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Autore: virgo78    21/03/2015    1 recensioni
-Se ne è andato!- la ragazza cadde sulle ginocchia, grosse lacrime rigarono il suo viso roseo. Il vento gelido della Siberia portò lontano il suono di quelle parole. Una calda mano si poggio sulla sua spalla destra, Maia alzò lo sguardo verso il suo maestro – lo rivedrai… Cristal ha terminato il suo addestramento – disse l’uomo scrutando l’orizzonte come se cercasse qualcosa- e a te manca poco, poi lo rincontrerai.- le sorrise guardandola negli occhi celesti ancora umidi di lacrime, la ragazza annuì e si alzò da terra. Maia si avviò verso la casetta che per tanti anni aveva condiviso con il suo compagno d’armi, ora avrebbe affrontato da sola l’ultima prova…
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cygnus Hyoga, Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO XI
Il jet privato della Fondazione di Thule atterrò silenzioso nell’arena del Santuario, situata in prossimità della prima casa dello zodiaco. Il portellone si aprì e Isabel fece capolino accompagnata da Mylock. Per un giorno aveva dismesso gli abiti da Dea, le candide vesti bianche erano state sostituite da un tailleur scuro che metteva in risalto la sua snella figura. Nella mano destra, l’inseparabile scettro di Thule parve brillare di luce proprio sotto il caldo sole di Grecia. Isabel ispirò a pieni polmoni l’aria della sua terra e si apprestò a scendere i gradini di ferro; ad attenderla al loro termine, il Grande Mur e il piccolo Kiki. Il cavaliere della prima casa si inginocchiò in segno di rispetto verso la sua Dea, l’armatura parve animarsi a quel semplice gesto, assumendo riflessi di oro liquido sotto i raggi del sole.
- Mur, quali nuove dal Grande tempio ? – domandò la ragazza con dolcezza.
Il cavaliere sollevò il capo rimanendo in ginocchio:- Ho organizzato le difese del grande tempio come da lei richiesto Milady. Oltre ai cavalieri d’oro, anche quelli d’argento e i soldati del Santuario hanno occupato le loro posizioni. Attendono solo un vostro ordine-.
La ragazza rispose con un cenno del capo:- Ora, ti prego Mur, di voler convocare tutti i cavalieri che presiedono le dodici case. Riferisci loro che Atena li attende nella sala del trono fra due ore -.
Mur la guardò con fare interrogativo ma non proferì parola - Sia come vuole Milady – fece alzandosi e infilandosi l’elmo.
- Kiki – disse dolcemente la ragazza – ti arreca disturbo teletrasportarmi nelle mie stanze -.
- No Milady – fece con un sorriso il bambino – sono diventato molto forte sa’ – terminò pavoneggiandosi. Come fratello di Mur e discendente di una delle razze più antiche al mondo, il piccolo Kiki era padrone della telecinesi. Potere riservato solo a pochi eletti al grande tempio.
La ragazza prese la manina paffuta che il bambino le offriva, salutò Mylock e Mur con un gesto del capo, dopodiché sparirono entrambi, accompagnati dal sibilo dello spazio che si distorceva intorno a loro.
