirò
velocemente l’attenzione
della ragazza. La donna si voltò verso Tom e le
domandò della sua carriera da
Sexgott. Sara si mise a sedere con più attenzione. Tom
sorrise abbassando lo sguardo,
divertito, poi lo rialzò verso la donna.
-Non c’è
più nessun Sexgott- la donna sembrò sorpresa.
Balbettò per qualche secondo, presa alla sprovvista.
-Come nessun Sexgott?- quella domanda
sembrò uscirle
d’istinto, per la sorpresa. Tom sorrise di nuovo, scuotendo
il capo. –E come
mai hai abbandonato questo ruolo, Tom?- continuò.
- Perché ho già
tutto ciò di cui ho bisogno- rispose, con un
grande sorriso. Bill si voltò verso il fratello, stupito
dalla risposta sincera.
La donna si accigliò. A quanto pareva non si aspettava
assolutamente una
notizia simile.
-Cioè, Tom, ci stai
dicendo che hai una ragazza?-
-No- Sara rimase di stucco, mentre il
suo cuore accelerava i
battiti; -Non ho una ragazza qualsiasi. Ho la ragazza migliore del
mondo-
A quella risposta, il suo cuore
sembrò esplodere dalla
felicità.
-Oh, questa sì che
è una notizia. Il Sexgott è impegnato
ormai! Ma questo non avrà a che fare con la tua ragazza dei
tempi?- lui
sorrise, compiaciuto. Si sentiva quasi sollevato nel poter dichiarare
il suo
stato di ragazzo fidanzato. Era come se dicesse: “Ora sono
una persona seria. Sono
cresciuto e sono innamorato. Voglio annunciare il mio amore a tutto il
mondo”.
-Sì. È sempre
lei, l’unica donna della mia vita- Sara si
lasciò scivolare sul divano, con l’espressione
più ebete che potesse assumere.
Non si sentiva così da quando si era innamorata di lui,
all’inizio. Le sembrava
di librarsi nell’aria. Marlene le diede un buffetto
affettuoso, contenta quanto
lei.
-Le tue fan saranno molto gelose- ma
Tom non diede peso a
quell’affermazione. Era così felice di aver
annunciato al mondo le sue
intenzioni serie che non gli importava di nient’altro. Bill e
i ragazzi si
spartirono le altre domande, Tom non aprì più
bocca. Per il resto
dell’intervista rimase in silenzio, con un sorriso felice
stampato in volto.
***
-Mami, cota fai?- domandò
il bimbo. Sara gli lanciò la
guanciotta paffuta.
Volteggiava per la stanza con il
figlio in braccio, imitando
un valzer e canticchiando una musichetta. Kristel e Marlene erano in
giardino:
la donna spingeva la bimba sull’altalena. La ragazza
uscì continuando a ballare
con Christian in braccio.
-Marlene, mi guarderesti le pesti
mentre esco a prendere
delle cose?- domandò, canticchiando. La donna sorrise,
scuotendo la testa.
-Certo, cara. Attenta a sorridere
così tanto, ti si
paralizza la faccia- Sara ridacchiò e posò il
bimbo per terra, che corse a
giocare. Si infilò gli stivaletti, gli occhiali da sole,
prese la borsa e uscì,
avviandosi a piedi verso il più vicino centro commerciale.
Il giorno dopo,
sarebbe stato il compleanno dei bambini. Voleva comprare loro un
regalo.
Estrasse le cuffiette dalla borsa, infilandosele nelle orecchie e
facendo
partire le ultime canzoni dell’album. Era così
contenta. Ora la sua famiglia
era al completo. Osservò il cielo azzurro, sorridendo
sorniona. Niente avrebbe
potuto metterla di cattivo umore quel giorno.
***
Uscì soddisfatta da un
negozio per bambini, con due
sacchetti tra le mani. A Kristel aveva preso un peluche di Olaf, il
dolce
pupazzo di neve del cartone Disney “Frozen”, che
poteva anche dire le frasi più
famose del personaggio. Lei lo avrebbe adorato. A Christian, invece,
aveva
preso un modellino telecomandato di un Audi R8, uguale a quella del
padre. Era
contenta, loro sarebbero stati molto felici dei regali. Ad un tratto,
si era
sentita leggermente a disagio. Aveva l’impressione che la
gente la stesse
osservando, ma poi scosse la testa credendo che fosse una sua
impressione. Man
mano che girava per il centro commerciale, quella sensazione aumentava
di
intensità, ma lei non riusciva a spiegarsi la ragione.
Preoccupata, cominciò ad
avviarsi verso l’uscita. Quella sensazione non le piaceva.
Non riusciva a
spiegarsela e non era sicura se derivasse dalla sua testa o se fosse
fondata.
