Capitolo 29
Settimo giorno: la Fine
Settimo giorno: la Fine
Non riusciva neanche più a tenersi in piedi ormai.
Il suo corpo, ridotto ormai a ossa, galleggiava inerme su quell’acqua putrida.
Guardava in alto.
Guardava il cerchio.
Il cerchio che era sempre lì.
Sentiva che le forze la stavano abbandonando.
Faceva sempre più fatica anche solo a tenere gli occhi aperti, da cui si affacciavano appena delle lacrime.
Le sue ultime lacrime.
Sentiva appena il loro calore sulle guance, il resto del corpo compresa la faccia aveva perso sensibilità.
Odiava quella sensazione.
Samara stava per morire, e lo sapeva.
Avrebbe voluto che le cose fossero andate diversamente. Avrebbe voluto poter uscire da quel pozzo freddo e inospitale, aprire quel coperchio con le sue stesse braccia, benché fossero ormai ghiacciate, avvizzite e piene di ferite e lividi.
Avrebbe voluto che la mamma non fosse morta.
Avrebbe voluto poter essere diversa.
Il rimpianto che provava era disumano.
Rimpiangeva quella famiglia che l’aveva accolta con tanto amore, quell’amore di cui lei aveva sempre avuto un disperato bisogno.
Nonostante la debolezza, c’era solo frustrazione in lei, e rabbia, tanta rabbia.
Non avrebbe mai detto che quel pozzo sarebbe diventato la sua tomba.
Non avrebbe mai detto che sarebbe finita così.
Gettata, e poi dimenticata.
Non poteva andare a finire così.
Altre persone dovevano conoscere la sua storia, il suo dolore, quello che era stata.
Sapeva come fare.
Voleva impiegare le sue ultime forze per farlo.
Samara si concentrò e visualizzò ogni cosa.
Anna, Richard, i cavalli, Moesko Island, quei gesti pieni di amore e tenerezza...
... e poi l’ospedale, i controlli, la paura, il pozzo.
Tutto ciò che era stata.
Tutto ciò che aveva fatto parte della sua vita.
Voleva farlo, voleva davvero farlo vedere a tutti.
Perché sapessero.
Perché non passasse inosservata.
Perché, in qualche modo, qualcuno notasse e curasse il suo dolore.
Sentiva che l’avrebbe trovato, qualcuno.
Gli altri sarebbero morti.
Ma non le importava.
Perché se non morivano loro sarebbe morta lei, e non andava bene. Non voleva che riaccadesse.
Voleva trovarlo, quel qualcuno.
Voleva avere un’altra possibilità.
Lo voleva davvero.
Quando fu certa di aver visto abbastanza, chiuse finalmente gli occhi.
Basta.
Non voglio più soffrire.
Stava cadendo in un sonno eterno, pur sapendo che si sarebbe risvegliata. Sarebbe cambiata, quello era certo.
Ma per ora, a lei stava bene così.
Avrebbe dormito finché non ci fosse stata una buona ragione per svegliarsi.
La morte non la spaventava più, anzi adesso era diventata confortante.
Samara si lasciò andare, sentendo il suo corpo andare pian piano a fondo.
E si addormentò.