***
L’aereo iniziò le manovre  di  atterraggio nell’aeroporto di Atene. Il viaggio era stato lungo ma tranquillo. Maia guardava già da un po’ fuori dal piccolo finestrino dell’aereo. La Grecia con le sue terre fertili e assolate, affascinava chiunque già guardandola dall’alto. Le bianche costruzioni, tipiche di quella cultura, donavano ancora più luce a quei luoghi. Erano trascorsi quattro anni... quattro lunghi anni dall’ultima volta che Maia aveva calpestato quel suolo. Ricordava ancora l’espressione ferita che aveva letto negli occhi del padre quando aveva urlato “ Non farò mai parte dei cavalieri di Atena !”. Ricordava ancora il volto della madre rigato dalle lacrime, la supplica di tornare si suoi passi ... Maia si era chiusa il pesante portone d’ingresso alle spalle e con quel gesto aveva ripudiato tutto ciò in cui aveva creduto. Aveva rinnegato la sua famiglia, i valori che per anni avevano cercato di impartirgli, la Dea a cui doveva obbedienza l’ordine dei Cavalieri dello Zodiaco di cui Atena era reggente...Cristal aveva distrutto in un solo istante ciò per cui lei aveva combattuto. Il suo principe azzurro si era trasformato in un mostro e aveva reso il suo cuore simile al ghiaccio che Maia manipolava... Cristal... Cristal. La voce del comandante che annunciava l’atterraggio la distolse da quei pensieri. Si rese conto in quel momento di essersi quasi isolata dal resto del mondo. Era bastato sorvolare la Grecia per perdersi nei suoi ricordi, figuriamoci vedere Cristal cosa avrebbe scatenato in lei. Slacciò le cinture di sicurezza e si alzò. Nella fretta di recuperare i biglietti aerei Kimo, aveva dimenticato di chiedere di avere tutti i posti vicino. I ragazzi, si erano trovati cosi separati fra loro. Lasciò scorrere la fila verso il portellone d’uscita in modo da riunirsi con gli altri. Rio si avvicinò a lei sbadigliando seguito a ruota da Simo Kimo e Sami. All’appello mancava solo Shido.
- Dov’è Shido? – chiese la ragazza scrutando oltre le spalle di Sami.
- Sta chiedendo il numero di telefono alle hostess – fece con non curanza Rio.
- COOSA?- rispose Simo scandalizzato – noi veniamo in questo posto a salvare Ambra e lui cosa fa? Si mette a chiedere numeri di telefono alle ragazze!-.
Maia rise di cuore guardando l’amico che con difficoltà tornava verso la coda dell’aereo a chiamare Shido.
- Forse è meglio se iniziamo a scendere – disse Rio incamminandosi verso l’uscita. Kimo lo seguì, Sami invece rimase immobile a guardare Maia come se qualche gorgone l’avesse pietrificato.
- Che ti prende – disse Maia alquanto imbarazzata.
- Sei sicura – fece il ragazzo guardandola negli occhi – sei sicura di volerlo rincontrare?-.
 Il tono grave nella voce di Sami la paralizzò. In quel momento Shido sospinto da Simo si avvicinò – Ehi ... volete rimanere sull’aereo? – fece il Samurai della terra.
La delicatezza nel riconoscere determinati momenti non era certo il punto di forza di Shido, questo pensò Simo che si rese conto bene della situazione che aveva davanti. Già nei giorni passati aveva intuito qualcosa, piano a piano quel dubbio stava diventando certezza.
- Vi aspettiamo sotto – fece spingendo avanti Shido che protestò visibilmente. Sami era rimasto per tutto il tempo a guardare Maia e la ragazza non aveva distolto lo sguardo, sembrava che il tempo si fosse fermato in quel momento.
- Che cosa vuoi che faccia – rispose Maia alla domanda di Sami – vuoi che vi lasci andare ad affrontare Atena o Ares o qualunque altro da soli? Vuoi che resti in disparte solo per paura di rincontrare Cristal? - .
In quel momento un’anziana coppia passò di fianco a Sami, la moglie sussurrò qualcosa al marito guardando Maia e Sami discutere. L’anziana signora strizzò l’occhio alla ragazza che si ritrovò ad arrossire davanti a quel gesto. Chissà che impressione avevano dato dal di fuori.
- Che cosa ti succede Sami ? – Maia cercò di ricomporsi - Io non ti riconosco più- disse quasi disperata.
Sami chinò la testa e sorrise. Non un sorriso di felicità increspò le sue labbra ma un riso amaro. Parlò più a se stesso che a Maia:- Forse... forse temo più io questo incontro - strinse la maniglia del bagaglio a mano finché le nocche non divennero bianca. Poi sollevò lo sguardo incontrando gli occhi smarriti di Maia. Alzò la mano e accarezzò la guancia della ragazza, temporeggiò su quella pelle morbida, si avvicinò finché Maia sentì il suo respiro confondersi con quello di Sami. Il ragazzo le sfiorò la fronte con le labbra. Sostò qualche secondo, come se cosi facendo potesse imprimersi nella mente quel momento. Chiuse gli occhi Sami, respirando il dolce profumo di Maia. A fatica si allontanò da lei guardandola per un lungo istante, poi si  avviò al portellone di uscita. Maia rimase stordita da quell’atteggiamento che nulla aveva a che fare con il freddo e scostante Sami; quando si riebbe, si rese conto di essere rimasta l’unica ospite sull’aereo. Si affrettò a prendere il borsone, dal portabagagli sopra il sedile, e corse verso l’uscita. Sami era riuscito per l’ennesima volta a fare diventare la sua bocca arida come il deserto del Sahara.