Eppure qualcosa le suggeriva di uscire velocemente da quel posto e
tornare a
casa. Aumentò il passo, mentre di tanto in tanto lanciava
occhiate alle sue
spalle. Quando però girò l’angolo,
quella sensazione si tramutò in certezza:
quattro ragazze la seguivano da quando era uscita dal centro
commerciale. Non
ebbe il tempo di distinguere il rumore dei passi di qualcuno che corre
che si
ritrovò con la schiena al muro. Le ragazze la circondarono.
Era così
frastornata che nemmeno assimilò la situazione, non capiva
cosa stesse succedendo.
Quelle si misero a ridere.
-Così tu sei la famosa
ragazza di Tom, giusto?- Sara era
sempre più confusa, si chiedeva cosa volessero da lei. Non
le aveva nemmeno mai
viste.
-Non sei cambiata molto da allora e
non sei nemmeno questa
gran bellezza, cosa ci troverà Tom in te?- la mora
aggrottò le sopracciglia.
-Magari se le sfiguriamo questo bel
visino, Tom la lascerà-
allora cominciò a capire. Quelle ragazze la stavano davvero
minacciando solo
perché era la ragazza di Tom? Mentre quella consapevolezza
cominciava a
impadronirsi di lei, ebbe paura. Temeva che quelle ragazze potessero
farle del
male.
-Facciamo così-
continuò una di loro, -Tu stai lontana da
Tom, lasci che lui torni ad essere il nostro amato Sexgott, e noi la
finiamo
qua. Altrimenti, sappiamo dove si trova la casa dei Kaulitz, quindi
possiamo
rintracciarti facilmente- Sara rimase in silenzio, spaventata. Il suo
primo
pensiero andò ai bambini, ora che il mondo sapeva, doveva
stare attenta a
lasciarli uscire in giardino da soli. Almeno questo, preferiva non si
sapesse.
Una di loro si alterò, vedendo che lei non rispondeva, e le
afferrò i capelli
sciolti, tirandoli verso il basso.
-Stiamo parlando con te! Hai capito o
sei stupida?- strillò.
Sara gemette, strizzando gli occhi.
-Okay, ragazze, ora basta. Non
esagerate- esclamò una,
cercando di calmare l’amica che le teneva i capelli.
-Ha ragione! Rachel, dovevamo solo
spaventarla- continuò
un’altra. Sara guardava quella attaccata ai suoi capelli,
senza dire nulla, per
non darle soddisfazione. Quest’ultima, allora,
mollò la presa con uno strattone,
sbuffando.
-Ricordati quello che ti ho detto,
stupida puttanella- le
intimò. Prima di andarsene, le fece cadere i sacchetti con i
regali dalle mani
e, finalmente, ridendo se ne andarono. Sara allora si lasciò
uscire un
singhiozzo. Con la schiena appoggiata al muro, si lasciò
scivolare
sull’asfalto. Non versò una lacrima. Raccolse il
pupazzo di Olaf che era uscito
dal sacchetto quando questo era caduto atterra. Lo prese in mano e lo
colpì un
paio di volte, per assicurarsi che non si fosse sporcato. Poi lo ripose
nel
sacchetto. L’occhio destro le doleva. Se lo sfiorò
con l’indice e notò del
sangue. Doveva averla graffiata e colpita mentre le afferrava i
capelli.
Sbuffò, preoccupandosi di come avrebbe giustificato quei
graffi. Soprattutto
con i bambini. Si infilò gli occhiali da sola per coprire i
segni e si alzò,
decidendo di raggiungere casa velocemente, per evitare altri spiacevoli
incontri. Non era spaventata dall’accaduto, più
che altro era scossa. Ne aveva
passate così tante che ormai poche erano le cose che
potevano spaventarla.
Ringraziò, piuttosto, che Tom avesse invitato a casa
Marlene, perché se avesse
avuto dietro i figli e quelle ragazze avessero fatto loro qualcosa, non
se lo
sarebbe mai perdonato. Immersa nei suoi pensieri, quasi non si accorse
di
essere arrivata a casa. Imprecò mentalmente, notando la
limousine parcheggiata nel
vialetto esterno. Si sistemò meglio gli occhiali da sole e
varcò la soglia di
casa, sfoderando il suo migliore sorriso. I ragazzi erano nel giardino,
li
sentiva parlare. Pensò di approfittarne per scappare di
sopra a coprire i segni
con il trucco, ma a quanto pare Tom la aspettava in salotto
poiché non fece in
tempo a salire il primo scalino che subito se lo trovò
dietro.
-Piccola, dove sei stata? Mi hai
fatto preoccupare- esclamò,
prendendola tra le braccia.
-Tom! Mi hai spaventato, non ti avevo
visto- rispose lei,
con il cuore che rimbombava. Il ragazzo le prese il viso tra le mani e
le baciò
le labbra. Sara fece una smorfia, mentre le mani di Tom sfioravano il
suo
zigomo destro.
-Che hai qua?- domandò,
prendendole un sacchetto e
accompagnandola di sopra. Sara sorrise e tirò fuori i regali
dei bambini dai
sacchetti.