***
Lo spazio si piegò e Isabel apparve con il piccolo Kiki nelle sue stanze. Il bambino si congedò con un gesto del capo e sparì nel nulla. La ragazza fissò per un attimo il punto, dove era svanito Kiki poi, si voltò verso la grande finestra intarsiata di fregi di marmo bianco. I pesanti tendaggi colore del sangue, che un tempo adornavano quelle stesse stanze, erano stati sostituiti da stoffe più leggere che ondeggiarono sospinte dalla brezza che proveniva dal mare. Isabel ripose con cura lo scettro di Thule in un angolo accanto al letto color noce poi, si affacciò alla finestra ammirando lo spettacolo che si parava davanti. Il Santuario sembrava un paradiso in quel momento ma, quei templi bianchi per quanto ancora avrebbero mantenuto il loro candore. La maniglia di ottone dorato si abbassò e Isabel seppe in quello stesso momento chi le faceva visita. Sorrise, ma non si voltò. Aveva percepito l’aurea di Pegasus nello stesso istante in cui aveva messo piede in quella stanza.  Chissà da quanto tempo aspettava.
- Spero che questa sorta di fuga verso Nuova Luxor sia solo un episodio isolato!- il ragazzo aveva parlato con tono aspro. Era ovvio che non avesse gradito il fatto di non essere stato avvisato di quella partenza.
- Era necessario – fu la semplice risposta di Lady Isabel che indifferente rimase voltata a godersi il paesaggio.
- Era necessario – ripeté Pegasus avvicinandosi di più alla ragazza – era necessario partire di nascosto? Era necessario eclissarti senza dare una spiegazione? – si fermò per un attimo – Ti sei resa conto a quale rischio ti sei esposta? Sai Isabel, vorrei rammentassi che lì fuori c’è un altro folle che sta cercando di attentare alla tua vita – accompagnò le parole con gesto della mano.
In quel momento la ragazza si voltò. I suoi occhi blu parvero incupirsi:- Ti vorrei rammentare – sottolineò le parole-  che non sono una sprovveduta qualsiasi e ... che se ben non lo ricordi stai parlando con Atena – cercò di mantenere un tono duro – Vorrei anche ricordarti Pegasus che non sono tenuta a chiederti il permesso per qualsiasi cosa io abbia intenzione di fare – .
Isabel osservò la reazione Pegasus. Improvvisamente il ragazzo parve perdere tutta l’insolenza che lo caratterizzava. Pegasus chinò il capo mortificato e Isabel sentì il cuore fermarsi. Non le piaceva comportarsi in quel modo, non era orgogliosa di aver ferito Pegasus. Si avvicinò al ragazzo e cercò di assumere un tono più gentile: -La mia partenza era necessaria –.
- Lo sai quanto mi mandi in ansia il fatto di non avere tutto sotto controllo. Anzi di non avere te sotto controllo- finì la frase con un sorriso sornione. Isabel non poté trattenersi dal sorridere a sua volta.
- Allora- fece il ragazzo consapevole che la tensione si fosse attenuata – mi dici cosa sei andata a fare a Nuova Luxor e perlopiù accompagnata solo da quella specie di pinguino che ti ritrovi come maggiordomo? –
- Pegasus!- lo rimproverò Isabel ma non infierì – lo saprai alla riunione che ho convocato fra due ore e ... ti prego di presentarti questa volta –.
Pegasus sorrise, Isabel era una testa dura e se aveva deciso di non rivelare niente non lo avrebbe fatto fino alla riunione. Si voltò avviandosi all’uscita facendo un gesto della mano.
- L’importante è che non ti sia è successo nulla – apri la porta richiudendosela alle spalle. La ragazza sorrise e si apprestò a cambiarsi d’abito. Nell’adunanza che aveva indetto, avrebbe per primo dovuto tenere a bada le teste calde...
***
I samurai e Maia uscirono dalla hall del piccolo albergo che Kimo aveva prenotato. Atene era rimasta esattamente come Maia lo ricordava. Musicisti di strada, bancarelle, negozi di ceramiche, musei, caffè tempestavano le vie della città. La ragazza, con indosso lo scrigno contenente l’armatura, indicò la via agli amici. I ragazzi la seguirono continuando a guardare, affascinati, una città dove il passato incontrava alla perfezione il presente. La via che conduceva all’Acropoli era in salita, dopo un ultimo tratto di strada, si ritrovarono dinanzi al Partenone simbolo della città di Atene.
-L’edificio è dedicato ad Atena Parthenos – fece Maia sorridendo allo stupore che lesse negli occhi dei Samurai.
- Ambra ne rimarrebbe rapita – fece Kimo con una nota di tristezza nella voce.
- La ritroveremo Kimo e poi la porteremo a fare una bella gita fra queste rovine – disse Simo cercando di consolare l’amico.
Maia guardò il tempio dorico che spiccava imponente sulla collina dell’Acropoli. Rammentò le parole del padre in una delle tante gite che lei amava fare: “ Ricorda Maia, ovunque ti troverai, il bianco colonnato del Partenone stagliato contro l’azzurro del cielo saprà sempre indicarti la via”.
Indicarmi la via... pensò la ragazza.
- Siamo arrivati ?- la voce sconsolata di Shido la fece voltare, il Samurai aveva la fronte imperlata di sudore per via della lunga salita.
Sembrava distrutto, Maia sorrise: - Quasi Shido. Dobbiamo scendere da quella stradina – fece la ragazza indicando un piccolo viale a zigzag che tagliava il lato della montagna.
Shido si mise a sedere sul resto di un’antica colonna e sospirò sconsolato:
- Almeno adesso andremo in discesa -. L’espressione del suo volto, fece ridere l’intero gruppo. Il Samurai della terra, in effetti, non era molto abituato alle lunghe camminate. Preferiva stare comodamente seduto in poltrona piuttosto.
- Adiamo campione, manca poco- fece Maia mettendogli una mano sulla spalla.
Il samurai si alzò di controvoglia e si apprestò a seguire Maia e gli altri, verso quella stradina che li avrebbe condotti al cospetto di una divinità.
***
Un antico portico segnava l’ingresso al piccolo villaggio di Rodorio. In quel borgo il tempo sembrava essersi fermato. Le basse case bianche e blu facevano da contorno a un’unica piazza, al cui centro si ergeva una fontana di marmo bianco da cui zampillava acqua cristallina. Tutto intorno, la gente del paese, svolgeva le faccende quotidiane. La cosa che meravigliò i Samurai fu’, la noncuranza, di quegli uomini e quelle donne alla loro presenza.
- Sembriamo invisibili – fece Rio.
- Il mio scrigno – fece Maia indicando le sue spalle- sono abituati a vedere cavalieri che entrano ed escono da questo posto –
- Dove andiamo ora? - chiese impaziente Kimo.
- Di là – rispose Maia indicando una stradina sulla destra.
Si avviarono, camminando fra la gente, verso la via indicata da Maia. Rimasero perplessi nel costatare che si trattava di un vicolo cieco.
 - Mah ... - disse Simo – da qui non c’è uscita – concluse indicando la fine della strada.
- All’apparenza – rispose Maia. La ragazza si fermò davanti all’ultimo negozio, in fondo al vicolo.
La fragranza di fiori che si avvertì nell’aria, inebriò tutti i Samurai. In quel momento si resero conto, di trovarsi davanti al fioraio di cui aveva parlato Maia il giorno prima. La ragazza spostò delicatamente la tenda, fatta di conchiglie, ed entrò in quell’antica costruzione. I Samurai la seguirono a ruota non proferendo parola. L’interno della bottega era molto rustico.  Numerosi vasi, contenenti svariate specie di fiori, erano sparsi qua’ e là sul pavimento e su delle mensole di legno. Maia si guardò intorno in cerca di qualcuno. All’improvviso, da dietro il bancone di legno consumato dal tempo, fece capolino una bambina. Il viso paffuto era incorniciato da riccioli scuri e gli occhi, dello stesso colore, scrutavano curiosi i suoi ospiti. Indossava un vestitino blu e i piccoli piedini erano cinti da sandali di cuoio.