-Ne saranno entusiasti!-
continuò lui, con un grande
sorriso. Entrarono nella camera della ragazza e nascosero i sacchetti
sopra
l’armadio. Tom si avvicinò a lei, allacciandole la
stretta vita.
-Allora? Non mi dici niente
dell’intervista?- domandò.
-Beh, ti dico che sei stato
dolcissimo- rispose, baciandogli
le labbra.
-E?- continuò lui,
sorridendo e facendo sorridere anche lei.
-E ti amo da impazzire- Tom sorrise
di nuovo. Poi le baciò
le labbra, accarezzandole la guancia. Le scappò
un’altra smorfia, che attirò
l’attenzione di Tom.
-Ehi, cos’hai?- le chiese,
preoccupato. Sara finse un
sorriso per rassicurarlo e rispose che aveva un po’ di mal di
testa. Ma Tom non
sembrò convinto e la osservò con espressione
corrucciata.
-Perché non ti togli gli
occhiali? Siamo in casa- continuò,
prendendole gli occhiali e tentando di levarglieli. Ma lei
reagì
istintivamente, portando la mano sulla sua nel tentativo di bloccarla.
-Sara, che succede?-
domandò, sempre più preoccupato. La
ragazza sospirò e lasciò che lui le togliesse gli
occhiali da sole. Gli occhi
del ragazzo si spalancarono.
-Che accidenti hai fatto?- quasi
urlò. Sara abbassò il
volto, intimidita, ma lui glielo sollevò con la mano per
osservarla meglio. Le
sfiorò lo zigomo con delicatezza, provocandole un gemito.
Poi la prese per le
spalle e la accompagnò di sotto.
-Andiamo a metterci del ghiaccio-
disse. La fece sedere al
tavolo della cucina, prese dei cubetti di ghiaccio dal freezer, li
arrotolò in
un asciugamano e lo poggiò delicatamente sullo zigomo della
ragazza. Poi si
sedette accanto a lei e le prese la mano libera, stringendola tra le
sue.
-Piccola, cos’è
successo?- le chiese. La sua voce era molto
preoccupata. Sara sospirò abbassando lo sguardo.
-Delle vostre fan mi hanno
minacciata- sussurrò. Tom rimase
sbalordito. Le domandò di ripetere perché credeva
di aver capito male. Allora
lei gli raccontò cos’era accaduto in quel vicolo.
Lui era incredulo. Alla fine
del discorso, senza dire nulla, sbatté un pugno sul tavolo,
facendo sussultare
la ragazza.
-Scusa, non volevo spaventarti-
esclamò, accarezzandole i
capelli. Poi le tirò un braccio, accompagnandola sulle sue
gambe, per poterla
stringere.
-Mi dispiace così tanto-
soffiò con un fil di voce. Ma lei
scrollò la testa, prendendogli il viso tra le mani.
-Stai tranquillo, non è
nulla. La mia paura più grande era
pensare a cosa sarebbe successo se non ci fosse stata Marlene e fossi
uscita
con i bambini- Tom la guardò spaventato, probabilmente non
ci aveva pensato.
-Ti avevo promesso che ti avrei
lasciato fuori da questo
mondo. Dovevo essere lì, a proteggerti- sussurrò,
mortificato. Ma lei scosse la
testa, lasciandogli un bacio, e lo rassicurò dicendo che non
poteva saperlo.
A quel punto, si alzò di
colpo, dirigendo la ragazza in
giardino dagli altri.
-David- chiamò il ragazzo.
Tutti i presenti si voltarono
verso di loro. Marlene si catapultò da lei, preoccupata.
-Oh tesoro, ma che ti è
successo?- Sara sorrise.
-Non preoccuparti, Marlene. Sto bene,
non è niente- la donna
la obbligò a sedersi mentre lei tentava di convincerla che
stesse bene.
-Chi diavolo è stato?-
strillò Bill. Tom si fermò davanti a
David, irato.
-Delle nostre cosiddette
“fan”. L’hanno minacciata e le
hanno messo le mani addosso. David, questo non doveva succedere.
Né lei né i
bambini devono essere coinvolti in cose del genere. Cosa sarebbe
successo se
lei fosse uscita con i gemelli?- asserì il chitarrista,
fuori di sé. I ragazzi
tentarono di calmarlo.
-Hai ragione, Tom. Queste cose non
dovrebbero accadere. La
affiderò a delle guardie del corpo. La seguiranno da lontano
per non invadere
il suo spazio. Alzeremo la recinzione in giardino e faremo in modo che
non si
veda dentro, così i bambini potranno uscire a giocare lo
stesso. Ogni volta che
lei uscirà, non sarà sola, delle guardie del
corpo andranno con lei. E vedrò se
posso fare una denuncia. Inoltre ne parlerò con la stampa-
Tom pensava non
fosse abbastanza. Era troppo alterato per passare sopra alla cosa. Lei
era la
sua famiglia, lui doveva proteggerla.