- Ciao come posso aiutarvi?- salutò in greco.
- Che cosa ha detto ?- fece Shido inarcando un sopracciglio.
- Ciao – rispose Maia nella stessa lingua – cerco Anthimos. Mi sai dire dove posso trovarlo?-.
 Maia si era inginocchiata per trovarsi alla stessa altezza della bambina che sorridendo, sparì dietro la porta che dava nel retro bottega. Quando riapparve, teneva per mano un anziano signore. Il viso, incorniciato da una folta barbetta bianca, portava i segni del tempo ma gli occhi, di un celeste intenso, brillavano ancora vigili. Il vecchio si reggeva a un bastone, indossava una tunica color crema tenuta in vite da una cintola scura.
- Nonno – fece la bimba allegra – questa signorina mi ha chiesto di te-.
Anthimos squadrò la figura della ragazza che aveva dinanzi poi, i suoi occhi ebbero un guizzo d’ilarità e s’inumidirono di lacrime che toccarono il cuore di Maia.
- Che Zeus mi fulmini – fece l’anziano avvicinandosi alla ragazza – Signorina Maia!- l’aveva riconosciuta, nonostante l’età e gli anni passati, si era ricordata di quella ragazzina curiosa che passava sempre per il suo negozio.
- Anthimos – fece Maia prendendo, fra le sue, le mani rugose dell’anziano.
- Santo cielo ragazza mia, quanto sei cresciuta – continuò l’uomo – tuo padre ti ha cercato per mare e per monti dov’eri finita – fece improvvisamente severo.
Maia sorrise:- E’ una lunga storia Anthimos e ti prego non parlare con mio padre di questa mia visita al Grande Tempio. A tempo debito andrò da lui –.
Anthimos guardò oltre la spalla di Maia, come se si fosse accorto solo in quel momento della presenza dei Samurai, la oltrepassò e si fermo dinanzi i cinque ragazzi esaminandoli.
- Perché ci guarda cosi ? – chiese Shido nervoso avvicinandosi di più a Kimo.
Kimo fece spallucce. Quell’uomo era alquanto inquietante e non finiva di fissarli.
- Sono miei amici Anthimos – fece Maia in greco rendendosi conto dell’imbarazzo degli amici – ti prego Anthimos concedici il permesso di presentarci al cospetto di Atena –.
- Sono tempi duri ragazza mia – disse l’anziano continuando a guardare i Samurai – al Santuario regna la diffidenza verso gli sconosciuti. Una guerra, a breve, potrebbe turbare nuovamente il nostro equilibrio. Centinaia di soldati sono schierati a difesa del Grande Tempio e, i cavalieri d’oro sono stati richiamati a custodire le loro case – l’uomo questa volta si era fatto capire dai Samurai. Rio si chiese com’era possibile, né lui né gli altri parlavano il greco eppure lo avevano capito. Poi, come folgorato comprese, anche quello era il potere di Atena e quell’uomo né possedeva una scintilla.
- Ti prego accordaci  il favore di passare. La vita di una nostra amica è in grave pericolo. Atena soltanto può aiutarci- fece supplichevole Kimo. Gli altri lo guardarono e ben compresero la sua disperazione. Ambra era nelle mani di Ares da troppo tempo ormai. Anthimos lo guardò per un lungo istante, si accarezzò la barba e si voltò verso Maia.
- Non siete cavalieri di Atena, ma il vostro potere è grande ... – si fermò un istante – e sia, vi concederò di passare ma bada ragazza mia oltre quella soglia, potreste essere visti come nemici. Siate prudenti – fece premuroso voltandosi verso Maia.
Con un gesto della mano, l’anziano, invitò i Samurai e Maia a seguirlo nel retro bottega, seguito dalla bambina che gli trotterellò davanti. Si soffermò solo un istante, davanti a un vaso colmo di rose bianche, né prese una e la pose fra le mani di Maia. La ragazza sorrise timidamente e segui l’uomo nel buio corridoio. L’anziano frugò nelle tasche e ne estrasse una chiave dorata. Spostò il pesante panno scuro che nascondeva una porta recante, strani simboli astronomici e infilò la chiave nella serratura. L’accesso era stato aperto. Maia si fermò sull’uscio e abbracciò teneramente l’anziano signore, poi ispirò profondamente e si apprestò a varcare la soglia. I Samurai salutarono uno a uno Anthimos con un gesto del capo.
L’uomo richiuse la porta e sussurrò – Che Atena ti protegga ragazza mia - .
***
Un brivido le attraversò la schiena, era stato come mettere i piedi nudi nelle gelide terre di Siberia. Cristal chiuse gli occhi, una sensazione familiare si affacciò alla sua mente, mentre il suo cuore iniziò a battere più velocemente. Sirio lo guardò cercando una spiegazione all’espressione che leggeva sul volto dell’amico. Quando Cristal si riebbe, trovò le iridi giada dell’amico che lo scrutavano. 
- Mi stai ascoltando – fece Sirio – hai la testa chissà dove in questi giorni e dovresti rimanere concentrato Cristal!- Cristal non rispose si limitò ad abbozzare un sorriso di scusa.
- Finalmente rimproveri qualcuno che non sia io – la voce squillante di Pegasus fece voltare tutti verso l’ingresso della settima casa. Il ragazzo indossava l’armatura, un tempo appartenuta a Micene di Sagitter. Una leggenda riviveva in Pegasus e il cavaliere, nonostante il temperamento irruente, rendeva giustizia al suo predecessore. Andromeda, con le vestigia affidategli da Atena, lo seguiva silenzioso.
Sirio sorrise:- Già pronto per la battaglia Pegasus ?-.
- Diciamo che non voglio fare ritardo alla riunione indetta da Isabel. Fra mezz’ora si apriranno le danze – fece il ragazzo sornione.
Sirio guardò oltre le spalle dell’amico. Andromeda fissava il pavimento pensieroso. Immaginò cosa potesse preoccuparlo in quel momento:- Arriverà Andromeda -.
Il cavaliere sollevò il capo sentendosi chiamare in causa:- In realtà – la sua voce tremò- quello che più mi turba è l’atteggiamento di Lady Isabel. Non capisco perche si ostini a non voler parlare quando, almeno con noi, è sempre stata molto esplicita-.
Pegasus guardò di sottecchi l’amico. Andromeda, nonostante le battaglie affrontate, era sempre riluttante quando si parlava di guerra. Lui, d’altronde, aveva promesso di non fare parola su questo Ares che un bel mattino aveva deciso di scatenare una nuova battaglia per la conquista del mondo. Tutti uguali queste divinità! Pensò O quasi ... aggiunse mentalmente. Il suo pensiero andò a Isabel alla sofferenza che aveva intaccato i lineamenti delicati del viso. Anche questa volta ti proteggerò a costo della vita... promise battagliero mentalmente.
- E’ inutile scervellarci, a breve tanto sapremo cosa ci aspetta – la voce di Cristal lo riportò alla realtà.
- Mi chiedo che fine abbia fatto mio fratello – disse Andromeda sconsolato- tutti noi siamo qui e lui ... lui chissà in quale parte del mondo si trova- concluse abbassando lo sguardo.
- Arriverà – lo consolò Pegasus dandole una pacca sulle spalle – vedrai che spunterà dal nulla nel bel mezzo della riunione – terminò ridendo. In realtà Pegasus sperava accadesse, Phoenix, per quanto burbero, rendeva sicuro ognuno di loro. La sua forza e la sua presenza erano fonte di tranquillità per i ragazzi.
- Bé – fece Sirio – se questa volta i ritardatari non vogliamo essere noi Cristal è il caso di prepararci -.
Cristal, fece un cenno di approvazione con il capo e si avviò all’uscita della casa di Libra salutando con un gesto della mano i tre amici. Socchiuse gli occhi chiari una volta fuori, il sole splendeva alto in cielo. Si apprestò a salire i bianchi gradini che conducevano all’undicesima casa. Quella sensazione non lo abbandonava, un cosmo a lui familiare aveva varcato le porte del Santuario.
 

 
   
 
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